Le tecniche della stampa
Opera grafica del '900
01/03/2004
La tecnica della stampa comprende tre procedimenti fondamentali, che corrispondono grosso modo ai materiali usati per preparare la matrice: la stampa in rilievo, cioè tratta da una matrice in rilievo, per lo più in legno (da cui il termine xilografia); la stampa in cavo, da una matrice di metallo incisa in cavo (in genere il metallo usato è il rame, da cui il termine, peraltro di significato diverso “calcografia”); la stampa in piano, da una matrice di pietra (litografia).
In tutti i casi l’immagine è ottenuta premendo a mano o con un torchio calcografico, un foglio di carta contro la matrice inchiostrata. Il più antico procedimento di stampa è la xilografia, nata agli inizi del Quattrocento nei Paesi Bassi, in Germania e in Francia. Storicamente la stampa artistica costituisce il primo tentativo veramente riuscito di applicare un procedimento industriale alla rappresentazione artistica, e fino alla diffusione della fotografia, esso rimane anche l’unico.
La tecnica della xilografia usa, come supporto, una tavoletta di legno sulla quale viene inciso il disegno tramite coltellini e sgorbie. Nella matrice di legno le parti che non vengono incise e rimangono a livello originario della superficie ricevono l’inchiostro e danno origine, sul foglio, ai neri, mentre le parti che vengono scavate corrispondono sul foglio ai bianchi.
Nell’incisione su rame o zinco l’inchiostro viene fatto entrare nei solchi, cui corrispondono sul foglio i neri, e viene tolto dalle parti di superfice non incise, cui corrispondono i bianchi. Per eseguire il disegno sulla matrice si usa il bulino, uno strumento composto da un grosso manico di legno di forma tondeggiante e schiacciata. La lastra di rame può essere incisa anche con la puntasecca, un utensile di acciaio della forma di un ago robusto di sezione circolare. Queste tecniche di incisione su matrici di metallo vengono anche definite “dirette” poichè l’incisore esercita tramite i due strumenti una pressione diretta sulla lastra.
Diversamente dal bulino e dalla puntasecca, in cui gli strumenti incidono direttamente il metallo, L’acquaforte viene definito un procedimento indiretto. Infatti l’incisione vera e propria della lastra di metallo avviene tramite l’azione chimica di un acido diluito, in genere l’acido nitrico, detto anticamente “acqua forte”. La superficie della lastra viene ricoperta con uno strato sottile di vernice trasparente. Il disegno viene quindi eseguito graffiando questo strato superficiale di vernice attraverso un ago chiamato punta: dove la vernice è stata asportata dalla punta, il metallo rimane allo scoperto e può essere a sua volta intaccato dall’acido. In questo modo mettendo a bagno la lastra nel mordente verrà riprodotto nel rame il disegno tracciato sulla vernice.
Il principio fondamentale dell’acquatinta consiste nella granulazione della lastra al fine di ottenere l’impressione di superfici inchiostrate anziché di linee. In genere si fa cadere sulla matrice uno strato leggero e uniforme di pece o colofonia; poi la pece viene scaldata in modo che i granelli di colofonia o pece fondano e vi aderiscano: una volta sottoposta la lastra a morsura, l’acido penetrerà soltanto negli interstizi fra i grani.
La matrice della litografia è rappresentata invece da pietra calcarea e porosa preventivamente levigata. Si esegue quindi il disegno direttamente sulla lastra con un materiale grasso che può essere ad esempio una matita, un gessetto o dell’inchiostro. Terminato il disegno, la matrice di pietra viene bagnata con l’acqua. Passandovi sopra un rullo inchiostrato l’inchiostro grasso aderisce alla parte disegnata e viene respinto dalle parti non disegnate, dove resta scoperta la pietra bagnata. A questo punto la matrice è praticamente pronta per la stampa.
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