La scultura Liberty

Courtesy of© fondazione Sgarbi Cavallini | Il Liberty in Italia
 

12/06/2001

Una influenza notevole ebbero, nel mondo settentrionale, i modi di Troubetzkoy. . Famoso per i suoi ritratti e per le sue statuette in bronzo improntate ad un linguaggio sapiente e raffinato, partecipa alla Secessione romana del 1913 presentando 80 sculture dalla “sensibilità squisita” che avranno eco anche nel mondo artistico romano. La fortuna di Troubetzkoy fu determinata da alcune frasi che il conte Robert de Montesquie gli dedicò, dopo aver visitato l’Esposizione Universale di Parigi del 1900, in compagnia di Boldini. La ritrattistica dell’artista si adattava alle nuove esigenze espressive ricercate dell’ambiente artistico contemporaneo che voleva caratteri di modernità, semplificazione e sintesi che esprimessero la vita moderna a al gusto dei salotti borghesi che aspiravano a rigore ed eleganza. Ad un linguaggio internazionale, propriamente liberty appartiene Libero Andreotti che inizia come illustratore di libri e periodici, poi come pittore e infine come scultore. Influenzato dai divisionisti lombardi, parte dalla scultura di impressione piccola, nervosa, per avvicinarsi ai modi di Troubetzkoy portandoli a conseguenze più audaci, come si può vedere nel bronzo Autunno (donna con ghirlanda) del 1906. In seguito al successo riportato al Salon del 1910 con la sua opera Vetta, ispirata al poema di Sem Benelli e imperniata sulla simbolicità decadente della figura di Icaro, si trasferisce a Parigi. La ricerca di Andreotti si pone allla pari con quella dei grandi nomi della scultura internazionale nella realizzazione di opere dal segno originale, elegante, sensuale e dalla superficie mossa, fremente, luminosa. Tale ricerca si precisa maggiormente nelle figure di donne con levrieri, con animali ed è evidente in Donna che riposa del 1914, Venditrice di frutta del 1917, dove approda ad un linguaggio molto personale in cui accezioni decorative vicine agli sviluppi del liberty si integrano a schemi figurativi quattro-cinquecenteschi, questi ultimi anticipatori di un “ritorno all’ordine” che caratterizzerà quasi tutta la scultura italiana degli anni venti. Roma è stata centrale nella formazione artistica di alcuni degli scultori più attivi e originali dei primi del novecento. E’ infatti dalla cultura romana che muove l’arte di Cambellotti, dove esiste un raffinato e vivace artigianato, una committenza borghese, nobilaire ed ecclesiastica che ne facilita la strada verso le arti applicate che saranno fondamentali per la sua formazione e per l’originalità della sua scultura. Cambellotti, a contatto con un circolo di intellettuali, artisti, letterati e poeti portatori di nuove idee estetiche e sociali, si impegna nel programmare un miglioramento delle condizioni di vita, sia per la nuova città industrializzata che per la campagna, ancora in grande arretratezza e per lui, artista, questo programma passa attraverso il gusto. Vuole infatti, un linguaggio unitario che tenga conto delle idee più evolute ed estetizzanti di una società più internazionale unite a quelle legate profondamente alla tradizione italiana. Il modo per realizzare il suo programma è l’utilizzazione dei nuovi mezzi di comunicazione. Anche D’Annunzio, nume tutelare della cultura più avveduta del momento, i cui interpreti sono Cellini, Sartorio, De Carolis, utilizza la pubblicità, i giornali, per propagare le sue idee estetiche che si rifanno ai preraffaelliti per arrivare ai neoprimitivi, ma Cambellotti, più vicino al circolo che fa capo a Giovanni Ceena che, da Torino, ha portato le nuove idee moderniste di identificazione tra arte decorativa e arte sociale, ha un diverso intento: il suo lavoro ha la pretesa di rivolgersi ad una nuova società, quella di massa, attraverso l’idea dell’arte per tutti tramite l’industria. Realizza inizialmente disegni di lampadari, lampade da tavolo, bracci di illuminazione o eleganti fermagli per la Ditta Schulz di Berlino con uno stile molto personale che risente dell’Art Nouveau, soprattutto nell’utilizzare i motivi naturali, che siano nudi femminili o insetti alati o fiori. La linea che li descrive ne sottolinea l’eleganza strutturale e la funzionalità. Dal 1900 i soggetti delle illustrazioni, dei disegni, dei vasi, risentono di simbologie legate ai miti della terra, ad una tradizione culturale che parte dalle origini. Questi motivi li trova nelle escursioni nella campagna romana fatte con i compagni fratelli (Balla, Marcucci, Laforet) dove guarda con occhi nuovi le piante, gli alberi, gli animali. La campagna è minacciata dalla modernità, rappresentata dalla città in espansione. Il programma che Cambellotti elabora con i suoi amici, dai quali apprende ad amare Pascoli, Tolstoi, Dante è quello di creare scuole per i contadini dell’Agro Romano. Nell’intento poi di rendere estetiche tutte le forme della vita arriva a creare oggetti utilitari. Inserisce in essi immagini mitologiche e nello stesso tempo organiche di animali, avvoltoi, cavalli, buoi, tori che con forza sostituiscono le forme floreali e sinuose dell’iconografia liberty trasformandone la decorazione in motivi fortemente aderenti alla vita. Ha così ridato energia ai soggetti simbolo dell’Art Nouveau conferendo a queste nuove sculture, forme essenziali e originalissime come si può vedere nella Conca dei bufali del 1910. Tale altissimo risultato si complicherà più tardi in opere nelle quali il motivo degli animali che si abbeverano verrà ripreso con una durezza più incisiva. Nicola d'Antino inizia il suo lavoro di scultore descrivendo in piccolo formato, gruppi di bimbi intenti a suonare o a leggere. Fu tra quelli che colsero l’occasione offerta dal liberty per portarsi al di là del dibattito tra una linea innovativa della tradizione italiana e l’assunzione di linguaggi stranieri. Vissuto adolescente nel clima dannunziano del Convento Michetti e arrivato alla scultura nello studio di Ximenes riprende probabilmente dal conterraneo Barbella i segreti della patina su metallo e della cesellatura delle quali si serve con grande perizia. L’ansia di modernismo, perseguita da D’Antino deriva da precise adesioni alla concezione dannunziana, aristocratica ed estetizzante. Il suo spiritualismo sognante e consolatorio trova precisi agganci formali nella cultura tedesca intorno alle Secessioni di Vienna e di Monaco ed in particolare nell’estetismo estenuato e cifrato di Klimt. Nelle sue Adolescenti, o nei suoi Nudi femminili D’Antino mette a segno una tipologia di figure che hanno l’icasticità della sigla liberty e del liberty riproducono il gusto elegante di linearismi ritmati e veloci. D’Antino in queste opere trova un preciso corrispettivo plastico della moda art-deco riprendendone le cadenze attraverso la pittura di Klimt o i moduli di una cultura grafica che anche in Italia aveva già esordito con esiti colti e raffinati. Ma l’erotismo sottile e malato che macera le immagini klimtiane o le donne di Burne Jones o di Dante Gabriele Rossetti non contagia i nudi di D’Antino. L’erotismo che pure ha tanta parte nella letteratura dannunziana è del tutto assente nel femminino dantiniano. Questo è un nodo altamente significativo della poetica dello scultore che in questo elogio del candore, della castità e della bellezza si distacca da D’Annunzio per accostarsi piuttosto all’idealità spirituale della Beata Riva di Angelo Conti. A partire poi dagli anni venti, frequentando l’ambiente romano di Villa Strohl-Fern, al passo con i tempi, le sue opere ricercano un rinnovato equilibrio plastico e una nuova solidità e potenza plastica. Le fragili donne dalle membra sottili si trasformano in danzatrici dalle sode muscolature che nelle pose e negli atteggiamenti evocano ora riti antichi, classiche mitologie.