Dal 4 settembre al 26 febbraio al Palazzo del Monte di Pietà
L'occhio in gioco. Le illusioni nell'arte in una mostra a Padova
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Umberto Boccioni, bozzetto per La città sale, 1910 Milano, Pinacoteca di Brera © Pinacoteca di Brera, Milano
Samantha De Martin
30/06/2022
Padova - Non sempre, checché ne dica Erodoto, gli occhi sono testimoni fedeli. Forzuti remi per orientarsi tra gli imprevedibili marosi dell’arte, gli occhi guardano, catturano, leggono, ordinano, compongono. Ma a volte ingannano.
Dal 24 settembre al 26 febbraio Palazzo del Monte di Pietà a Padova accoglie la mostra intitolata Occhio in gioco, un percorso che, muovendosi sul confine tra arte e scienza, tra colore e movimento, racconta attraverso i secoli la sottile differenza tra ciò che è vero e ciò che potrebbe esserlo ma non lo è.
Affidata, nell’originale taglio curatoriale e per la parte storica, a Luca Massimo Barbero, e a Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi dell’Università di Padova per la parte dedicata al Gruppo N e alla psicologia della percezione, la mostra si snoderà nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ha voluto proporla - in collaborazione con l’Ateneo Patavino - nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di storia ed attività di una delle università più antiche al mondo.
Paul Klee, Transparent-perspektivisch gefügt (II.), 1921 Lugano, Vitart S.A.
In questo viaggio nell’universo composito della realtà che lo circonda, l’occhio del visitatore è invitato a misurarsi con l’arte, con la fotografia, la scultura, la miniatura, ma anche con la scienza e la tecnica. Assistendo all’inganno del movimento e del colore, la mente è indotta a percepire come un unicum ciò che nella realtà fattuale è composito.
Il pubblico sarà chiamato a entrare in relazione con una serie di fenomeni in realtà già ben noti ad artisti, alchimisti e filosofi, come provano le antiche miniature e le mappe celesti presenti in mostra, esempi della necessità e dell’abilità dell’uomo di accostare i colori dando vita a una sorta di caleidoscopio magico.
Immagini del mondo e antiche sfere armillari, ma anche monotipi, dinamiche circolari saranno accostate a costruzioni Bauhaus e contemporanee, rivelando una continuità inaspettata. Arte e scienza entrano in simbiosi, dagli studi sull’ottica alla teoria del colore, per tessere un confronto affascinante, accompagnando il visitatore in un vortice di concetti, miraggi, movimenti.
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Disco base per zootropio, Wheel of life, edito da H.G. Clarke & Co., Londra 1870 Torino, Museo Nazionale del Cinema © Museo Nazionale del Cinema, Torino | Foto: © Giorgio Tovo
Gli studi di Goethe, del pittore romantico Runge e di Henry dialogheranno con le opere dei grandi maestri che hanno affrontato, ciascuno a proprio modo, il tema della percezione visiva, da Seurat a Kandinsky, da Klee a Boccioni. Cavalcando un vorticoso alternarsi di strumenti scientifico-tecnologici e oggetti artistici, il visitatore scoprirà gli albori del cinema (dai fratelli Lumière a Man Ray) e della fotografia sperimentale (da Bragaglia a Muybridge).
Seguendo le impronte dei grandi protagonisti del secolo breve, da Calder a Munari, da Duchamp a Vasarely, il pubblico sarà invitato a considerare come, anche senza l’uso del colore, l’occhio umano può essere ingannato, e che il ritmo e la geometria, concetti all’apparenza così immutabili, possono distorcere e ridisegnare la realtà.
L’incursione nell’optical proseguirà nel mondo del costume, della moda e del design, arricchendo un percorso nel quale opere emblematiche come Bambina che corre sul balcone di Giacomo Balla o Grey Scramble di Frank Stella, affiancheranno curiosi strumenti destinati a descrivere immagini fugaci e sorprendenti.
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Bambina x balcone, 1912, Olio su tela, 125 x 125 cm | Courtesy Galleria d'Arte Moderna (GAM), Milano
Nella città di Galileo, la tradizione di studi e le sperimentazioni condotte, fin dal 1919, dalla scuola della psicologia della percezione dell’Università degli Studi di Padova lasceranno spazio alle ricerche nel campo della visione contribuendo a far maturare, a partire dagli anni Sessanta, con il loro innovativo impatto, un ambiente artistico-culturale d’avanguardia che ha proiettato la città di Padova ed i suoi artisti sulla scena internazionale.
La seconda parte della mostra sarà quindi dedicata al confronto tra un’accurata selezione di documenti e studi accademici con le opere del Gruppo N, costituito proprio a Padova da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, e di Marina Apollonio, protagonisti della “nuova tendenza” ottico-cinetica.
La mostra darà spazio anche alla scuola di psicologia della percezione sviluppata all’interno dell’Università di Padova, e ai rapporti fra la ricerca scientifica e quella artistica delle avanguardie ottico-cinetiche.
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Marina Apollonio, Dinamica circolare 6Z+H, 1968, diametro 100 cm Padova, collezione dell’artista
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• L'occhio in gioco. Percezioni, impressioni e illusioni nell'arte dal medioevo alla contemporaneità
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Affidata, nell’originale taglio curatoriale e per la parte storica, a Luca Massimo Barbero, e a Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi dell’Università di Padova per la parte dedicata al Gruppo N e alla psicologia della percezione, la mostra si snoderà nella sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ha voluto proporla - in collaborazione con l’Ateneo Patavino - nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di storia ed attività di una delle università più antiche al mondo.
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Paul Klee, Transparent-perspektivisch gefügt (II.), 1921 Lugano, Vitart S.A.
In questo viaggio nell’universo composito della realtà che lo circonda, l’occhio del visitatore è invitato a misurarsi con l’arte, con la fotografia, la scultura, la miniatura, ma anche con la scienza e la tecnica. Assistendo all’inganno del movimento e del colore, la mente è indotta a percepire come un unicum ciò che nella realtà fattuale è composito.
Il pubblico sarà chiamato a entrare in relazione con una serie di fenomeni in realtà già ben noti ad artisti, alchimisti e filosofi, come provano le antiche miniature e le mappe celesti presenti in mostra, esempi della necessità e dell’abilità dell’uomo di accostare i colori dando vita a una sorta di caleidoscopio magico.
Immagini del mondo e antiche sfere armillari, ma anche monotipi, dinamiche circolari saranno accostate a costruzioni Bauhaus e contemporanee, rivelando una continuità inaspettata. Arte e scienza entrano in simbiosi, dagli studi sull’ottica alla teoria del colore, per tessere un confronto affascinante, accompagnando il visitatore in un vortice di concetti, miraggi, movimenti.
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Disco base per zootropio, Wheel of life, edito da H.G. Clarke & Co., Londra 1870 Torino, Museo Nazionale del Cinema © Museo Nazionale del Cinema, Torino | Foto: © Giorgio Tovo
Gli studi di Goethe, del pittore romantico Runge e di Henry dialogheranno con le opere dei grandi maestri che hanno affrontato, ciascuno a proprio modo, il tema della percezione visiva, da Seurat a Kandinsky, da Klee a Boccioni. Cavalcando un vorticoso alternarsi di strumenti scientifico-tecnologici e oggetti artistici, il visitatore scoprirà gli albori del cinema (dai fratelli Lumière a Man Ray) e della fotografia sperimentale (da Bragaglia a Muybridge).
Seguendo le impronte dei grandi protagonisti del secolo breve, da Calder a Munari, da Duchamp a Vasarely, il pubblico sarà invitato a considerare come, anche senza l’uso del colore, l’occhio umano può essere ingannato, e che il ritmo e la geometria, concetti all’apparenza così immutabili, possono distorcere e ridisegnare la realtà.
L’incursione nell’optical proseguirà nel mondo del costume, della moda e del design, arricchendo un percorso nel quale opere emblematiche come Bambina che corre sul balcone di Giacomo Balla o Grey Scramble di Frank Stella, affiancheranno curiosi strumenti destinati a descrivere immagini fugaci e sorprendenti.
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Bambina x balcone, 1912, Olio su tela, 125 x 125 cm | Courtesy Galleria d'Arte Moderna (GAM), Milano
Nella città di Galileo, la tradizione di studi e le sperimentazioni condotte, fin dal 1919, dalla scuola della psicologia della percezione dell’Università degli Studi di Padova lasceranno spazio alle ricerche nel campo della visione contribuendo a far maturare, a partire dagli anni Sessanta, con il loro innovativo impatto, un ambiente artistico-culturale d’avanguardia che ha proiettato la città di Padova ed i suoi artisti sulla scena internazionale.
La seconda parte della mostra sarà quindi dedicata al confronto tra un’accurata selezione di documenti e studi accademici con le opere del Gruppo N, costituito proprio a Padova da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, e di Marina Apollonio, protagonisti della “nuova tendenza” ottico-cinetica.
La mostra darà spazio anche alla scuola di psicologia della percezione sviluppata all’interno dell’Università di Padova, e ai rapporti fra la ricerca scientifica e quella artistica delle avanguardie ottico-cinetiche.
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Marina Apollonio, Dinamica circolare 6Z+H, 1968, diametro 100 cm Padova, collezione dell’artista
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