Fragilita' e forza
Tsiaras
12/06/2001
Philip Tsiaras è uno “straniero”, la condizione più interessante per un artista contemporaneo, ha una cultura e una nazionalità mista, è greco di origine, americano per scelta. Forse è anche nato in America, ma sicuramente è nei racconti saturi di mitologia e di epica che si è formato il suo immaginario infantile. Da sempre sceglie i simboli di un tempo senza scansioni, realizza opere che si caratterizzano per una curiosità morbosa sui linguaggi dei materiali e sulle forme che sono archetipi di una delle più antiche culture del mondo: quella del mediterraneo.
E Philip Tsiaras è uno straniero proprio nello sguardo e nel tatto, nel modo in cui guarda e vede intrecciarsi e mescolarsi mito e cultura, leggende e fatti di cronaca, il proprio corpo e l’erotismo che circonda la bellezza, e nel modo in cui tocca la materia... le materie, con un senso della scoperta e della voglia infantile e onnipotente di impossessarsi dei suoi segreti, di renderla e plasmarla per costruire dei sogni, che divengono le opere di cui circonda la sua stessa esistenza.
Bronzo, pittura, ceramica, disegno, ferro, ed ora la fragilità e la forza del vetro. Il vetro sembra essere il suo materiale per elezione, si parte da un soffio e da un pugno di sabbia e dal fuoco. I materiali della vita, dell’origine, di quella mitologia che da sempre respira e immette nelle dimensioni di un lavoro denso di orizzonti e di enigmi. Philip Tsiaras crea opere come contenitori di segreti, di enigmi, di sogni, di ambiti di sensibilità e di poesia, altro esercizio di spirito in cui si misura.
Pistole di vetro, scarpe di vetro, contenitori di vetro, la leggerezza del desiderio di costruire dei mondi di poesia insieme alla pesantezza di un pensiero profondo, antico e moderno, la stessa fragilità di un mito che perde i suoi riferimenti nel reale per divenire un universo lontano, il sogno che altri hanno sognato e che noi non abbiamo più la capacità di sognare.
Nelle sue forme c'è una costante dualità tra interiore ed esteriore, tra piacere e dolore: alcuni lavori sembrano indicare il potere della mente e delle emozioni sul corpo: i mondi da lui rappresentati appartengono in realtà ai luoghi di un immaginario che coniuga insieme memoria e contemporaneità, tecnologie ed elementi primordiali.
E la memoria privata a cui quelle immagini attingono diviene una memoria condivisibile: la memoria dell’artista diviene anche quella dell’osservatore e si collega, per la sola forza evocativa delle forme e dei colori, al grande vaso della memoria antica del mondo che ciascuno di noi porta nell'anima.
Philip Tsiaras crea una forma di comunicazione emozionante che indica uno dei modi per riappropriarsi del proprio sistema sensoriale: ricominciare a usare gli occhi, le mani, il gusto, il tatto, l'udito non come macchine sensoriali passive ma come protagonisti senzienti dei nostri sensi, sembra operare in questa mostra la scelta poetica del silenzio, tipico delle grandi emozioni, un messaggio silenzioso e pacifico, di dono, di contatto, di una visibilità aliena e imprevedibile: un messaggio sentimentale, oggetti che hanno scelto di mostrarsi celando l'anima del loro segreto.
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