We Art Open 2025

Enrico Antonello, POINTS OF VIEW, 2024 arduino, cablaggi vari, led, plexiglass, pla 10 elementi, 21,5x13x6 cm.
Dal 25 Gennaio 2025 al 10 Febbraio 2025
Venezia
Luogo: SPUMA - Venice Art Factory
Indirizzo: Fondamenta S. Biagio 800/R Isola della Giudecca
Curatori: Silvia Previti
Dal 25 gennaio al 10 febbraio 2025 apre al pubblico la mostra collettiva dell’ottava edizione di We Art Open, il concorso internazionale a cura di No Title Gallery che mira a promuovere l'arte contemporanea e offrire una vetrina di qualità per artisti di tutto il mondo. Allestita per la prima volta nello spazio di SPUMA - Venice Art Factory a Venezia,l’esposizione finale è a cura di Silvia Previti.
Un totale di 20 artisti internazionali, emergenti e non, sono stati selezionati tramite open call da una giuria d'eccellenza, composta da Domenico de Chirico, curatore internazionale (per la sezione Pittura e Grafica); Albert Wrotnowski, artista vincitore di We Art Open 24 (per la sezione Scultura e Installazione), Silvia Previti, curatrice (per la sezione Fotografia); Manuela Lietti, curatrice e direttrice di Capsule Venice (per la sezione Video, Performance e Nuove tecnologie) e Vincenzo Alessandria, curatore di Quadro Zero (per la sezione Hdemia).
Durante l’evento di apertura, che si terrà il 25 gennaio alle ore 18, verranno inoltre proclamati i vincitori dei premi di ogni sezione: al primo classificato sarà rivolto un contributo in denaro di 2.000€, mentre il miglior progetto della sezione Hdemia si aggiudicherà 1.000€. Oltre ai premi in denaro, alcuni finalisti avranno l’opportunità di esporre le proprie opere in spazi espositivi di rilievo, come SV - Centro Espositivo San Vidal, 10&ZeroUno e Ma Project, quest’ultimo a cura di Quadro Zero.
Il 25 gennaio alle ore 17 anticipa l’opening il talk in lingua inglese Seagulls, Screams & Artificial Art: Exploring Synthetic Frameworks In Presenting and Creating Art, a cura della rivista internazionale d’arte contemporanea art-frame in cui si esploreranno, insieme a Manuela Lietti (Capsule Venice), Vincenzo Alessandria (Quadro Zero), Luca Berta (Venice Art Factory) la curatrice Silvia Previti e l’artista Albert Wrotnowski, in conversazione con il direttore artistico di art-frame Herwig Egon Casadoro-Kopp, il rapporto tra il mercato dell’arte e le sperimentazioni degli artisti con la tecnologia.
IL PROGETTO ESPOSITIVO DI WE ART OPEN 2025
Gli artisti finalisti sono: Daniele Antoniazzi, Carmine Bellucci, Eleonora Rinaldi, Jacopo Zambello, Kuangyi Lu, Lena Shaposhnikova, Rovers Malaj, e Simone Miccichè per la Sezione Pittura e Grafica; Elia Brignoli, Pei Shan Lee e Silvia Gelli per la Sezione Fotografia; Simone Rutigliano, Rebecca Zen e Massimo Pugliese per la Sezione HDEMIA; Federica Sutti, Gianna Parisse, Marco Chiazzolino per la Sezione Scultura e Installazione; Enrico Antonello, Tsamani Tovar Nino e Valentina Gelain per la Sezione Video, Performance e Nuove tecnologie.
La Sezione Pittura e Grafica presenta una pluralità di voci che riflettono sulle molteplici possibilità del gesto creativo. Tra queste spicca Eleonora Rinaldi, con il lavoro I would let this sweetness kill me, che esplora il dialogo ipnotico tra una figura femminile e una chimera. Con colori accesi e un segno veloce, la tela si carica di tensione emotiva, lasciando emergere i segreti che, narrati dalla chimera, traspaiono icasticamente dal corpo della protagonista, che li ascolta e li assorbe. Parallelamente, Rovers Malaj si concentra su frammenti di storia dimenticati, mescolando immagini storiche e invenzioni curiose del passato. Nel dipinto Reparto speciale, dedicato ai piccioni viaggiatori e all’invenzione di Julius Neubronner, la realtà si intreccia con l’immaginazione, dando vita a una riflessione sull’ingegno umano e sulla capacità di reinventare il passato.
Per la Sezione Fotografia, l’opera di Pei Shan Lee invita lo spettatore a immergersi in una dimensione onirica e surreale. Originaria di Taiwan e residente a Venezia, l’artista costruisce immagini che sfidano le convenzioni dell’esperienza umana, intrecciando suggestioni tratte dal cinema di Terayama Shūji con un linguaggio visivo in cui forma e narrazione si fondono. La sua poetica esplora la vulnerabilità del corpo e la complessità dei legami con la realtà, dando vita a spazi eterotopici dove si muovono entità leggere, sospese tra realtà e oblio, in un flusso atemporale che trascende i confini dell’esperienza ordinaria.
La Sezione Scultura e Installazione rivela prospettive materiali e simboliche attraverso l’opera di Federica Sutti, che con Corpus Hominis trasforma l’ostia eucaristica in metafora del corpo umano contaminato dalla plastica. La scelta dei materiali, una miscela di micro e macroplastiche, carica l’opera di un significato ecologico e sociale, spingendo lo spettatore a riflettere sul legame tra tradizione e modernità. Gianna Parisse, invece, con Mundus patet, intreccia memoria personale e ricerca visiva. Il progetto nasce dalla devastazione del terremoto del 2016, che ha segnato profondamente la sua vita. Attraverso frammenti di oggetti e paesaggi, l’artista esplora il legame indissolubile tra luoghi, corpi e storie, creando una narrazione intima e universale che connette passato e presente.
Nella Sezione Video, Performance e Nuove tecnologie, Enrico Antonello presenta Points of View, un’opera che gioca con opposti e ossimori attraverso l’uso di tecnologia contemporanea. L’installazione, realizzata con LED, plexiglass e cablaggi, invita il pubblico a riflettere sulla natura trasformativa delle parole e delle immagini, rivelando come ogni prospettiva possa generare nuove visioni e significati. Il lavoro diventa così un atto di partecipazione attiva, dove lo spettatore è chiamato a scegliere il proprio punto di osservazione, trasformando il modo in cui percepiamo e abitiamo il presente.
Nella Sezione HDEMIA, rivolta agli studenti di Belle Arti, Massimo Pugliese propone una ricerca radicata nell’importanza del segno e nella fruizione lenta delle immagini. Le sue opere, realizzate con tecniche antiche come la punta d’argento e l’inchiostro di china, evocano atmosfere indefinibili, dove figure e segni si fondono in ambientazioni naturali. I boschi e le foreste, ricorrenti nei suoi lavori, diventano luoghi di protezione e introspezione, spazi sacri dove il disegno si manifesta come atto primordiale e rinascita di idee ancora in divenire. L’opera presentata, un polittico modulare, invita a riflettere sull’interazione tra immagine e contesto.
Un totale di 20 artisti internazionali, emergenti e non, sono stati selezionati tramite open call da una giuria d'eccellenza, composta da Domenico de Chirico, curatore internazionale (per la sezione Pittura e Grafica); Albert Wrotnowski, artista vincitore di We Art Open 24 (per la sezione Scultura e Installazione), Silvia Previti, curatrice (per la sezione Fotografia); Manuela Lietti, curatrice e direttrice di Capsule Venice (per la sezione Video, Performance e Nuove tecnologie) e Vincenzo Alessandria, curatore di Quadro Zero (per la sezione Hdemia).
Durante l’evento di apertura, che si terrà il 25 gennaio alle ore 18, verranno inoltre proclamati i vincitori dei premi di ogni sezione: al primo classificato sarà rivolto un contributo in denaro di 2.000€, mentre il miglior progetto della sezione Hdemia si aggiudicherà 1.000€. Oltre ai premi in denaro, alcuni finalisti avranno l’opportunità di esporre le proprie opere in spazi espositivi di rilievo, come SV - Centro Espositivo San Vidal, 10&ZeroUno e Ma Project, quest’ultimo a cura di Quadro Zero.
Il 25 gennaio alle ore 17 anticipa l’opening il talk in lingua inglese Seagulls, Screams & Artificial Art: Exploring Synthetic Frameworks In Presenting and Creating Art, a cura della rivista internazionale d’arte contemporanea art-frame in cui si esploreranno, insieme a Manuela Lietti (Capsule Venice), Vincenzo Alessandria (Quadro Zero), Luca Berta (Venice Art Factory) la curatrice Silvia Previti e l’artista Albert Wrotnowski, in conversazione con il direttore artistico di art-frame Herwig Egon Casadoro-Kopp, il rapporto tra il mercato dell’arte e le sperimentazioni degli artisti con la tecnologia.
IL PROGETTO ESPOSITIVO DI WE ART OPEN 2025
Gli artisti finalisti sono: Daniele Antoniazzi, Carmine Bellucci, Eleonora Rinaldi, Jacopo Zambello, Kuangyi Lu, Lena Shaposhnikova, Rovers Malaj, e Simone Miccichè per la Sezione Pittura e Grafica; Elia Brignoli, Pei Shan Lee e Silvia Gelli per la Sezione Fotografia; Simone Rutigliano, Rebecca Zen e Massimo Pugliese per la Sezione HDEMIA; Federica Sutti, Gianna Parisse, Marco Chiazzolino per la Sezione Scultura e Installazione; Enrico Antonello, Tsamani Tovar Nino e Valentina Gelain per la Sezione Video, Performance e Nuove tecnologie.
La Sezione Pittura e Grafica presenta una pluralità di voci che riflettono sulle molteplici possibilità del gesto creativo. Tra queste spicca Eleonora Rinaldi, con il lavoro I would let this sweetness kill me, che esplora il dialogo ipnotico tra una figura femminile e una chimera. Con colori accesi e un segno veloce, la tela si carica di tensione emotiva, lasciando emergere i segreti che, narrati dalla chimera, traspaiono icasticamente dal corpo della protagonista, che li ascolta e li assorbe. Parallelamente, Rovers Malaj si concentra su frammenti di storia dimenticati, mescolando immagini storiche e invenzioni curiose del passato. Nel dipinto Reparto speciale, dedicato ai piccioni viaggiatori e all’invenzione di Julius Neubronner, la realtà si intreccia con l’immaginazione, dando vita a una riflessione sull’ingegno umano e sulla capacità di reinventare il passato.
Per la Sezione Fotografia, l’opera di Pei Shan Lee invita lo spettatore a immergersi in una dimensione onirica e surreale. Originaria di Taiwan e residente a Venezia, l’artista costruisce immagini che sfidano le convenzioni dell’esperienza umana, intrecciando suggestioni tratte dal cinema di Terayama Shūji con un linguaggio visivo in cui forma e narrazione si fondono. La sua poetica esplora la vulnerabilità del corpo e la complessità dei legami con la realtà, dando vita a spazi eterotopici dove si muovono entità leggere, sospese tra realtà e oblio, in un flusso atemporale che trascende i confini dell’esperienza ordinaria.
La Sezione Scultura e Installazione rivela prospettive materiali e simboliche attraverso l’opera di Federica Sutti, che con Corpus Hominis trasforma l’ostia eucaristica in metafora del corpo umano contaminato dalla plastica. La scelta dei materiali, una miscela di micro e macroplastiche, carica l’opera di un significato ecologico e sociale, spingendo lo spettatore a riflettere sul legame tra tradizione e modernità. Gianna Parisse, invece, con Mundus patet, intreccia memoria personale e ricerca visiva. Il progetto nasce dalla devastazione del terremoto del 2016, che ha segnato profondamente la sua vita. Attraverso frammenti di oggetti e paesaggi, l’artista esplora il legame indissolubile tra luoghi, corpi e storie, creando una narrazione intima e universale che connette passato e presente.
Nella Sezione Video, Performance e Nuove tecnologie, Enrico Antonello presenta Points of View, un’opera che gioca con opposti e ossimori attraverso l’uso di tecnologia contemporanea. L’installazione, realizzata con LED, plexiglass e cablaggi, invita il pubblico a riflettere sulla natura trasformativa delle parole e delle immagini, rivelando come ogni prospettiva possa generare nuove visioni e significati. Il lavoro diventa così un atto di partecipazione attiva, dove lo spettatore è chiamato a scegliere il proprio punto di osservazione, trasformando il modo in cui percepiamo e abitiamo il presente.
Nella Sezione HDEMIA, rivolta agli studenti di Belle Arti, Massimo Pugliese propone una ricerca radicata nell’importanza del segno e nella fruizione lenta delle immagini. Le sue opere, realizzate con tecniche antiche come la punta d’argento e l’inchiostro di china, evocano atmosfere indefinibili, dove figure e segni si fondono in ambientazioni naturali. I boschi e le foreste, ricorrenti nei suoi lavori, diventano luoghi di protezione e introspezione, spazi sacri dove il disegno si manifesta come atto primordiale e rinascita di idee ancora in divenire. L’opera presentata, un polittico modulare, invita a riflettere sull’interazione tra immagine e contesto.
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