Un vecchio borgo di oggi
Veduta aerea della città di Camerino
14/01/2002
“…la si vede quasi con meraviglia, uscendo dai monti, sul cocuzzolo d’un colle eminente, isolato. Un forestiere che salisse tra la nebbia se la troverebbe davanti come un’apparizione…il suo profilo lontano esprime un destino di signoria”: così, agli inizi del secolo scorso, Ugo Betti, poeta e drammaturgo al quale Camerino dette i natali, descriveva la sua città.
Terra d’arte e patria di molti umanisti, come Emilio Betti, fratello del poeta e giurista insigne, e il musicista Filippo Marchetti a cui è stato intitolato il teatro locale, Camerino ha un’esistenza lunga secoli. La città marchigiana ha dato vita e nome alla più significativa scuola pittorica delle Marche tra il XIV e il XV secolo.
Camerino si trova, esattamente come si legge nella poesia, in cima alla montagna, in una posizione molto suggestiva e panoramica tra la valle del Chienti e quella del Potenza, tra i Sibillini e il Monte San Vicino. Un paesaggio ricco di terre fertili e piccoli borghi, colori forti pieni di natura e storia che, come le pezze colorate di una coperta, ricoprono questo dolce manto.
L’alta rocca borgesca ne evidenzia la forma allungata e richiude il perimetro murario che la circonda; all’interno di questo la città si distribuisce tra la piazzetta centrale con il Duomo e il bar, il Corso con i negozi e il Teatro Marchetti, che nel periodo estivo ospita un’interessante stagione concertistica, stradine strette e piazze larghe, tante chiese.
Una località silenziosa che si racconta attraverso l’Università e le diverse manifestazioni che hanno luogo nel corso dell'anno, come la “Corsa alla Spada e il Palio” in maggio.
Le alte e poderose mura, testimonianza ancora viva di un’architettura militare, sono confine e ponte con i luoghi e con il tempo. Poste sin dal Medioevo a difesa degli edifici e degli abitanti, a difesa della storia e delle tradizioni, le mura di Camerino sono ancora oggi oggetto di numerosi dibattiti per il loro restauro e per la loro non scontata bellezza. E anche dopo il terremoto del 1997 continuano a sollevare la città al cielo e ne trattengono gelose i suoi preziosi gioielli, luccicanti all’occhio del forestiero ma anche a quello dei suoi abitanti.
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