Su ItsART il documentario FORMIDABILE BOCCIONI
Ester Coen racconta Boccioni, il pittore che sfidò i cubisti a colpi di luce e dinamismo
Umberto Boccioni, Stati d'animo: Gli addii, 1912. Museum of Modern Art, New York
Eleonora Zamparutti e Samantha De Martin
03/11/2022
Della chiassosa brigata di artisti italiani a Parigi, desiderosi di sganciarsi dalla tradizione per rinnovare la cultura italiana di quel momento, Umberto Boccioni, stravagante con i suoi pantaloni dalla piega perfetta e i calzini di colori diversi, fu certamente il più vivace e irruento.
Marinetti fu la sua scintilla, riuscendo ad accendere in lui quello spirito vitale che definiva la sua personalità, quel desiderio di rompere e di trovare nuovi modi per creare un linguaggio moderno, contemporaneo.
Quando, nel 1912, Boccioni e i colleghi futuristi esposero alla Galleria Bernheim Jeune di Parigi, imbracciati i pennelli, si trovarono a sfidare, fino all’ultimo colpo di colore, i colleghi francesi, in primo luogo i cubisti, a casa loro. Questa sfida fu un realtà un reciproco scambio. Lo spiega bene la storica dell’arte Ester Coen, il cui contributo è uno dei preziosi interventi che arricchiscono il documentariodal titolo FORMIDABILE BOCCIONI disponibile in esclusiva su ITsART.
Scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura, il documentario ripercorre, a 140 anni dalla nascita, la vita e le opere dell’artista inquieto, primo attore del Futurismo, che dedicò la sua carriera a inventare un nuovo linguaggio contemporaneo per esprimere la modernità in pittura e in scultura.
Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.it
“Quando i futuristi, nel febbraio del 1912, espongono alla Galleria di Bernheim Jeune - racconta Ester Coen - la loro carica violenta è fortissima, perché devono contrapporsi a un sistema dell'arte che è già ben definito, e cioè a quella pittura francese che, dall’impressionismo in poi attraverso Cézanne, era arrivata a quelle conseguenze di diversificazione pittorica. La violenza, anche fisica, con la quale i futuristi irrompono sulla scena parigina è sicuramente un modo per creare un interesse”.
Che cos’è che diversifica il futurismo dal cubismo?
“Certamente l'ideale futurista, e cioè il voler rappresentare l'essenza del movimento, il dinamismo, la velocità mostrata in una dimensione statica, riuscire a oltrepassare quella statica visione del dipinto”.
In che modo si contrappongono i futuristi ai cubisti?
“Secondo Boccioni e i futuristi la visione cubista è una visione ferma, statica, dove l'oggetto viene analizzato in tutte le sue proporzioni secondo una visione tridimensionale. L'oggetto viene frammentato e ricomposto all'interno della superficie, ma è sempre una visione legata a un oggetto fermo che appartiene a una realtà fisica. Quello che i futuristi, e in particolare Boccioni, cercano di rappresentare attraverso una luminosità diversa, attraverso quindi una frammentazione della luce e non attraverso la frammentazione volumetrica dell'oggetto, è invece questo senso di energia, questa carica dinamica, questa carica vitale che deve espandersi proprio dal soggetto e occupare tutta la realtà dell'ambiente circostante”.
Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che partono, 1912. Museum of Modern Art, New York
Quando Boccioni va a Parigi incontra Picasso (pare frequentasse il suo studio). Che idea aveva di lui?
“Boccioni a Parigi incontra Picasso, ma incontra anche tutti i personaggi della scena artistica parigina. Picasso, insieme a Braque, è una figura direi quasi mitica. Insieme rappresentano quella forza iniziale di rottura di uno schema che ancora appartiene al passato. Boccioni riconosce a Picasso la volontà di rompere con il passato, riconosce la grandezza di questo artista e la grandezza della prima fase cubista alla quale Picasso e Braque sono legati”.
E invece che cos’è che Boccioni rimprovera alla pittura cubista?
“Il fatto di non andare oltre la realtà oggettiva del mondo reale. Boccioni accusa i cubisti di ricreare un mondo parallelo, ma che non è in realtà molto diverso da quello reale. Rimprovera di non andare oltre l’oggetto, di non creare una visione astratta della realtà. I futuristi invece insistono sull’aspetto delle linee dinamiche di forza, che distruggono la visione esteriore dell’oggetto e della figura umana. La ricerca di universalità da parte di Boccioni e dei futuristi è legata senza dubbio anche alle nuove ricerche scientifiche dell’epoca, si pensi per esempio a Bergson, alla teoria della relatività di Einstein, alla scoperta dei primi studi sull'atomo, agli studi sui raggi X”.
Quindi Boccioni non butta proprio tutto della pittura cubista. Qualche elemento lo fa suo…
“Apollinaire, nel primo articolo che scrive dopo l'incontro con Boccioni, racconta di avere incontrato questo artista che sta dipingendo il tema delle stazioni…Sarà la prima fase degli Stati d'animo, quella sorta di trittico che Boccioni dipinge tra il 1910 e il 1911 e del quale conosciamo due versioni, una prima direi quasi espressionista dove è la pennellata che guida il senso di direzonalità delle linee. Invece nella versione più nota, oggi al Museum of Modern Art di New York, c'è stato uno sguardo al cubismo dal quale Boccioni fa derivare alcuni elementi, ma comincia già a definire le sue idee sul futurismo. Qui si vede che, sia dal punto di vista formale che stilistico, Boccioni apprende alcuni elementi dalla pittura cubista, ma allo stesso tempo comincia già a definire in modo molto chiaro quelle che sono le sue idee sul futurismo”.
Umberto Boccioni, Stati d'animo - Gli addii, 1911, Olio su tela, 71 × 96 cm | Foto: Carrà | Courtesy of Museo del Novecento, Milano
Nella seconda versione di Stati d’animo Boccioni riesce invece a definire la sua idea...
“La seconda versione degli Stati d’animo è quella più complessa e completa nella quale Boccioni riesce a definire la sua idea. Nel primo dipinto, che è quello legato alla partenza, vediamo linee molto confuse che vanno in tutti i sensi. Questo senso di circolarità di linee di forze raduna all'interno della stazione personaggi che si abbracciano. Al centro notiamo la locomotiva con i numeri, ci sono colori molto vivi, rossi brillantissimi, verdi, azzurri. Enfatizzano la confusione del momento in cui le persone si separano sui binari della stazione. Nel secondo dipinto, Quelli che vanno, le persone si trovano già sul treno e quindi a prevalere è questo senso legato al linearismo della prospettiva che Boccioni vuole dare, una partenza in diagonale con i volti tagliati dalla velocità del movimento del treno, e con l'azzurro a definire il senso della malinconia di questa partenza. Il terzo dipinto, Quelli che restano, raffigura le persone sul binario, ormai distaccate da chi è già andato. Le linee verticali rendono bene questa idea di chi è ancora lì sul binario. E il verde crea questo stato d’animo di abbandono”.
Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che restano, 1912. Museum of Modern Art, New York
Boccioni o Picasso ? Chi ha vinto la sfida nel Novecento?
“Tutti e due, ma in maniera molto diversa e straordinaria. Se Picasso cerca di uscire dalla realtà per creare una dimensione diversa, per dare una carica oggettiva e per uno studio fenomenologico della della realtà, Boccioni, pur essendo forse più indietro dal punto di vista pittorico-stilistico, è quello che ha una maggiore carica vitale. Quella dimensione teorica che appartiene al futurismo, quella ricerca di un’estasi del moderno, come la definiscono i futuristi, forse è più moderna rispetto a quella di Picasso”.
E Parigi? Era pronta ad accogliere i futuristi?
“Parigi era più che pronta ad accogliere i futuristi anche se si pone in una posizione più difensiva nei loro confronti. La città brulicava di ricerche di tutti i generi intorno al cubismo. Mondrian, Diego Rivera erano tutti lì a cercare di trovare attraverso il cubismo forme nuove di espressione. I futuristi arrivano a Parigi con tutte le armi possibili per cercare di scalfire quel confine che avevano posto i cubisti e tutto l’ambiente parigino. Ed è proprio questo un motivo centrale per i futuristi per affilare le armi e accrescere la loro violenza, quell’irruenza che mettono in scena anche in Italia nei teatri, per fare presa sul pubblico”.
Paris, Montmartre, Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.it
Parigi (e in qualche modo Picasso) furono quindi una scintilla nell’arte di Boccioni. Perché nel 1912 proprio dopo il viaggio a Parigi a Boccioni viene in mente di dedicarsi alla scultura?
“Il manifesto della scultura futurista viene scritto di getto dopo un viaggio a Parigi. Boccioni visita numerosi studi e conosce anche tutta la scultura che viene realizzata in quegli anni, come ad esempio quella di Brancusi o dello stesso Picasso. Era quindi consapevole che le ricerche pittoriche si stavano dirigendo anche verso ricerche plastiche diverse. Questo lo stimola verso la ricerca e l'applicazione di quelle che sono le teorie della velocità, l’idea di rappresentare il dinamismo anche attraverso la scultura”.
Per esempio qual è un’opera nella quale compaiono elementi che poi Boccioni trasporterà nella scultura?
Materia è un dipinto che - rispetto per esempio a Rissa in galleria o Idolo moderno - ha una costruzione più volumetrica, più plastica. La figura della grande madre è chiaramente ispirata alla figura della madre di Boccioni, figura mitizzata, ideale, molto verticale. La forza che viene impressa nel dipinto è proprio nell'incrocio delle diagonali, nelle mani nodose che sprigionano forza. All'interno di questo quadro troviamo elementi che poi Boccioni trasporterà nella scultura, elementi che fanno parte di una realtà esteriore rispetto alla figura umana, come la balconata, il cavallo che corre in lontananza. Questi elementi verranno trasportati nella scultura tentando di creare un insieme plastico polimeterico che dia l’idea di una sintesi tra la figura e il suo ambiente”.
Umberto Boccioni, Materia, 1912. Olio su tela, 226 x 150 cm. Collezione Gianni Mattioli, Museo del Novecento, Milano
Che fine hanno fatto le sculture di Boccioni dopo la sua morte?
“È grande mistero. Ci sono in realtà varie versioni. C’è chi afferma che dopo la mostra del 1916 organizzata da Marinetti a Palazzo Cova queste sculture siano state lasciate in un deposito e che quindi siano andate distrutte per le intemperie. C’è invece chi dice che queste sculture siano state affidate allo scultore Pietro da Verona il quale, in un atto di furore, probabilmente quasi a voler nullificare l'opera di Boccioni, le avrebbe distrutte. Marco Bisi - il nipote che era stato adottato dalla sorella di Boccioni - avrebbe recuperato una delle sculture, Bottiglia nello spazio”.
Perchè a suo avviso Boccioni è più famoso come scultore che come pittore sebbene le sue sculture siano andate distrutte?
Forme uniche della continuità nello spazio è una scultura che propone una dimensione diversa rispetto alla scultura tradizionale. Mentre gli artisti cubisti cercano di ricreare quella particolarità dell'assemblaggio della scultura e della pittura cubista, Boccioni ricerca quell'attenzione dinamica delle masse attraverso l'impulso dinamico. Cerca di sciogliersi dalla dimensione fisica, ma, allo stesso tempo, cerca un aggancio con la realtà esteriore. E questa è una novità straordinaria sia dal punto di vista stilistico che estetico”.
Cosa rimane oggi di Boccioni?
“Rimane la sua straordinaria vitalità, l'idea di una costruzione architettonica delle masse che ritroviamo per esempio anche nell'architettura contemporanea, basti pensare a Frank Gehry, l'idea di andare oltre la realtà fisica. C’è questo sondare lo spazio, quello sfondare la realtà della tela che ritroviamo nell'opera di Fontana. C'è la dimensione di un aleatorietà della pittura che ritroviamo nelle ricerche degli artisti contemporanei come Olafur Eliasson. Quello lasciato da Boccioni è un segno straordinario, di una ricerca che va al di là dei fenomeni fisici della realtà pur partendo da quegli elementi”.
Leggi anche:
• In viaggio con Boccioni, I capolavori da ammirare nel mondo
• La Collezione Mattioli al Museo del Novecento: il racconto dei protagonisti
• Le opere di Boccioni da vedere in Italia
Marinetti fu la sua scintilla, riuscendo ad accendere in lui quello spirito vitale che definiva la sua personalità, quel desiderio di rompere e di trovare nuovi modi per creare un linguaggio moderno, contemporaneo.
Quando, nel 1912, Boccioni e i colleghi futuristi esposero alla Galleria Bernheim Jeune di Parigi, imbracciati i pennelli, si trovarono a sfidare, fino all’ultimo colpo di colore, i colleghi francesi, in primo luogo i cubisti, a casa loro. Questa sfida fu un realtà un reciproco scambio. Lo spiega bene la storica dell’arte Ester Coen, il cui contributo è uno dei preziosi interventi che arricchiscono il documentariodal titolo FORMIDABILE BOCCIONI disponibile in esclusiva su ITsART.
Scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà con la regia di Franco Rado, prodotto da ARTE.it Originals in collaborazione con ITsART e Rai Cultura, il documentario ripercorre, a 140 anni dalla nascita, la vita e le opere dell’artista inquieto, primo attore del Futurismo, che dedicò la sua carriera a inventare un nuovo linguaggio contemporaneo per esprimere la modernità in pittura e in scultura.
Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.it
“Quando i futuristi, nel febbraio del 1912, espongono alla Galleria di Bernheim Jeune - racconta Ester Coen - la loro carica violenta è fortissima, perché devono contrapporsi a un sistema dell'arte che è già ben definito, e cioè a quella pittura francese che, dall’impressionismo in poi attraverso Cézanne, era arrivata a quelle conseguenze di diversificazione pittorica. La violenza, anche fisica, con la quale i futuristi irrompono sulla scena parigina è sicuramente un modo per creare un interesse”.
Che cos’è che diversifica il futurismo dal cubismo?
“Certamente l'ideale futurista, e cioè il voler rappresentare l'essenza del movimento, il dinamismo, la velocità mostrata in una dimensione statica, riuscire a oltrepassare quella statica visione del dipinto”.
In che modo si contrappongono i futuristi ai cubisti?
“Secondo Boccioni e i futuristi la visione cubista è una visione ferma, statica, dove l'oggetto viene analizzato in tutte le sue proporzioni secondo una visione tridimensionale. L'oggetto viene frammentato e ricomposto all'interno della superficie, ma è sempre una visione legata a un oggetto fermo che appartiene a una realtà fisica. Quello che i futuristi, e in particolare Boccioni, cercano di rappresentare attraverso una luminosità diversa, attraverso quindi una frammentazione della luce e non attraverso la frammentazione volumetrica dell'oggetto, è invece questo senso di energia, questa carica dinamica, questa carica vitale che deve espandersi proprio dal soggetto e occupare tutta la realtà dell'ambiente circostante”.
Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che partono, 1912. Museum of Modern Art, New York
Quando Boccioni va a Parigi incontra Picasso (pare frequentasse il suo studio). Che idea aveva di lui?
“Boccioni a Parigi incontra Picasso, ma incontra anche tutti i personaggi della scena artistica parigina. Picasso, insieme a Braque, è una figura direi quasi mitica. Insieme rappresentano quella forza iniziale di rottura di uno schema che ancora appartiene al passato. Boccioni riconosce a Picasso la volontà di rompere con il passato, riconosce la grandezza di questo artista e la grandezza della prima fase cubista alla quale Picasso e Braque sono legati”.
E invece che cos’è che Boccioni rimprovera alla pittura cubista?
“Il fatto di non andare oltre la realtà oggettiva del mondo reale. Boccioni accusa i cubisti di ricreare un mondo parallelo, ma che non è in realtà molto diverso da quello reale. Rimprovera di non andare oltre l’oggetto, di non creare una visione astratta della realtà. I futuristi invece insistono sull’aspetto delle linee dinamiche di forza, che distruggono la visione esteriore dell’oggetto e della figura umana. La ricerca di universalità da parte di Boccioni e dei futuristi è legata senza dubbio anche alle nuove ricerche scientifiche dell’epoca, si pensi per esempio a Bergson, alla teoria della relatività di Einstein, alla scoperta dei primi studi sull'atomo, agli studi sui raggi X”.
Quindi Boccioni non butta proprio tutto della pittura cubista. Qualche elemento lo fa suo…
“Apollinaire, nel primo articolo che scrive dopo l'incontro con Boccioni, racconta di avere incontrato questo artista che sta dipingendo il tema delle stazioni…Sarà la prima fase degli Stati d'animo, quella sorta di trittico che Boccioni dipinge tra il 1910 e il 1911 e del quale conosciamo due versioni, una prima direi quasi espressionista dove è la pennellata che guida il senso di direzonalità delle linee. Invece nella versione più nota, oggi al Museum of Modern Art di New York, c'è stato uno sguardo al cubismo dal quale Boccioni fa derivare alcuni elementi, ma comincia già a definire le sue idee sul futurismo. Qui si vede che, sia dal punto di vista formale che stilistico, Boccioni apprende alcuni elementi dalla pittura cubista, ma allo stesso tempo comincia già a definire in modo molto chiaro quelle che sono le sue idee sul futurismo”.
Umberto Boccioni, Stati d'animo - Gli addii, 1911, Olio su tela, 71 × 96 cm | Foto: Carrà | Courtesy of Museo del Novecento, Milano
Nella seconda versione di Stati d’animo Boccioni riesce invece a definire la sua idea...
“La seconda versione degli Stati d’animo è quella più complessa e completa nella quale Boccioni riesce a definire la sua idea. Nel primo dipinto, che è quello legato alla partenza, vediamo linee molto confuse che vanno in tutti i sensi. Questo senso di circolarità di linee di forze raduna all'interno della stazione personaggi che si abbracciano. Al centro notiamo la locomotiva con i numeri, ci sono colori molto vivi, rossi brillantissimi, verdi, azzurri. Enfatizzano la confusione del momento in cui le persone si separano sui binari della stazione. Nel secondo dipinto, Quelli che vanno, le persone si trovano già sul treno e quindi a prevalere è questo senso legato al linearismo della prospettiva che Boccioni vuole dare, una partenza in diagonale con i volti tagliati dalla velocità del movimento del treno, e con l'azzurro a definire il senso della malinconia di questa partenza. Il terzo dipinto, Quelli che restano, raffigura le persone sul binario, ormai distaccate da chi è già andato. Le linee verticali rendono bene questa idea di chi è ancora lì sul binario. E il verde crea questo stato d’animo di abbandono”.
Umberto Boccioni, Stati d'animo: Quelli che restano, 1912. Museum of Modern Art, New York
Boccioni o Picasso ? Chi ha vinto la sfida nel Novecento?
“Tutti e due, ma in maniera molto diversa e straordinaria. Se Picasso cerca di uscire dalla realtà per creare una dimensione diversa, per dare una carica oggettiva e per uno studio fenomenologico della della realtà, Boccioni, pur essendo forse più indietro dal punto di vista pittorico-stilistico, è quello che ha una maggiore carica vitale. Quella dimensione teorica che appartiene al futurismo, quella ricerca di un’estasi del moderno, come la definiscono i futuristi, forse è più moderna rispetto a quella di Picasso”.
E Parigi? Era pronta ad accogliere i futuristi?
“Parigi era più che pronta ad accogliere i futuristi anche se si pone in una posizione più difensiva nei loro confronti. La città brulicava di ricerche di tutti i generi intorno al cubismo. Mondrian, Diego Rivera erano tutti lì a cercare di trovare attraverso il cubismo forme nuove di espressione. I futuristi arrivano a Parigi con tutte le armi possibili per cercare di scalfire quel confine che avevano posto i cubisti e tutto l’ambiente parigino. Ed è proprio questo un motivo centrale per i futuristi per affilare le armi e accrescere la loro violenza, quell’irruenza che mettono in scena anche in Italia nei teatri, per fare presa sul pubblico”.
Paris, Montmartre, Frame da Formidabile Boccioni | © ARTE.it
Parigi (e in qualche modo Picasso) furono quindi una scintilla nell’arte di Boccioni. Perché nel 1912 proprio dopo il viaggio a Parigi a Boccioni viene in mente di dedicarsi alla scultura?
“Il manifesto della scultura futurista viene scritto di getto dopo un viaggio a Parigi. Boccioni visita numerosi studi e conosce anche tutta la scultura che viene realizzata in quegli anni, come ad esempio quella di Brancusi o dello stesso Picasso. Era quindi consapevole che le ricerche pittoriche si stavano dirigendo anche verso ricerche plastiche diverse. Questo lo stimola verso la ricerca e l'applicazione di quelle che sono le teorie della velocità, l’idea di rappresentare il dinamismo anche attraverso la scultura”.
Per esempio qual è un’opera nella quale compaiono elementi che poi Boccioni trasporterà nella scultura?
Materia è un dipinto che - rispetto per esempio a Rissa in galleria o Idolo moderno - ha una costruzione più volumetrica, più plastica. La figura della grande madre è chiaramente ispirata alla figura della madre di Boccioni, figura mitizzata, ideale, molto verticale. La forza che viene impressa nel dipinto è proprio nell'incrocio delle diagonali, nelle mani nodose che sprigionano forza. All'interno di questo quadro troviamo elementi che poi Boccioni trasporterà nella scultura, elementi che fanno parte di una realtà esteriore rispetto alla figura umana, come la balconata, il cavallo che corre in lontananza. Questi elementi verranno trasportati nella scultura tentando di creare un insieme plastico polimeterico che dia l’idea di una sintesi tra la figura e il suo ambiente”.
Umberto Boccioni, Materia, 1912. Olio su tela, 226 x 150 cm. Collezione Gianni Mattioli, Museo del Novecento, Milano
Che fine hanno fatto le sculture di Boccioni dopo la sua morte?
“È grande mistero. Ci sono in realtà varie versioni. C’è chi afferma che dopo la mostra del 1916 organizzata da Marinetti a Palazzo Cova queste sculture siano state lasciate in un deposito e che quindi siano andate distrutte per le intemperie. C’è invece chi dice che queste sculture siano state affidate allo scultore Pietro da Verona il quale, in un atto di furore, probabilmente quasi a voler nullificare l'opera di Boccioni, le avrebbe distrutte. Marco Bisi - il nipote che era stato adottato dalla sorella di Boccioni - avrebbe recuperato una delle sculture, Bottiglia nello spazio”.
Perchè a suo avviso Boccioni è più famoso come scultore che come pittore sebbene le sue sculture siano andate distrutte?
Forme uniche della continuità nello spazio è una scultura che propone una dimensione diversa rispetto alla scultura tradizionale. Mentre gli artisti cubisti cercano di ricreare quella particolarità dell'assemblaggio della scultura e della pittura cubista, Boccioni ricerca quell'attenzione dinamica delle masse attraverso l'impulso dinamico. Cerca di sciogliersi dalla dimensione fisica, ma, allo stesso tempo, cerca un aggancio con la realtà esteriore. E questa è una novità straordinaria sia dal punto di vista stilistico che estetico”.
Cosa rimane oggi di Boccioni?
“Rimane la sua straordinaria vitalità, l'idea di una costruzione architettonica delle masse che ritroviamo per esempio anche nell'architettura contemporanea, basti pensare a Frank Gehry, l'idea di andare oltre la realtà fisica. C’è questo sondare lo spazio, quello sfondare la realtà della tela che ritroviamo nell'opera di Fontana. C'è la dimensione di un aleatorietà della pittura che ritroviamo nelle ricerche degli artisti contemporanei come Olafur Eliasson. Quello lasciato da Boccioni è un segno straordinario, di una ricerca che va al di là dei fenomeni fisici della realtà pur partendo da quegli elementi”.
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