A Roma fino al 13 giugno l'arte poliedrica di Andrea de Chirico
Alberto Savinio, tra incanto e mito, a Palazzo Altemps
Alberto Savinio, Poema marino, 1927, Olio su tela, 60 x 50 cm, Collezione della Fondazione Cariverona © Alberto Savinio by SIAE 2021
Samantha De Martin
10/02/2021
Roma - Cortocircuiti sorprendenti, nelle sale di Palazzo Altemps, scandiscono l’universo di Alberto Savinio (Andrea de Chirico), il "surrealista mediterraneo", l’ intellettuale eclettico, capace di intessere le discipline umanistiche in un linguaggio visionario e all’avanguardia.
Un intreccio tra antico e moderno, bellezza e ironia, fantasia e memoria, a comporre una visione totale, d’incanto, prende corpo nella monografica Savinio. Incanto e mito, a cura di Ester Coen, in corso a Roma fino al 13 giugno.
I molteplici interessi dell’artista, tra i protagonisti del fenomeno avanguardista di primo Novecento, dalla musica alla letteratura, dalla pittura al teatro, emergono dai 90 lavori provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private.
Trae linfa dall’antichità classica (scevra dei canoni dall’accademismo), dalla letteratura “noir” e misterica, dalla filosofia greca riletta attraverso i pensatori tedeschi di fine ottocento, specie Nietzsche, il corteo di dipinti e opere grafiche che accompagna il visitatore nell’universo mutevole, sottile e intenso, sarcastico e crudele di Savinio.
Alberto Savinio, Monumento ai giocattoli, 1930, Olio su tela, 65.5 x 80 cm, Milano, collezione Prada | Courtesy Farsettiarte, Prato © Alberto Savinio by SIAE 2021
I lavori esposti - con un focus tra il 1925 e il 1931, in particolare sugli anni trascorsi a Parigi, e con un rapido affondo sulle ultime produzioni - danno voce a una poetica che coniuga, con apparente leggerezza e dissacrante ironia, mito classico e modernità, mondo animale e società borghese, memoria e fantasia, in un’ottica dal sapore attuale.
Il gioco, le civiltà passate, la decostruzione dei racconti mitici, le caleidoscopiche immagini che spezzano l’equilibrio visivo in composizioni folgoranti diventano gli indizi da cogliere negli spazi del piano nobile del Museo.
Il mondo concepito come un immenso giocattolo si contrappone al naturale flusso del cosmo. Nell’Isola dei giocattoli (1930) le forme sono assemblate in una costruzione piramidale tra reale e fantasia, tra immaginazione e meraviglia.
Dalla Sala Grande del Galata, che accoglie le invenzioni pittoriche e sceniche per l’Oedipus Rex di Igor Stravinsky su testo di Jean Cocteau (1948), il visitatore scivola nella Sala Mattei dove risuonano Les Chants de la mi-mort composti dal giovane Savinio nel 1914.
Nella Sala degli obelischi, tra marmi con satiri e ninfe, il corpo di Orfeo proveniente dal Musée d’Art Moderne di Parigi, si trasforma in lira, mentre lo spazio diventa intimo nello Studiolo, con tele che riconducono a paesaggi arcaici, foreste pietrificate, personificazioni di qualcosa che sta per accadere.
Creature primitive e leggendarie all’origine della storia dell’umanità sfilano nella Camera del Cardinale e, nella Sala della Duchessa, cedono il passo a esseri titanici, come gli inseparabili Dioscuri (1929), metaforica rappresentazione dei fratelli de Chirico-Savinio.
In alcuni lavori di Savinio presenti in mostra si possono cogliere riferimenti puntuali alle sculture di Palazzo Altemps, come ad esempio dall’Hermes Loghios, della collezione Boncompagni Ludovisi, dal quale vengono desunti la posizione del busto e il gesto orante della divinità raffigurata in un'opera del 1931.
La mostra - una stratificazione di saperi, tradizioni, usi, culture dove umanità e animalità si intrecciano come in un fanciullesco bricolage - si chiude con Fleurs (1930-31) e L’aquilone (1932).
Simili solo per alcune tematiche, i dipinti di Savinio, spesso assimilati a quelli del fratello Giorgio, illustrano un’alterità feroce e inesorabile. Tuttavia, come spiega Ester Coen nel saggio dal catalogo Savinio. A-Z, se le immagini di de Chirico parlano del trasfigurarsi della realtà attraverso l’improvvisa rivelazione di quanto nascosto dietro l’apparenza del reale, nel mondo di Savinio brulicano associazioni insolite, provenienti dai ricordi che, cristallizzandosi, danno vita ad architetture dalle forme colorate, figure misteriose, remotissimi paesaggi, realtà dalle apparenti note scherzose.
Allestimento della mostra Savinio. Incanto e mito | Foto: © Studiozabalik
Leggi anche:
• Giorgio de Chirico e Alberto Savinio si incontrano alla Magnani Rocca
Un intreccio tra antico e moderno, bellezza e ironia, fantasia e memoria, a comporre una visione totale, d’incanto, prende corpo nella monografica Savinio. Incanto e mito, a cura di Ester Coen, in corso a Roma fino al 13 giugno.
I molteplici interessi dell’artista, tra i protagonisti del fenomeno avanguardista di primo Novecento, dalla musica alla letteratura, dalla pittura al teatro, emergono dai 90 lavori provenienti da istituzioni pubbliche e collezioni private.
Trae linfa dall’antichità classica (scevra dei canoni dall’accademismo), dalla letteratura “noir” e misterica, dalla filosofia greca riletta attraverso i pensatori tedeschi di fine ottocento, specie Nietzsche, il corteo di dipinti e opere grafiche che accompagna il visitatore nell’universo mutevole, sottile e intenso, sarcastico e crudele di Savinio.
Alberto Savinio, Monumento ai giocattoli, 1930, Olio su tela, 65.5 x 80 cm, Milano, collezione Prada | Courtesy Farsettiarte, Prato © Alberto Savinio by SIAE 2021
I lavori esposti - con un focus tra il 1925 e il 1931, in particolare sugli anni trascorsi a Parigi, e con un rapido affondo sulle ultime produzioni - danno voce a una poetica che coniuga, con apparente leggerezza e dissacrante ironia, mito classico e modernità, mondo animale e società borghese, memoria e fantasia, in un’ottica dal sapore attuale.
Il gioco, le civiltà passate, la decostruzione dei racconti mitici, le caleidoscopiche immagini che spezzano l’equilibrio visivo in composizioni folgoranti diventano gli indizi da cogliere negli spazi del piano nobile del Museo.
Il mondo concepito come un immenso giocattolo si contrappone al naturale flusso del cosmo. Nell’Isola dei giocattoli (1930) le forme sono assemblate in una costruzione piramidale tra reale e fantasia, tra immaginazione e meraviglia.
Dalla Sala Grande del Galata, che accoglie le invenzioni pittoriche e sceniche per l’Oedipus Rex di Igor Stravinsky su testo di Jean Cocteau (1948), il visitatore scivola nella Sala Mattei dove risuonano Les Chants de la mi-mort composti dal giovane Savinio nel 1914.
Nella Sala degli obelischi, tra marmi con satiri e ninfe, il corpo di Orfeo proveniente dal Musée d’Art Moderne di Parigi, si trasforma in lira, mentre lo spazio diventa intimo nello Studiolo, con tele che riconducono a paesaggi arcaici, foreste pietrificate, personificazioni di qualcosa che sta per accadere.
Creature primitive e leggendarie all’origine della storia dell’umanità sfilano nella Camera del Cardinale e, nella Sala della Duchessa, cedono il passo a esseri titanici, come gli inseparabili Dioscuri (1929), metaforica rappresentazione dei fratelli de Chirico-Savinio.
In alcuni lavori di Savinio presenti in mostra si possono cogliere riferimenti puntuali alle sculture di Palazzo Altemps, come ad esempio dall’Hermes Loghios, della collezione Boncompagni Ludovisi, dal quale vengono desunti la posizione del busto e il gesto orante della divinità raffigurata in un'opera del 1931.
La mostra - una stratificazione di saperi, tradizioni, usi, culture dove umanità e animalità si intrecciano come in un fanciullesco bricolage - si chiude con Fleurs (1930-31) e L’aquilone (1932).
Simili solo per alcune tematiche, i dipinti di Savinio, spesso assimilati a quelli del fratello Giorgio, illustrano un’alterità feroce e inesorabile. Tuttavia, come spiega Ester Coen nel saggio dal catalogo Savinio. A-Z, se le immagini di de Chirico parlano del trasfigurarsi della realtà attraverso l’improvvisa rivelazione di quanto nascosto dietro l’apparenza del reale, nel mondo di Savinio brulicano associazioni insolite, provenienti dai ricordi che, cristallizzandosi, danno vita ad architetture dalle forme colorate, figure misteriose, remotissimi paesaggi, realtà dalle apparenti note scherzose.
Allestimento della mostra Savinio. Incanto e mito | Foto: © Studiozabalik
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