A Palazzo Reale fino al 30 giugno
Milano celebra De Nittis, “l’impressionista italiano” che conquistò l’Europa
Giuseppe De Nittis, Westminster, 1878. Olio su tela. Collezione privata I Courtesy METS - Marco Bertoli, Modena © Archivio Enrico Gallerie d'Arte, Milano
Francesca Grego
26/02/2024
Milano - Centocinquant’anni fa la prima mostra degli impressionisti lo vide accanto a Monet, Renoir, Degas in un’avventura che avrebbe rivoluzionato l’arte europea. Giunto a Parigi da Barletta, in Puglia, passando per Napoli e Firenze, Giuseppe De Nittis non faticò a reggere il confronto con i grandi della pittura francese. Talento di spicco nel gruppo di les italiens de Paris con Boldini e Zandomeneghi, il grande pittore ottocentesco si racconta ora sul palcoscenico milanese.
Circa 90 dipinti e pastelli animano la mostra appena inaugurata a Palazzo Reale: arrivano da collezioni private e importanti musei italiani e internazionali, come il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunkerque, gli Uffizi di Firenze, la GAM di Milano e naturalmente la Pinacoteca De Nittis di Barletta, che per volontà dell’artista conserva la più vasta e significativa raccolta delle sue opere.
Giuseppe De Nittis, Pranzo a Posillipo, 1859 ca., olio su tela, 109x173,3 cm. Galleria d'Arte Moderna, Milano
Diviso in undici sezioni, il percorso curato da Paola Zatti e Fernando Mazzocca ricostruisce la figura e la vicenda creativa di De Nittis, dalla formazione a Napoli fino al clamoroso successo conquistato tra Parigi e Londra: la sua “innata genialità”, la capacità di confrontarsi con i maggiori pittori del suo tempo, la curiosità intellettuale, la disponibilità a dialogare con altri linguaggi, come gli stimoli provenienti dall’Oriente e dal Giappone in particolare, la cui arte era allora di gran moda in Europa. E poi le amicizie con Degas, Manet, Caillebotte, a causa delle quali divenne noto come “l’impressionista italiano”.
Giuseppe De Nittis, Il ritorno dalle corse (La signora col cane), 1878. Civico Museo Revoltella – Galleria d’arte moderna, Trieste © Archivio fotografico del Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna, Trieste
“L’unicità della sua pittura, che si confronta con quella degli Impressionisti e non ne esce ridimensionata, sta proprio nella straordinaria capacità di osservazione che gli ha consentito di rendere, come pochi altri, l’inafferrabile dinamicità della città moderna, caratterizzata dall’imprevisto, il mutevole, ciò che è fuga, fermandolo nell’attimo, come i fotografi, senza irrigidirlo”, spiega il curatore Fernando Mazzocca.
In mostra troviamo gioielli come Westminster, il capolavoro londinese di De Nittis insieme a Piccadilly (oggi entrambi in collezioni private), che all’Esposizione Universale di Parigi del 1878 gli valse la medaglia d’oro e la Légion d’Honneur. Anche Vincent Van Gogh ebbe modo di ammirarlo, e ne scrisse in una lettera al fratello Theo. Sulla tela lo skyline della Londra ottocentesca “emerge leggero come un castello di vapori i cui fini profili sembrano ritagliati dai capricci del vento”, ha osservato Emile Bergerat.
Giuseppe De Nittis, L'amazzone al Bois de Boulogne, 1874-5. Olio su tela. Musei di Genova, Raccolte Frugone
“Nessuno dei paesi che ho conosciuto aveva la dolcezza di questa bella terra di Francia”, scriveva tuttavia l’artista che, sempre fedele alla pittura en plein air, alternava alla frenetica vita parigina soggiorni in campagna nell’incanto del paesaggio naturale. Influenzato dal nuovo linguaggio della fotografia, De Nittis racconta la trasformazione delle città, i riti e le atmosfere della vita moderna, osservate lungo le strade affollate delle capitali europee dell’arte e della mondanità. Uno spirito immediatamente riconoscibile nel dipinto Place des Pyramides (Musée d’Orsay), che al Salon del 1876 fece scalpore, diventando il simbolo della metamorfosi di Parigi. O in Ritorno dalle corse, proveniente dal Museo Revoltella di Trieste, un'istantanea dal modernissimo taglio fotografico che si impone con l’immediatezza di un’affiche pubblicitaria.
Giuseppe De Nittis, La place des Pyramides, 1875. Olio su tela. Musée d’Orsay, Parigi, © RMN-Grand Palais (musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski / Dist. Foto SCALA, Firenze
Arriva infine da una collezione privata il Kimono color arancio, espressione della fascinazione di De Nittis per l’Estremo Oriente. “È certo che fin dal suo primo soggiorno nella città, che meno di un anno dopo sarebbe diventata la sua, ebbe modo di toccare con mano l’arte orientale respirandone le suggestioni, cogliendone al volo il linguaggio e quegli stilemi su cui avrebbe meditato a lungo nell’ambito di una sperimentazione non banale, attenta agli aspetti tecnici oltre che tematici e compositivi”, racconta la curatrice Paola Zatti.
Giuseppe De Nittis, Il kimono color arancio. Collezione privata I Courtesy METS - Marco Bertoli, Modena © Archivio Enrico Gallerie d'Arte, Milano
A Palazzo Reale al prossimo 30 giugno, De Nittis. Pittore della vita moderna trova il suo naturale prolungamento nella mostra Boldini, De Nittis e les Italiens de Paris, in corso al Castello di Novara fino al 7 aprile: visitando entrambe le esposizioni si avrà diritto alla riduzione del costo del biglietto. Dal 26 marzo, invece, la grande mostra Parigi 1874. Inventare l’Impressionismo celebrerà la nascita della pittura della luce al Musée d’Orsay: anche qui le opere di De Nittis non mancheranno, compresi due capolavori di proprietà della GAM di Milano.
Giuseppe De Nittis, Il foro a Pompei, 1875. Olio su tela, 80,5 x 57,5 cm. Collezione privata
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Circa 90 dipinti e pastelli animano la mostra appena inaugurata a Palazzo Reale: arrivano da collezioni private e importanti musei italiani e internazionali, come il Musée d’Orsay e il Petit Palais di Parigi, i Musée des Beaux-Arts di Reims e di Dunkerque, gli Uffizi di Firenze, la GAM di Milano e naturalmente la Pinacoteca De Nittis di Barletta, che per volontà dell’artista conserva la più vasta e significativa raccolta delle sue opere.
Giuseppe De Nittis, Pranzo a Posillipo, 1859 ca., olio su tela, 109x173,3 cm. Galleria d'Arte Moderna, Milano
Diviso in undici sezioni, il percorso curato da Paola Zatti e Fernando Mazzocca ricostruisce la figura e la vicenda creativa di De Nittis, dalla formazione a Napoli fino al clamoroso successo conquistato tra Parigi e Londra: la sua “innata genialità”, la capacità di confrontarsi con i maggiori pittori del suo tempo, la curiosità intellettuale, la disponibilità a dialogare con altri linguaggi, come gli stimoli provenienti dall’Oriente e dal Giappone in particolare, la cui arte era allora di gran moda in Europa. E poi le amicizie con Degas, Manet, Caillebotte, a causa delle quali divenne noto come “l’impressionista italiano”.
Giuseppe De Nittis, Il ritorno dalle corse (La signora col cane), 1878. Civico Museo Revoltella – Galleria d’arte moderna, Trieste © Archivio fotografico del Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna, Trieste
“L’unicità della sua pittura, che si confronta con quella degli Impressionisti e non ne esce ridimensionata, sta proprio nella straordinaria capacità di osservazione che gli ha consentito di rendere, come pochi altri, l’inafferrabile dinamicità della città moderna, caratterizzata dall’imprevisto, il mutevole, ciò che è fuga, fermandolo nell’attimo, come i fotografi, senza irrigidirlo”, spiega il curatore Fernando Mazzocca.
In mostra troviamo gioielli come Westminster, il capolavoro londinese di De Nittis insieme a Piccadilly (oggi entrambi in collezioni private), che all’Esposizione Universale di Parigi del 1878 gli valse la medaglia d’oro e la Légion d’Honneur. Anche Vincent Van Gogh ebbe modo di ammirarlo, e ne scrisse in una lettera al fratello Theo. Sulla tela lo skyline della Londra ottocentesca “emerge leggero come un castello di vapori i cui fini profili sembrano ritagliati dai capricci del vento”, ha osservato Emile Bergerat.
Giuseppe De Nittis, L'amazzone al Bois de Boulogne, 1874-5. Olio su tela. Musei di Genova, Raccolte Frugone
“Nessuno dei paesi che ho conosciuto aveva la dolcezza di questa bella terra di Francia”, scriveva tuttavia l’artista che, sempre fedele alla pittura en plein air, alternava alla frenetica vita parigina soggiorni in campagna nell’incanto del paesaggio naturale. Influenzato dal nuovo linguaggio della fotografia, De Nittis racconta la trasformazione delle città, i riti e le atmosfere della vita moderna, osservate lungo le strade affollate delle capitali europee dell’arte e della mondanità. Uno spirito immediatamente riconoscibile nel dipinto Place des Pyramides (Musée d’Orsay), che al Salon del 1876 fece scalpore, diventando il simbolo della metamorfosi di Parigi. O in Ritorno dalle corse, proveniente dal Museo Revoltella di Trieste, un'istantanea dal modernissimo taglio fotografico che si impone con l’immediatezza di un’affiche pubblicitaria.
Giuseppe De Nittis, La place des Pyramides, 1875. Olio su tela. Musée d’Orsay, Parigi, © RMN-Grand Palais (musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski / Dist. Foto SCALA, Firenze
Arriva infine da una collezione privata il Kimono color arancio, espressione della fascinazione di De Nittis per l’Estremo Oriente. “È certo che fin dal suo primo soggiorno nella città, che meno di un anno dopo sarebbe diventata la sua, ebbe modo di toccare con mano l’arte orientale respirandone le suggestioni, cogliendone al volo il linguaggio e quegli stilemi su cui avrebbe meditato a lungo nell’ambito di una sperimentazione non banale, attenta agli aspetti tecnici oltre che tematici e compositivi”, racconta la curatrice Paola Zatti.
Giuseppe De Nittis, Il kimono color arancio. Collezione privata I Courtesy METS - Marco Bertoli, Modena © Archivio Enrico Gallerie d'Arte, Milano
A Palazzo Reale al prossimo 30 giugno, De Nittis. Pittore della vita moderna trova il suo naturale prolungamento nella mostra Boldini, De Nittis e les Italiens de Paris, in corso al Castello di Novara fino al 7 aprile: visitando entrambe le esposizioni si avrà diritto alla riduzione del costo del biglietto. Dal 26 marzo, invece, la grande mostra Parigi 1874. Inventare l’Impressionismo celebrerà la nascita della pittura della luce al Musée d’Orsay: anche qui le opere di De Nittis non mancheranno, compresi due capolavori di proprietà della GAM di Milano.
Giuseppe De Nittis, Il foro a Pompei, 1875. Olio su tela, 80,5 x 57,5 cm. Collezione privata
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