Navi, squeri, traghetti da Jacopo de’ Barbari
Dal 23 Marzo 2013 al 12 Maggio 2013
Venezia
Luogo: Fondazione Querini Stampalia
Indirizzo: Castello 5252
Orari: da martedì a domenica 10-18
Telefono per informazioni: +39 041 2711441/ 339 8046499
E-Mail info: s.bossi@querinistampalia.org
Sito ufficiale: http://www.querinistampalia.it
La Querini Stampalia, dal 23 marzo al 12 maggio, fa rivivere il tempo in cui la Serenissima era “regina dei mari”.
La mostra Navi, squeri, traghetti da Jacopo de’ Barbari, realizzata grazie alla collaborazione e al sostegno di Società Duri i Banchi di Venezia, conduce lo spettatore dentro il brulichio di attività del porto e dei cantieri nautici, gli “squeri”. Nell’epoca d’oro dell’antica Repubblica erano numerosi, concentrati specialmente nel sestiere di Castello. Nascevano lì le imbarcazioni adatte ai fondali bassi della laguna: gondole, sandali, burci. I vascelli progettati per il mare aperto, dalle navi da carico alle galere da guerra che le scortavano, prendevano invece forma all’Arsenale. Quest’ultimo campeggia nella celeberrima veduta di Venezia a volo d’uccello del de’ Barbari, di cui la Fondazione possiede uno dei primi esemplari. La pianta lo disegna com’era nell’anno 1500 con le tese, i bacini, le torri e le mura che ancora in parte lo cingono. Proteggevano la flotta e i segreti dell’organizzazione formidabile del cantiere di Stato, che fu la fabbrica più imponente dell’Europa medioevale.
Nei versi dell’Inferno Dante Alighieri evoca il fervore del lavoro all’Arsenale, per rendere l’idea della concitazione di Malebolge: “Quale ne l’arzanà de’ Viniziani / bolle l’inverno la tenace pece / a rimpalmare i legni lor non sani, / ché navicar non ponno – in quella vece / chi fa suo legno novo e chi ristoppa / le coste a quel che più viaggi fece; / chi ribatte da prora e chi da poppa; altri fa remi e altri volge sarte... ”.
Proiettati alle pareti, i dettagli suggestivi della carta, con le rive piene di vita, i mercantili numerosi alla fonda intorno alla Dogana, il traffico in Canal Grande, le scene di regata, daranno la sensazione di muoversi nella Venezia marinara di Jacopo. Sarà una scoperta appassionante confrontarli con le riproduzioni virtuali di altre stampe, di dipinti e rintracciarli nell’incisione originale. È una sbalorditiva xilografia in sei tavole, di quasi tre metri di larghezza per un metro e mezzo d’altezza, considerata fin dall’inizio, per le qualità estetiche e la padronanza della prospettiva, un capolavoro della storia della cartografia. L’esemplare della Querini risale al primo stato: porta la data in numeri romani MD e il campanile faro di San Marco vi compare ancora privo di cuspide.
L’affiancano, restaurate, altre opere, tratte dalla spettacolare miscellanea “Arsenale di Venezia e Marina”, pressoché inedita, patrimonio anch’essa della Fondazione. È una raccolta di centoquarantadue tra acquerelli, disegni preparatori a penna, acqueforti, bulini. Spiccano per valore documentaristico, ma anche per l’eccellenza artistica, i disegni della Pianta a colori dell’Arsenale, delineata dal perito Filippo
Rossi nel 1776. Vi sono raffigurati tutti i settori di attività del cantiere, dal punto di raccolta dei roveri allo squero delle galeazze. Straordinarie immagini di naviglio veneziano sono riunite in Navi o vascelli di Vincenzo Maria Coronelli, pubblicato nel 1697.
La miniatura di una buzonavis dal Capitulare Nauticum del XIII Secolo è fra le prime raffigurazioni di quel tipo d’imbarcazione duecentesca, dalla caratteristica forma circolare.
Chiude idealmente l’esposizione, la Commedia dantesca, aperta su quel Canto XXI dell’Inferno che descrive l’Arzanà, nella prestigiosa edizione veneziana commentata da Cristoforo Landini. È del 1491, l’anno prima della scoperta dell’America, che avrebbe segnato la fine di un mondo e, con esso, della Venezia ancora trionfante della pianta di Jacopo de’ Barbari.
L’esposizione è a cura di Cristina Celegon e Angela Munari, con la consulenza scientifica di Guglielmo Zanelli.
Progettazione multimediale e allestimento “happytobehappywith”. Ad accompagnare la mostra è il volume Navi, squeri, traghetti da Jacopo de’ Barbari, curato da Guglielmo Zanelli, con prefazione di Giovanni Sarpellon, edito dal Centro Internazionale della Grafica.
La mostra è realizzata grazie alla Società Duri i Banchi di Venezia. Un rapporto, quello con la Fondazione Querini Stampalia, che segna l’inizio di una collaborazione finalizzata alla valorizzazione del patrimonio culturale, sociale e umano di Venezia, come previsto dallo statuto della storica Società, che quest’anno compie centodieci anni.
Il 22 marzo, alle 18, si terrà un incontro di presentazione della mostra, a cui interverranno:
Marino Cortese, Presidente Fondazione Querini Stampalia; Giovanni Sarpellon, Presidente Centro Internazionale della Grafica; Cristina Celegon, Fondazione Querini Stampalia; Vladimiro Valerio, professore ordinario di geometria descrittiva e prospettica; Guglielmo Zanelli, curatore del volume Navi, squeri, traghetti da Jacopo de’ Barbari.
La mostra Navi, squeri, traghetti da Jacopo de’ Barbari, realizzata grazie alla collaborazione e al sostegno di Società Duri i Banchi di Venezia, conduce lo spettatore dentro il brulichio di attività del porto e dei cantieri nautici, gli “squeri”. Nell’epoca d’oro dell’antica Repubblica erano numerosi, concentrati specialmente nel sestiere di Castello. Nascevano lì le imbarcazioni adatte ai fondali bassi della laguna: gondole, sandali, burci. I vascelli progettati per il mare aperto, dalle navi da carico alle galere da guerra che le scortavano, prendevano invece forma all’Arsenale. Quest’ultimo campeggia nella celeberrima veduta di Venezia a volo d’uccello del de’ Barbari, di cui la Fondazione possiede uno dei primi esemplari. La pianta lo disegna com’era nell’anno 1500 con le tese, i bacini, le torri e le mura che ancora in parte lo cingono. Proteggevano la flotta e i segreti dell’organizzazione formidabile del cantiere di Stato, che fu la fabbrica più imponente dell’Europa medioevale.
Nei versi dell’Inferno Dante Alighieri evoca il fervore del lavoro all’Arsenale, per rendere l’idea della concitazione di Malebolge: “Quale ne l’arzanà de’ Viniziani / bolle l’inverno la tenace pece / a rimpalmare i legni lor non sani, / ché navicar non ponno – in quella vece / chi fa suo legno novo e chi ristoppa / le coste a quel che più viaggi fece; / chi ribatte da prora e chi da poppa; altri fa remi e altri volge sarte... ”.
Proiettati alle pareti, i dettagli suggestivi della carta, con le rive piene di vita, i mercantili numerosi alla fonda intorno alla Dogana, il traffico in Canal Grande, le scene di regata, daranno la sensazione di muoversi nella Venezia marinara di Jacopo. Sarà una scoperta appassionante confrontarli con le riproduzioni virtuali di altre stampe, di dipinti e rintracciarli nell’incisione originale. È una sbalorditiva xilografia in sei tavole, di quasi tre metri di larghezza per un metro e mezzo d’altezza, considerata fin dall’inizio, per le qualità estetiche e la padronanza della prospettiva, un capolavoro della storia della cartografia. L’esemplare della Querini risale al primo stato: porta la data in numeri romani MD e il campanile faro di San Marco vi compare ancora privo di cuspide.
L’affiancano, restaurate, altre opere, tratte dalla spettacolare miscellanea “Arsenale di Venezia e Marina”, pressoché inedita, patrimonio anch’essa della Fondazione. È una raccolta di centoquarantadue tra acquerelli, disegni preparatori a penna, acqueforti, bulini. Spiccano per valore documentaristico, ma anche per l’eccellenza artistica, i disegni della Pianta a colori dell’Arsenale, delineata dal perito Filippo
Rossi nel 1776. Vi sono raffigurati tutti i settori di attività del cantiere, dal punto di raccolta dei roveri allo squero delle galeazze. Straordinarie immagini di naviglio veneziano sono riunite in Navi o vascelli di Vincenzo Maria Coronelli, pubblicato nel 1697.
La miniatura di una buzonavis dal Capitulare Nauticum del XIII Secolo è fra le prime raffigurazioni di quel tipo d’imbarcazione duecentesca, dalla caratteristica forma circolare.
Chiude idealmente l’esposizione, la Commedia dantesca, aperta su quel Canto XXI dell’Inferno che descrive l’Arzanà, nella prestigiosa edizione veneziana commentata da Cristoforo Landini. È del 1491, l’anno prima della scoperta dell’America, che avrebbe segnato la fine di un mondo e, con esso, della Venezia ancora trionfante della pianta di Jacopo de’ Barbari.
L’esposizione è a cura di Cristina Celegon e Angela Munari, con la consulenza scientifica di Guglielmo Zanelli.
Progettazione multimediale e allestimento “happytobehappywith”. Ad accompagnare la mostra è il volume Navi, squeri, traghetti da Jacopo de’ Barbari, curato da Guglielmo Zanelli, con prefazione di Giovanni Sarpellon, edito dal Centro Internazionale della Grafica.
La mostra è realizzata grazie alla Società Duri i Banchi di Venezia. Un rapporto, quello con la Fondazione Querini Stampalia, che segna l’inizio di una collaborazione finalizzata alla valorizzazione del patrimonio culturale, sociale e umano di Venezia, come previsto dallo statuto della storica Società, che quest’anno compie centodieci anni.
Il 22 marzo, alle 18, si terrà un incontro di presentazione della mostra, a cui interverranno:
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