Le scuse di Greenpeace non fermano le azioni legali

Guai giudiziari per la protesta di Greenpeace sulle Linee di Nazca

 

Ludovica Sanfelice

11/12/2014

Non serviranno a fermare le azioni legali, le scuse ufficiali che Greenpeace ha presentato al popolo peruviano dopo che il governo ha mosso gravi accuse a carico di una delegazione di attivisti rea di essere entrata senza autorizzazioni nell’area protetta delle Linee di Nazca e aver danneggiato il sito archeologico dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.

Durante una spettacolare azione dimostrativa, rivolta ai leader di diversi paesi del mondo che in questi giorni sono riuniti a Lima per un summit internazionale delle Nazioni Unite dedicato al cambiamento climatico, i militanti hanno esposto grandi lettere a comporre lo slogan “Time for change! The future is renewable. Greenpeace” sul suolo che circonda uno degli antichi geoglifi raffigurante un colibrì.

Come spiegato dalle autorità, l’accesso all’area è interdetto senza autorizzazioni e, per non rovinare il sito archeologico, misure cautelari impongono l’uso di calzature speciali. L’infrazione di simili regole configura un reato punibile con misure detentive fino a sei anni.

Nel caso specifico il Ministero della Cultura ha fatto presente che non ha niente contro il messaggio esposto, ma le impronte lasciate dagli attivisti sul suolo sacro di Nazca potrebbero rimanere visibili per centinaia o addirittura migliaia di anni, e un simile danno rappresenta anche un oltraggio alla cultura e al popolo peruviani. Per tali ragioni agli attivisti sarà impedito di lasciare il Paese.

Il portavoce di Greenpeace, Tina Loeffelbein, ha risposto alle accuse dichiarando che la delegazione ha adottato tutte le attenzioni maturate nel corso di una lunga storia di proteste pacifiche per proteggere il monumentale disegno, ma ha promesso che avvierà un’indagine interna per chiarire l’accaduto e assumerà tutte le debite responsabilità nel caso vengano riscontrati danni irreparabili.

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