Intervista ad Antonio Zanardi Landi, presidente di Fondazione Aquileia
Aquileia “madre di Venezia”, e porta verso l’Oriente
Antonio Zanardi Landi è il presidente di Fondazione Aquileia dal 2015. Foto di © Gianluca Baronchelli
Eleonora Zamparutti
13/07/2017
Udine - Non è solo una questione di comunicazione. Si tratta di idee per divulgare la conoscenza di Aquileia e del suo patrimonio e, alla lunga, attrarre un maggior numero di visitatori.
Le iniziative nell’ambito dell’ “archeologia ferita” portate avanti da Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia dal 2015, hanno una gittata che va oltre l’estemporanea notiziabilità degli eventi e fanno del sito friulano un trampolino delle relazioni estere bilaterali. In gioco non c’è solo la notorietà del luogo, ma a lungo termine ciò che conta è la valorizzazione soprattutto economica dell’area archeologica e del territorio circostante.
Tuttavia la grande scommessa per il futuro punta ai 28 milioni di visitatori della vicina Venezia, un potenziale a cui guardare con grande interesse.
Storicamente Aquileia è stata crocevia di culture diverse. Ci può raccontare quali sono gli elementi valoriali della memoria storica di Aquileia che risultano oggi di maggiore attualità?
“Le cosa che mi ha colpito di più dopo il mio arrivo ad Aquiliea circa due anni fa è stata la testimonianza dei contatti tra popoli diversi e della convivenza tra diversi influssi balcanici, mediterranei, orientali. I pavimenti della Basilica Paleocristiana a Monastero visibili all’interno del Museo Paleocristiano e rivenuti nel corso degli scavi degli anni Cinquanta, mostrano dei tondi all’interno dei quali sono collocate alcune scritte in memoria degli sponsor di allora: “il sig. X a contribuito per 100 piedi di mosaico”. Tra i benefattori risultano nomi greci, latini, nord africani e giudei. Tanto che inizialmente si riteneva che il luogo anticamente ospitasse una sinagoga e non una basilica cristiana. Ad Aquileia dal I sec. a. C. risiedeva una fiorente comunità giudaica che poi in un secondo tempo si convertì al cristianesimo. Ancora oggi queste testimonianze risultano essere la cosa più parlante di quel tempo, particolarmente significativa nei difficili tempi attuali in cui viviamo.
La convivenza pacifica ad Aquileia tra genti provenienti da luoghi diversi, di cultura, religione e lingua differenti, favoriva una fertilizzazione incrociata rafforzata da un cristianesimo derivato da Alessandria d’Egitto e non da Roma. Gli elementi presenti nei numerosi mosaici ne sono la testimonianza.
Una cosa molto interessante è ricordare che Aquileia fu fondata nel 180 a.C. come base logistica dell’impero romano per favorire l’espansione verso Est. Dopo tre secoli da allora Aquileia si trasformò da porta verso Est a porta da Est. E’ un concetto molto suggestivo specie in questi mesi durante i quali è allestita la mostra “Volti di Palmira ad Aquileia”. Anche Palmira ebbe un ruolo analogo a quello di Aquileia, rappresentando un punto di scambio da e per l’Oriente.
Luogo di grandi passaggi e di travaso tra culture diverse, Palmira, che tanto deve alla Persia e al tempo stesso alla cultura romana assorbita attraverso l’Ellenismo, ha mantenuto una forte identità attraverso i secoli così come Aquileia, che ha fatto propri forti influssi mediterranei malgrado fosse una città romana del Nord.”
I progetti portati avanti nell’ambito dell’iniziativa “archeologia ferita” proiettano Aquileia nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo. Quale ruolo ha Aquileia in questo ambito?
“Si tratta di un ruolo di sostanza. Da quando sono arrivato nella Fondazione Aquileia mi sono dedicato a operazioni di comunicazione per consentire agli appassionati di avvicinarsi per scoprire Aquileia e il suo patrimonio. Si tratta di idee di comunicazione che hanno come scopo quello di divulgare la conoscenza e attrarre un maggior numero di visitatori. Aquileia ha un immenso patrimonio artistico e ideale per attivare un dialogo con i mezzi di comunicazione. L’iniziativa con il Museo del Bardo di Tunisi è nata in occasione di un viaggio di governo. Personalmente ho seguito le attività per l’organizzazione della mostra sull’antica Persia. Tengo le relazioni con i governi algerino, serbo, e di altri paesi. Il valore delle operazioni che vengono realizzate consiste nell’offrire idee semplici per attirare nuovi visitatori. Pochi forse ricordano che nel III sec. a.C. Nord Africa e Italia erano realtà molto integrate che condividevano canoni artistici, filosofici, culturali, religiosi comuni.”
Si tratta di iniziative estemporanee o avranno un seguito?
“Le esposizioni in corso saranno integrate in altre iniziative che si svolgono nelle prossime settimane come l’Aquileia Film Festival dove verrà presentato in anteprima per l’Italia dell’atteso film “The destruction of Memory” del regista Tim Slade: un compendio dell’ondata distruttiva che ha coinvolto giacimenti culturali plurimillenari, come quelli dell’Iraq e della Siria, l’antica Mesopotamia “culla della civiltà”. All’inizio del nuovo anno annunceremo altre iniziative che vedranno coinvolti i paesi dei Balcani e dell’Europa orientale dove esporteremo idee e temi elaborati qui.”
La collocazione della cultura in testa alle relazioni internazionali rappresenta una necessità temporanea o fa parte di una visione di lunga durata?
“Per me la cultura è stata sempre in testa alle relazioni internazionali. Quando ricoprivo l’incarico di capo missione italiana all’estero ho utilizzato tantissimo la cultura italiana in quanto strumento efficace per aprire porte e cuori in tanti paesi. La mia fortuna è stata anche quella che l’Italia è ricca e generosa e ho potuto contare sulla benevolenza di tanti direttori dei musei, ministri e responsabili che mi hanno permesso di portare in altri paesi opere d’arte straordinarie. L’Italia possiede un patrimonio grande in termini di comunicazione che in qualche modo compensa lo svantaggio rispetto altri sistemi in termini di politica estera. La cultura consente di lavorare su radici, valori e idee comuni e favorisce lo sviluppo delle relazioni bilaterali. E’ un sistema fantastico per l’Italia ampiamente ripagato.”
In che modo la comunicazione politica si inserisce nell’ambito della valorizzazione turistica del sito di Aquileia?
“I risultati sono stati positivi. Già nel 2016 è stata registrata una crescita del 130% della bigliettazione, prova del fatto che lo sforzo di comunicazione di idee ha effetti positivi. Il patrimonio di Aquileia è anche motore dello sviluppo economico, incluso il mercato del lavoro locale. C’è spazio per una crescita ulteriore. Lavoriamo con paesi promettenti come ad esempio la Russia, i vicini Slovenia, Ungheria e Austria. E poi guardiamo ai grandi mercati di Germania e Francia, mentre all’inizio del prossimo anno cercheremo di intercettare i flussi turistici provenienti dagli Stati Uniti. Per tale ragione stiamo traducendo i testi informativi del sito archeologico in varie lingue: inglese, francese, tedesco e anche russo.
Ma per noi la sfida maggiore è quella di poter arrivare a comunicare il concetto che Aquileia è la madre di Venezia. Poter attingere al bacino di oltre 28 milioni di visitatori che ogni anno si recano nella città lagunare, sarebbe molto importante in termini numerici.”
Al momento non è facile raggiungere Aquileia se non con mezzi propri. In che modo pensate di migliorare le infrastrutture di trasporto?
“La Regione Friuli Venezia Giulia è molto generosa e dà una dotazione quasi integrale del finanziamento di cui dispone la Fondazione Aquileia. Ad essa si aggiungono in parte minore sponsor privati. E’ importante che le collettività locali si attivino per migliorare i sistemi di collegamento. Abbiamo attivato una navetta con il Palmanova Outlet e stiamo esaminando il progetto di attivarne una da Grado. I treni austriaci stanno potenziando la rete nella tratta Udine-Cividale. Le infrastrutture di trasporto saranno sicuramente realizzate nel momento in cui si manifesterà un effetto di trascinamento dell’indotto grazie all'avvio dello sviluppo economico del territorio”.
Le iniziative nell’ambito dell’ “archeologia ferita” portate avanti da Antonio Zanardi Landi, presidente della Fondazione Aquileia dal 2015, hanno una gittata che va oltre l’estemporanea notiziabilità degli eventi e fanno del sito friulano un trampolino delle relazioni estere bilaterali. In gioco non c’è solo la notorietà del luogo, ma a lungo termine ciò che conta è la valorizzazione soprattutto economica dell’area archeologica e del territorio circostante.
Tuttavia la grande scommessa per il futuro punta ai 28 milioni di visitatori della vicina Venezia, un potenziale a cui guardare con grande interesse.
Storicamente Aquileia è stata crocevia di culture diverse. Ci può raccontare quali sono gli elementi valoriali della memoria storica di Aquileia che risultano oggi di maggiore attualità?
“Le cosa che mi ha colpito di più dopo il mio arrivo ad Aquiliea circa due anni fa è stata la testimonianza dei contatti tra popoli diversi e della convivenza tra diversi influssi balcanici, mediterranei, orientali. I pavimenti della Basilica Paleocristiana a Monastero visibili all’interno del Museo Paleocristiano e rivenuti nel corso degli scavi degli anni Cinquanta, mostrano dei tondi all’interno dei quali sono collocate alcune scritte in memoria degli sponsor di allora: “il sig. X a contribuito per 100 piedi di mosaico”. Tra i benefattori risultano nomi greci, latini, nord africani e giudei. Tanto che inizialmente si riteneva che il luogo anticamente ospitasse una sinagoga e non una basilica cristiana. Ad Aquileia dal I sec. a. C. risiedeva una fiorente comunità giudaica che poi in un secondo tempo si convertì al cristianesimo. Ancora oggi queste testimonianze risultano essere la cosa più parlante di quel tempo, particolarmente significativa nei difficili tempi attuali in cui viviamo.
La convivenza pacifica ad Aquileia tra genti provenienti da luoghi diversi, di cultura, religione e lingua differenti, favoriva una fertilizzazione incrociata rafforzata da un cristianesimo derivato da Alessandria d’Egitto e non da Roma. Gli elementi presenti nei numerosi mosaici ne sono la testimonianza.
Una cosa molto interessante è ricordare che Aquileia fu fondata nel 180 a.C. come base logistica dell’impero romano per favorire l’espansione verso Est. Dopo tre secoli da allora Aquileia si trasformò da porta verso Est a porta da Est. E’ un concetto molto suggestivo specie in questi mesi durante i quali è allestita la mostra “Volti di Palmira ad Aquileia”. Anche Palmira ebbe un ruolo analogo a quello di Aquileia, rappresentando un punto di scambio da e per l’Oriente.
Luogo di grandi passaggi e di travaso tra culture diverse, Palmira, che tanto deve alla Persia e al tempo stesso alla cultura romana assorbita attraverso l’Ellenismo, ha mantenuto una forte identità attraverso i secoli così come Aquileia, che ha fatto propri forti influssi mediterranei malgrado fosse una città romana del Nord.”
I progetti portati avanti nell’ambito dell’iniziativa “archeologia ferita” proiettano Aquileia nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo. Quale ruolo ha Aquileia in questo ambito?
“Si tratta di un ruolo di sostanza. Da quando sono arrivato nella Fondazione Aquileia mi sono dedicato a operazioni di comunicazione per consentire agli appassionati di avvicinarsi per scoprire Aquileia e il suo patrimonio. Si tratta di idee di comunicazione che hanno come scopo quello di divulgare la conoscenza e attrarre un maggior numero di visitatori. Aquileia ha un immenso patrimonio artistico e ideale per attivare un dialogo con i mezzi di comunicazione. L’iniziativa con il Museo del Bardo di Tunisi è nata in occasione di un viaggio di governo. Personalmente ho seguito le attività per l’organizzazione della mostra sull’antica Persia. Tengo le relazioni con i governi algerino, serbo, e di altri paesi. Il valore delle operazioni che vengono realizzate consiste nell’offrire idee semplici per attirare nuovi visitatori. Pochi forse ricordano che nel III sec. a.C. Nord Africa e Italia erano realtà molto integrate che condividevano canoni artistici, filosofici, culturali, religiosi comuni.”
Si tratta di iniziative estemporanee o avranno un seguito?
“Le esposizioni in corso saranno integrate in altre iniziative che si svolgono nelle prossime settimane come l’Aquileia Film Festival dove verrà presentato in anteprima per l’Italia dell’atteso film “The destruction of Memory” del regista Tim Slade: un compendio dell’ondata distruttiva che ha coinvolto giacimenti culturali plurimillenari, come quelli dell’Iraq e della Siria, l’antica Mesopotamia “culla della civiltà”. All’inizio del nuovo anno annunceremo altre iniziative che vedranno coinvolti i paesi dei Balcani e dell’Europa orientale dove esporteremo idee e temi elaborati qui.”
La collocazione della cultura in testa alle relazioni internazionali rappresenta una necessità temporanea o fa parte di una visione di lunga durata?
“Per me la cultura è stata sempre in testa alle relazioni internazionali. Quando ricoprivo l’incarico di capo missione italiana all’estero ho utilizzato tantissimo la cultura italiana in quanto strumento efficace per aprire porte e cuori in tanti paesi. La mia fortuna è stata anche quella che l’Italia è ricca e generosa e ho potuto contare sulla benevolenza di tanti direttori dei musei, ministri e responsabili che mi hanno permesso di portare in altri paesi opere d’arte straordinarie. L’Italia possiede un patrimonio grande in termini di comunicazione che in qualche modo compensa lo svantaggio rispetto altri sistemi in termini di politica estera. La cultura consente di lavorare su radici, valori e idee comuni e favorisce lo sviluppo delle relazioni bilaterali. E’ un sistema fantastico per l’Italia ampiamente ripagato.”
In che modo la comunicazione politica si inserisce nell’ambito della valorizzazione turistica del sito di Aquileia?
“I risultati sono stati positivi. Già nel 2016 è stata registrata una crescita del 130% della bigliettazione, prova del fatto che lo sforzo di comunicazione di idee ha effetti positivi. Il patrimonio di Aquileia è anche motore dello sviluppo economico, incluso il mercato del lavoro locale. C’è spazio per una crescita ulteriore. Lavoriamo con paesi promettenti come ad esempio la Russia, i vicini Slovenia, Ungheria e Austria. E poi guardiamo ai grandi mercati di Germania e Francia, mentre all’inizio del prossimo anno cercheremo di intercettare i flussi turistici provenienti dagli Stati Uniti. Per tale ragione stiamo traducendo i testi informativi del sito archeologico in varie lingue: inglese, francese, tedesco e anche russo.
Ma per noi la sfida maggiore è quella di poter arrivare a comunicare il concetto che Aquileia è la madre di Venezia. Poter attingere al bacino di oltre 28 milioni di visitatori che ogni anno si recano nella città lagunare, sarebbe molto importante in termini numerici.”
Al momento non è facile raggiungere Aquileia se non con mezzi propri. In che modo pensate di migliorare le infrastrutture di trasporto?
“La Regione Friuli Venezia Giulia è molto generosa e dà una dotazione quasi integrale del finanziamento di cui dispone la Fondazione Aquileia. Ad essa si aggiungono in parte minore sponsor privati. E’ importante che le collettività locali si attivino per migliorare i sistemi di collegamento. Abbiamo attivato una navetta con il Palmanova Outlet e stiamo esaminando il progetto di attivarne una da Grado. I treni austriaci stanno potenziando la rete nella tratta Udine-Cividale. Le infrastrutture di trasporto saranno sicuramente realizzate nel momento in cui si manifesterà un effetto di trascinamento dell’indotto grazie all'avvio dello sviluppo economico del territorio”.
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