Il vero Mondrian
L'albero rosso di Piet Mondrian
31/10/2006
MONDRIAN. Ottanta capolavori a Brescia al Museo di Santa Giulia fino al 25 marzo 2007: queste le coordinate di un evento che raccoglie opere in buona parte eccezionalmente concesse in prestito dal Gemeentemuseum dell’Aia, per la prima esposizione italiana che illustra l’intera opera del grande pittore olandese.
I due curatori, Marco Goldin e Fred Leeman, hanno privilegiato il periodo precedente al celebre cammino astratto di Mondrian, anche perché poco noto a chi non ha avuto occasione di visitare proprio il museo dell’Aia che ne custodisce la quasi totalità degli esempi. Tale parte figurativa occupa quasi un quindicennio, precedente al secondo decennio del secolo XX, quando il tema dell’albero facilita il passaggio ad un’astrazione sempre più geometrizzante. Mondrian è infatti in genere associato alle sue figure geometriche: strisce nere che intersecano piani bianchi, linee che delimitano quadrati rossi, gialli e blu; modalità stilistica che ha connotato la sua pittura negli anni venti, e che lo ha collocato tra gli artisti moderni più innovativi, apprezzato da artisti, architetti, musicisti e critici. Forma, linea e colore sono le tre componenti fondamentali della pittura, finalizzata alla Bellezza, non tanto attributo della realtà, quanto entità spirituale a sé.
La mostra si snoda sui concetti centrali di “evoluzione” e “intuizione”, che connotarono il lavoro dell’artista in un continuo rinnovarsi, distruggendo i principi precedenti secondo l’unico orientamento dettato dall’intuizione, che gli garantiva, nelle scelte, un legame spirituale appunto con la Bellezza. La separazione artificiosa tra emozione e ragione è infatti smentita dall’arte di Mondrian. Se i nuovi punti di vista sperimentati non lo convincevano più li eliminava, cosicché il concetto di “evoluzione”, a lui così caro, risultava non tanto dal passaggio da una fase all’altra, ma dalla costante eliminazione delle soluzioni precedenti.
L’esposizione parte dagli esordi di paesaggista, nel filone del realismo tradizionale olandese della Scuola dell’Aia, anche se in seguito i paesaggi si riducono sempre più a colori e forme. All’inizio del XX secolo, l’artista si avvicina alla teosofia che professava l’esistenza di un’unità tra le religioni e perseguiva l’armonia tra interiorità e mondo esterno, facendo quindi da prospettiva all’opera d’arte come “percorso che si eleva dalla materia”.
Alla fine della carriera, quando la sua opera neoplastica era considerata una delle manifestazioni più radicali dell’arte astratta, Mondrian continuava ad asserire di essere sempre stato un realista. Le forme astratte, che aveva iniziato a usare alla fine della sua vita, le considerava reali e capaci di rappresentare la Bellezza in una forma ancora più concreta di quella presente in natura.
MONDRIAN. Ottanta capolavori
28 ottobre 2006 - 25 marzo 2007
Brescia, Museo di Santa Giulia
I due curatori, Marco Goldin e Fred Leeman, hanno privilegiato il periodo precedente al celebre cammino astratto di Mondrian, anche perché poco noto a chi non ha avuto occasione di visitare proprio il museo dell’Aia che ne custodisce la quasi totalità degli esempi. Tale parte figurativa occupa quasi un quindicennio, precedente al secondo decennio del secolo XX, quando il tema dell’albero facilita il passaggio ad un’astrazione sempre più geometrizzante. Mondrian è infatti in genere associato alle sue figure geometriche: strisce nere che intersecano piani bianchi, linee che delimitano quadrati rossi, gialli e blu; modalità stilistica che ha connotato la sua pittura negli anni venti, e che lo ha collocato tra gli artisti moderni più innovativi, apprezzato da artisti, architetti, musicisti e critici. Forma, linea e colore sono le tre componenti fondamentali della pittura, finalizzata alla Bellezza, non tanto attributo della realtà, quanto entità spirituale a sé.
La mostra si snoda sui concetti centrali di “evoluzione” e “intuizione”, che connotarono il lavoro dell’artista in un continuo rinnovarsi, distruggendo i principi precedenti secondo l’unico orientamento dettato dall’intuizione, che gli garantiva, nelle scelte, un legame spirituale appunto con la Bellezza. La separazione artificiosa tra emozione e ragione è infatti smentita dall’arte di Mondrian. Se i nuovi punti di vista sperimentati non lo convincevano più li eliminava, cosicché il concetto di “evoluzione”, a lui così caro, risultava non tanto dal passaggio da una fase all’altra, ma dalla costante eliminazione delle soluzioni precedenti.
L’esposizione parte dagli esordi di paesaggista, nel filone del realismo tradizionale olandese della Scuola dell’Aia, anche se in seguito i paesaggi si riducono sempre più a colori e forme. All’inizio del XX secolo, l’artista si avvicina alla teosofia che professava l’esistenza di un’unità tra le religioni e perseguiva l’armonia tra interiorità e mondo esterno, facendo quindi da prospettiva all’opera d’arte come “percorso che si eleva dalla materia”.
Alla fine della carriera, quando la sua opera neoplastica era considerata una delle manifestazioni più radicali dell’arte astratta, Mondrian continuava ad asserire di essere sempre stato un realista. Le forme astratte, che aveva iniziato a usare alla fine della sua vita, le considerava reali e capaci di rappresentare la Bellezza in una forma ancora più concreta di quella presente in natura.
MONDRIAN. Ottanta capolavori
28 ottobre 2006 - 25 marzo 2007
Brescia, Museo di Santa Giulia
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