A Roma le donazioni delle figlie del pittore
Giacomo Balla: un’onda di luce
Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma |
Giacomo Balla, Un'onda di luce, 1943.
Francesca Grego
21/02/2017
Roma - Mentre volge al termine Futur Balla, che l’ha visto protagonista alla Fondazione Ferrero di Alba, il pioniere italiano del Divisionismo torna a Roma, suo luogo di vita e di lavoro, con la retrospettiva Balla. Un’onda di luce, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea fino al 26 marzo.
In mostra un cospicuo gruppo di opere donate al museo da Elica e Luce Balla, figlie di Giacomo, veri e propri tesori che raramente si ha occasione di ammirare: capolavori come La Pazza e Affetti, ma anche dipinti chiave del periodo futurista, insieme a quadri, disegni e progetti che offrono una nuova lettura della parabola artistica di un autore fra i più popolari del Novecento italiano.
Dall’esperienza divisionista e dallo studio della fotografia, che Balla individuò come linguaggio della modernità, al Futurismo e alla ricerca sul movimento e sulla velocità; dalle arti della decorazione alla fase matura del realismo, con un’ampia produzione di paesaggi e i ritratti, il filo conduttore non può essere individuato che in quell’ “onda di luce” che dà il titolo alla mostra e che accompagnò, insieme alla passione per il colore, 60 anni di scintillante carriera.
In mostra un cospicuo gruppo di opere donate al museo da Elica e Luce Balla, figlie di Giacomo, veri e propri tesori che raramente si ha occasione di ammirare: capolavori come La Pazza e Affetti, ma anche dipinti chiave del periodo futurista, insieme a quadri, disegni e progetti che offrono una nuova lettura della parabola artistica di un autore fra i più popolari del Novecento italiano.
Dall’esperienza divisionista e dallo studio della fotografia, che Balla individuò come linguaggio della modernità, al Futurismo e alla ricerca sul movimento e sulla velocità; dalle arti della decorazione alla fase matura del realismo, con un’ampia produzione di paesaggi e i ritratti, il filo conduttore non può essere individuato che in quell’ “onda di luce” che dà il titolo alla mostra e che accompagnò, insieme alla passione per il colore, 60 anni di scintillante carriera.
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