Dal 2 ottobre al 30 gennaio a Palazzo Strozzi
Jeff Koons brilla a Firenze
Jeff Koons, Gazing Ball (Rubens Tiger Hunt), 2015, Olio su tela, vetro e alluminio, Collezione dell’artista | Courtesy Jeff Koons | Foto: © Tom Powel Imaging | Courtesy Gagosian Serie Gazing Ball Paintings
Samantha De Martin
30/09/2021
Firenze - Un mazzo di tulipani, un delfino da piscina, un’ambigua aragosta ispirata a Dalí, e ancora una ballerina di acciaio inossidabile lucidato a specchio fluttuano nel carosello messo in moto da Jeff Koons nella luce rinascimentale di Palazzo Strozzi, azionato da un’unica parola d’ordine: brillare.
Nonostante l’artista statunitense utilizzi già dalla seconda metà degli anni Settanta materiali lucidi, luminosi e riflettenti, quella in programma a Firenze dal 2 ottobre al 30 gennaio sarà la prima mostra a esplorare una caratteristica fondamentale della sua arte: lo shine, il bagliore, il riflesso, la luce emessa da un oggetto.
Sedotto dalla semantica, Koons gioca con il significato della parola inglese shine che si carica, nel tedesco Schein, dell’ulteriore accezione di “apparenza”. Da qui il dibattito, circa la distinzione tra i due significati, che occupa una posizione importante in tutta la storia della filosofia, da Platone a Nietzsche.
Allestimento della mostra Jeff Koons. Shine, Sala 5 | Courtesy Jeff Koons | Foto: © Ela Bialkowska_OKNOstudio
Le opere in mostra
Così le opere del percorso espositivo si concentrano sull’estetica dello splendore, dimostrando come l’arte sia un’esperienza viscerale che coinvolge tutti i sensi. I colori vibranti di opere come lo stilizzato Rabbit (1986), idolo brancusiano in acciaio inossidabile, materiale popolare, comune alla middle class, o come Bread with Egg, portati a una finitura a specchio, elevano gli stati d’animo, creano sentimenti di euforia e producono esperienze intensificate della realtà. Tutto ciò che brilla è talvolta apparenza ci ammonisce Koons. E la mostra Jeff Koons. Shine - che accoglie prestiti provenienti dalle più importanti collezioni internazionali - traduce nel concetto di shine il gioco di ambiguità tra splendore e bagliore, essere e apparire. Il suo Balloon Dog, alto oltre tre metri, imita curve e torsioni di un palloncino gonfiato da un clown a una festa. Ma il contrasto tra l’esterno, perfettamente levigato, e l’interno spazioso e vuoto potrebbe alludere, al tempo stesso, al mitico cavallo di Troia.
Specchio delle mie brame
La mostra è un incontro di specchi, divenuti dispositivi quotidiani indispensabili sui quali la società fonda il proprio concetto di verità.
Poco dopo essersi trasferito a New York nel 1977, Koons ha iniziato a lavorare con questi materiali realizzando lavori che, da un lato, proseguivano nella tradizione del readymade di Marcel Duchamp, dall’altro traevano ispirazione dagli specchi utilizzati nelle sculture minimaliste di Robert Smithson.
Jeff Koons, Balloon Venus Lespugue (Red), 2013-2019, Acciaio inossidabile lucidato a specchio con verniciatura trasparente, Collezione privata | Courtesy David Zwirner e Jeff Koons
“Lo spettatore protagonista di un gioco di ricordi e di rimandi”
“Le superfici - spiega Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi e curatore della mostra - riflettono lo spettatore, includendolo nell’opera in un gioco di ricordi e rimandi. Prodigi di resa tecnica sono le pesantissime sculture metalliche che sublimano le forme di buffi salvagenti gonfiabili, metafora dell’esistenza umana perché contengono il respiro, come Dolphin e Lobster. Ci troviamo di fronte a un’illusione, a un trompe-l’œil al punto da essere tentati di verificare con mano la materia”.
Vedendosi riflesso insieme agli oggetti, lo spettatore diventa così consapevole della propria partecipazione alla fruizione artistica, e scorge nel riflesso dell'oggetto qualcosa di sfuggente in costante mutamento.
In una delle sue prime serie, Pre-New, l’artista ha preso un elettrodomestico della Nelson Automatic Cooker / Deep Fryer, per fissarlo su tubi al neon fluorescenti. Dal momento che nessuno cucinerà mai con questo oggetto, la sua superficie immacolata rimarrà per sempre nuova. Il visitatore ne coglie la sfida, percependo la propria mortalità e l’inevitabile invecchiamento.
Jeff Koons, Bread with Egg, 1995-1997, Olio su tela, Noirmontartproduction, Paris | Courtesy Jeff Koons Serie Celebration
Se l’Incredibile Hulk, personaggio della Marvel Comics, viene accostato da Koons a una divinità orientale, unendo un giocattolo gonfiabile, riprodotto in bronzo, a un vero, grandissimo, strumento di ottone, la serie Gazing Ball celebra la nozione di dialogo artistico invitando il pubblico a posizionare sfere altamente riflettenti, o gazing ball, su tele e sculture.
“Chimicamente, abbiamo bisogno di luce”
“Penso che quando esci dalla sala, ne esca anche l’arte. L’arte riguarda le tue possibilità come essere umano. Riguarda la tua eccitazione, il tuo potenziale e ciò che puoi diventare. Afferma la tua esistenza”. Parola di Koons che, come fulmen in clausula della mostra, sfodera, nella sala 8, le sculture della serie Antiquity, accostandole al dipinto Olive Oyl della serie Popeye. Le due Balloon Venus ricordano le statuette femminili realizzate circa 26mila anni fa. Astraendo e ingrandendo i piccoli totem preistorici con i loro seni già di per sé esagerati, ad enfatizzare l'importanza della fertilità nella conservazione dell’umanità, Koons mostra il grande potenziale del futuro degli esseri umani.
Mescolando potenti energie maschili e femminili, le opere di Koons guardano al passato lontano, ma anche a quello recente, per mostrare allo spettatore che ha davvero la forza per fare la differenza nella vita propria e in quella degli altri.
Jeff Koons, Jim Beam - J.B. Turner Train, 1986, Acciaio inossidabile, bourbon, Collezione privata | Courtesy Jeff Koons | Foto: 2014 Christie’s Images Limited Serie Luxury and Degradation
“Per Koons - spiega Galansino - il significato del termine shine è qualcosa che va oltre una mera idea di decorazione o abbellimento e diviene elemento intrinseco della sua arte. Dietro a queste gigantesche sculture in acciaio inossidabile lucide e coloratissime sta un mondo condiviso, fatto di esperienze gioiose, tipiche della società consumistica occidentale, legate al mondo dell’infanzia e della famiglia, mitizzato e reso simbolico come un quotidiano paradiso perduto”.
Leggi anche:
• Jeff Koons si prepara a brillare a Firenze
Nonostante l’artista statunitense utilizzi già dalla seconda metà degli anni Settanta materiali lucidi, luminosi e riflettenti, quella in programma a Firenze dal 2 ottobre al 30 gennaio sarà la prima mostra a esplorare una caratteristica fondamentale della sua arte: lo shine, il bagliore, il riflesso, la luce emessa da un oggetto.
Sedotto dalla semantica, Koons gioca con il significato della parola inglese shine che si carica, nel tedesco Schein, dell’ulteriore accezione di “apparenza”. Da qui il dibattito, circa la distinzione tra i due significati, che occupa una posizione importante in tutta la storia della filosofia, da Platone a Nietzsche.
Allestimento della mostra Jeff Koons. Shine, Sala 5 | Courtesy Jeff Koons | Foto: © Ela Bialkowska_OKNOstudio
Le opere in mostra
Così le opere del percorso espositivo si concentrano sull’estetica dello splendore, dimostrando come l’arte sia un’esperienza viscerale che coinvolge tutti i sensi. I colori vibranti di opere come lo stilizzato Rabbit (1986), idolo brancusiano in acciaio inossidabile, materiale popolare, comune alla middle class, o come Bread with Egg, portati a una finitura a specchio, elevano gli stati d’animo, creano sentimenti di euforia e producono esperienze intensificate della realtà. Tutto ciò che brilla è talvolta apparenza ci ammonisce Koons. E la mostra Jeff Koons. Shine - che accoglie prestiti provenienti dalle più importanti collezioni internazionali - traduce nel concetto di shine il gioco di ambiguità tra splendore e bagliore, essere e apparire. Il suo Balloon Dog, alto oltre tre metri, imita curve e torsioni di un palloncino gonfiato da un clown a una festa. Ma il contrasto tra l’esterno, perfettamente levigato, e l’interno spazioso e vuoto potrebbe alludere, al tempo stesso, al mitico cavallo di Troia.
Specchio delle mie brame
La mostra è un incontro di specchi, divenuti dispositivi quotidiani indispensabili sui quali la società fonda il proprio concetto di verità.
Poco dopo essersi trasferito a New York nel 1977, Koons ha iniziato a lavorare con questi materiali realizzando lavori che, da un lato, proseguivano nella tradizione del readymade di Marcel Duchamp, dall’altro traevano ispirazione dagli specchi utilizzati nelle sculture minimaliste di Robert Smithson.
Jeff Koons, Balloon Venus Lespugue (Red), 2013-2019, Acciaio inossidabile lucidato a specchio con verniciatura trasparente, Collezione privata | Courtesy David Zwirner e Jeff Koons
“Lo spettatore protagonista di un gioco di ricordi e di rimandi”
“Le superfici - spiega Arturo Galansino, direttore di Palazzo Strozzi e curatore della mostra - riflettono lo spettatore, includendolo nell’opera in un gioco di ricordi e rimandi. Prodigi di resa tecnica sono le pesantissime sculture metalliche che sublimano le forme di buffi salvagenti gonfiabili, metafora dell’esistenza umana perché contengono il respiro, come Dolphin e Lobster. Ci troviamo di fronte a un’illusione, a un trompe-l’œil al punto da essere tentati di verificare con mano la materia”.
Vedendosi riflesso insieme agli oggetti, lo spettatore diventa così consapevole della propria partecipazione alla fruizione artistica, e scorge nel riflesso dell'oggetto qualcosa di sfuggente in costante mutamento.
In una delle sue prime serie, Pre-New, l’artista ha preso un elettrodomestico della Nelson Automatic Cooker / Deep Fryer, per fissarlo su tubi al neon fluorescenti. Dal momento che nessuno cucinerà mai con questo oggetto, la sua superficie immacolata rimarrà per sempre nuova. Il visitatore ne coglie la sfida, percependo la propria mortalità e l’inevitabile invecchiamento.
Jeff Koons, Bread with Egg, 1995-1997, Olio su tela, Noirmontartproduction, Paris | Courtesy Jeff Koons Serie Celebration
Se l’Incredibile Hulk, personaggio della Marvel Comics, viene accostato da Koons a una divinità orientale, unendo un giocattolo gonfiabile, riprodotto in bronzo, a un vero, grandissimo, strumento di ottone, la serie Gazing Ball celebra la nozione di dialogo artistico invitando il pubblico a posizionare sfere altamente riflettenti, o gazing ball, su tele e sculture.
“Chimicamente, abbiamo bisogno di luce”
“Penso che quando esci dalla sala, ne esca anche l’arte. L’arte riguarda le tue possibilità come essere umano. Riguarda la tua eccitazione, il tuo potenziale e ciò che puoi diventare. Afferma la tua esistenza”. Parola di Koons che, come fulmen in clausula della mostra, sfodera, nella sala 8, le sculture della serie Antiquity, accostandole al dipinto Olive Oyl della serie Popeye. Le due Balloon Venus ricordano le statuette femminili realizzate circa 26mila anni fa. Astraendo e ingrandendo i piccoli totem preistorici con i loro seni già di per sé esagerati, ad enfatizzare l'importanza della fertilità nella conservazione dell’umanità, Koons mostra il grande potenziale del futuro degli esseri umani.
Mescolando potenti energie maschili e femminili, le opere di Koons guardano al passato lontano, ma anche a quello recente, per mostrare allo spettatore che ha davvero la forza per fare la differenza nella vita propria e in quella degli altri.
Jeff Koons, Jim Beam - J.B. Turner Train, 1986, Acciaio inossidabile, bourbon, Collezione privata | Courtesy Jeff Koons | Foto: 2014 Christie’s Images Limited Serie Luxury and Degradation
“Per Koons - spiega Galansino - il significato del termine shine è qualcosa che va oltre una mera idea di decorazione o abbellimento e diviene elemento intrinseco della sua arte. Dietro a queste gigantesche sculture in acciaio inossidabile lucide e coloratissime sta un mondo condiviso, fatto di esperienze gioiose, tipiche della società consumistica occidentale, legate al mondo dell’infanzia e della famiglia, mitizzato e reso simbolico come un quotidiano paradiso perduto”.
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