Dal 7 febbraio al 3 giugno al Palazzo della Cultura
L'universo bohémien di Toulouse-Lautrec in mostra a Catania
Henri de Toulouse-Lautrec, Divan Japonais, 1893, color Lithography, 60,8 x 80,8 cm, Atene ©Herakleidon Museum
Samantha De Martin
07/02/2018
Catania - Montmartre, gli artisti, le prostitute, i café chantant. Una Parigi in pieno fermento artistico sbuca dalle litografie a colori e dai manifesti pubblicitari, dai disegni a matita, ma anche dalle illustrazioni per giornali dell’aristocratico visconte Henri de Toulouse-Lautrec, l’enfant terrible dallo stile accattivante e l’esistenza dolorosa e sregolata, che pose le demi-monde della Ville Lumière al centro dell’immaginario collettivo grazie alla sua arte.
Il Palazzo della Cultura di Catania accoglie fino al 3 giugno uno spaccato della Parigi di fine Ottocento, conducendo i visitatori in un affascinante viaggio nel tempo tra acquerelli, illustrazioni, fotografie e arredi d’epoca provenienti dall’Herakleidon Museum di Atene, alla scoperta del percorso artistico di uno dei maggiori esponenti della Belle Époque.
Litografie a colori, come quella che ritrae Jane Avril, una delle più celebri ballerine del Moulin Rouge, musa dell’artista, si alternano a manifesti pubblicitari - come quello del 1895 che descrive con estrema delicatezza La passeggera della cabina 54, la signora incontrata in un viaggio per nave, sogno di un amore impossibile, lei passeggera misteriosa, lui sensibile genio rinchiuso nel corpo di un nano.
D’altra parte la fama del geniale interprete della grande comédie humaine che si svolgeva sotto i riflettori di Montmartre, il pittore di clown e vedette, prostitute e ballerine, affonda soprattutto nei manifesti pubblicitari dalle linee impetuose e graffianti, dai tagli arditi ed i colori intensi, in quei ritratti di personaggi che hanno segnato un’epoca rimanendo scolpiti nell’immaginario collettivo.
Un itinerario scandito in undici sezioni tematiche accompagna lo spettatore in una Parigi permeata dalla scintillante Belle Époque, dove i cambiamenti storici, sociali, architettonici lasciano il posto alla vita dell’artista, allo studio dell’incisione, alla tecnica della litografia, la sua più grande passione.
La stella del cabaret, Jane Avril, il cantautore Aristide Bruant, con il suo mantello voluminoso, il cappello a larga tesa e una sciarpa rossa intorno al collo, l’attrice Yvette Guilbert, inconfondibile con i suoi guanti neri fino al gomito, protagonisti delle tre sezioni dedicate alle Notti parigine, affollano la celebre produzione dell’artista che ruota intorno alla pubblicità realizzata per i locali notturni.
Con un’innovativa intuizione promozionale, questo autentico inventore dello star-system decise infatti di mettere in evidenza i nomi degli interpreti che si esibivano sul palcoscenico, fissando in modo formidabile tipi e personaggi.
E poi c’è la matita, fedele compagna nell’obbligata immobilità durante le convalescenze dovute alle fratture, l’espediente per vincere la noia delle stazioni termali, la fantasiosa complice dell’evasione dalla clinica per malattie mentali nella quale Henri trascorse tre mesi, e ancora lo strumento per interpretare il mondo descrivendo atteggiamenti, volti, silhouettes, caricature.
La mostra passa poi in rassegna le collaborazioni dell’artista con le riviste satiriche, invita lo spettatore al Moulin Rouge, all’Opéra, svelando la passione di Toulouse-Lautrec per il teatro, evidente in quelle scene nelle quali il pittore riesce a rendere l’intensità dei drammi e delle commedie con movimenti efficaci ed energici contrasti di luci e ombre che traggono ispirazione dalle xilografie giapponesi, ma anche dai palchi teatrali di Daumier.
“Henri amava gli animali meno delle donne ma più degli uomini. Andava pazzo per i cavalli e non si era mai consolato di non poterli montare” ricorda l’amico editore Thadée Natanson.
D’altronde il padre dell’artista, il conte Alphonse, era un provetto cavallerizzo, amante della vita all’aria aperta, delle lunghe passeggiate a cavallo e delle battute di caccia con il falcone.
La sezione intitolata Cavalli e cavalieri ripercorre questa passione attraverso alcuni disegni dagli anni dell’adolescenza, che dimostrano la straordinaria precocità dell’artista.
Negli ultimi due anni di vita, a causa del peggioramento delle sue condizioni fisiche, il pittore per spostarsi nelle vie di Parigi utilizzava un calessino tirato dal paziente Philibert, l’ultimo dei tanti cavalli conosciuti da Toulouse-Lautrec da quando era bambino.
Superata la sala dedicata a La Revue Blanche, dove le frequentazioni intellettuali del pittore con poeti, editori, facoltosi mecenati svelano in un certo senso l’altra faccia dell’artista bohémien, perso nei bicchieri di assenzio delle notti parigine, il visitatore penetra nell’ultima sezione della mostra, dedicata al rapporto tra Henri - sotto il cui occhio ironico sfila la vita parigina fin du siécle - e le donne. Figure sole, silenziose, osservate nella loro disinibita spontaneità e ritratte senza ironia o moralismi, personaggi solitamente considerati scandalosi o immorali e quasi sempre redenti dall’arte, dimostrano come nessun artista, prima di Toulouse-Lautrec, abbia saputo cogliere le passioni represse, la solitudine, il desiderio di una vita migliore che si nasconde sotto la sensualità forzata e la seduzione “professionale” di cantanti, attrici o prostitute, frequentatrici di quelle maisons closes tra le quali l’artista trascorse, tra il 1892 e il 1895, intere settimane.
Curata da Stefano Zuffi e promossa da Generali Italia - sponsor della mostra - tramite il programma Valore Cultura, che ha l'obiettivo di avvicinare famiglie, giovani, clienti e dipendenti al mondo dell’arte - la mostra regala al pubblico un viaggio dettagliato alla scoperta dell’affascinante duplicità di questo dandy sofisticato, alcolizzato, genio creativo straordinario che ha conquistato i posteri con la sua avvincente arte.
Leggi anche:
• Toulouse-Lautrec, La Ville Lumière
• A Milano il mondo fuggevole di Toulouse-Lautrec
• Toulouse-Lautrec. La Belle Epoque
• Escher a Catania
Il Palazzo della Cultura di Catania accoglie fino al 3 giugno uno spaccato della Parigi di fine Ottocento, conducendo i visitatori in un affascinante viaggio nel tempo tra acquerelli, illustrazioni, fotografie e arredi d’epoca provenienti dall’Herakleidon Museum di Atene, alla scoperta del percorso artistico di uno dei maggiori esponenti della Belle Époque.
Litografie a colori, come quella che ritrae Jane Avril, una delle più celebri ballerine del Moulin Rouge, musa dell’artista, si alternano a manifesti pubblicitari - come quello del 1895 che descrive con estrema delicatezza La passeggera della cabina 54, la signora incontrata in un viaggio per nave, sogno di un amore impossibile, lei passeggera misteriosa, lui sensibile genio rinchiuso nel corpo di un nano.
D’altra parte la fama del geniale interprete della grande comédie humaine che si svolgeva sotto i riflettori di Montmartre, il pittore di clown e vedette, prostitute e ballerine, affonda soprattutto nei manifesti pubblicitari dalle linee impetuose e graffianti, dai tagli arditi ed i colori intensi, in quei ritratti di personaggi che hanno segnato un’epoca rimanendo scolpiti nell’immaginario collettivo.
Un itinerario scandito in undici sezioni tematiche accompagna lo spettatore in una Parigi permeata dalla scintillante Belle Époque, dove i cambiamenti storici, sociali, architettonici lasciano il posto alla vita dell’artista, allo studio dell’incisione, alla tecnica della litografia, la sua più grande passione.
La stella del cabaret, Jane Avril, il cantautore Aristide Bruant, con il suo mantello voluminoso, il cappello a larga tesa e una sciarpa rossa intorno al collo, l’attrice Yvette Guilbert, inconfondibile con i suoi guanti neri fino al gomito, protagonisti delle tre sezioni dedicate alle Notti parigine, affollano la celebre produzione dell’artista che ruota intorno alla pubblicità realizzata per i locali notturni.
Con un’innovativa intuizione promozionale, questo autentico inventore dello star-system decise infatti di mettere in evidenza i nomi degli interpreti che si esibivano sul palcoscenico, fissando in modo formidabile tipi e personaggi.
E poi c’è la matita, fedele compagna nell’obbligata immobilità durante le convalescenze dovute alle fratture, l’espediente per vincere la noia delle stazioni termali, la fantasiosa complice dell’evasione dalla clinica per malattie mentali nella quale Henri trascorse tre mesi, e ancora lo strumento per interpretare il mondo descrivendo atteggiamenti, volti, silhouettes, caricature.
La mostra passa poi in rassegna le collaborazioni dell’artista con le riviste satiriche, invita lo spettatore al Moulin Rouge, all’Opéra, svelando la passione di Toulouse-Lautrec per il teatro, evidente in quelle scene nelle quali il pittore riesce a rendere l’intensità dei drammi e delle commedie con movimenti efficaci ed energici contrasti di luci e ombre che traggono ispirazione dalle xilografie giapponesi, ma anche dai palchi teatrali di Daumier.
“Henri amava gli animali meno delle donne ma più degli uomini. Andava pazzo per i cavalli e non si era mai consolato di non poterli montare” ricorda l’amico editore Thadée Natanson.
D’altronde il padre dell’artista, il conte Alphonse, era un provetto cavallerizzo, amante della vita all’aria aperta, delle lunghe passeggiate a cavallo e delle battute di caccia con il falcone.
La sezione intitolata Cavalli e cavalieri ripercorre questa passione attraverso alcuni disegni dagli anni dell’adolescenza, che dimostrano la straordinaria precocità dell’artista.
Negli ultimi due anni di vita, a causa del peggioramento delle sue condizioni fisiche, il pittore per spostarsi nelle vie di Parigi utilizzava un calessino tirato dal paziente Philibert, l’ultimo dei tanti cavalli conosciuti da Toulouse-Lautrec da quando era bambino.
Superata la sala dedicata a La Revue Blanche, dove le frequentazioni intellettuali del pittore con poeti, editori, facoltosi mecenati svelano in un certo senso l’altra faccia dell’artista bohémien, perso nei bicchieri di assenzio delle notti parigine, il visitatore penetra nell’ultima sezione della mostra, dedicata al rapporto tra Henri - sotto il cui occhio ironico sfila la vita parigina fin du siécle - e le donne. Figure sole, silenziose, osservate nella loro disinibita spontaneità e ritratte senza ironia o moralismi, personaggi solitamente considerati scandalosi o immorali e quasi sempre redenti dall’arte, dimostrano come nessun artista, prima di Toulouse-Lautrec, abbia saputo cogliere le passioni represse, la solitudine, il desiderio di una vita migliore che si nasconde sotto la sensualità forzata e la seduzione “professionale” di cantanti, attrici o prostitute, frequentatrici di quelle maisons closes tra le quali l’artista trascorse, tra il 1892 e il 1895, intere settimane.
Curata da Stefano Zuffi e promossa da Generali Italia - sponsor della mostra - tramite il programma Valore Cultura, che ha l'obiettivo di avvicinare famiglie, giovani, clienti e dipendenti al mondo dell’arte - la mostra regala al pubblico un viaggio dettagliato alla scoperta dell’affascinante duplicità di questo dandy sofisticato, alcolizzato, genio creativo straordinario che ha conquistato i posteri con la sua avvincente arte.
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