Al cinema il 10,11,12 febbraio
"Impressionisti segreti": la nostra recensione
Camille Pissarro (1830-1903), Au bord de la Seine à Paris. Le Pont-Marie vu depuis le quai d’Anjou (Sulla sponda della Senna a Parigi, quai d’Anjou, Pont-Marie), 1875 circa, Olio su tela, 64 x 50 cm, Firmata in basso a destra “C. Pissarro”, Messico, Collezione Pérez Simón, Cat. rag. PDRS 406 | IMPRESSIONISTI SEGRETI - Palazzo Bonaparte, Roma 6 ottobre 2019 - 8 marzo 2020
Samantha De Martin
07/02/2020
Il colore esplode dalla tela. Ora è neve, ora sole, acqua e vapore, luce che attraversa marine, fa brillare scogliere, per infilarsi nei covoni, tra il vapore delle navi, i rami mossi dal vento.
Quelle stesse tinte accendono lo schermo, con la loro consistenza e, come una calamita, assorbono lo spettatore in un viaggio che pone al centro la rivoluzione artistica compiuta dagli Impressionisti.
Impressionisti segreti, il docu-film prodotto da Ballandi e Nexo Digital, diretto da Daniele Pini, arriva al cinema il 10, 11 e 12 febbraio, per raccontare questa rivoluzione, ma anche la sua evoluzione, portando nelle sale i cinquanta tesori nascosti, esposti per la prima volta a Roma fino all’8 marzo a Palazzo Bonaparte, in occasione della mostra prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia.
Il docufilm ci invita a cogliere e fermare un’occasione rara. Queste opere, infatti, faranno presto ritorno nelle collezioni private dalle quali provengono - tra le più importanti al mondo - sottraendosi per sempre allo sguardo del grande pubblico, ma continuando a rimanere negli occhi degli art lover grazie alla potenza dello schermo.
Muovendosi su tre percorsi - i capolavori dell’arte universale a confronto tra loro, e che riflettono la personale visione del mondo dei loro artisti, Palazzo Bonaparte, abitato fino al 1836 da Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone, e finora inaccessibile, e Roma - il film offre una vista "privilegiata" sulle tele, scruta ogni pennellata, permettendo al pubblico di immergersi nel lavoro dei pittori e coglierne dettagli inediti.
La macchina da presa scandaglia stili, influenze e soggetti di questi “eroi e cantori del plein air” - Manet, Monet, Caillebotte, Sisley, Cézann, Berthe Morisot - ne condivide con il pubblico i significati grazie al contributo delle due curatrici della mostra Claire Durand-Ruel (storica dell’arte esperta di Pissarro e pro-nipote del mercante d’arte Paul Durand-Ruel) e Marianne Mathieu (esperta di Berthe Morisot e direttrice scientifica delle collezioni del Musée Marmottan Monet di Parigi). Grazie allo storico dell’arte Alain Tapiè, a esperti, artisti e figure, molto diverse tra loro, come furono d’altronde gli Impressionisti stessi, legate al mondo della pittura moderna e della cultura visuale.
Questa pluralità di punti di vista - dal fotografo Fabio Lovino all’artista Giuliano Giuman, dal critico d’arte Sergio Gaddi alla scrittrice Melania Mazzucco - contribuisce a spalancare al pubblico le porte del paesaggio, facendolo penetrare tra sguardi e riflessi, tessuti e situazioni. E così anche allo spettatore è dato catturare l’istante, sfidare il tempo eliminando ogni distanza tra la realtà e la sua libera interpretazione, in un gioco fatto di riflessi e simmetrie.
Merito del film è anche quello di cogliere e condividere lo sguardo appassionato che lega l’opera d’arte (e quindi l'artista) al proprio collezionista, come Monet e Scott Black. Ma anche di immortalare il carosello di sguardi che unisce i pittori impressionisti agli artisti del passato (come Renoir ai classicisti scoperti in Italia) e a quelli che seguiranno, o ancora ai loro stessi soggetti, basti pensare a Berthe Morisot intimamente descritta da Monet.
Altro punto di forza del docufilm è l’aver posto l’attenzione sulle storie e le relazioni tra i protagonisti di una stagione che ha cambiato l’arte per sempre, aprendo le porte alle Avanguardie del Novecento. Questo coraggio di gettare i semi del cambiamento, senza temere il giudizio altrui, viene ben sottolineato attraverso un’accelerazione sullo schermo, complice anche la scelta di una musica energica.
Questi movimenti catturano il pubblico nel loro vortice, con la carrellata di artisti che accolsero la lezione impressionista per riversarla nei loro stili, da Dalì a Andy Warhol.
Il viaggio termina a Roma, con un percorso quasi circolare, tra le stanze di Palazzo Bonaparte, anch’esse - come i capolavori dei Maestri della luce, a quasi 150 anni dalla loro prima esposizione - cariche di suggestione e di mistero.
Leggi anche:
• Impressionisti segreti
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• Impressionisti segreti, da Palazzo Bonaparte al grande schermo. Visita ai capolavori raccontati nel film
• Gli Impressionisti segreti arrivano al cinema: capolavori inediti visti da una nuova prospettiva
• L'autunno romano si accende con gli Impressionisti Segreti
• Presto a Roma gli Impressionisti segreti
• Apre al pubblico Palazzo Bonaparte. In autunno una grande mostra sugli Impressionisti
• FOTO - Impressionisti a Roma: tra segreto e scoperta
Quelle stesse tinte accendono lo schermo, con la loro consistenza e, come una calamita, assorbono lo spettatore in un viaggio che pone al centro la rivoluzione artistica compiuta dagli Impressionisti.
Impressionisti segreti, il docu-film prodotto da Ballandi e Nexo Digital, diretto da Daniele Pini, arriva al cinema il 10, 11 e 12 febbraio, per raccontare questa rivoluzione, ma anche la sua evoluzione, portando nelle sale i cinquanta tesori nascosti, esposti per la prima volta a Roma fino all’8 marzo a Palazzo Bonaparte, in occasione della mostra prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia.
Il docufilm ci invita a cogliere e fermare un’occasione rara. Queste opere, infatti, faranno presto ritorno nelle collezioni private dalle quali provengono - tra le più importanti al mondo - sottraendosi per sempre allo sguardo del grande pubblico, ma continuando a rimanere negli occhi degli art lover grazie alla potenza dello schermo.
Muovendosi su tre percorsi - i capolavori dell’arte universale a confronto tra loro, e che riflettono la personale visione del mondo dei loro artisti, Palazzo Bonaparte, abitato fino al 1836 da Maria Letizia Ramolino, madre di Napoleone, e finora inaccessibile, e Roma - il film offre una vista "privilegiata" sulle tele, scruta ogni pennellata, permettendo al pubblico di immergersi nel lavoro dei pittori e coglierne dettagli inediti.
La macchina da presa scandaglia stili, influenze e soggetti di questi “eroi e cantori del plein air” - Manet, Monet, Caillebotte, Sisley, Cézann, Berthe Morisot - ne condivide con il pubblico i significati grazie al contributo delle due curatrici della mostra Claire Durand-Ruel (storica dell’arte esperta di Pissarro e pro-nipote del mercante d’arte Paul Durand-Ruel) e Marianne Mathieu (esperta di Berthe Morisot e direttrice scientifica delle collezioni del Musée Marmottan Monet di Parigi). Grazie allo storico dell’arte Alain Tapiè, a esperti, artisti e figure, molto diverse tra loro, come furono d’altronde gli Impressionisti stessi, legate al mondo della pittura moderna e della cultura visuale.
Questa pluralità di punti di vista - dal fotografo Fabio Lovino all’artista Giuliano Giuman, dal critico d’arte Sergio Gaddi alla scrittrice Melania Mazzucco - contribuisce a spalancare al pubblico le porte del paesaggio, facendolo penetrare tra sguardi e riflessi, tessuti e situazioni. E così anche allo spettatore è dato catturare l’istante, sfidare il tempo eliminando ogni distanza tra la realtà e la sua libera interpretazione, in un gioco fatto di riflessi e simmetrie.
Merito del film è anche quello di cogliere e condividere lo sguardo appassionato che lega l’opera d’arte (e quindi l'artista) al proprio collezionista, come Monet e Scott Black. Ma anche di immortalare il carosello di sguardi che unisce i pittori impressionisti agli artisti del passato (come Renoir ai classicisti scoperti in Italia) e a quelli che seguiranno, o ancora ai loro stessi soggetti, basti pensare a Berthe Morisot intimamente descritta da Monet.
Altro punto di forza del docufilm è l’aver posto l’attenzione sulle storie e le relazioni tra i protagonisti di una stagione che ha cambiato l’arte per sempre, aprendo le porte alle Avanguardie del Novecento. Questo coraggio di gettare i semi del cambiamento, senza temere il giudizio altrui, viene ben sottolineato attraverso un’accelerazione sullo schermo, complice anche la scelta di una musica energica.
Questi movimenti catturano il pubblico nel loro vortice, con la carrellata di artisti che accolsero la lezione impressionista per riversarla nei loro stili, da Dalì a Andy Warhol.
Il viaggio termina a Roma, con un percorso quasi circolare, tra le stanze di Palazzo Bonaparte, anch’esse - come i capolavori dei Maestri della luce, a quasi 150 anni dalla loro prima esposizione - cariche di suggestione e di mistero.
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