Dal 21 giugno al 15 settembre a Roma
Tra inconscio e memoria. La prima volta di Louise Bourgeois alla Galleria Borghese
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento, The Last Climb | Foto: © A. Osio
Samantha De Martin
20/06/2024
Roma - Al cospetto di Apollo e Dafne di Gian Lorenzo Bernini, Topiary, scultura di Louise Bourgeois che riflette la crescita organica e le fasi di sviluppo di una jeune fille en fleur, genera un cortocircuito tra la metamorfosi in alloro non voluta della ninfa, resa necessaria dall’inseguimento del dio, e la consapevole trasformazione in donna matura da parte del soggetto della scultrice franco-americana.
Mani in marmo o in acciaio nell’atto di stringersi, intrecciarsi, simbolo di dipendenza, intimità e protezione, distribuite nelle sale della Galleria Borghese e nei Giardini Segreti, enfatizzano il desiderio di casa e il bisogno di appartenenza, comunicando a chi osserva quella stessa idea di affetti e di famiglia che trapela dalla sagoma di Enea intento a sollevare sulle spalle il padre Anchise nel gruppo scultoreo di Bernini, poco distante.
Gabbie di acciaio e di metallo composte da elementi scolpiti, strutture autonome, simili a stanze, custodiscono i ricordi d’infanzia e al tempo stesso incatenano al passato. Rinnovano il concetto di memoria, provando a esorcizzarla proprio all’interno di uno spazio come il museo, deputato invece da sempre a conservare il passato e a farlo vivere.
D’altra parte, come ha spesso dichiarato Bourgeois, il processo creativo è una forma di esorcismo: un modo per ricostruire i ricordi e le emozioni al fine di liberarsi dalla loro presa.
È un cortocircuito, una tensione costante tra le venti opere di Bourgeois e i capolavori della Galleria Borghese il fil rouge della mostra Loiuse Bourgeois. L’inconscio della memoria (la prima alla Galleria Borghese interamente dedicata a un’artista donna e la prima esposizione romana dell’artista franco-americana) in programma dal 21 giugno al 15 settembre.
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento | Foto: © A. Osio
“La mostra su Louise Bourgeois - commenta Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese - fin dal titolo insegue due aspetti molto significativi del percorso dell’artista: l’inconscio e la memoria. Nella Galleria Borghese la conservazione della memoria del collezionista suo fondatore, Scipione Borghese, è per noi centrale e tutte le opere da lui raccolte raccontano la sua storia che è poi diventata la storia di uno dei musei più importanti al mondo. Le singole opere conservano la memoria dei loro autori e delle loro vite, a volte anche i loro ritratti nascosti come nel caso della Minerva di Lavinia Fontana, artista che all’inizio del Seicento usa la mitologia come suo specchio. Bourgeois sembra invece non nascondersi, ma esporsi il più possibile, cercando di raccontare anche il suo inconscio, i livelli di coscienza che sono poco dicibili. In questo rimando continuo fra memoria personale e collettiva, fra specchi e gabbie, risiede la forza estetica della mostra, che grazie alle opere della grande scultrice novecentesca attua la mise en abyme della collezione Borghese”.
Ideata da Cloé Perrone e curata con Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith, l’esposizione, realizzata in collaborazione con The Easton Foundation e l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, è un invito ad apprezzare il grande contributo della Bourgeois alla scultura e la profonda connessione tra la sua pratica artistica e la Galleria Borghese.
Bourgeois iniziò a lavorare in Italia nel 1967, approntando uno studio nella cittadina toscana di Pietrasanta, esperienza che ha segnato una svolta significativa nella sua carriera, ispirandola a plasmare nuove forme e ad abbracciare il marmo come mezzo creativo. Le sculture esposte nelle sale della Galleria Borghese risalgono al suo cruciale viaggio italiano. A vent’anni Bourgeois aveva studiato storia dell’arte all’École du Louvre, a Parigi, prima di lavorare come guida al museo parigino dove ebbe modo di apprezzare la collezione di Scipione Borghese, dal 1808 esposta al Louvre. “Ho subito amato Roma. Il Pantheon che vedo dalla mia finestra l’ho riconosciuto dal vecchio Piranesi. La città è disordinata, un accatastarsi di periodi storici gli uni accanto agli altri nel pieno cuore della città! Fantastico! […] per Villa Borghese, ci ho passato il pomeriggio, sia nei giardini che all’interno. È stato meraviglioso. Un sogno, 6 Bernini”. Scriveva così Bourgeois dopo la visita alla Galleria Borghese nel 1967.
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento, Passage dangereux | Foto: © A. Osio
Della mostra romana, un inno alla memoria che affronta anche i temi del femminismo e della psicanalisi, sorprende la capacità dell’artista, 70 anni di carriera (Bourgeois è morta all’età di 99 anni a New York) di destreggiarsi nelle intricate maglie delle emozioni umane e degli stati psicologici attraverso una diversificata gamma di forme, scale e materiali, dal marmo all’acciaio, dall’arazzo al bronzo. Ed emoziona soprattutto la sua capacità di intrattenere una relazione con il pubblico attraverso le sue opere di carattere onirico che rievocano i rapporti con la famiglia, da quelli travagliati e complessi con il padre, a quelli molto felici e malinconici con la madre. Se nella Cell (The Last Climb), la penultima Cell di Louise Bourgeois, che apre il percorso espositivo al centro del Salone d’ingresso, il motivo della spirale è primario, con la scala a chiocciola che si fa metafora dei cicli infiniti della vita e del suo viaggio, la Cell XX (Portrait) presenta uno sguardo intimo sulla psiche umana. Attraverso uno scambio silenzioso tra due teste, Bourgeois decostruisce invece la ritrattistica tradizionale per enfatizzare l’espressione emotiva e la profondità psicologica rispetto allo status e all’identità sociale ed esplorare il complesso arazzo delle relazioni.
Gli arazzi, in forma di ritagli dalle fantasie floreali o geometriche sostenuti da una struttura di alluminio, ritornano nella serie delle teste di stoffa esposte nella Sala degli Imperatori accanto ai busti di Cesari e uomini illustri, con le loro orbite vacue o le bocche semiaperte a generare un effetto straniante.
La madre di Louise era una tessitrice e apparteneva a una famiglia di restauratori di arazzi. Per questo il soggetto del ragno rappresenta un’ode a quella madre che, simile ad Aracne e alla maniera del ragno capace di riparare la sua tela distrutta, tesse e risarcisce, ripara gli strappi emotivi sentimentali di Louise bambina e adulta. A lei è dedicato il grande Spider di bronzo, ospitato nei Giardini Segreti e simbolo della sua essenza protettiva e resiliente.
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento, Spider | Foto: © A. Osio
Il tema della metamorfosi, centrale nell’opera di Bourgeois, si sviluppa attraverso Janus Fleuri, e ancora Topiary, Passage Dangereux. La simmetrica e ambigua forma sospesa di Janus Fleuri è rivolta in due direzioni come la divinità romana che guarda contemporaneamente al passato e al futuro e simboleggia gli inizi e le transizioni.
La scultura sospesa si fa movimento, soggetta a incidenti che né l’artista né il pubblico possono controllare, offrendosi sempre allo sguardo in maniera diversa, allo sfioro di un soffio.
Mani in marmo o in acciaio nell’atto di stringersi, intrecciarsi, simbolo di dipendenza, intimità e protezione, distribuite nelle sale della Galleria Borghese e nei Giardini Segreti, enfatizzano il desiderio di casa e il bisogno di appartenenza, comunicando a chi osserva quella stessa idea di affetti e di famiglia che trapela dalla sagoma di Enea intento a sollevare sulle spalle il padre Anchise nel gruppo scultoreo di Bernini, poco distante.
Gabbie di acciaio e di metallo composte da elementi scolpiti, strutture autonome, simili a stanze, custodiscono i ricordi d’infanzia e al tempo stesso incatenano al passato. Rinnovano il concetto di memoria, provando a esorcizzarla proprio all’interno di uno spazio come il museo, deputato invece da sempre a conservare il passato e a farlo vivere.
D’altra parte, come ha spesso dichiarato Bourgeois, il processo creativo è una forma di esorcismo: un modo per ricostruire i ricordi e le emozioni al fine di liberarsi dalla loro presa.
È un cortocircuito, una tensione costante tra le venti opere di Bourgeois e i capolavori della Galleria Borghese il fil rouge della mostra Loiuse Bourgeois. L’inconscio della memoria (la prima alla Galleria Borghese interamente dedicata a un’artista donna e la prima esposizione romana dell’artista franco-americana) in programma dal 21 giugno al 15 settembre.
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento | Foto: © A. Osio
“La mostra su Louise Bourgeois - commenta Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese - fin dal titolo insegue due aspetti molto significativi del percorso dell’artista: l’inconscio e la memoria. Nella Galleria Borghese la conservazione della memoria del collezionista suo fondatore, Scipione Borghese, è per noi centrale e tutte le opere da lui raccolte raccontano la sua storia che è poi diventata la storia di uno dei musei più importanti al mondo. Le singole opere conservano la memoria dei loro autori e delle loro vite, a volte anche i loro ritratti nascosti come nel caso della Minerva di Lavinia Fontana, artista che all’inizio del Seicento usa la mitologia come suo specchio. Bourgeois sembra invece non nascondersi, ma esporsi il più possibile, cercando di raccontare anche il suo inconscio, i livelli di coscienza che sono poco dicibili. In questo rimando continuo fra memoria personale e collettiva, fra specchi e gabbie, risiede la forza estetica della mostra, che grazie alle opere della grande scultrice novecentesca attua la mise en abyme della collezione Borghese”.
Ideata da Cloé Perrone e curata con Geraldine Leardi e Philip Larratt-Smith, l’esposizione, realizzata in collaborazione con The Easton Foundation e l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici, è un invito ad apprezzare il grande contributo della Bourgeois alla scultura e la profonda connessione tra la sua pratica artistica e la Galleria Borghese.
Bourgeois iniziò a lavorare in Italia nel 1967, approntando uno studio nella cittadina toscana di Pietrasanta, esperienza che ha segnato una svolta significativa nella sua carriera, ispirandola a plasmare nuove forme e ad abbracciare il marmo come mezzo creativo. Le sculture esposte nelle sale della Galleria Borghese risalgono al suo cruciale viaggio italiano. A vent’anni Bourgeois aveva studiato storia dell’arte all’École du Louvre, a Parigi, prima di lavorare come guida al museo parigino dove ebbe modo di apprezzare la collezione di Scipione Borghese, dal 1808 esposta al Louvre. “Ho subito amato Roma. Il Pantheon che vedo dalla mia finestra l’ho riconosciuto dal vecchio Piranesi. La città è disordinata, un accatastarsi di periodi storici gli uni accanto agli altri nel pieno cuore della città! Fantastico! […] per Villa Borghese, ci ho passato il pomeriggio, sia nei giardini che all’interno. È stato meraviglioso. Un sogno, 6 Bernini”. Scriveva così Bourgeois dopo la visita alla Galleria Borghese nel 1967.
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento, Passage dangereux | Foto: © A. Osio
Della mostra romana, un inno alla memoria che affronta anche i temi del femminismo e della psicanalisi, sorprende la capacità dell’artista, 70 anni di carriera (Bourgeois è morta all’età di 99 anni a New York) di destreggiarsi nelle intricate maglie delle emozioni umane e degli stati psicologici attraverso una diversificata gamma di forme, scale e materiali, dal marmo all’acciaio, dall’arazzo al bronzo. Ed emoziona soprattutto la sua capacità di intrattenere una relazione con il pubblico attraverso le sue opere di carattere onirico che rievocano i rapporti con la famiglia, da quelli travagliati e complessi con il padre, a quelli molto felici e malinconici con la madre. Se nella Cell (The Last Climb), la penultima Cell di Louise Bourgeois, che apre il percorso espositivo al centro del Salone d’ingresso, il motivo della spirale è primario, con la scala a chiocciola che si fa metafora dei cicli infiniti della vita e del suo viaggio, la Cell XX (Portrait) presenta uno sguardo intimo sulla psiche umana. Attraverso uno scambio silenzioso tra due teste, Bourgeois decostruisce invece la ritrattistica tradizionale per enfatizzare l’espressione emotiva e la profondità psicologica rispetto allo status e all’identità sociale ed esplorare il complesso arazzo delle relazioni.
Gli arazzi, in forma di ritagli dalle fantasie floreali o geometriche sostenuti da una struttura di alluminio, ritornano nella serie delle teste di stoffa esposte nella Sala degli Imperatori accanto ai busti di Cesari e uomini illustri, con le loro orbite vacue o le bocche semiaperte a generare un effetto straniante.
La madre di Louise era una tessitrice e apparteneva a una famiglia di restauratori di arazzi. Per questo il soggetto del ragno rappresenta un’ode a quella madre che, simile ad Aracne e alla maniera del ragno capace di riparare la sua tela distrutta, tesse e risarcisce, ripara gli strappi emotivi sentimentali di Louise bambina e adulta. A lei è dedicato il grande Spider di bronzo, ospitato nei Giardini Segreti e simbolo della sua essenza protettiva e resiliente.
Louise Bourgeois. L'inconscio della memoria, Allestimento, Spider | Foto: © A. Osio
Il tema della metamorfosi, centrale nell’opera di Bourgeois, si sviluppa attraverso Janus Fleuri, e ancora Topiary, Passage Dangereux. La simmetrica e ambigua forma sospesa di Janus Fleuri è rivolta in due direzioni come la divinità romana che guarda contemporaneamente al passato e al futuro e simboleggia gli inizi e le transizioni.
La scultura sospesa si fa movimento, soggetta a incidenti che né l’artista né il pubblico possono controllare, offrendosi sempre allo sguardo in maniera diversa, allo sfioro di un soffio.
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