A Roma dal 20 settembre al 7 gennaio
La Via Appia si racconta: un viaggio lungo cinque secoli alla scoperta della Regina Viarum
Olivo Barbieri, Interno dell’abbazia della SS. Trinità di Venosa, da Parco Archeologico, Venosa, Roma, Istituto centrale per la grafica
Samantha De Martin
19/09/2023
Roma - Un racconto fatto di suggestioni, dove testimonianze archeologiche e architettoniche si intrecciano a delineare il volto della via Appia, con il suo patrimonio culturale di straordinario fascino, prende forma nelle sale del Palazzo della Calcografia presso l’Istituto centrale per la grafica, a Roma.
Dal 20 settembre al 7 gennaio la mostra Regina Viarum. La via Appia nella grafica tra Cinquecento e Novecento, curata da Gabriella Bocconi e dedicata alla celebre strada consolare in occasione della sua candidatura alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO proposta dal ministero della Cultura, celebra il prototipo dell’intero sistema viario romano e le numerose testimonianze.
Circa 70 opere, scelte tra le oltre 300 presenti nelle collezioni dell’Istituto, dedicate all’antica Regina Viarum, raccontano attraverso incisioni, disegni, libri, matrici, fotografie la fortuna iconografica dell’Appia avvalendosi di opere di maestri come Giovan Battista Piranesi che ne esalta la magnificenza romana, analitica e visionaria o Arturo Montrone con le sue vibranti vedute novecentesche.
Alessandro Vasari, Appia Antica. Tomba di Seneca, Negativo gelatina bromuro d'argento, 1880-1910 ante
Non mancano opere di Marteen Van Heemskerck, Etienne Du Perac, Walter Crane, Umberto Prencipe, Luigi Rossini, Felice Giani, Nicolas Didier Boguet, Philipp Hackert.
Ville, templi, mausolei, che plasmano il paesaggio attraversato dalla Regina delle vie hanno suscitato un interesse che ha travalicato i confini nazionali alimentato da una produzione grafica specifica diffusasi a partire dal XVI secolo.
“Una strada non è mai soltanto un tracciato, perché le sovrapposizioni storiche così come i bivi e gli incroci sempre la rendono un flusso di informazioni, impressioni, emozioni” sottolinea Maura Picciau, direttrice dell’Istituto centrale per la grafica.
Il viaggio ha inizio dal Septizodium, edificio di età severiana costruito nel 203 d.C. e distrutto tra il 1588 e il 1589, scenografico punto di arrivo per quanti entravano a Roma da sud, per concludersi alle colonne presso il porto di Brindisi che guardano alla Grecia e al Medio Oriente. Accompagnando gli ospiti da Roma a Brindisi, la mostra prova come i diversi linguaggi della grafica abbiano raccontato l’Appia antica e i territori a essa collegati, dall’interesse prevalentemente archeologico del XVI secolo, passando attraverso il paesaggio romantico, fino allo sguardo fotografico delle immagini di Otto e Novecento di Alinari e Moscioni e delle foto di documentazione del Fondo Cambellotti.
Onorato Carlandi, Il Bosco sacro alla ninfa Egeria, Disegno Carboncino/matita 1918
Come spiega la curatrice Gabriella Bocconi, “Disegni, incisioni e fotografie si intersecano in analogie visive e descrivono una porzione del Paese che ancora oggi colpisce per le suggestioni derivate dalle bellezze naturali e monumentali, che ha guidato gli sguardi di chi ha proiettato negli straordinari panorami l’intimità del proprio stato d’animo”.
Le opere esposte, allestite per lo più secondo un criterio cronologico, restituiscono un racconto per immagini che dal Cinquecento arriva al Novecento. Al di fuori di questo arco temporale il compito di documentare la visione contemporanea è affidato alla fotografia di Olivo Barbieri dedicata al parco archeologico di Venosa, patria di Orazio.
La mostra è aperta da martedì a domenica dalle 10 alle 19.
Giambattista Piranesi, Sepolcro di Cecilia Metella detto Capo di Bove, Matrice incisa, Acquaforte su rame con ritocchi a bulino, 1743-1748
Dal 20 settembre al 7 gennaio la mostra Regina Viarum. La via Appia nella grafica tra Cinquecento e Novecento, curata da Gabriella Bocconi e dedicata alla celebre strada consolare in occasione della sua candidatura alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO proposta dal ministero della Cultura, celebra il prototipo dell’intero sistema viario romano e le numerose testimonianze.
Circa 70 opere, scelte tra le oltre 300 presenti nelle collezioni dell’Istituto, dedicate all’antica Regina Viarum, raccontano attraverso incisioni, disegni, libri, matrici, fotografie la fortuna iconografica dell’Appia avvalendosi di opere di maestri come Giovan Battista Piranesi che ne esalta la magnificenza romana, analitica e visionaria o Arturo Montrone con le sue vibranti vedute novecentesche.
Alessandro Vasari, Appia Antica. Tomba di Seneca, Negativo gelatina bromuro d'argento, 1880-1910 ante
Non mancano opere di Marteen Van Heemskerck, Etienne Du Perac, Walter Crane, Umberto Prencipe, Luigi Rossini, Felice Giani, Nicolas Didier Boguet, Philipp Hackert.
Ville, templi, mausolei, che plasmano il paesaggio attraversato dalla Regina delle vie hanno suscitato un interesse che ha travalicato i confini nazionali alimentato da una produzione grafica specifica diffusasi a partire dal XVI secolo.
“Una strada non è mai soltanto un tracciato, perché le sovrapposizioni storiche così come i bivi e gli incroci sempre la rendono un flusso di informazioni, impressioni, emozioni” sottolinea Maura Picciau, direttrice dell’Istituto centrale per la grafica.
Il viaggio ha inizio dal Septizodium, edificio di età severiana costruito nel 203 d.C. e distrutto tra il 1588 e il 1589, scenografico punto di arrivo per quanti entravano a Roma da sud, per concludersi alle colonne presso il porto di Brindisi che guardano alla Grecia e al Medio Oriente. Accompagnando gli ospiti da Roma a Brindisi, la mostra prova come i diversi linguaggi della grafica abbiano raccontato l’Appia antica e i territori a essa collegati, dall’interesse prevalentemente archeologico del XVI secolo, passando attraverso il paesaggio romantico, fino allo sguardo fotografico delle immagini di Otto e Novecento di Alinari e Moscioni e delle foto di documentazione del Fondo Cambellotti.
Onorato Carlandi, Il Bosco sacro alla ninfa Egeria, Disegno Carboncino/matita 1918
Come spiega la curatrice Gabriella Bocconi, “Disegni, incisioni e fotografie si intersecano in analogie visive e descrivono una porzione del Paese che ancora oggi colpisce per le suggestioni derivate dalle bellezze naturali e monumentali, che ha guidato gli sguardi di chi ha proiettato negli straordinari panorami l’intimità del proprio stato d’animo”.
Le opere esposte, allestite per lo più secondo un criterio cronologico, restituiscono un racconto per immagini che dal Cinquecento arriva al Novecento. Al di fuori di questo arco temporale il compito di documentare la visione contemporanea è affidato alla fotografia di Olivo Barbieri dedicata al parco archeologico di Venosa, patria di Orazio.
La mostra è aperta da martedì a domenica dalle 10 alle 19.
Giambattista Piranesi, Sepolcro di Cecilia Metella detto Capo di Bove, Matrice incisa, Acquaforte su rame con ritocchi a bulino, 1743-1748
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