Art Tour in Trentino (3 puntata)
A casa di Fortunato Depero, il Futurista di Rovereto
Fortunato Depero, Diabolicus, 1924-1926, olio su tela, 126,5 x 70 cm, Mart, Fondo Depero © Mart, Archivio fotografico e Mediateca
E. Za.
02/11/2016
Trento - “Fortunato Depero ebbe certamente una grande stima per Umberto Boccioni, lo considerava un maestro visto che nel 1909 aveva firmato il Manifesto Futurista. Depero firmerà con Balla il Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo nel 1915” afferma Nicoletta Boschiero, responsabile della Casa d’Arte Futurista Depero che ha sede a Rovereto di fronte alla scalinata del Castello, in via della Terra, spina dorsale del cuore più antico della città. “Erano Futuristi entrambi, tuttavia Boccioni era un ideologo, un portavoce dell’epopea romantica che allora consisteva nello spezzare gli schemi con grande ardore. Faceva parte del gruppo dei Futuristi irredentisti per i quali tutto era passatista, carente. Inneggiava alla guerra quando ancora non si sapeva che cosa fosse realmente. Le cose però cambiano dopo il 1918: artisti come Carrà e Severini si rendono conto che il movimento era accanitamente distruttivo e decidono di invertire la rottaorientandosi allo studio dei maestri del passato, esempio di Giotto. La linea tracciata da Boccioni condurrà fino all’arte concettuale, chi seguirà la lezione di Balla approderà a un’arte totale presente: dall'arredo alla moda, dal cinema al teatro, dalla musica alla danza, dal manifesto pubblicitario alla progettazione dell'oggetto d'uso”.
Siamo a Rovereto, nelle sale dell’edificio Cinquecentesco che nel Rinascimento era sede di un ospedale e in seguito del Monte dei pegni, e che dalla metà del Novecento è stato destinato dall’amministrazione locale a diventare il luogo della casa museo di Fortunato Depero, a lungo caldeggiata dall’artista stesso e inaugurata nel 1959.
Che tipo di artista era Depero?
“Incarnava la figura dell’homo faber: poteva fare di tutto entro un determinato contesto. E’ un artista operativo, molto trasversale: è stato attore, poeta, pubblicitario di grido. Non ha posto una gerarchia dei modi di espressione, e in questo era molto contemporaneo”.
Al primo piano della Casa Museo c’è un autoritratto di Depero. Come si rappresentava l’artista di Rovereto?
Fortunato Depero, Diabolicus, 1924-1926, olio su tela, 126,5 x 70 cm, Mart, Fondo Depero © Mart, Archivio fotografico e Mediateca
“Il titolo dell’autoritratto è Diabolicus. Depero, che era nato a Fondo in Val di Non, si ritrae come un montanaro con i piedi per terra benché sull’orlo di un abisso e alle sue spalle dipinge le cime delle montagne come se fossero i grattacieli di New York”.
Futurista di seconda generazione Fortunato Depero guardava a New York e non più a Parigi come capitale di riferimento. Quali documenti raccontano quegli anni?
Fortunato Depero seduto sopra le casse dei bagagli attende l'imbarco per New York, ottobre 1928, fotografia b.n. ; 180 x 210 mm
Mart, Archivio del ‘900, fondo Depero
“Fortunato Depero ha fatto due viaggi a New York. Il primo tra il 1928 e il ‘30, il secondo tra il 1946 e il ’48. Lo vediamo qui ritratto in un fotografia nel ’28 seduto sui bauli che contenevano le sue opere. Quando l’artista arriva a New York siamo alla vigilia del crollo di Wall Street e le sue opere non trovano mercato. Riesce ad aprire comunque una filiale della sua Casa d’Arte insieme alla moglie Rosetta e si reinventa come pubblicitario. Doveva dire addio ai sogni di gloria e lavorare per alcune testate come Vanity Fair e Vogue. Qui al museo esponiamo alcune copertine delle riviste. Il secondo viaggio negli Stati Uniti aveva come scopo quello di esportare il buxus, un materiale di carta e segatura lamellare, molto leggero e che garantiva una grande rapidità di esecuzione e che Depero utilizzava per decorare arazzi, cassapanche, oggetti. Ma l’incapacità di saper mettere in produzione su larga scala mobili e oggetti hanno reso fallimentare il progetto. Da questo si evincono le problematiche legate ai limiti del suo essere proto designer”.
Fortunato Depero, Depero Futurista, Dinamo Azari,1927, Mart, Archivio del ‘900, fondo Depero
All’ingresso del museo la biblioteca accoglie il visitatore: il pesante e lungo tavolo centrale, le vetrine che espongono i volumi dell’artista, tra cui il celebre libro imbullonato del 1927, e alcuni diplomi, danno l’idea di entrare in un mondo eclettico e creativo. Proprio recentemente il CIMA (Center for Italian Modern Art) di New York e l’editore Designers Book hanno annunciato una campagna di crowdfunding che ha come obiettivo la raccolta di fondi per la ristampa del “Libro imbullonato (Depero futurista)”, capolavoro della grafica e della tipografia del Novecento.
Siamo a Rovereto, nelle sale dell’edificio Cinquecentesco che nel Rinascimento era sede di un ospedale e in seguito del Monte dei pegni, e che dalla metà del Novecento è stato destinato dall’amministrazione locale a diventare il luogo della casa museo di Fortunato Depero, a lungo caldeggiata dall’artista stesso e inaugurata nel 1959.
Che tipo di artista era Depero?
“Incarnava la figura dell’homo faber: poteva fare di tutto entro un determinato contesto. E’ un artista operativo, molto trasversale: è stato attore, poeta, pubblicitario di grido. Non ha posto una gerarchia dei modi di espressione, e in questo era molto contemporaneo”.
Al primo piano della Casa Museo c’è un autoritratto di Depero. Come si rappresentava l’artista di Rovereto?
Fortunato Depero, Diabolicus, 1924-1926, olio su tela, 126,5 x 70 cm, Mart, Fondo Depero © Mart, Archivio fotografico e Mediateca
“Il titolo dell’autoritratto è Diabolicus. Depero, che era nato a Fondo in Val di Non, si ritrae come un montanaro con i piedi per terra benché sull’orlo di un abisso e alle sue spalle dipinge le cime delle montagne come se fossero i grattacieli di New York”.
Futurista di seconda generazione Fortunato Depero guardava a New York e non più a Parigi come capitale di riferimento. Quali documenti raccontano quegli anni?
Fortunato Depero seduto sopra le casse dei bagagli attende l'imbarco per New York, ottobre 1928, fotografia b.n. ; 180 x 210 mm
Mart, Archivio del ‘900, fondo Depero
“Fortunato Depero ha fatto due viaggi a New York. Il primo tra il 1928 e il ‘30, il secondo tra il 1946 e il ’48. Lo vediamo qui ritratto in un fotografia nel ’28 seduto sui bauli che contenevano le sue opere. Quando l’artista arriva a New York siamo alla vigilia del crollo di Wall Street e le sue opere non trovano mercato. Riesce ad aprire comunque una filiale della sua Casa d’Arte insieme alla moglie Rosetta e si reinventa come pubblicitario. Doveva dire addio ai sogni di gloria e lavorare per alcune testate come Vanity Fair e Vogue. Qui al museo esponiamo alcune copertine delle riviste. Il secondo viaggio negli Stati Uniti aveva come scopo quello di esportare il buxus, un materiale di carta e segatura lamellare, molto leggero e che garantiva una grande rapidità di esecuzione e che Depero utilizzava per decorare arazzi, cassapanche, oggetti. Ma l’incapacità di saper mettere in produzione su larga scala mobili e oggetti hanno reso fallimentare il progetto. Da questo si evincono le problematiche legate ai limiti del suo essere proto designer”.
Fortunato Depero, Depero Futurista, Dinamo Azari,1927, Mart, Archivio del ‘900, fondo Depero
All’ingresso del museo la biblioteca accoglie il visitatore: il pesante e lungo tavolo centrale, le vetrine che espongono i volumi dell’artista, tra cui il celebre libro imbullonato del 1927, e alcuni diplomi, danno l’idea di entrare in un mondo eclettico e creativo. Proprio recentemente il CIMA (Center for Italian Modern Art) di New York e l’editore Designers Book hanno annunciato una campagna di crowdfunding che ha come obiettivo la raccolta di fondi per la ristampa del “Libro imbullonato (Depero futurista)”, capolavoro della grafica e della tipografia del Novecento.
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