La bellezza che riparte
Riapre il Parco Archeologico di Ercolano. Dove la vita si fermò duemila anni fa
Casa di Nettuno e Anfitrite, Parco Archeologico di Ercolano | Foto: Graham Hobster via Pixabay
Samantha De Martin
05/06/2020
Napoli - Raccontava Plinio il Giovane in una lettera a Tacito che, la notte dell'eruzione, in quel drammatico 79 d.C, le scosse “crebbero talmente da far sembrare che ogni cosa si rovesciasse e che il mare si ripiegasse su se stesso”. Il Vesuvio, simile a un pino, si slanciava verso l’alto tanto da suggerire l'idea di “un altissimo tronco che si apriva in diversi rami”.
Colta di sorpresa dal rapido susseguirsi di eventi, la vita a Ercolano, come a Pompei e Stabia, si spense all’improvviso, vaporizzata all’istante da una nube ardente e da colate di fango che seppellirono la città sotto una coltre di 20 metri di materiale vulcanico, senza lasciare scampo.
Karl Pavlovič Brjullov, L'ultimo giorno di Pompei,1830-1833
Oggi quel che resta di Ercolano è un gomitolo di storie e raffinati edifici, domus, stucchi, terme, pavimenti a mosaico, che recano ancora i passi della disperata fuga dei suoi abitanti, oltre 2mila anni fa. Adesso si potrà nuovamente tornare a contemplare la storia di questo luogo suggestivo che, lo scorso 2 giugno ha riaperto i cancelli dopo 85 lunghi giorni di chiusura imposta dal lockdown.
Obbligo di mascherina, distanziamento sociale per la sicurezza di ogni visitatore, tariffe agevolate, acquisto online dei biglietti, ingressi contingentati per fasce orarie di 15 minuti, e un massimo di 480 persone al giorno. Riapre così uno dei Parchi archeologici più importanti d’Italia, accogliendo i visitatori dalle 10.30 alle 19.30 (ultimo ingresso 18) fino al mese di ottobre, ad eccezione del martedì, giorno in cui il Parco resterà chiuso per consentire una periodica sanificazione.
Il Parco Archeologico di Ercolano | Foto: Graham-H via Pixabay
La scoperta
Nel 1709 Emanuele Maurizio di Lorena, Principe d'Elbeuf, durante la costruzione del suo palazzo presso il litorale di Portici apprese che un contadino, scavando un pozzo per il proprio orto, si era imbattuto in una serie di marmi e antiche colonne. Il Principe decise pertanto di comprare il fondo e, due anni più tardi, avviò alcuni scavi che raggiunsero l'antico Teatro di Ercolano, da cui estrasse statue, marmi e colonne dei quali omaggiò parenti, amici e regnanti europei.
L’edificio, uno dei teatri meglio conservati della civiltà romana, con un emiciclo di oltre 50 metri, diviso in tre settori nei quali potevano trovare posto circa 2.500 persone - giace ancora oggi sepolto sotto una coltre vulcanica, al di sopra della quale sono stati edificati alcuni palazzi.
Alle spalle del teatro, in un porticato colonnato, avremmo immaginato il pubblico intrattenersi durante gli intervalli delle rappresentazioni.
Mentre in Europa cresceva la fama dell'antica Ercolano, nel 1738, il re Carlo III di Borbone decise di acquistare a sua volta il fondo, avviando scavi sistematici. Tra il 1750 e il 1764 riemerse parte della Villa dei Papiri, una delle più grandi e sontuose residenze romane, che deve il suo nome ai quasi duemila papiri carbonizzati della biblioteca della villa. Pazientemente srotolati grazie ad una macchina appositamente costruita, rivelarono opere del filosofo epicureo Filodemo da Gadara, di cui era protettore Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, il proprietario dell’edificio, suocero di Giulio Cesare e grande letterato.
Il fatto che la carbonizzazione dei documenti non fosse avvenuta per il calore della lava, ma per un processo di mineralizzazione favorito dal materiale che sommerse Ercolano nel 79 d.C., ha reso possibile il recupero dei delicatissimi materiali.
Le statue dei Corridori, Rinvenute nella Villa dei Papiri di Ercolano, Museo Archeologico Nazionale di Napoli | Foto: Roberto Fogliardi (Bobfog) 2003, (Own work) via Wikimedia Creative Commons
L'ingresso dell’unica villa d'otium rinvenuta ad Ercolano, al di fuori della mura della città, affacciava direttamente sul mare. Tra le numerose statue in marmo e bronzo trovate nella dimora, oggi esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Satiro ebbro, che ha rivelato, grazie ai raggi X e alla ricostruzione 3D, le cicatrici lasciate dall'eruzione del Vesuvio.
Solo nel 1828, sotto il regno di Francesco I di Borbone, furono intrapresi per la prima volta gli scavi “a cielo aperto”. I lavori furono eseguiti fino al 1875, mentre solo nel 1927 che si diede avvio ai nuovi scavi di Ercolano diretti da Amedeo Maiuri, grazie ai quali venne liberata, restaurata ed aperta al pubblico, parte dell’area che oggi costituisce il Parco Archeologico.
Gli scavi hanno tuttavia restituito solo una porzione della città originaria, e pertanto l’antica Herculaneum, che secondo la leggenda sarebbe stata fondata da Ercole nel 1243 a.C., ma che, secondo la tradizone, fu costruita dagli Osci nel XII secolo a.C, resta ancora parzialmente sepolta sotto terra. Negli anni Ottanta del secolo scorso, oltre al Tempio di Venere e alle Terme Suburbane, ha rivisto la luce l’antico porto greco, dove invano si rifugiarono gli ercolanensi.
Veduta degli scavi di Ercolano con le Terme Suburbane | Foto: ho visto nina volare from Italy 2012 via Wikimedia Creative Commons
La disperata fuga verso il mare di circa 300 abitanti riemerse solo intorno al 1980, sull’antico litorale ercolanese, quando, all’interno di arcate, vennero alla luce i corpi dei fuggiaschi che nella notte dell’eruzione avevano abbandonato le loro case. Portavano con sé monete, collane in oro, bracciali, cammei, oggetti simbolici conservati in sacchetti per salvaguardarli nei momenti concitati della fuga.
Alcuni schiavi, invece, quella notte rimasero al proprio posto, come dimostra ad esempio il Sacello degli Augustali dove, in una stanza, disteso sul letto, fu ritrovato lo scheletro del custode che, evidentemente, per un qualche motivo, aveva deciso di non abbandonare la struttura in cerca di salvezza. Questo edificio a pianta quadrangolare, con i suoi meravigliosi affreschi, fu costruito nei pressi del foro quando l'imperatore Augusto era ancora al potere.
Un ritrovamento straordinario: l’antica barca di Ercolano
Il 3 agosto del 1982, nell’area antistante le Terme Suburbane, emerse la chiglia di una barca rovesciata dalla furia dell’eruzione. Lo scafo, sepolto dai flussi piroclastici, restò sigillato nella coltre di materiali vulcanici, induritasi rapidamente, rendendo possibile, per mancanza di ossigeno, anche la conservazione del legno. Oggi questo interessante reperto è uno dei pezzi imperdibili durante la visita al Parco di Ercolano.
Casa del Salone Nero, Ercolano | Foto: Mentnafunangann 2013 (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons
Ridenti giardini e lussuose terrazze affacciate sul mare: le domus di Ercolano
Tra le case di Ercolano caratterizzate da lussureggianti giardini e terrazze a picco sul mare, spiccano la Casa dell’Albergo - l'unica della città ad avere un quartiere termale, con decorazioni a mosaico e affreschi nella zona del calidarium - la Casa dell’Atrio a Mosaico e quella dei Cervi.
Quest’ultima, che vantava una lussuosa terrazza vista mare apparteneva a Q. Granius Verus, uno schiavo liberato. Di notevole pregio è il criptoportico, abbellito con un pavimento a mosaico in bianco e nero, le pareti affrescate di bianco e rosso e, sul lato Nord, un portale con frontone in cui spicca un mosaico in pasta vitrea con Oceano e animali marini. La casa prende il nome da due statue di cervi, nel giardino, assaliti da un branco di cani.
Più piccola rispetto allo standard delle domus di Ercolano, è la Casa di Nettuno e Anfitrite, celebre per il suo triclinio estivo, un vero gioiello, accanto ai mosaici in pasta vitrea, come quello che ritrae il dio del mare accanto ala sua sposa. Il livello di opulenza degli ambienti è giustificato dal fatto che il proprietario fosse un ricco commerciante.
Anfore rinvenute nella caupona collegata alla Casa di Nettuno e Anfitrite | Foto: Enzo Abramo via Flickr
Uno stretto corridoio portava alla caupona, una sorta di tavola calda probabilmente gestita dal proprietario della casa. Di questo locale si sono conservati la ringhiera in legno del ballatoio e le mensole che accoglievano le anfore di vino. Il bancone con i dolia ha restituito agli archeologi i ceci e le fave che venivano serviti ai passanti. Una sorta di street food di moda già duemila anni fa.
Di ben altre dimensioni è la Grande osteria, collegata tramite un corridoio all'abitazione del proprietario, piccola ma con due stanze affrescate. Su una parete era dipinta una nave e una massima in greco che tradotta, doveva risuonare così: “Diogene il cinico, nel vedere una donna travolta da un fiume, esclamò: lascia che un malanno si porti via un altro malanno".
Tra le tabernae più importanti c’è quella di Priapo, così chiamata per l'affresco sul bancone che ritrae il dio della mitologia romana, e nella quale fu rinvenuto un dolium contenente alcune noci.
Procedendo alla scoperta delle tante domus più rappresentative di Ercolano, incontriamo la Casa dell’atrio corinzio, una delle più antiche. L'atrio svolgeva anche la funzione di peristilio e accoglieva gli ospiti con un impluvium trasformato in fontana, circondato da colonne corinzie intonacate, dalle quali la casa prese il nome.
Addossata alle Terme Suburbane è invece la Casa della Gemma, dalla quale proviene anche una culla in legno con i resti di un bambino.
Culla in legno carbonizzata, Ercolano, I secolo d.C. | © Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei
Tra gli spazi ludici si inseriscono le Terme del Foro, così chiamate per il fatto che la struttura termale fosse abbastanza vicina al Foro, un’area ancora parzialmente interrata, con la sua Basilica Noniana.
L'edificio delle Terme, dotato di una sezione maschile e di una femminile, con ingressi indipendenti, era rifornito di acqua tramite l'Acquedotto del Serino, pur disponendo di un pozzo nel caso di mancanza d'acqua.
Nell'apodyterium della palestra furono rinvenuti alcuni scheletri, alcuni dei quali con gioielli in oro. Il pavimento del tepidarium è invece a mosaico e mostra una bella rappresentazione di Tritone con delfini.
Terme del Foro, Ercolano | Foto: Mentnafunangann 2003 (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons
Gli “SplendOri” dell’Antiquarium
Entrando nell’Antiquarium i visitatori avranno modo di ammirare in forma permanente la mostra SplendOri. Il lusso negli ornamenti a Ercolano. Si tratta di 200 preziosi manufatti, appartenuti agli antichi ercolanesi, che restituiscono uno spaccato di vita della società ercolanese in tutte le sue sfaccettature.
Antico bracciale a semisfere, "SplendOri: il lusso negli ornamenti di Ercolano" | Courtesy Parco Archeologico di Ercolano
Un viaggio virtuale nella vita di Ercolano
A pochi passi dagli scavi archeologici dell’antica Herculaneum, il MAV - Museo Archeologico Virtuale di Ercolano - regala un viaggio nel tempo, consentendo al pubblico di scoprire come doveva presentarsi la città in quel lontano 79 d.C, prima che la sua vita fosse canellata per sempre dall’eruzione.
Oltre settanta installazioni multimediali permettono di esplorare al meglio le principali aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Baia, Stabia e Capri.
Testa femminile coronata, Intonaco affrescato rinvenuto ad Ercolano, Museo Archeologico Nazionale di Napoli | Courtesy Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo: Museo Archeologico Nazionale, Napoli
Leggi anche:
• La cultura non si ferma: alla scoperta del Parco archeologico di Ercolano
• Splendori: apre al pubblico l'Antiquarium di Ercolano
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Karl Pavlovič Brjullov, L'ultimo giorno di Pompei,1830-1833
Oggi quel che resta di Ercolano è un gomitolo di storie e raffinati edifici, domus, stucchi, terme, pavimenti a mosaico, che recano ancora i passi della disperata fuga dei suoi abitanti, oltre 2mila anni fa. Adesso si potrà nuovamente tornare a contemplare la storia di questo luogo suggestivo che, lo scorso 2 giugno ha riaperto i cancelli dopo 85 lunghi giorni di chiusura imposta dal lockdown.
Obbligo di mascherina, distanziamento sociale per la sicurezza di ogni visitatore, tariffe agevolate, acquisto online dei biglietti, ingressi contingentati per fasce orarie di 15 minuti, e un massimo di 480 persone al giorno. Riapre così uno dei Parchi archeologici più importanti d’Italia, accogliendo i visitatori dalle 10.30 alle 19.30 (ultimo ingresso 18) fino al mese di ottobre, ad eccezione del martedì, giorno in cui il Parco resterà chiuso per consentire una periodica sanificazione.
Il Parco Archeologico di Ercolano | Foto: Graham-H via Pixabay
La scoperta
Nel 1709 Emanuele Maurizio di Lorena, Principe d'Elbeuf, durante la costruzione del suo palazzo presso il litorale di Portici apprese che un contadino, scavando un pozzo per il proprio orto, si era imbattuto in una serie di marmi e antiche colonne. Il Principe decise pertanto di comprare il fondo e, due anni più tardi, avviò alcuni scavi che raggiunsero l'antico Teatro di Ercolano, da cui estrasse statue, marmi e colonne dei quali omaggiò parenti, amici e regnanti europei.
L’edificio, uno dei teatri meglio conservati della civiltà romana, con un emiciclo di oltre 50 metri, diviso in tre settori nei quali potevano trovare posto circa 2.500 persone - giace ancora oggi sepolto sotto una coltre vulcanica, al di sopra della quale sono stati edificati alcuni palazzi.
Alle spalle del teatro, in un porticato colonnato, avremmo immaginato il pubblico intrattenersi durante gli intervalli delle rappresentazioni.
Mentre in Europa cresceva la fama dell'antica Ercolano, nel 1738, il re Carlo III di Borbone decise di acquistare a sua volta il fondo, avviando scavi sistematici. Tra il 1750 e il 1764 riemerse parte della Villa dei Papiri, una delle più grandi e sontuose residenze romane, che deve il suo nome ai quasi duemila papiri carbonizzati della biblioteca della villa. Pazientemente srotolati grazie ad una macchina appositamente costruita, rivelarono opere del filosofo epicureo Filodemo da Gadara, di cui era protettore Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, il proprietario dell’edificio, suocero di Giulio Cesare e grande letterato.
Il fatto che la carbonizzazione dei documenti non fosse avvenuta per il calore della lava, ma per un processo di mineralizzazione favorito dal materiale che sommerse Ercolano nel 79 d.C., ha reso possibile il recupero dei delicatissimi materiali.
Le statue dei Corridori, Rinvenute nella Villa dei Papiri di Ercolano, Museo Archeologico Nazionale di Napoli | Foto: Roberto Fogliardi (Bobfog) 2003, (Own work) via Wikimedia Creative Commons
L'ingresso dell’unica villa d'otium rinvenuta ad Ercolano, al di fuori della mura della città, affacciava direttamente sul mare. Tra le numerose statue in marmo e bronzo trovate nella dimora, oggi esposte al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Satiro ebbro, che ha rivelato, grazie ai raggi X e alla ricostruzione 3D, le cicatrici lasciate dall'eruzione del Vesuvio.
Solo nel 1828, sotto il regno di Francesco I di Borbone, furono intrapresi per la prima volta gli scavi “a cielo aperto”. I lavori furono eseguiti fino al 1875, mentre solo nel 1927 che si diede avvio ai nuovi scavi di Ercolano diretti da Amedeo Maiuri, grazie ai quali venne liberata, restaurata ed aperta al pubblico, parte dell’area che oggi costituisce il Parco Archeologico.
Gli scavi hanno tuttavia restituito solo una porzione della città originaria, e pertanto l’antica Herculaneum, che secondo la leggenda sarebbe stata fondata da Ercole nel 1243 a.C., ma che, secondo la tradizone, fu costruita dagli Osci nel XII secolo a.C, resta ancora parzialmente sepolta sotto terra. Negli anni Ottanta del secolo scorso, oltre al Tempio di Venere e alle Terme Suburbane, ha rivisto la luce l’antico porto greco, dove invano si rifugiarono gli ercolanensi.
Veduta degli scavi di Ercolano con le Terme Suburbane | Foto: ho visto nina volare from Italy 2012 via Wikimedia Creative Commons
La disperata fuga verso il mare di circa 300 abitanti riemerse solo intorno al 1980, sull’antico litorale ercolanese, quando, all’interno di arcate, vennero alla luce i corpi dei fuggiaschi che nella notte dell’eruzione avevano abbandonato le loro case. Portavano con sé monete, collane in oro, bracciali, cammei, oggetti simbolici conservati in sacchetti per salvaguardarli nei momenti concitati della fuga.
Alcuni schiavi, invece, quella notte rimasero al proprio posto, come dimostra ad esempio il Sacello degli Augustali dove, in una stanza, disteso sul letto, fu ritrovato lo scheletro del custode che, evidentemente, per un qualche motivo, aveva deciso di non abbandonare la struttura in cerca di salvezza. Questo edificio a pianta quadrangolare, con i suoi meravigliosi affreschi, fu costruito nei pressi del foro quando l'imperatore Augusto era ancora al potere.
Un ritrovamento straordinario: l’antica barca di Ercolano
Il 3 agosto del 1982, nell’area antistante le Terme Suburbane, emerse la chiglia di una barca rovesciata dalla furia dell’eruzione. Lo scafo, sepolto dai flussi piroclastici, restò sigillato nella coltre di materiali vulcanici, induritasi rapidamente, rendendo possibile, per mancanza di ossigeno, anche la conservazione del legno. Oggi questo interessante reperto è uno dei pezzi imperdibili durante la visita al Parco di Ercolano.
Casa del Salone Nero, Ercolano | Foto: Mentnafunangann 2013 (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons
Ridenti giardini e lussuose terrazze affacciate sul mare: le domus di Ercolano
Tra le case di Ercolano caratterizzate da lussureggianti giardini e terrazze a picco sul mare, spiccano la Casa dell’Albergo - l'unica della città ad avere un quartiere termale, con decorazioni a mosaico e affreschi nella zona del calidarium - la Casa dell’Atrio a Mosaico e quella dei Cervi.
Quest’ultima, che vantava una lussuosa terrazza vista mare apparteneva a Q. Granius Verus, uno schiavo liberato. Di notevole pregio è il criptoportico, abbellito con un pavimento a mosaico in bianco e nero, le pareti affrescate di bianco e rosso e, sul lato Nord, un portale con frontone in cui spicca un mosaico in pasta vitrea con Oceano e animali marini. La casa prende il nome da due statue di cervi, nel giardino, assaliti da un branco di cani.
Più piccola rispetto allo standard delle domus di Ercolano, è la Casa di Nettuno e Anfitrite, celebre per il suo triclinio estivo, un vero gioiello, accanto ai mosaici in pasta vitrea, come quello che ritrae il dio del mare accanto ala sua sposa. Il livello di opulenza degli ambienti è giustificato dal fatto che il proprietario fosse un ricco commerciante.
Anfore rinvenute nella caupona collegata alla Casa di Nettuno e Anfitrite | Foto: Enzo Abramo via Flickr
Uno stretto corridoio portava alla caupona, una sorta di tavola calda probabilmente gestita dal proprietario della casa. Di questo locale si sono conservati la ringhiera in legno del ballatoio e le mensole che accoglievano le anfore di vino. Il bancone con i dolia ha restituito agli archeologi i ceci e le fave che venivano serviti ai passanti. Una sorta di street food di moda già duemila anni fa.
Di ben altre dimensioni è la Grande osteria, collegata tramite un corridoio all'abitazione del proprietario, piccola ma con due stanze affrescate. Su una parete era dipinta una nave e una massima in greco che tradotta, doveva risuonare così: “Diogene il cinico, nel vedere una donna travolta da un fiume, esclamò: lascia che un malanno si porti via un altro malanno".
Tra le tabernae più importanti c’è quella di Priapo, così chiamata per l'affresco sul bancone che ritrae il dio della mitologia romana, e nella quale fu rinvenuto un dolium contenente alcune noci.
Procedendo alla scoperta delle tante domus più rappresentative di Ercolano, incontriamo la Casa dell’atrio corinzio, una delle più antiche. L'atrio svolgeva anche la funzione di peristilio e accoglieva gli ospiti con un impluvium trasformato in fontana, circondato da colonne corinzie intonacate, dalle quali la casa prese il nome.
Addossata alle Terme Suburbane è invece la Casa della Gemma, dalla quale proviene anche una culla in legno con i resti di un bambino.
Culla in legno carbonizzata, Ercolano, I secolo d.C. | © Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei
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L'edificio delle Terme, dotato di una sezione maschile e di una femminile, con ingressi indipendenti, era rifornito di acqua tramite l'Acquedotto del Serino, pur disponendo di un pozzo nel caso di mancanza d'acqua.
Nell'apodyterium della palestra furono rinvenuti alcuni scheletri, alcuni dei quali con gioielli in oro. Il pavimento del tepidarium è invece a mosaico e mostra una bella rappresentazione di Tritone con delfini.
Terme del Foro, Ercolano | Foto: Mentnafunangann 2003 (Opera propria) via Wikimedia Creative Commons
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Entrando nell’Antiquarium i visitatori avranno modo di ammirare in forma permanente la mostra SplendOri. Il lusso negli ornamenti a Ercolano. Si tratta di 200 preziosi manufatti, appartenuti agli antichi ercolanesi, che restituiscono uno spaccato di vita della società ercolanese in tutte le sue sfaccettature.
Antico bracciale a semisfere, "SplendOri: il lusso negli ornamenti di Ercolano" | Courtesy Parco Archeologico di Ercolano
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A pochi passi dagli scavi archeologici dell’antica Herculaneum, il MAV - Museo Archeologico Virtuale di Ercolano - regala un viaggio nel tempo, consentendo al pubblico di scoprire come doveva presentarsi la città in quel lontano 79 d.C, prima che la sua vita fosse canellata per sempre dall’eruzione.
Oltre settanta installazioni multimediali permettono di esplorare al meglio le principali aree archeologiche di Pompei, Ercolano, Baia, Stabia e Capri.
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