Parla il regista di Io Leonardo, nelle sale dal 2 ottobre

Jesus Lambert: vi racconto il mio Leonardo, carismatico e fragile

Luca Argentero nei panni di Leonardo, nel film Io, Leonardo del regista Jesus Garces Lambert
 

Samantha De Martin

02/10/2019

Roma - «Per fare il regista devi essere molto incosciente. Ed è forse questa incoscienza che mi ha spinto ad affrontare un lavoro dedicato a una figura immensa come Leonardo, patrimonio universale. È stato un percorso che ho affrontato con orgoglio e responsabilità, avendo dietro di me un team di professionisti, come la squadra di Sky».
Per Jesus Lambert, regista di Io Leonardo - il settimo film d’arte prodotto da Sky con Progetto Immagine distribuito nelle sale italiane a cura di Lucky Red dal 2 ottobre - il film dedicato al genio di Vinci è il secondo viaggio a tu per tu con l’arte dopo Caravaggio - l’Anima e il Sangue, vincitore del Globo d’Oro come miglior documentario del 2018.
Non è un caso che la rivista Forbes Mexico abbia inserito Jesus nella classifica dedicata alle più creative personalità messicane del 2018. La sua ultima fatica è intrigante, a tratti sorprendente e soprattutto la messa in scena della genesi del Cenacolo - ricostruito con un modello 3D fedele alle dimensioni reali dell’opera originale - lascia a bocca aperta.

Protagonista di questo film d’arte, è un Leonardo insolito, diverso da quello che tutti abbiamo fino adesso immaginato, con il volto segnato dalle rughe. Appare ora vanitoso, ammaliante, a tratti anche saccente. Chi è davvero il “suo” Leonardo?
«Il Leonardo che ho colto attraverso le tante letture e gli studi che hanno preceduto il film, è un personaggio poliedrico. Il professor Marani, che è il nostro consulente scientifico, mi ha aiutato a cogliere e percepire i diversi aspetti della sua personalità. Leonardo era saccente, ma era anche molto divertente, faceva gli scherzi anche al Papa, era uno che si soffermava a guardare il cielo e le nuvole, cercando di capire come fossero fatte. Ed è proprio questo che vorrei arrivasse allo spettatore: un artista dalla personalità fragile e allo stesso tempo geniale, divertente, ma a volte anche molto antipatico».

A cosa è dovuta la scelta di Luca Argentero?
«Si è trattata di una scelta automatica. Dalle descrizioni dell’epoca emerge un uomo alto, prestante, simpatico, carismatico, con lunghi capelli ondulati a incorniciarne il volto. Dopo aver mostrato un iniziale spaesamento davanti alla parrucca bionda, poi Luca si è abituato».

Io Leonardo si distacca dal film documentario ed entra nell’ambito della fiction. Com’è riuscito a mantenere un equilibrio tra questi due generi?
«Io Leonardo è un racconto di finzione scritto con una metodologia documentaristica. Prima ci siamo documentati su tutto, leggendo tutto quello che fosse stato scritto su Leonardo. Abbiamo voluto intrecciare l’arte con la finzione. Ed è un esperimento che stiamo portando avanti».

I costumi e le acconciature sono stati ideati e riprodotti fedelmente per il film. Come anche la lira, suonata da Leonardo in scena, è stata riprodotta da un maestro liutaio sui disegni originali di Leonardo. L’artista l’aveva progettata e realizzata in argento a forma di teschio di animale...
«Sì, tutti gli oggetti in scena sono reali e le opere che mostriamo ci parlano molto più dell’uomo Leonardo che della pittura stessa. In ogni singolo capolavoro è racchiuso qualcosa del personaggio».

Cosa ha rappresentato per lei questo documentario?
«In questo processo di umanizzazione di Leonardo, è come se avessimo intrapreso tutti insieme un viaggio di scoperta che ha portato anche noi della produzione, e non soltanto il pubblico, a esplorare il genio».

Avete effettuato un casting insolito...
«Sì, lo abbiamo effettuato partendo dalle pitture dell’epoca, cercando gli attori a partire dai dipinti. Si è trattato quindi, più che di una semplice selezione, di una ricerca iconografica interessante. Dovevamo trovare i personaggi che assomigliassero il più possibile ai dodici apostoli dell’Ultima Cena o all’anziano sul cui corpo Leonardo effettua uno dei suoi innumerevoli studi. L’ufficio casting stava letteralmente impazzendo!»

(Domanda spoiler) In questo documentario è riuscito a cristallizare Leonardo in un’eterna giovinezza. A cosa è dovuta la scelta di mostrare un uomo sempre uguale a se stesso, dall’inizio alla fine?
«Nel film entriamo in una specie di wunderkammer. Tutto quello che vediamo accade nella mente di Leonardo, che è certo un tramite verso l’esterno, verso quella natura e quei luoghi nei quali visse, verso le opere. Quando pensiamo a noi stessi, come ci vediamo? Sicuramente giovani, sempre uguali a noi stessi. Ed è per questo che Leonardo rimane identico, dall’inizio alla fine».

Vediamo anche un Leonardo che stenta a esprimere i propri sentimenti, al contrario di Caravaggio. Lei è stato anche regista di Caravaggio - l’anima e il Sangue. Secondo il Lambert regista, che cos’è che accomuna e divide questi due personaggi?
«Caravaggio e Leonardo sono uniti da un’irrefrenabile voglia di scoprire il mondo e raccontarlo. Leonardo, quasi alla maniera di un grafomane, scriveva tantissimo, annotava le sue riflessioni, a volte riutilizzando la stessa pagina. Così come Leonardo scriveva, Caravaggio dipingeva. Ma se il Merisi aveva un’anima distruttiva, Leonardo era l’esatto opposto.
Ha vissuto a lungo e bene e, al termine della sua vita, il suo immenso talento è stato degnamente riconosciuto. Mi viene da paragonare Leonardo alla luce, Caravaggio all’ombra».

Qual è l’opera di Leonardo che preferisce?
«Sicuramente la Vergine delle Rocce. Ma sono molto affezionato anche alla Gioconda».

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