L'intervento dell'Opificio delle Pietre Dure sull'affresco staccato degli Uffizi
Ecco il "nuovo" Dante di Andrea del Castagno, "ringiovanito" dopo il restauro
Andrea del Castagno, Dante (Dopo il restauro), affresco staccato, 1447-49 | Courtesy Gallerie degli Uffizi
Samantha De Martin
18/03/2021
Chissà quale allegorica lettura darebbe oggi Messer Durante al suo volto completamente ringiovanito, a distanza di 700 anni, non dalle prodezze estetiche del bisturi, ma delle mani esperte dei restauratori fiorentini.
Forse persino lui avrebbe ceduto alle tentazioni della vanità al cospetto di questo rinnovato standing, in vista delle sue celebrazioni, di una sorta di lifting d’autore che ha restituito luce al suo volto, animandolo di una freschezza quasi giovanile, finora del tutto inedita.
Vestimenti sobri - “onestissimi e convenienti alla maturità” li definiva Boccaccio - la lunga veste rosso bruna, berretta bianca aderente al capo. Non poteva esserci mise migliore per presentarsi alle celebrazioni del suo 700esimo genetliaco.
Ed eccolo il divino poeta nell’affresco, conservato agli Uffizi, realizzato da Andrea del Castagno - che ci restituisce uno dei più noti ritratti dell’Alighieri nella storia dell'arte - da oggi più luminoso grazie al restauro condotto dall’Opificio delle Pietre Dure, che ci consegna un’immagine del poeta “ringiovanito”.
Un Dante “nuovo”
Forse ad affascinare di più di questo restauro è il fatto che abbia restituito un Dante nuovo, dall’espressione diversa rispetto a quella tramandata dalla tradizione boccaccesca, che lo voleva “sempre malinconico e pensoso, nelle spalle alquanto curvo, i capelli e la barba crespi e neri, le mascelle grandi, il volto lungo e il naso aquilino”. Liberato dal progressivo deposito di sedimenti sulla superficie pittorica e dai ritocchi che ne avevano scurito ed appesantito, nel tempo, il cromatismo, rendendo l'opera più simile a un "dipinto a olio", il volto del poeta, all’apparenza invecchiato dall’offuscamento di colori, ha così perso l’originario aspetto cupo e accigliato, recuperando la sua espressione pacata.
Il restauro
Il restauro è stato condotto dalle specialiste dell’Opificio, partendo da un’approfondita ricerca sull’affresco e da un’analisi scientifica della tecnica esecutiva e dello stato di conservazione mediante tecniche di diagnostica non invasiva. Riprese fotografiche nelle varie lunghezze d'onda dello spettro elettromagnetico, indagini ottiche a scansione con strumentazione Multi-VIS-NIR, indagini micro-invasive per la diagnostica dei materiali e la caratterizzazione delle casistiche conservative le tecniche impiegate per l’intervento.
Il restauro, durato circa sei mesi, è stato reso possibile grazie alla passione per Dante e alla generosità della Signora Linda Balent dei Friends of the Uffizi Galleries. Sotto la supervisione della direttrice del settore pitture murali dell’Opificio Cecilia Frosinini, è stato eseguito dalle restauratrici Sara Penoni e Cristiana Todaro.
Dante all'Opificio delle Pietre Dure | Courtesy Gallerie degli Uffizi
Dagli Uffizi a Forlì: il ritratto di Dante special guest della mostra “La visione dell’arte”
Tra qualche settimana, il ritratto di Andrea del Castagno sarà messo in una cassa, appositamente costruita, per raggiungere Forlì, dove rappresenterà uno dei masterpiece della grande mostra Dante – La visione dell’arte, organizzata a Forlì dalla Fondazione Cassa dei Risparmi della città romagnola insieme alle Gallerie degli Uffizi, nell’ambito delle celebrazioni per il Settecentenario della morte del poeta.
Al termine della trasferta forlivese, l’affresco continuerà a girare l’Italia raggiungendo Castagno d’Andrea, nel comune fiorentino di San Godenzo, paese natale dello stesso pittore. Un luogo dantesco per eccellenza, dove l’Alighieri, esiliato da Firenze, decise di accettare il provvedimento dei fiorentini contro di lui e di non tornare nella sua città, lasciando così per sempre le terre della sua Toscana.
Da dove proviene l’affresco di Andrea del Castagno?
Tra il 1447 e il 1449 il pittore Andrea del Castagno (tra i protagonisti indiscussi della pittura fiorentina della metà del Quattrocento, dallo stile quasi espressionista nelle fisionomie dei personaggi e nelle loro pose scattanti) fu incaricato da Filippo Carducci Pandolfini di realizzare un ciclo di affreschi raffiguranti nove Uomini e Donne illustri. Ad accogliere questo ciclo sarebbe stata una villa suburbana nei pressi di Legnaia, oggi nell'immediata periferia di Firenze.
Villa Carducci Pandolfini a Legnaia | Foto: © Sailko tramite Wikimedia Commons
Cosa sta facendo Dante?
Tra le illustri personalità rappresentate nel ciclo di Andrea del Castagno spiccavano tre condottieri (Pippo Spano, Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaioli), tre donne sapienti (la Regina Ester, la Regina Tomir e la Sibilla Cumana) e la triade dei poeti, Petrarca, Boccaccio e appunto Dante.
Rappresentato in abiti sobri, con una mano protesa oltre la nicchia, il piede che sembra voler uscire dall’affresco occupando lo spazio dello spettatore - a marcare distanza tra la natura umana degli illustri personaggi e quella divina dei progenitori - Dante è rappresentato nell’atto di dialogare con gli altri due colleghi, Petrarca e Boccaccio.
Per realizzare al meglio la sua impresa, l’artista aveva costruito uno spazio fortemente illusionistico, inserendo le figure in un'architettura dipinta, all’interno di nicchie rettangolari classicheggianti, rivestite di porfido e marmi. A scandire le nicchie erano paraste corinzie che sostenevano una trabeazione sormontata da un attico con putti, stemmi e ghirlande. A ornare il tutto vi erano da cardi stilizzati, in riferimento al nome Carducci.
Un affresco dimenticato
Tuttavia, dopo aver dilettato per oltre un secolo gli occhi dei prestigiosi ospiti della Villa, forse a causa di un cambio di destinazione d’uso degli ambienti, e in epoca non precisata, gli affreschi furono coperti da imbiancature. Se ne perse a lungo memoria fino alla riscoperta, intorno al 1847. Tre anni dopo le pitture sarebbero state staccate dal supporto murario con un intervento di strappo eseguito dall' ‘estrattista’ emiliano Giovanni Rizzoli e destinate alla vendita.
Se non fosse stato per l’acquisto, eseguito dagli Uffizi nel 1852 come atto di tutela, questo capolavoro sarebbe finito nel mercato dell’arte e oggi ne avremmo perso traccia.
“Dante, poeta universale”
“Si tratta dell’immagine forse più famosa di Dante, un’icona che si lega alla cultura e allo spirito italiani - commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, a proposito dell’opera -. Ancora più significativo è il fatto che il restauro sia stato finanziato da Linda Balent, dei Friends of the UffiziGalleries, il ramo americano degli Amici degli Uffizi. Perché Dante è infatti anche un poeta universale, e la sua opera è attuale, ovunque nel mondo. La mostra che gli Uffizi hanno organizzato a Forlì assieme alla Fondazione Cassa dei Risparmi, mettendo insieme le forze, sottolinea come Dante non sia solo il poeta di Firenze o Ravenna, ma dell’Italia intera”.
Dante all'Opificio delle Pietre Dure | Courtesy Gallerie degli Uffizi
Forse persino lui avrebbe ceduto alle tentazioni della vanità al cospetto di questo rinnovato standing, in vista delle sue celebrazioni, di una sorta di lifting d’autore che ha restituito luce al suo volto, animandolo di una freschezza quasi giovanile, finora del tutto inedita.
Vestimenti sobri - “onestissimi e convenienti alla maturità” li definiva Boccaccio - la lunga veste rosso bruna, berretta bianca aderente al capo. Non poteva esserci mise migliore per presentarsi alle celebrazioni del suo 700esimo genetliaco.
Ed eccolo il divino poeta nell’affresco, conservato agli Uffizi, realizzato da Andrea del Castagno - che ci restituisce uno dei più noti ritratti dell’Alighieri nella storia dell'arte - da oggi più luminoso grazie al restauro condotto dall’Opificio delle Pietre Dure, che ci consegna un’immagine del poeta “ringiovanito”.
Un Dante “nuovo”
Forse ad affascinare di più di questo restauro è il fatto che abbia restituito un Dante nuovo, dall’espressione diversa rispetto a quella tramandata dalla tradizione boccaccesca, che lo voleva “sempre malinconico e pensoso, nelle spalle alquanto curvo, i capelli e la barba crespi e neri, le mascelle grandi, il volto lungo e il naso aquilino”. Liberato dal progressivo deposito di sedimenti sulla superficie pittorica e dai ritocchi che ne avevano scurito ed appesantito, nel tempo, il cromatismo, rendendo l'opera più simile a un "dipinto a olio", il volto del poeta, all’apparenza invecchiato dall’offuscamento di colori, ha così perso l’originario aspetto cupo e accigliato, recuperando la sua espressione pacata.
Il restauro
Il restauro è stato condotto dalle specialiste dell’Opificio, partendo da un’approfondita ricerca sull’affresco e da un’analisi scientifica della tecnica esecutiva e dello stato di conservazione mediante tecniche di diagnostica non invasiva. Riprese fotografiche nelle varie lunghezze d'onda dello spettro elettromagnetico, indagini ottiche a scansione con strumentazione Multi-VIS-NIR, indagini micro-invasive per la diagnostica dei materiali e la caratterizzazione delle casistiche conservative le tecniche impiegate per l’intervento.
Il restauro, durato circa sei mesi, è stato reso possibile grazie alla passione per Dante e alla generosità della Signora Linda Balent dei Friends of the Uffizi Galleries. Sotto la supervisione della direttrice del settore pitture murali dell’Opificio Cecilia Frosinini, è stato eseguito dalle restauratrici Sara Penoni e Cristiana Todaro.
Dante all'Opificio delle Pietre Dure | Courtesy Gallerie degli Uffizi
Dagli Uffizi a Forlì: il ritratto di Dante special guest della mostra “La visione dell’arte”
Tra qualche settimana, il ritratto di Andrea del Castagno sarà messo in una cassa, appositamente costruita, per raggiungere Forlì, dove rappresenterà uno dei masterpiece della grande mostra Dante – La visione dell’arte, organizzata a Forlì dalla Fondazione Cassa dei Risparmi della città romagnola insieme alle Gallerie degli Uffizi, nell’ambito delle celebrazioni per il Settecentenario della morte del poeta.
Al termine della trasferta forlivese, l’affresco continuerà a girare l’Italia raggiungendo Castagno d’Andrea, nel comune fiorentino di San Godenzo, paese natale dello stesso pittore. Un luogo dantesco per eccellenza, dove l’Alighieri, esiliato da Firenze, decise di accettare il provvedimento dei fiorentini contro di lui e di non tornare nella sua città, lasciando così per sempre le terre della sua Toscana.
Da dove proviene l’affresco di Andrea del Castagno?
Tra il 1447 e il 1449 il pittore Andrea del Castagno (tra i protagonisti indiscussi della pittura fiorentina della metà del Quattrocento, dallo stile quasi espressionista nelle fisionomie dei personaggi e nelle loro pose scattanti) fu incaricato da Filippo Carducci Pandolfini di realizzare un ciclo di affreschi raffiguranti nove Uomini e Donne illustri. Ad accogliere questo ciclo sarebbe stata una villa suburbana nei pressi di Legnaia, oggi nell'immediata periferia di Firenze.
Villa Carducci Pandolfini a Legnaia | Foto: © Sailko tramite Wikimedia Commons
Cosa sta facendo Dante?
Tra le illustri personalità rappresentate nel ciclo di Andrea del Castagno spiccavano tre condottieri (Pippo Spano, Farinata degli Uberti e Niccolò Acciaioli), tre donne sapienti (la Regina Ester, la Regina Tomir e la Sibilla Cumana) e la triade dei poeti, Petrarca, Boccaccio e appunto Dante.
Rappresentato in abiti sobri, con una mano protesa oltre la nicchia, il piede che sembra voler uscire dall’affresco occupando lo spazio dello spettatore - a marcare distanza tra la natura umana degli illustri personaggi e quella divina dei progenitori - Dante è rappresentato nell’atto di dialogare con gli altri due colleghi, Petrarca e Boccaccio.
Per realizzare al meglio la sua impresa, l’artista aveva costruito uno spazio fortemente illusionistico, inserendo le figure in un'architettura dipinta, all’interno di nicchie rettangolari classicheggianti, rivestite di porfido e marmi. A scandire le nicchie erano paraste corinzie che sostenevano una trabeazione sormontata da un attico con putti, stemmi e ghirlande. A ornare il tutto vi erano da cardi stilizzati, in riferimento al nome Carducci.
Un affresco dimenticato
Tuttavia, dopo aver dilettato per oltre un secolo gli occhi dei prestigiosi ospiti della Villa, forse a causa di un cambio di destinazione d’uso degli ambienti, e in epoca non precisata, gli affreschi furono coperti da imbiancature. Se ne perse a lungo memoria fino alla riscoperta, intorno al 1847. Tre anni dopo le pitture sarebbero state staccate dal supporto murario con un intervento di strappo eseguito dall' ‘estrattista’ emiliano Giovanni Rizzoli e destinate alla vendita.
Se non fosse stato per l’acquisto, eseguito dagli Uffizi nel 1852 come atto di tutela, questo capolavoro sarebbe finito nel mercato dell’arte e oggi ne avremmo perso traccia.
“Dante, poeta universale”
“Si tratta dell’immagine forse più famosa di Dante, un’icona che si lega alla cultura e allo spirito italiani - commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, a proposito dell’opera -. Ancora più significativo è il fatto che il restauro sia stato finanziato da Linda Balent, dei Friends of the UffiziGalleries, il ramo americano degli Amici degli Uffizi. Perché Dante è infatti anche un poeta universale, e la sua opera è attuale, ovunque nel mondo. La mostra che gli Uffizi hanno organizzato a Forlì assieme alla Fondazione Cassa dei Risparmi, mettendo insieme le forze, sottolinea come Dante non sia solo il poeta di Firenze o Ravenna, ma dell’Italia intera”.
Dante all'Opificio delle Pietre Dure | Courtesy Gallerie degli Uffizi
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