Aspettando “Balla. Il signore della luce”, in onda venerdì sera su Rai5
Giacomo Balla: i mille volti di un'arte totale
Giacomo Balla, Bambina x balcone, 1912, Olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna, Collezione Grassi, Donazione Nedda Mieli Grassi, 1960
Francesca Grego
12/07/2021
“Un essere diabolico: piccolo e rosso come un frugolo; dai baffi di ferro filato arroventato, mozzati a spazzolino da denti; dalle sopracciglia - sempre rosse - folte e arricciate con le dita, a forma di SS disuguali; gli occhi celeste chiaro, talmente ipocriti da sembrare dolcissimi, la fronte come una tavoletta da bucato; due rughe gli scendevano giù dagli estremi della bocca, coperte da una barbetta di gramigna fulva che alligna nei solchi. Un cappello di paglia che sembrava d’impiallacciatura. La cravattino di celluloide tremolante come la gelatina. Vestito a scacchi, scarpe nere e ghette di gesso: un clown. Un essere da circo equestre; eccentrico e assolutamente assurdo fuori dal caffè-concerto. Era costui, uno dei più grandi pittori d’Italia, riconosciuto dai passatisti e dai futuristi: Giacomo Balla”.
Chi parla non è un cronista di vedute ristrette, ma un artista e poeta d’avanguardia, Francesco Cangiullo. Balla fa discutere, non ammette indifferenza. A teatro con Filippo Tommaso Marinetti in una delle memorabili serate futuriste, Cangiullo lo incontra per la prima volta e ne resta profondamente colpito. Non è solo l’immagine a fare del maestro un individuo fuori dal comune: una spiccata personalità, una creatività inesauribile ed eclettica, un intelletto originale e indipendente lo collocano sempre un passo avanti rispetto ai contemporanei e gli permettono di cambiare pelle più volte, conservando sempre la propria identità.
Lui ne è perfettamente consapevole: si definisce il “Leonardo da Vinci del XX secolo”, e pazienza se certi suoi “peccati” - in primis l’adesione al fascismo - tarderanno a essere perdonati. Considerato provinciale da qualcuno, sarà riscoperto nell’America del dopoguerra da alcuni grandi collezionisti di origine ebraica e salutato come il padre dell’astrattismo italiano. In seguito artisti lontanissimi da lui troveranno ispirazione nella sua opera e nel suo modo di intendere l’arte. Sono forzature, equivoci, tradimenti? Chissà. Certo è che i luoghi comuni del Novecento stanno stretti al pittore torinese, che ha saputo interpretare le componenti più innovative dell’avanguardia italiana in un insieme unico e originale.
In attesa di conoscerlo da vicino venerdì 16 luglio alle 22 su Rai5 nel documentario Balla. Il signore della luce di Franco Rado, Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, approfondiamo gli aspetti più rappresentativi e attuali dell’arte del maestro, che domenica prossima compirà 150 anni.
Giacomo Balla (1871 - 1958), Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery
Il futurismo secondo Balla
Capace di giocare con il violino, il pennello e le parole, in pittura Balla ha attraversato il primo Novecento spaziando dal divisionismo al realismo. Ma è soprattutto per l’energia profusa tra le file dei futuristi che gran parte del pubblico lo conosce: autentico faro dell’avanguardia italiana soprattutto dopo la morte prematura di Boccioni, Balla si accende di entusiasmo per “il mito dell’elettricità” e porta nell’arte le idee della velocità e del dinamismo. “Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente”, scrive. Rispetto agli altri futuristi ha un asso nella manica: la passione e la conoscenza della fotografia, ereditata dal padre Giovanni. Sulla tela l’influenza della quinta arte si esprime nelle bellissime inquadrature e negli esperimenti sulla luce, ma anche nella ricerche portate avanti nella resa del movimento, che si ispirano alla cronofotografia, alla fotodinamica dell’amico Anton Giulio Bragaglia e alle tecniche del cinema. Ne sono esempio capolavori come La mano del violinista, Dinamismo di un cane al guinzaglio e Ragazza che corre sul balcone, tutti del 1912: come nel cronofotografo di Marey o in un’animazione, la figura si scompone e si moltiplica, comunicando l’idea del movimento attraverso immagini dipinte in successione. In Compenetrazione iridescente n.7 l’artista si spinge oltre, cercando di portare sulla tela la luce e il movimento così come sono percepiti dall’occhio umano, attraverso sequenze decorative ispirate ai modelli di propagazione delle onde elettromagnetiche. Il “fermo immagine” in pittura per Balla è una menzogna: poiché tutto si muove, dipingere il movimento significa cogliere il principio fondamentale della vita.
Giacomo Balla, Ritmi dell'archetto o Le mani del violinista, 1912, Olio su tela, 52 x 75 cm | Courtesy Estorick Collection of Modern Italian Art, London
L'arte che reinventa il mondo
“Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all'impalpabile, all'imponderabile, all'impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell'universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto”, si legge nel Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo firmato dall’esplosivo duo nel 1915. È una svolta: se fino ad allora il futurismo era caratterizzato soprattutto da uno slancio vitale e iconoclasta, ora l’arte diventa un’avventura totale, una forza in grado di cambiare l’esistenza quotidiana. Cadono le barriere e le gerarchie tra le arti, le opere diventano oggetti “polimaterici”, fatti non solo di tela e vernici, ma di materiali liquidi e solidi, di metalli, vetri e tessuti. Casa Balla, l’appartamento romano che l’artista riempì di mobili e arredi costruiti insieme alle figlie Elica e Luce, ha da poco aperto le sue porte al pubblico mostrando i frutti di queste idee. Nella casa- fucina o casa-mondo ogni oggetto è plasmato dalla creatività: dalla cucina alla stanza da bagno, dalle poltrone agli utensili e alle piastrelle, la vita di ogni giorno si veste di colori sgargianti, forme insolite, decorazioni dinamiche.
A cambiare volto non è soltanto l’intimità domestica. Nel 2017, durante i lavori di ristrutturazione di un edificio di proprietà della Banca d’Italia, sono state scoperte le decorazioni che Balla realizzò nei primissimi anni Venti per il Bal Tik Tak, il primo cabaret futurista romano. “Le pareti sembrano esse stesse ballare, le grandi linee architettoniche si compenetrano in toni di blu chiaro e profondo, sempre luminoso, come un cielo in festa”, scriveva una giornalista sulla rivista parigina Les Tablettes poco dopo l’inaugurazione del locale: “Un enorme trifoglio verde distorce un segno di quadri o uno di picche e taglia un cuore giallo, come se qualcuno stesse mischiando gigantesche carte animate. Una ballerina scompone a ventaglio i suoi movimenti e contemporaneamente ne imprime nello spazio la memoria ritmica”. In attesa che in via Milano terminino i lavori di ristrutturazione, i rossi, i gialli e i blu vibranti del maestro futurista si mostreranno in tv nel documentario Balla. Il signore della luce.
CASA BALLA, Via Oslavia, Studiolo rosso dettaglio I Foto M3Studio I Courtesy Fondazione MAXXI I © GIACOMO BALLA, by SIAE 2021
Balla e la moda: abiti futuristi e futuribili
L’abito non fa il monaco, ma fa l’artista. Il maestro dal look estroso non si smentisce: la sua creatività trabocca fuori dalla tela e travolge ogni superficie, compresa quella del corpo umano. Con l’aiuto delle figlie, Balla realizza vestiti, cravatte, panciotti, cappelli. Qui le linee veloci della sua pittura si trasformano in stravaganti arabeschi e decorazioni geometriche dai colori vivaci e dai forti contrasti. Il vestito diventa un’opera d’arte: tra linee spezzate e tagli audaci, ricrea il dinamismo di treni e aeroplani proprio come in un dipinto.
Dietro ogni capo c’è un’idea. L’abito futurista è prima di tutto antineutrale, scrive Balla nel 1914, pochi mesi dopo l’inizio della Grande Guerra, contro la noia, la malinconia e la decadenza della vecchia moda borghese. È “bellicoso e giocondo”, “urtante, volitivo, violento, volante, agilizzante, asimmetrico gioioso, illuminante, fosforescente, semplice e comodo, di breve durata, igienico”. Può essere di stoffa, ma anche di carta, vetro, stagnola, maiolica, caucciù, “di piante fresche o di animali viventi”, ma guai se restasse sempre uguale a se stesso. A questo proposito, nel Manifesto del vestito maschile (1914) l’artista teorizza l’Abito Trasformabile, da modificare a piacimento con l’applicazione di stoffe di forme e colori diversi grazie all’uso di bottoni pneumatici. “Ognuno può così inventare ad ogni momento un nuovo vestito”, scrive il pittore, e prosegue: “Il cappello futurista sarà asimmetrico e di colori aggressivi e festosi. Le scarpe futuriste saranno dinamiche, diverse l’una dall’altra, per forma e per colore”. L’abito femminile, invece, è prima di tutto un dispositivo di emancipazione: si libera dei vecchi orpelli che ostacolano i movimenti, diventa più sobrio ed essenziale, e al contempo si apre ad accessori tradizionalmente maschili come la cravatta.
CASA BALLA, Via Oslavia. Appendiabiti con abiti futuristi I Foto M3Studio I Courtesy Fondazione MAXXI I © GIACOMO BALLA, by SIAE 2021
Al di là delle allusioni interventiste e patriottiche - con l’immancabile Abito Tricolore - non possiamo fare a meno di notare i numerosi suggerimenti che Balla ha saputo offrire alla moda dei decenni a venire. Negli anni d’oro del made in Italy le sue intuizioni di sono trasformate da utopie d’avanguardia a realtà condivise da donne e uomini di tutto il mondo, andando oltre le pur rosee aspettative dell’artista. Non è un caso che molti dei suoi abiti e accessori - pregiatissimi pezzi unici - siano oggi conservati insieme a oggetti, disegni e bozzetti all’interno della Collezione Biagiotti-Cigna, dopo essere state preziose fonti di ispirazione per il marchio Laura Biagiotti. Alcuni possiamo vederli in mostra al MAXXI di Roma per il progetto Casa Balla. Dalla casa all’universo e ritorno, altri li scopriremo in Balla. Il signore della Luce, accompagnati dalla testimonianza di Lavinia Biagiotti Cigna, figlia ed erede della stilista romana alla guida di Biagiotti Group.
“Balla, il signore della luce” è una produzione Arte.it Originals realizzata con la collaborazione di Rai Cultura, regia di Franco Rado, autori Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà. Il documentario sarà trasmesso da Art Night, in onda venerdì 16 luglio alle 22.10 su Rai5.
Giacomo Balla, Compenetrazione iridescente n. 4 (Studio della luce), 1912-1913, Mart, Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Leggi anche:
• Balla, il signore della luce: il genio futurista, a 150 anni dalla nascita, sbarca su Rai5
• Casa Balla trasloca al MAXXI. E il futurismo è sempre più contemporaneo
Chi parla non è un cronista di vedute ristrette, ma un artista e poeta d’avanguardia, Francesco Cangiullo. Balla fa discutere, non ammette indifferenza. A teatro con Filippo Tommaso Marinetti in una delle memorabili serate futuriste, Cangiullo lo incontra per la prima volta e ne resta profondamente colpito. Non è solo l’immagine a fare del maestro un individuo fuori dal comune: una spiccata personalità, una creatività inesauribile ed eclettica, un intelletto originale e indipendente lo collocano sempre un passo avanti rispetto ai contemporanei e gli permettono di cambiare pelle più volte, conservando sempre la propria identità.
Lui ne è perfettamente consapevole: si definisce il “Leonardo da Vinci del XX secolo”, e pazienza se certi suoi “peccati” - in primis l’adesione al fascismo - tarderanno a essere perdonati. Considerato provinciale da qualcuno, sarà riscoperto nell’America del dopoguerra da alcuni grandi collezionisti di origine ebraica e salutato come il padre dell’astrattismo italiano. In seguito artisti lontanissimi da lui troveranno ispirazione nella sua opera e nel suo modo di intendere l’arte. Sono forzature, equivoci, tradimenti? Chissà. Certo è che i luoghi comuni del Novecento stanno stretti al pittore torinese, che ha saputo interpretare le componenti più innovative dell’avanguardia italiana in un insieme unico e originale.
In attesa di conoscerlo da vicino venerdì 16 luglio alle 22 su Rai5 nel documentario Balla. Il signore della luce di Franco Rado, Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, approfondiamo gli aspetti più rappresentativi e attuali dell’arte del maestro, che domenica prossima compirà 150 anni.
Giacomo Balla (1871 - 1958), Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912, Buffalo, Albright-Knox Art Gallery
Il futurismo secondo Balla
Capace di giocare con il violino, il pennello e le parole, in pittura Balla ha attraversato il primo Novecento spaziando dal divisionismo al realismo. Ma è soprattutto per l’energia profusa tra le file dei futuristi che gran parte del pubblico lo conosce: autentico faro dell’avanguardia italiana soprattutto dopo la morte prematura di Boccioni, Balla si accende di entusiasmo per “il mito dell’elettricità” e porta nell’arte le idee della velocità e del dinamismo. “Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente”, scrive. Rispetto agli altri futuristi ha un asso nella manica: la passione e la conoscenza della fotografia, ereditata dal padre Giovanni. Sulla tela l’influenza della quinta arte si esprime nelle bellissime inquadrature e negli esperimenti sulla luce, ma anche nella ricerche portate avanti nella resa del movimento, che si ispirano alla cronofotografia, alla fotodinamica dell’amico Anton Giulio Bragaglia e alle tecniche del cinema. Ne sono esempio capolavori come La mano del violinista, Dinamismo di un cane al guinzaglio e Ragazza che corre sul balcone, tutti del 1912: come nel cronofotografo di Marey o in un’animazione, la figura si scompone e si moltiplica, comunicando l’idea del movimento attraverso immagini dipinte in successione. In Compenetrazione iridescente n.7 l’artista si spinge oltre, cercando di portare sulla tela la luce e il movimento così come sono percepiti dall’occhio umano, attraverso sequenze decorative ispirate ai modelli di propagazione delle onde elettromagnetiche. Il “fermo immagine” in pittura per Balla è una menzogna: poiché tutto si muove, dipingere il movimento significa cogliere il principio fondamentale della vita.
Giacomo Balla, Ritmi dell'archetto o Le mani del violinista, 1912, Olio su tela, 52 x 75 cm | Courtesy Estorick Collection of Modern Italian Art, London
L'arte che reinventa il mondo
“Noi futuristi, Balla e Depero, vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente. Daremo scheletro e carne all’invisibile, all'impalpabile, all'imponderabile, all'impercettibile. Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell'universo, poi li combineremo insieme, secondo i capricci della nostra ispirazione, per formare dei complessi plastici che metteremo in moto”, si legge nel Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo firmato dall’esplosivo duo nel 1915. È una svolta: se fino ad allora il futurismo era caratterizzato soprattutto da uno slancio vitale e iconoclasta, ora l’arte diventa un’avventura totale, una forza in grado di cambiare l’esistenza quotidiana. Cadono le barriere e le gerarchie tra le arti, le opere diventano oggetti “polimaterici”, fatti non solo di tela e vernici, ma di materiali liquidi e solidi, di metalli, vetri e tessuti. Casa Balla, l’appartamento romano che l’artista riempì di mobili e arredi costruiti insieme alle figlie Elica e Luce, ha da poco aperto le sue porte al pubblico mostrando i frutti di queste idee. Nella casa- fucina o casa-mondo ogni oggetto è plasmato dalla creatività: dalla cucina alla stanza da bagno, dalle poltrone agli utensili e alle piastrelle, la vita di ogni giorno si veste di colori sgargianti, forme insolite, decorazioni dinamiche.
A cambiare volto non è soltanto l’intimità domestica. Nel 2017, durante i lavori di ristrutturazione di un edificio di proprietà della Banca d’Italia, sono state scoperte le decorazioni che Balla realizzò nei primissimi anni Venti per il Bal Tik Tak, il primo cabaret futurista romano. “Le pareti sembrano esse stesse ballare, le grandi linee architettoniche si compenetrano in toni di blu chiaro e profondo, sempre luminoso, come un cielo in festa”, scriveva una giornalista sulla rivista parigina Les Tablettes poco dopo l’inaugurazione del locale: “Un enorme trifoglio verde distorce un segno di quadri o uno di picche e taglia un cuore giallo, come se qualcuno stesse mischiando gigantesche carte animate. Una ballerina scompone a ventaglio i suoi movimenti e contemporaneamente ne imprime nello spazio la memoria ritmica”. In attesa che in via Milano terminino i lavori di ristrutturazione, i rossi, i gialli e i blu vibranti del maestro futurista si mostreranno in tv nel documentario Balla. Il signore della luce.
CASA BALLA, Via Oslavia, Studiolo rosso dettaglio I Foto M3Studio I Courtesy Fondazione MAXXI I © GIACOMO BALLA, by SIAE 2021
Balla e la moda: abiti futuristi e futuribili
L’abito non fa il monaco, ma fa l’artista. Il maestro dal look estroso non si smentisce: la sua creatività trabocca fuori dalla tela e travolge ogni superficie, compresa quella del corpo umano. Con l’aiuto delle figlie, Balla realizza vestiti, cravatte, panciotti, cappelli. Qui le linee veloci della sua pittura si trasformano in stravaganti arabeschi e decorazioni geometriche dai colori vivaci e dai forti contrasti. Il vestito diventa un’opera d’arte: tra linee spezzate e tagli audaci, ricrea il dinamismo di treni e aeroplani proprio come in un dipinto.
Dietro ogni capo c’è un’idea. L’abito futurista è prima di tutto antineutrale, scrive Balla nel 1914, pochi mesi dopo l’inizio della Grande Guerra, contro la noia, la malinconia e la decadenza della vecchia moda borghese. È “bellicoso e giocondo”, “urtante, volitivo, violento, volante, agilizzante, asimmetrico gioioso, illuminante, fosforescente, semplice e comodo, di breve durata, igienico”. Può essere di stoffa, ma anche di carta, vetro, stagnola, maiolica, caucciù, “di piante fresche o di animali viventi”, ma guai se restasse sempre uguale a se stesso. A questo proposito, nel Manifesto del vestito maschile (1914) l’artista teorizza l’Abito Trasformabile, da modificare a piacimento con l’applicazione di stoffe di forme e colori diversi grazie all’uso di bottoni pneumatici. “Ognuno può così inventare ad ogni momento un nuovo vestito”, scrive il pittore, e prosegue: “Il cappello futurista sarà asimmetrico e di colori aggressivi e festosi. Le scarpe futuriste saranno dinamiche, diverse l’una dall’altra, per forma e per colore”. L’abito femminile, invece, è prima di tutto un dispositivo di emancipazione: si libera dei vecchi orpelli che ostacolano i movimenti, diventa più sobrio ed essenziale, e al contempo si apre ad accessori tradizionalmente maschili come la cravatta.
CASA BALLA, Via Oslavia. Appendiabiti con abiti futuristi I Foto M3Studio I Courtesy Fondazione MAXXI I © GIACOMO BALLA, by SIAE 2021
Al di là delle allusioni interventiste e patriottiche - con l’immancabile Abito Tricolore - non possiamo fare a meno di notare i numerosi suggerimenti che Balla ha saputo offrire alla moda dei decenni a venire. Negli anni d’oro del made in Italy le sue intuizioni di sono trasformate da utopie d’avanguardia a realtà condivise da donne e uomini di tutto il mondo, andando oltre le pur rosee aspettative dell’artista. Non è un caso che molti dei suoi abiti e accessori - pregiatissimi pezzi unici - siano oggi conservati insieme a oggetti, disegni e bozzetti all’interno della Collezione Biagiotti-Cigna, dopo essere state preziose fonti di ispirazione per il marchio Laura Biagiotti. Alcuni possiamo vederli in mostra al MAXXI di Roma per il progetto Casa Balla. Dalla casa all’universo e ritorno, altri li scopriremo in Balla. Il signore della Luce, accompagnati dalla testimonianza di Lavinia Biagiotti Cigna, figlia ed erede della stilista romana alla guida di Biagiotti Group.
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