Di nuovo agli Uffizi il monumentale cratere ateniese
Svelati dal restauro i segreti del Vaso Medici
Il Vaso Medici, I secolo
Francesca Grego
24/05/2017
Firenze - È uno dei tesori più preziosi degli Uffizi e dell'Italia intera il Vaso Medici, monumentale cratere neoattico giunto ben 20 secoli fa nella Roma di Augusto, per soddisfarne la sete di lusso, raffinatezza e grecità.
Un importante restauro restituisce oggi luce e nitidezza agli elaborati decori scolpiti nel marmo pentelico, raccontando agli uomini del XXI secolo segreti vecchi di 2000 anni.
“Il Vaso Medici, da secoli ammirato, disegnato e analizzato dagli studiosi e appassionati dell’arte antica, è diventato più leggibile grazie al restauro, e le indagini eseguite in questa occasione hanno contribuito in maniera sostanziale alla conoscenza e valorizzazione dell’opera”, ha dichiarato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Shmidt.
Scopriamo dunque che il candore del marmo è frutto del tempo: originariamente il vaso era dipinto d’oro, d’azzurro e rosso cinabro.
I potenti mezzi del rilievo 3D ci informano inoltre che i suoi materiali sono originali al 90%, una percentuale davvero ragguardevole, se si pensa che nel Cinquecento fu rinvenuto in mille pezzi sul colle romano dell’Esquilino e che nel corso dei secoli fu interessato da numerosi interventi di restauro.
Risolto invece solo parzialmente il giallo del fregio: una scena mitologica, probabilmente il convegno degli Achei a Delfi alla vigilia della guerra di Troia, con una figura femminile, Ifigenia, accovacciata accanto alla statua di Artemide. Il mistero riguarda la presenza di un tale soggetto su crateri usati per ornare i parchi romani.
Il Vaso Medici costituisce infatti un unicum, mentre artefatti simili, come l’altrettanto noto Vaso Borghese, presentano invariabilmente decori legati al culto di Bacco e al consumo del vino, in tema con le feste allestite negli horti.
Secondo l’archeologo Fabrizio Paolucci, che ha guidato il restauro, si tratterebbe di un’iconografia iniziatica volutamente oscura, comprensibile solo dalla ristretta cerchia di frequentazioni del committente, secondo un gusto diffuso nella prima Età Imperiale.
Quel che certo sappiamo, è che questo reperto mirabile e raro ha un ampio debito con la fortuna. Acquistato dai Medici alla fine del XVI secolo per la loro villa romana e giunto agli Uffizi nel 1780, è stato nei secoli oggetto di invidie, passioni e studio con pochi eguali, come testimoniano numerose stampe e storiche riproduzioni, in primis la copia che adorna il giardino di Versailles presso la Fontana di Latona.
Ma soprattutto, il Vaso Medici ha attraversato incolume peripezie storiche di ogni genere: trasferito a Palermo per sfuggire alle requisizioni napoleoniche, dopo tre anni è tornato a Firenze, dove più tardi è scampato miracolosamente ai bombardamenti tedeschi di Ponte Vecchio del 1944 e all’attentato mafioso di via dei Georgofili del 1993, due eventi che danneggiarono drammaticamente la Sala della Niobe dove era conservato.
Restituita all’antico splendore dall’intervento diretto da Daniela Manna e realizzato grazie al contributo di Friends of Florence, l’opera è ora esposta nel Verone delle Gallerie degli Uffizi.
Lunga vita al Vaso Medici!
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Scopriamo dunque che il candore del marmo è frutto del tempo: originariamente il vaso era dipinto d’oro, d’azzurro e rosso cinabro.
I potenti mezzi del rilievo 3D ci informano inoltre che i suoi materiali sono originali al 90%, una percentuale davvero ragguardevole, se si pensa che nel Cinquecento fu rinvenuto in mille pezzi sul colle romano dell’Esquilino e che nel corso dei secoli fu interessato da numerosi interventi di restauro.
Risolto invece solo parzialmente il giallo del fregio: una scena mitologica, probabilmente il convegno degli Achei a Delfi alla vigilia della guerra di Troia, con una figura femminile, Ifigenia, accovacciata accanto alla statua di Artemide. Il mistero riguarda la presenza di un tale soggetto su crateri usati per ornare i parchi romani.
Il Vaso Medici costituisce infatti un unicum, mentre artefatti simili, come l’altrettanto noto Vaso Borghese, presentano invariabilmente decori legati al culto di Bacco e al consumo del vino, in tema con le feste allestite negli horti.
Secondo l’archeologo Fabrizio Paolucci, che ha guidato il restauro, si tratterebbe di un’iconografia iniziatica volutamente oscura, comprensibile solo dalla ristretta cerchia di frequentazioni del committente, secondo un gusto diffuso nella prima Età Imperiale.
Quel che certo sappiamo, è che questo reperto mirabile e raro ha un ampio debito con la fortuna. Acquistato dai Medici alla fine del XVI secolo per la loro villa romana e giunto agli Uffizi nel 1780, è stato nei secoli oggetto di invidie, passioni e studio con pochi eguali, come testimoniano numerose stampe e storiche riproduzioni, in primis la copia che adorna il giardino di Versailles presso la Fontana di Latona.
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