Vasco Bendini. Gesto e materia
Dal 05 Giugno 2022 al 30 Settembre 2022
Venezia
Luogo: ACP - PALAZZO FRANCHETTI
Indirizzo: San Marco 2842
Orari: Mer - Lun 10 - 18 | Mar chiuso
Costo del biglietto: 5 €
Telefono per informazioni: +39 333 1012415
E-Mail info: office@acp-palazzofranchetti.com
Sito ufficiale: http://www.acp-palazzofranchetti.com
Nell'anno del centenario della nascita di Vasco Bendini, celebrato da un'ampia retrospettiva in corso alla GNAM - Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma e dopo una lunga assenza nella città lagunare, Galleria d'Arte Maggiore g.a.m. in collaborazione con ACP - Art Capital Partners Palazzo Franchetti riporta a Venezia l'arte di Bendini, dopo la sua ultima apparazione avvenuta alla Biennale del 1972, curata da Renato Barilli e Francesco Arcangeli.
Un'occasione per riscoprire la multiforme produzione di un artista instancabile nel perpetuare con i mezzi espressivi più diversificati una ricerca espressiva eclettica, ma sempre alimentata dalla volontà di approfondire la dimensione conoscitiva del proprio essere. Bendini è un anticipatore di tendenze, precursore dell'Informale e iniziatore dell'Arte Povera.
La mostra tramite una selezione di opere che parte dagli anni Cinquanta, il periodo Informale, passando per gli anni Sessanta, segue l'evolversi della ricerca di Bendini che arriva a lambire l'arte performativa per non fermarsi davanti alla sfida della polimatericità nelle decadi successive. Vasco Bendini (Bologna 1922 – Roma 2015) è il protagonista di un percorso artistico che lo vede sovente come precursore. È un itinerario che cela la sua coerenza andando di volta in volta ad indagare la presenza di immagini che si rivelano attraverso un instancabile e pioneristico rinnovamento di tecniche e linguaggi. Tra il 1941 ed il 1942 Vasco Bendini frequenta l'Accademia di Belle Arti a Bologna, dove ha per maestri Giorgio Morandi e Virgilio Guidi. È dalla loro lezione che l'artista muove i primi verso una pittura Metafisica, ma l'elemento figurativo si sfalderà in senso astratto già dal 1948, sotto la corrosività di un gesto irruento che si accompagnerà presto ad una matericità capace di indagare, nella molteplicità delle sue forme, il potere rivelatore della luce. La progressione verso uno sfaldamento dell'immagine insegue le suggestioni suggerite dalle teorie della moderna fisica quantistica secondo le quali la nostra percezione della realtà sottoforma di materia non è altro che una traccia illusoria di composti mobili, fatti di onde e particelle. La progressiva disgregazione formale che si rileva nelle opere di Bendini si fa portavoce di questa riflessione: a partire dal 1950 i cromatismi diventano liquidi, la pittura si espande nebulosa, guidando lo spettatore verso la presenza di volti e corpi sempre più smaterializzati e fluttuanti fino a sfociare, tra il 1958 ed il 1959, verso quella temperie dell'Informale italiano di cui Bendini è uno dei maestri. Dell'immagine scompare la possibilità di una sua lettura diretta, ma insita entro il linguaggio visivo dell'artista, è la presenza costante di una figurazione flagrante, eppure tutta da svelare. Le opere presentate in mostra coprono un arco che va dal 1958 al 1970: alcune di esse sono significative della sua fase Informale, altre introducono il discorso oggettuale di inizio anni Sessanta, quando l'instancabile ricerca dell'autore comincia a dimostrare una certa sensibilità nella precoce determinazione di quei linguaggi successivamente definiti come Arte Povera di cui Bendini si rivela anticipatore. Come ricorda Barilli, i materiali “poveri” aggregati alle tele di Bendini in questa fase, posti in equilibrio con quelli di tradizionale origine pittorica, il gusto Funk per i rifiuti, che aveva contrassegnato il finire degli anni '60 viene mantenuto e forse potenziato nel decennio degli anni Settanta con gli “oggetti trovati” sul tipo dei contenitori di uova e lembi di stoffe contorte e spiegazzate, quasi che fosse lo strato della pasta pittorica a contorcersi e divincolarsi. Spinta dall'urgenza di una ricerca identitaria, “spirito e materia”, “pensiero e sensi” per usare le descrizioni di Maurizio Calvesi, l'arte di Bendini conoscerà i vocabolari e le tecniche più svariate. Accompagnato dalla penna di critici illustri quali Argan, Barilli, Arcangeli e Calvesi, l'artista ottiene nel 1964 una sala personale alla 32. La Biennale di Venezia, cui ne seguirà una alla 36. La Biennale di Venezia (1972). È del 1968 la sua prima antologica, ad inaugurare un'attività intensa che si protrarrà fino al 2015, l'anno della fine di una lunga carriera dedicata ad una ricerca sempre volta a sondare in profondità l'inafferabile entità della propria essenza. Presentando opere realizzate tra 1958 e il 1970, questa mostra offre la possibilità di conoscere da vicino l'evoluzione artistica di uno dei grandi precursori dell'arte di avanguardia.
Un'occasione per riscoprire la multiforme produzione di un artista instancabile nel perpetuare con i mezzi espressivi più diversificati una ricerca espressiva eclettica, ma sempre alimentata dalla volontà di approfondire la dimensione conoscitiva del proprio essere. Bendini è un anticipatore di tendenze, precursore dell'Informale e iniziatore dell'Arte Povera.
La mostra tramite una selezione di opere che parte dagli anni Cinquanta, il periodo Informale, passando per gli anni Sessanta, segue l'evolversi della ricerca di Bendini che arriva a lambire l'arte performativa per non fermarsi davanti alla sfida della polimatericità nelle decadi successive. Vasco Bendini (Bologna 1922 – Roma 2015) è il protagonista di un percorso artistico che lo vede sovente come precursore. È un itinerario che cela la sua coerenza andando di volta in volta ad indagare la presenza di immagini che si rivelano attraverso un instancabile e pioneristico rinnovamento di tecniche e linguaggi. Tra il 1941 ed il 1942 Vasco Bendini frequenta l'Accademia di Belle Arti a Bologna, dove ha per maestri Giorgio Morandi e Virgilio Guidi. È dalla loro lezione che l'artista muove i primi verso una pittura Metafisica, ma l'elemento figurativo si sfalderà in senso astratto già dal 1948, sotto la corrosività di un gesto irruento che si accompagnerà presto ad una matericità capace di indagare, nella molteplicità delle sue forme, il potere rivelatore della luce. La progressione verso uno sfaldamento dell'immagine insegue le suggestioni suggerite dalle teorie della moderna fisica quantistica secondo le quali la nostra percezione della realtà sottoforma di materia non è altro che una traccia illusoria di composti mobili, fatti di onde e particelle. La progressiva disgregazione formale che si rileva nelle opere di Bendini si fa portavoce di questa riflessione: a partire dal 1950 i cromatismi diventano liquidi, la pittura si espande nebulosa, guidando lo spettatore verso la presenza di volti e corpi sempre più smaterializzati e fluttuanti fino a sfociare, tra il 1958 ed il 1959, verso quella temperie dell'Informale italiano di cui Bendini è uno dei maestri. Dell'immagine scompare la possibilità di una sua lettura diretta, ma insita entro il linguaggio visivo dell'artista, è la presenza costante di una figurazione flagrante, eppure tutta da svelare. Le opere presentate in mostra coprono un arco che va dal 1958 al 1970: alcune di esse sono significative della sua fase Informale, altre introducono il discorso oggettuale di inizio anni Sessanta, quando l'instancabile ricerca dell'autore comincia a dimostrare una certa sensibilità nella precoce determinazione di quei linguaggi successivamente definiti come Arte Povera di cui Bendini si rivela anticipatore. Come ricorda Barilli, i materiali “poveri” aggregati alle tele di Bendini in questa fase, posti in equilibrio con quelli di tradizionale origine pittorica, il gusto Funk per i rifiuti, che aveva contrassegnato il finire degli anni '60 viene mantenuto e forse potenziato nel decennio degli anni Settanta con gli “oggetti trovati” sul tipo dei contenitori di uova e lembi di stoffe contorte e spiegazzate, quasi che fosse lo strato della pasta pittorica a contorcersi e divincolarsi. Spinta dall'urgenza di una ricerca identitaria, “spirito e materia”, “pensiero e sensi” per usare le descrizioni di Maurizio Calvesi, l'arte di Bendini conoscerà i vocabolari e le tecniche più svariate. Accompagnato dalla penna di critici illustri quali Argan, Barilli, Arcangeli e Calvesi, l'artista ottiene nel 1964 una sala personale alla 32. La Biennale di Venezia, cui ne seguirà una alla 36. La Biennale di Venezia (1972). È del 1968 la sua prima antologica, ad inaugurare un'attività intensa che si protrarrà fino al 2015, l'anno della fine di una lunga carriera dedicata ad una ricerca sempre volta a sondare in profondità l'inafferabile entità della propria essenza. Presentando opere realizzate tra 1958 e il 1970, questa mostra offre la possibilità di conoscere da vicino l'evoluzione artistica di uno dei grandi precursori dell'arte di avanguardia.
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