Decorazione della cupola di San Giovanni Evangelis

Antonio Allegri

Monastero San Giovanni Evangelista

 
DESCRIZIONE:

La scelta dell’ iconografia nella cupola si ispira più che ai testi apocrifi, alle tre omelie che Giovanni Damasceno dedica alla assunzione di Maria (20). Pur conoscendo la tradizione apocrifa, egli si muove su principi teologici riassumibili nell’asserto che Maria è inseparabile dal Figlio. Come la risurrezione di Cristo nei racconti evangelici avviene al terzo giorno, anche l’assunzione di Maria è collocata al terzo giorno dalla sepoltura, in giorno di domenica, la festa primordiale cristiana, che di otto giorni in otto giorni fa memoria della Pasqua di Risurrezione. All’evento sono presenti tutti gli apostoli, raccolti dai paesi dove si erano recati per predicare il vangelo e portati a Gerusalemme dagli angeli. Nella cupola gli apostoli si ergono sul finto cornicione in marmo, a due a due, in corrispondenzadegli angoli dell’ottagono di base, nascondendone la geometria e rendere tondo il campo pittorico. Gli angoli sono ulteriormente occultati da candelabri “bronzei” che si innalzano fino a raggiungere la rotondità della calotta (21).

Salendo con la sguardo, un vortice popolato di angeli – il Damasceno ne ricorda le “famiglie”, Angeli, Arcangeli, Potestà, Principati, Troni, Cherubini, Serafini – tra gonfie nuvole accompagna Maria che sale. La figura della Vergine con veste rosa e manto azzurro, le braccia aperte si trova sul lato occidentale della cupola, verso l’abside, visibile da chi, percorrendo la navata maggiore della cattedrale, si fermi ai piedi della grande scalinata. Era quello che potevano scorgere i fedeli al tempo del Correggio. A loro era destinato quello spazio, mentre la parte elevata della basilica, transetti, presbiterio e coro, erano riservati al clero ed alle autorità cittadine, prima che venisse cancellato nel 1566 l’assetto antelamico del presbiterio.

Nella seconda omelia Giovanni Damasceno scrive: “bisognava anche che i principali degli antichi giusti e profeti venissero dappresso per prendere parte a questa scorta sacra, essi che avevano annunciato con chiarezza che da questa donna il Verbo di Dio avrebbe preso carne per noi e sarebbe stato generato per amore degli uomini” (22).Tra la barriera di volti che attorniano Maria, emergono coll’ intero busto i progenitori, a sinistra Adamo “cui è stata cancellata la condanna” (23) e a destra Eva con in mano la mela con un verde virgulto. La mela non è più segno di condanna e dolore, ma di salvezza, per cui Adamo ed Eva possono confessare: “Beata sei tu, o figlia: ci hai dissipato la pena della trasgressione” (24).

A destra e a sinistra di Mariasi possono identificare altri personaggi biblici, oltre ai due progenitori (25). A destra della Vergine, sinistra per chi guarda, prima di Adamo, si trova lo sposo di Maria, Giuseppe col bastone e il giglio. Scorrendo ancora verso sinistra, dopo Adamo, Abramo – che “ebbe fede sperando contro ogni speranza” (Rom 4,11) – e il figlio Isacco con l’agnello del sacrificio. Più a sinistra una figura si eleva col busto sopra le teste che la circondano, con il braccio che nasconde in parte in volto, ma lasciando scorgere una folta capigliatura bionda: Davide che regge con la mano la testa mozzata, in scala maggiore rispetto a tutte le altre, del gigante filisteo Golia (26), ucciso dal futuro re di Israele. Fra quest’ultimo ed Abramo, forse il patriarca Giacobbe con la grande barba. Infine, vicino al ginocchio di Davide, il profilo di un vecchio con la barba, in mano un grappolo d’uva: Melchisedek, “re di Salem, sacerdote del Dio altissimo”, che aveva offerto pane e vino (Gen 14,18).

Dall’altro lato, a sinistra di Maria, si trovano figure femminili: due donne, di cui unacon veste fluente verde e rossa, probabilmente Marta e Maria, sorelle di Lazzaro e testimoni della sua risurrezione (Gv 11, 1-44). A seguire tre volti, forse Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, le prime a trovare il sepolcro vuoto il mattino dopo il sabato (Mc 6, 1-8) ed infine Giuditta con la sua ancella che regge il capo mozzato di Oloferne (Gdt 13, 1-10).

Un’ultima figura, in alto, sopra Maria, al margine del mare di luce della sommità della calotta, un volto d’uomo con capelli e barba rossastra “in cui passa un’onda di tristezza per un pensiero turbante e ossessivo, come erano i pochi ritratti da lui dipinti”. Tassi vi riconosce il Correggio (27).

Quasi al centro della calotta, piena di luce che dal giallo diventa bianco candido, il paradiso verso cui sale Maria (28), una figura intera, forse l’angelo che accompagna l’ascesa della Vergine o che le viene incontro?

All’imposta della cupola, nei quattro pennacchi, come perle nel cuore di una conchiglia, sono raffigurati santi patroni della città. All’inizio del Cinquecento si designavano così santi che anche temporaneamente erano oggetti di culto. Solo nel sinodo Mozzanega (1602) (29), all’atto della sistemazione del calendario diocesano post tridentino, la diocesi si doterà di un calendario proprio fisso. Guardando verso l’abside, a destra sant’Ilario di Poitiers, antico protettore del Comune medioevale, a sinistra san Giovanni Battista, titolare del Battistero, con in braccio l’agnello, simbolo suo caratteristico per aver indicato Cristo al Giordano come “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29). Nei pennacchi verso la navata, a destra san Bernardo degli Uberti, patrono della diocesi, a sinistra ancora san Giuseppe, riconoscibile per il giglio e la palma con datteri, il frutto che nutrì la Sacra Famiglia nella fuga in Egitto.

Nel sottarco verso l’abside, sopra i capitelli dei grandi pilastri, sovrapposti ai due monocromi, rispettivamente un cesto con il calice semicoperto da un velo e un cesto col pellicano che nutre i suoi pulcini. Chiara evocazione dell’eucaristia celebrata sull’altare sottostante, dove Cristo nutre di sé i suoi fedeli.

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