Formes & Deformes 2
Dal 11 Dicembre 2021 al 11 Gennaio 2022
Graffignano | Viterbo
Luogo: Castello Baglioni
Indirizzo: Via Didentro 71
Curatori: Antonio Arévalo
E-Mail info: a.arevalosagredo@gmail.com
Formes & Deformes
(ricognizione)
Ho messo come sottotitolo “ricognizione” un po’ a maniera di provocazione, perché è nelle mie intenzioni raccontarvi il mio approccio sentimentale con la pittura di questi artisti.
Ho avuto a che fare con ognuno di loro in diversi tempi e luoghi.
E se l'identità di un artista si fonda sulla sua capacità di organizzare la memoria, in Francisco Smythe questa era la prima verità. Ho visto in Smythe una strada intrapresa sempre dipinta, dove imperano il gioco luminoso, il ritmo e la vibrazione delle forme: nei paesaggi, nei personaggi impossibili creati e disegnati e che solo la poesia può concepire.
Nel lavoro di Luca Padroni, ricerca e azione si trovano intrecciati, sono come strati che mantengono in piedi l’artificio di questo luogo immaginario e sempre in fuga, dove trovano spazio la pennellata, le impronte che lasciano la pittura su una superficie che rappresenta l’artificio di una storia.
La pittura serve come mezzo articolato e preciso per definire l'immagine contemporanea. Questo accade nella solitudine sonora di Franklin Evans. Potrei parlare di uno sguardo avido che interrompe sfaccettando questa tromba di luce che è colore, fuochi d'artificio, veri vulcani in attesa di eruzione che fanno prevedere il caos.
Cosmetica e potere, pubblicità e violenza gli ingredienti che Patrick Hamilton usa per stupirci. I rivestimenti ironizzano sull’iconografia generalizzata della nostra epoca. La carta da parati ha a che fare con la metafora del coprire e del travestire.
Lo stesso succede con questa parabola italiana che ci propone Paolo Angelosanto, incentrata sulla riflessione circa l’identità italiana nell'arte contemporanea, l'uso del tricolore come codice semantico del problema identitario.
Nel lavoro di Fabio Mariani il colore è materia che si compone nello spazio dato con sapienza e con una pratica continua e costante. Nel caso di questo ciclo di opere, infatti, dove il tema non è una scusa né un argomento, ma è l'opera stessa. Queste tele non rappresentano alcun paesaggio ma sono della stessa natura del paesaggio.
La parola visiva di Tommaso Cascella ha bisogno di comporsi, di organizzarsi continuamente. Fa esplodere il colore ed è singolare la spontaneità con cui crea la messa in scena, ed è attraverso la bellezza che mostra che ci fa entrare in una sorta di sguardo fatto di connessioni paradossali tra futuro e passato in un tempo svanito.
Infine, Federico Lacerna, la sua è una delle ultime mostre di pittura che ho visto. Ci porta al centro di un nucleo esistenziale dove l'uso della componente cromatica dà risalto al valore materico della pittura.
Un filo conduttore unisce i nostri mondi che hanno a che vedere con un’energia, con una pulsione. E io mi sento complice e protagonista nello stesso modo.
Antonio Arévalo
(ricognizione)
Ho messo come sottotitolo “ricognizione” un po’ a maniera di provocazione, perché è nelle mie intenzioni raccontarvi il mio approccio sentimentale con la pittura di questi artisti.
Ho avuto a che fare con ognuno di loro in diversi tempi e luoghi.
E se l'identità di un artista si fonda sulla sua capacità di organizzare la memoria, in Francisco Smythe questa era la prima verità. Ho visto in Smythe una strada intrapresa sempre dipinta, dove imperano il gioco luminoso, il ritmo e la vibrazione delle forme: nei paesaggi, nei personaggi impossibili creati e disegnati e che solo la poesia può concepire.
Nel lavoro di Luca Padroni, ricerca e azione si trovano intrecciati, sono come strati che mantengono in piedi l’artificio di questo luogo immaginario e sempre in fuga, dove trovano spazio la pennellata, le impronte che lasciano la pittura su una superficie che rappresenta l’artificio di una storia.
La pittura serve come mezzo articolato e preciso per definire l'immagine contemporanea. Questo accade nella solitudine sonora di Franklin Evans. Potrei parlare di uno sguardo avido che interrompe sfaccettando questa tromba di luce che è colore, fuochi d'artificio, veri vulcani in attesa di eruzione che fanno prevedere il caos.
Cosmetica e potere, pubblicità e violenza gli ingredienti che Patrick Hamilton usa per stupirci. I rivestimenti ironizzano sull’iconografia generalizzata della nostra epoca. La carta da parati ha a che fare con la metafora del coprire e del travestire.
Lo stesso succede con questa parabola italiana che ci propone Paolo Angelosanto, incentrata sulla riflessione circa l’identità italiana nell'arte contemporanea, l'uso del tricolore come codice semantico del problema identitario.
Nel lavoro di Fabio Mariani il colore è materia che si compone nello spazio dato con sapienza e con una pratica continua e costante. Nel caso di questo ciclo di opere, infatti, dove il tema non è una scusa né un argomento, ma è l'opera stessa. Queste tele non rappresentano alcun paesaggio ma sono della stessa natura del paesaggio.
La parola visiva di Tommaso Cascella ha bisogno di comporsi, di organizzarsi continuamente. Fa esplodere il colore ed è singolare la spontaneità con cui crea la messa in scena, ed è attraverso la bellezza che mostra che ci fa entrare in una sorta di sguardo fatto di connessioni paradossali tra futuro e passato in un tempo svanito.
Infine, Federico Lacerna, la sua è una delle ultime mostre di pittura che ho visto. Ci porta al centro di un nucleo esistenziale dove l'uso della componente cromatica dà risalto al valore materico della pittura.
Un filo conduttore unisce i nostri mondi che hanno a che vedere con un’energia, con una pulsione. E io mi sento complice e protagonista nello stesso modo.
Antonio Arévalo
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