Dal 20 febbraio a Palazzo Braschi

Italia e Giappone, storia di un incontro. A Roma 150 capolavori dell’Ukiyoe

Katsushika Hokusai, Veduta del tramonto presso il ponte Ryōgoku dalla
sponda del pontile di Onmaya, Dalla serie Trentasei vedute del Monte Fuji, 1830-1832, Silografia policroma | © Courtesy Museo d’Arte Orientale E. Chiossone
 

Francesca Grego

02/02/2024

Roma - Studiate e ammirate dai maestri tardo ottocenteschi come Van Gogh e Monet, negli ultimi anni le stampe giapponesi sono diventate un genere molto amato anche dal grande pubblico. Ma come e quando sono arrivate in Italia? Che impatto hanno avuto sugli artisti del nostro paese? Una mostra lo racconta attraverso due storie emblematiche, legate alle più importanti collezioni di arte nipponica presenti sul territorio italiano. L’appuntamento è al Museo di Roma di Palazzo Braschi, dove dal 20 febbraio al 23 giugno saranno riuniti 150 capolavori dell’Ukiyoe, l’ormai celebre arte delle “immagini del mondo fluttuante”: preziose xilografie che invitano a viaggiare nel Paese del Sol Levante tra il Seicento e l’Ottocento, tra panorami incantati, soggetti fantastici e scene tratte dalla “dolce vita” di Edo, l’antica Tokyo.

I grandi maestri non mancheranno all’appello nel percorso di Ukiyoe. Il mondo fluttuante. Visioni dal Giappone, curata da Rossella Menegazzo: da Katsushika Hokusai - l’autore dell’iconica Grande Onda, tra i gioielli del percorso - a Kitagawa Utamaro, Keisai Eisen e la grande scuola Utagawa con Hiroshige, Kuniyoshi, Toyokuni, Toyoharu, Kunisada. Tutti insieme restituiranno un ritratto della cultura nipponica tra il XVII e il XIX secolo, ma anche la testimonianza di uno scambio artistico - quello tra Italia e Giappone - che perdura ancora oggi attraverso manga, anime e un’estetica che ha trasformato il vivere contemporaneo. 


Utagawa Hiroshige, Surugacho dalla serie Meisho Edo Hyakkei, 1856, Xilografia, 50.9 × 35.9 cm| © Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Le opere in mostra arriveranno dal Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e dal Museo delle Civiltà di Roma, dove sono conservate due tra le più importanti raccolte di arte orientale presenti sul territorio italiano. Ed è qui che entra in gioco una formidabile coppia di artisti (e collezionisti). Sul finire dell’Ottocento l’incisore Edoardo Chiossone e lo scultore Vincenzo Ragusa furono invitati dal governo dell’impero Meiji, che si apriva all’Occidente e dava il via a un notevole processo di rinnovamento, come insegnanti e consulenti nelle prime scuole di Belle Arti della storia giapponese. Insieme ad Antonio Fontanesi per la pittura e a Giovanni Cappelletti per l’architettura, avrebbero rappresentato figure chiave nello sviluppo artistico delle professioni artistiche di stampo occidentale nel Paese del Sol Levante. 

Ragusa introdusse in Giappone fondamentali tecniche della scultura europea come quella della fusione del bronzo. Nel 1878 realizzò il busto della diciassettenne Tama Kiyohara, pittrice in erba che in seguito sarebbe diventata sua moglie, nonché collaboratrice in un’intensa attività di mediazione culturale. Tama fu la prima persona giapponese a posare per un artista occidentale, ma quell’opera diede il via a una serie di ritratti realizzati da Ragusa nel paese, incluso quello dell’imperatore Mutsuhito. 


Utagawa Kunisada, L'ora della pecora, Otto ore del giorno, Xilografia, 50.9 × 35.9 cm | © Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Chiossone rimase in Giappone fino alla morte e fu per quasi vent’anni capo dell’Officina Carte e Valori del Ministero delle Finanze giapponese. In questo periodo creò oltre 500 lastre per francobolli e soprattutto le prime banconote dell’Impero del Sol Levante, ma anche dipinti che avevano come soggetti l’imperatore Meiji e l’imperatrice Shoken, nobili, politici, diplomatici, e infine la Perdurante Fragranza della Gloria Nazionale, una monumentale opera illustrata in 14 volumi edita dallo Stato nipponico. 

La conoscenza profonda del Giappone nei lunghi anni di permanenza permise ai due artisti di diventare anche dei collezionisti di primissimo livello, formando due tra i più importanti nuclei di arte orientale in Italia, oggi conservati presso il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova e al Museo delle Civiltà di Roma. In mostra la presenza italiana in Giappone di fine Ottocento e l’affascinante aspetto del collezionismo orientale in Italia saranno restituiti anche attraverso alcune opere appartenenti al Museo delle Civiltà di Roma, acquisiti da Luigi Pigorini e appartenuti al primo Console italiano in Giappone Cristoforo Robecchi e al conte Enrico di Borbone, conte di Bardi, gran parte della cui collezione è oggi al Museo d’Arte Orientale di Venezia.


Katsushika Hokusai, Nel cavo d'onda al largo di Kanagawa dalla serie Trentasei vedute del monte Fuji, 1830-1832, Xilografia policroma | © Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

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