Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento
Dal 24 Dicembre 2014 al 02 Giugno 2015
Vicenza
Luogo: Basilica Palladiana
Indirizzo: piazza Dei Signori
Orari: lunedì-giovedì: 9-19; venerdì-domenica: 9-20
Curatori: Marco Goldin
Enti promotori:
- Fondazione Teatro Comunale della Città di Vicenza
- Comune di Vicenza
- Linea d’ombra
- Fondazione Cassa di Risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona
Costo del biglietto: Intero € 13, ridotto € 10, minorenni € 7. Per informazioni dettagliate consultare il sito lineadombra.it
Telefono per informazioni: +39 0422 429999
E-Mail info: museocivico@comune.vicenza.it
Sito ufficiale: http://www.museicivicivicenza.it
“E’ un’idea così semplicemente bella che stupisce che nessuno ci abbia pensato sino ad ora”. Questa la sensazione che si è colta a Vicenza, a Palazzo Trissino, allorché il Sindaco Achille Variati e il Vice Sindaco Jacopo Bulgarini d’Elci hanno annunciato la grande mostra – la terza del critico e curatore a Vicenza – che Marco Goldin è stato chiamato a proporre in Basilica Palladiana, a partire dalla vigilia di Natale del 2014.
La grande novità è l’ingresso della Fondazione Teatro Comunale della Città di Vicenza come Ente Promotore, in collaborazione con il Comune di Vicenza e Linea d’ombra, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona. Main Sponsor il Gruppo Segafredo Zanetti.
E’ una mostra di capolavori, sensazioni, emozioni e simboli. E simbolica non poteva non essere, quindi, anche la data di inizio: il 24 dicembre 2014, la Notte Santa.
Il titolo: “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento” è, senza dubbio, di quelli che fanno girare la testa. Richiama millenni di storia dell’uomo e dell’arte, appuntati in una mostra che indaga una storia antica ma soprattutto poi una seconda storia, dal Cinquecento al Novecento in pittura, lungo il suo versante struggentemente serale e notturno.
Divisa in sei sezioni di carattere tematico e non cronologico, è composta da 115 opere, provenienti come sempre da musei e collezioni di tutto il mondo. In tutta la prima parte (La notte segue il fiume. Gli Egizi e il lungo viaggio), forte di 22 tra sculture e oggetti, e facendo interamente ricorso a una delle più straordinarie collezioni al mondo nel settore, quella del Museum of Fine Arts di Boston, viene ricostruita l’idea che della notte avevano gli Egizi. Notte intesa in senso figurato, come cammino nell’oscurità di un dopo morte che invece si illumina con la resistenza delle immagini della vita, degli oggetti della vita, le figure, i segni, i simboli. È la parte dell’esposizione in cui i dati della realtà diventano oggetti, gli oggetti che venivano custoditi nelle Piramidi, simbolo luminoso della notte dell’eternità, che però si portava dietro la vita.
Elementi che vengono esposti sotto un vasto cielo stellato, in un allestimento che simula le immense notti del deserto, perfino con il suono del vento a scuotere l’atmosfera e farla dondolare. Dai ritratti del Fayum alle teste scolpite in pietra, dalle maschere funebri ai gioielli e ai giochi dei bambini, la notte abitata dalla vita si dispone con tutto il fascino che è proprio a questa straordinaria civiltà. Considerando anche quanto importante sia stato, per la cultura soprattutto di fine Ottocento e inizio Novecento in Europa, il riferimento proprio alla storia egiziana antica. Non a caso ad aprire il percorso è uno dei bellissimi ritratti del Fayum, a intersecare la profondità del volto e dell’assenza in quell’Egitto romano con taluni sguardi, governati dalla notte e dall’assenza stessa, in pieno Novecento, a cominciare da Francis Bacon e poi López García. E del grande artista spagnolo, in questa sezione, viene esposto un bellissimo legno policromo, Donna addormentata (Il sogno), collocato accanto ai ritratti del Fayum e alle maschere funerarie.
Se questo è dunque il primo, pur circoscritto, dei sei tempi della mostra, con le altre cinque sezioni ci si sposta molti secoli più avanti, nell’ambito questa volta della pittura, ma anche dell’incisione. La pittura che ha rappresentato la notte. La notte piena, oppure il suo giungere nell’ora del tramonto e del crepuscolo, la mareggiata delle stelle, la conclusione della notte stessa quando l’alba sta per giungere. Non ci si aspetti però di visitare un’esposizione fatta solo di neri notturni del cielo, o al più dei lumi delle stelle e della luna. La notte, e prima di lei la sera, sono intese in senso fortemente psicologico, e anche, in modo preponderante, quali scatole di contenimento di storie, di vicende, di forti dichiarazioni di fronte all’immenso o nella brevità dei giorni. Quando si confrontano il senso della casa e quello dell’eterno. E per far vivere questo sentimento, farlo scoccare come la freccia che lascia l’arco teso, è stata scelta la tematizzazione, così da consentire che sullo stesso argomento potessero essere vicini pittori che, pur a secoli di distanza, avevano creato la loro pienezza nel tratteggiare una stessa immagine.
La seconda sezione (Figure sul limitare della vita. Da una finestra viene la notte), vede, nella sua parte più ampia, il racconto soprattutto della vita di Cristo, nei momenti in cui essa è ambientata nella sera e nella notte. Per cui, dall’adorazione dei pastori fino all’orazione nell’orto, alla salita al Calvario, alla crocifissione e alla deposizione nel sepolcro, si succedono i capolavori tra fine Quattrocento e Novecento. Dalle finestre orientate sulla notte di Giorgione e Tiziano che si confrontano con quelle magnifiche dello spagnolo López García sul finire del XX secolo, da Veronese a Palma il Vecchio, da Tintoretto a El Greco, da Savoldo a Bassano, da Caravaggio a Zurbarán, da Guercino a Carracci solo per dire di alcuni, fino alla contaminazione tra Poussin e Bacon sul tema straziato e stracciato della crocifissione.
E poi quell'altra straziata contaminazione, purissima, tra i vari San Francesco ambientati nella notte, dipinti da Caravaggio, Orazio Gentileschi, El Greco e Zurbarán e gli anacoreti, di fronte a un bozzolo di notte, dipinti da un grande pittore contemporaneo come Zoran Music.
La terza sezione (Il bianco e il nero della notte. Una mano incide una lastra), è contenuta nel numero delle opere, in tutto 16, ma offre alcuni tra i capolavori della storia dell’incisione, con la scelta di concentrarsi su un artista del Seicento, Rembrandt, e uno del Settecento, Piranesi. Per evidenziare la meraviglia delle figure soffuse dentro la notte nel primo, e l’intensità plastica degli scorci scenografici e teatrali nel buio delle sue carceri del secondo.
La quarta sezione (Di lune e di stelle. E di tramonti prima. Il secolo della natura mentre viene sera), è sostanzialmente tutta dedicata alla pittura ottocentesca. Tempo nel quale il gusto romantico (in mostra capolavori da Turner a Friedrich) vede nel sentimento notturno il suo raggiungimento più pieno e più alto. Ma è interessante scoprire come questo sentimento della sera e della notte venga interpretato, al di là dell’oceano, da alcuni pittori americani di straordinario talento, da Allston a Cole, da Church a Lane. Fino a Winslow Homer, posto a fianco del suo maggior prosecutore novecentesco, Andrew Wyeth. Le ombre della notte giungente in Homer e la luna splendente nel cielo in Wyeth, a dire una delle più stringenti esibizioni d’emozione e sentimento nella storia della pittura che esce dal romanticismo. Ma poi la pittura europea del secondo Ottocento, con il tema del realismo in Corot e Millet e la materia di grasso tramonto di quest’ultimo messa a confronto con quella di Van Gogh a Nuenen prima e addirittura Kiefer, con una grande tela, nella seconda parte del Novecento. E poi lo splendido transito di Monet, nelle luci di fine giorno dapprima lungo la costa di Normandia e poi lungo il Canal Grande a Venezia. O Pissarro, e ancora Van Gogh nei parchi di Parigi o sui campi innevati di Saint-Rémy, fino alla modernità giungente in Mondrian, con il suo valore ormai pienamente novecentesco. Assieme al rapporto tra Whistler a fine Ottocento e Hopper nei primi decenni del Novecento, legato alla notte che appare in una città. Dapprima Venezia e poi New York.
La quinta sezione (Sere e notti del Novecento. Il cielo e lo spirito), è dedicata ad alcune delle esperienze più affascinanti soprattutto del secondo Novecento, e particolarmente in ambito astratto, da Rothko a Noland a Morris Louis in America, fino a De Staël in Europa. Per evidenziare la portata fortemente introspettiva e psicologica del sentimento notturno, che non è più fenomeno della descrizione fisica quanto invece l’approfondimento dentro il tempo. Con loro dialogano, in questa sala, Andrew Wyeth e l’italiano Piero Guccione , scelti per rappresentare il poetico ossequio ancora nei confronti della realtà a fine Novecento, e dire dunque l’altra faccia del cielo notturno di Rothko e compagni.
La sesta e ultima sezione (In queste sere e notti ci si perde. La mostra in una stanza), entro una serie mozzafiato di capolavori, vuole restituire il senso finale dell’esposizione, legandolo alla storia dell’uomo dentro le luci serali e notturne. Dapprima lo straccio del corpo nella notte giungente o presente, con il contatto prepotente tra la deposizione di Luca Giordano, un corpo assassinato di Cézanne e uno accovacciato di Bacon. Così come corpo è quello di una donna tahitiana di Gauguin, cosparsa come unguento del rosso del tramonto tropicale che tutta la sabbia invade, tanto da poter stare accanto a un grande e fiammeggiante rosso, quasi arancione, di Rothko, che rovescia il potere del naturalismo simbolico dello stesso Gauguin. Il quale, in un quadro meraviglioso e raro, di complessa interpretazione e datazione, dipinge il senso di una notte estrema della vita e del tempo, in quel suo la Notte di Natale. Successivamente, l'immagine celebre del Narciso di Caravaggio, il quale interpreta il buio di un'acqua scura come riflesso, quasi preromantico, di un moto interiore. Mentre tutti osserva Vincent van Gogh, che nel suo celeberrimo Sentiero di notte in Provenza evoca la presenza, sotto le stelle e una grande luna, di un mistero che sigilla in una sola immagine la forza della carne e dello spirito nella luce della notte. Chiudendo in questo modo la mostra come immagine del destino.
La grande novità è l’ingresso della Fondazione Teatro Comunale della Città di Vicenza come Ente Promotore, in collaborazione con il Comune di Vicenza e Linea d’ombra, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno e Ancona. Main Sponsor il Gruppo Segafredo Zanetti.
E’ una mostra di capolavori, sensazioni, emozioni e simboli. E simbolica non poteva non essere, quindi, anche la data di inizio: il 24 dicembre 2014, la Notte Santa.
Il titolo: “Tutankhamon Caravaggio Van Gogh. La sera e i notturni dagli Egizi al Novecento” è, senza dubbio, di quelli che fanno girare la testa. Richiama millenni di storia dell’uomo e dell’arte, appuntati in una mostra che indaga una storia antica ma soprattutto poi una seconda storia, dal Cinquecento al Novecento in pittura, lungo il suo versante struggentemente serale e notturno.
Divisa in sei sezioni di carattere tematico e non cronologico, è composta da 115 opere, provenienti come sempre da musei e collezioni di tutto il mondo. In tutta la prima parte (La notte segue il fiume. Gli Egizi e il lungo viaggio), forte di 22 tra sculture e oggetti, e facendo interamente ricorso a una delle più straordinarie collezioni al mondo nel settore, quella del Museum of Fine Arts di Boston, viene ricostruita l’idea che della notte avevano gli Egizi. Notte intesa in senso figurato, come cammino nell’oscurità di un dopo morte che invece si illumina con la resistenza delle immagini della vita, degli oggetti della vita, le figure, i segni, i simboli. È la parte dell’esposizione in cui i dati della realtà diventano oggetti, gli oggetti che venivano custoditi nelle Piramidi, simbolo luminoso della notte dell’eternità, che però si portava dietro la vita.
Elementi che vengono esposti sotto un vasto cielo stellato, in un allestimento che simula le immense notti del deserto, perfino con il suono del vento a scuotere l’atmosfera e farla dondolare. Dai ritratti del Fayum alle teste scolpite in pietra, dalle maschere funebri ai gioielli e ai giochi dei bambini, la notte abitata dalla vita si dispone con tutto il fascino che è proprio a questa straordinaria civiltà. Considerando anche quanto importante sia stato, per la cultura soprattutto di fine Ottocento e inizio Novecento in Europa, il riferimento proprio alla storia egiziana antica. Non a caso ad aprire il percorso è uno dei bellissimi ritratti del Fayum, a intersecare la profondità del volto e dell’assenza in quell’Egitto romano con taluni sguardi, governati dalla notte e dall’assenza stessa, in pieno Novecento, a cominciare da Francis Bacon e poi López García. E del grande artista spagnolo, in questa sezione, viene esposto un bellissimo legno policromo, Donna addormentata (Il sogno), collocato accanto ai ritratti del Fayum e alle maschere funerarie.
Se questo è dunque il primo, pur circoscritto, dei sei tempi della mostra, con le altre cinque sezioni ci si sposta molti secoli più avanti, nell’ambito questa volta della pittura, ma anche dell’incisione. La pittura che ha rappresentato la notte. La notte piena, oppure il suo giungere nell’ora del tramonto e del crepuscolo, la mareggiata delle stelle, la conclusione della notte stessa quando l’alba sta per giungere. Non ci si aspetti però di visitare un’esposizione fatta solo di neri notturni del cielo, o al più dei lumi delle stelle e della luna. La notte, e prima di lei la sera, sono intese in senso fortemente psicologico, e anche, in modo preponderante, quali scatole di contenimento di storie, di vicende, di forti dichiarazioni di fronte all’immenso o nella brevità dei giorni. Quando si confrontano il senso della casa e quello dell’eterno. E per far vivere questo sentimento, farlo scoccare come la freccia che lascia l’arco teso, è stata scelta la tematizzazione, così da consentire che sullo stesso argomento potessero essere vicini pittori che, pur a secoli di distanza, avevano creato la loro pienezza nel tratteggiare una stessa immagine.
La seconda sezione (Figure sul limitare della vita. Da una finestra viene la notte), vede, nella sua parte più ampia, il racconto soprattutto della vita di Cristo, nei momenti in cui essa è ambientata nella sera e nella notte. Per cui, dall’adorazione dei pastori fino all’orazione nell’orto, alla salita al Calvario, alla crocifissione e alla deposizione nel sepolcro, si succedono i capolavori tra fine Quattrocento e Novecento. Dalle finestre orientate sulla notte di Giorgione e Tiziano che si confrontano con quelle magnifiche dello spagnolo López García sul finire del XX secolo, da Veronese a Palma il Vecchio, da Tintoretto a El Greco, da Savoldo a Bassano, da Caravaggio a Zurbarán, da Guercino a Carracci solo per dire di alcuni, fino alla contaminazione tra Poussin e Bacon sul tema straziato e stracciato della crocifissione.
E poi quell'altra straziata contaminazione, purissima, tra i vari San Francesco ambientati nella notte, dipinti da Caravaggio, Orazio Gentileschi, El Greco e Zurbarán e gli anacoreti, di fronte a un bozzolo di notte, dipinti da un grande pittore contemporaneo come Zoran Music.
La terza sezione (Il bianco e il nero della notte. Una mano incide una lastra), è contenuta nel numero delle opere, in tutto 16, ma offre alcuni tra i capolavori della storia dell’incisione, con la scelta di concentrarsi su un artista del Seicento, Rembrandt, e uno del Settecento, Piranesi. Per evidenziare la meraviglia delle figure soffuse dentro la notte nel primo, e l’intensità plastica degli scorci scenografici e teatrali nel buio delle sue carceri del secondo.
La quarta sezione (Di lune e di stelle. E di tramonti prima. Il secolo della natura mentre viene sera), è sostanzialmente tutta dedicata alla pittura ottocentesca. Tempo nel quale il gusto romantico (in mostra capolavori da Turner a Friedrich) vede nel sentimento notturno il suo raggiungimento più pieno e più alto. Ma è interessante scoprire come questo sentimento della sera e della notte venga interpretato, al di là dell’oceano, da alcuni pittori americani di straordinario talento, da Allston a Cole, da Church a Lane. Fino a Winslow Homer, posto a fianco del suo maggior prosecutore novecentesco, Andrew Wyeth. Le ombre della notte giungente in Homer e la luna splendente nel cielo in Wyeth, a dire una delle più stringenti esibizioni d’emozione e sentimento nella storia della pittura che esce dal romanticismo. Ma poi la pittura europea del secondo Ottocento, con il tema del realismo in Corot e Millet e la materia di grasso tramonto di quest’ultimo messa a confronto con quella di Van Gogh a Nuenen prima e addirittura Kiefer, con una grande tela, nella seconda parte del Novecento. E poi lo splendido transito di Monet, nelle luci di fine giorno dapprima lungo la costa di Normandia e poi lungo il Canal Grande a Venezia. O Pissarro, e ancora Van Gogh nei parchi di Parigi o sui campi innevati di Saint-Rémy, fino alla modernità giungente in Mondrian, con il suo valore ormai pienamente novecentesco. Assieme al rapporto tra Whistler a fine Ottocento e Hopper nei primi decenni del Novecento, legato alla notte che appare in una città. Dapprima Venezia e poi New York.
La quinta sezione (Sere e notti del Novecento. Il cielo e lo spirito), è dedicata ad alcune delle esperienze più affascinanti soprattutto del secondo Novecento, e particolarmente in ambito astratto, da Rothko a Noland a Morris Louis in America, fino a De Staël in Europa. Per evidenziare la portata fortemente introspettiva e psicologica del sentimento notturno, che non è più fenomeno della descrizione fisica quanto invece l’approfondimento dentro il tempo. Con loro dialogano, in questa sala, Andrew Wyeth e l’italiano Piero Guccione , scelti per rappresentare il poetico ossequio ancora nei confronti della realtà a fine Novecento, e dire dunque l’altra faccia del cielo notturno di Rothko e compagni.
La sesta e ultima sezione (In queste sere e notti ci si perde. La mostra in una stanza), entro una serie mozzafiato di capolavori, vuole restituire il senso finale dell’esposizione, legandolo alla storia dell’uomo dentro le luci serali e notturne. Dapprima lo straccio del corpo nella notte giungente o presente, con il contatto prepotente tra la deposizione di Luca Giordano, un corpo assassinato di Cézanne e uno accovacciato di Bacon. Così come corpo è quello di una donna tahitiana di Gauguin, cosparsa come unguento del rosso del tramonto tropicale che tutta la sabbia invade, tanto da poter stare accanto a un grande e fiammeggiante rosso, quasi arancione, di Rothko, che rovescia il potere del naturalismo simbolico dello stesso Gauguin. Il quale, in un quadro meraviglioso e raro, di complessa interpretazione e datazione, dipinge il senso di una notte estrema della vita e del tempo, in quel suo la Notte di Natale. Successivamente, l'immagine celebre del Narciso di Caravaggio, il quale interpreta il buio di un'acqua scura come riflesso, quasi preromantico, di un moto interiore. Mentre tutti osserva Vincent van Gogh, che nel suo celeberrimo Sentiero di notte in Provenza evoca la presenza, sotto le stelle e una grande luna, di un mistero che sigilla in una sola immagine la forza della carne e dello spirito nella luce della notte. Chiudendo in questo modo la mostra come immagine del destino.
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