ARTE DEL VEDERE. Manifesti e occhiali dalle Collezioni Salce e Stramare
Dal 18 Maggio 2024 al 06 Ottobre 2024
Treviso
Luogo: Museo nazionale Collezione Salce
Indirizzo: Via Carlo Alberto 31
Curatori: Elisabetta Pasqualin e Michele Vello
Enti promotori:
- Con il patrocinio di Provincia di Treviso e Comune di Treviso
Costo del biglietto: Biglietto intero due sedi € 9 | intero una sede € 7 | agevolato € 2 (giovani dai 18 ai 25 anni) | gratuito fino ai 18 anni Ingresso gratuito la prima domenica del mese
E-Mail info: drm-ven.collezionesalce@cultura.gov.it
Il Museo nazionale Collezione Salce, in collaborazione con Punti di Vista, organizza, da sabato 18 maggio a domenica 6 ottobre 2024, l’esposizione Arte del Vedere. Manifesti e occhiali dalle Collezioni Salce e Stramare, a cura di Elisabetta Pasqualin e Michele Vello, con la collaborazione di Mariachiara Mazzariol. La mostra, allestita nell’ex chiesa di Santa Margherita, a Treviso, esplora il mondo dell’occhiale attraverso due piani di lettura: la rappresentazione, mediante i manifesti pubblicitari della collezione Salce, e la forma, grazie agli occhiali storici della collezione Stramare.
Arte del Vedere è un ideale dialogo tra due collezionisti e le loro passioni. Le policrome visioni di carta dei manifesti di Ferdinando Salce, accanto alle mille declinazioni del tondo degli occhiali di Lucio Stramare. Ed è anche la prima volta che il Museo Salce pone il suo inestimabile patrimonio grafico a complemento del design, in un continuum di rappresentazioni di forme che vanno dal Cinquecento fino agli anni Cinquanta del Novecento.
Il visitatore può divertirsi a confrontare gli occhiali con la loro raffigurazione, che si fa astratta o puntuale a seconda della mano dell’illustratore e dello stile proprio di ogni epoca. Gli occhiali dei manifesti, raramente e tardi oggetto di pubblicità diretta, diventano protagonisti, come ornamento funzionale: sottolineano espressioni, acuiscono gestualità ed esaltano lo status sociale di chi li indossa.
Non è casuale la scelta di allestire questa mostra a Treviso. Un filo sottile lega la città agli occhiali, nello specifico nella loro rappresentazione. Nel 1352 Tommaso da Modena, già autore delle storie di Sant’Orsola un tempo proprio a Santa Margherita, affresca la Sala del Capitolo dei Domenicani nel convento di San Nicolò. Nella lunga teoria di prelati, uno in particolare colpisce il nostro sguardo, perché indossa un paio di occhiali: la più antica testimonianza iconografica di questo oggetto, che il Museo Salce intende celebrare con un’esposizione che combina l’illustrazione al design, lì dove tutto “visivamente” ebbe inizio.
A firmare i manifesti esposti in mostra, nomi noti del cartellonismo prima e della grafica progettata poi, non solo italiani.
L’euforica Belle Époque mette in scena maliziose figure femminili scrutate da ambigui monocoli: ne sono esempi La vedova Allegra, capolavoro ancora pittorico di Leopoldo Metlicovitz (1907), ma anche Absinthe Pernot (1900), cartello “avant la lettre” del più sintetico e aggiornato Cappiello. Accanto a loro, dandy decisamente alla moda indossano lenti, più come vezzo che in funzione di protesi: l’ironico tratto di Luciano Mauzan propone la parodia di un moderno Petronio (1915), arbiter elegantiae per un omonimo marchio di calzature; o il raffinato manifesto Zeda (1923), con una figura precocemente all gender, creata da un giovane Erberto Carboni nella sua fase eclettico-déco. Artisti meno conosciuti sorprendono: Luigi Enrico Caldanzano con immagini notturne, quasi oniriche e simboliste, che ben si adattano alle inquietanti Lenti radioattive (1912-1915) da promuovere, o Golia (Eugenio Colmo), la cui vena caricaturale disegnerà “il cinesino dalle lenti scure”. Accompagnerà, con le sue evoluzioni grafiche, una nota marca di ottici torinesi per molti anni a venire.
Binomio vincente è quello tra occhiali e velocità: occhiali da protezione, non certo da vista, per gli automobilisti alla guida di bolidi rosso fiammante, con prove d’autore come l’innovativo Dunlop di Marcello Dudovich (1908). E in bella evidenza, a cingere il casco delle seducenti motocicliste di Plinio Codognato (Moto Bianchi 1920-25, Gilera 1929), con un’esplicita associazione tra donna e prodotto, tutta a favore del male gaze dilagante.
L’occhiale da sole fa la sua comparsa solo più tardi e al cinema, qui in mostra indossato dall’inarrivabile icona di stile Grace Kelly in Caccia al ladro (1955), di cui si espone la locandina per l’uscita italiana del film. E dal cinema, le lenti scure su montature alla moda, invadono i manifesti turistici (con i maestri del genere: Mario Puppo e Franz Lenhart), arricchendo di glamour spiagge assolate e modernissime piste da sci. L’affisso si riduce nelle dimensioni, diventa locandina o espositore da banco: soprattutto è parte di una strategia comunicativa più complessa, in cui il prodotto da promuovere si etichetta, si imballa, si anima. La grafica è totalmente rinnovata, innamorata dell’America, delle sue forme, dei suoi colori. Sono arrivati gli anni Cinquanta.
Sicuramente inediti sono i manifesti dell’Associazione nazionale per la prevenzione degli Infortuni, dal 1926 trasformata in ente, con una serie di tavole graficamente ingenue, basate su una comunicazione emotiva, dai toni cupi e minacciosi, con escamotage da rotocalco illustrato.
Da segnalare una rara pagina pubblicitaria con una filastrocca di Trilussa, scrittore spesso prestato alla pubblicità, qui autore di un giocoso bodycopy per la promozione delle Lenti Salmoiraghi.
Tre sono le sezioni dell’esposizione, che rappresentano un percorso cronologico nell’evoluzione delle forme del vedere. Dalle prime rudimentali creazioni dove il dispositivo era ancora tenuto in mano o fissato al volto con dei cordini di spago, all’invenzione delle aste nel Settecento, che ha segnato la svolta formale di un oggetto che ci accompagna nella vita di tutti i giorni. Non mancano le curiosità, perché almeno fino al primo decennio del Novecento coesistevano, accanto agli occhiali veri e propri, altre forme, come i vezzosi ed elaborati fassamani e i pince-nez di cavouriana memoria. Lo stile di vita e il progresso industriale cambiano il design dell’occhiale, e ciò è ben rappresentato dai dettagli ai limiti dell’oreficeria negli anni Trenta, i colori degli anni Quaranta e le indimenticabili forme “a gatto” degli anni Cinquanta. Di grande interesse per gli amanti del design è la teca dedicata agli occhiali speciali e da lavoro, dalle fogge talvolta improbabili ma efficaci nell’accordo tra forma, funzione e studio dei materiali: quelli preziosi come oro e argento; quelli naturali come corno, tartaruga, legno e pelle; fino ai primi ritrovati dell’industria chimica come la bachelite e la celluloide.
A completare il percorso espositivo c’è il significativo contributo del design dell’occhiale contemporaneo, rappresentato dalla selezione dei migliori project work degli allievi dell’ITS eyewear product manager. Il corso, promosso dalla Fondazione ITS Cosmo di Padova e l’ente Certottica di Longarone, intende formare i progettisti dell’occhiale del domani. Gli elaborati esposti in questa sede rappresentano un ponte tra passato e futuro attraverso i linguaggi complementari della grafica e del design. E in sintonia con lo spirito con cui Nando Salce ha ritenuto di affidare la sua raccolta allo Stato italiano: «perché serva in scuole e accademie a studio e conoscenza di studenti, praticanti e amatori delle arti grafiche».
Arte del Vedere è un ideale dialogo tra due collezionisti e le loro passioni. Le policrome visioni di carta dei manifesti di Ferdinando Salce, accanto alle mille declinazioni del tondo degli occhiali di Lucio Stramare. Ed è anche la prima volta che il Museo Salce pone il suo inestimabile patrimonio grafico a complemento del design, in un continuum di rappresentazioni di forme che vanno dal Cinquecento fino agli anni Cinquanta del Novecento.
Il visitatore può divertirsi a confrontare gli occhiali con la loro raffigurazione, che si fa astratta o puntuale a seconda della mano dell’illustratore e dello stile proprio di ogni epoca. Gli occhiali dei manifesti, raramente e tardi oggetto di pubblicità diretta, diventano protagonisti, come ornamento funzionale: sottolineano espressioni, acuiscono gestualità ed esaltano lo status sociale di chi li indossa.
Non è casuale la scelta di allestire questa mostra a Treviso. Un filo sottile lega la città agli occhiali, nello specifico nella loro rappresentazione. Nel 1352 Tommaso da Modena, già autore delle storie di Sant’Orsola un tempo proprio a Santa Margherita, affresca la Sala del Capitolo dei Domenicani nel convento di San Nicolò. Nella lunga teoria di prelati, uno in particolare colpisce il nostro sguardo, perché indossa un paio di occhiali: la più antica testimonianza iconografica di questo oggetto, che il Museo Salce intende celebrare con un’esposizione che combina l’illustrazione al design, lì dove tutto “visivamente” ebbe inizio.
A firmare i manifesti esposti in mostra, nomi noti del cartellonismo prima e della grafica progettata poi, non solo italiani.
L’euforica Belle Époque mette in scena maliziose figure femminili scrutate da ambigui monocoli: ne sono esempi La vedova Allegra, capolavoro ancora pittorico di Leopoldo Metlicovitz (1907), ma anche Absinthe Pernot (1900), cartello “avant la lettre” del più sintetico e aggiornato Cappiello. Accanto a loro, dandy decisamente alla moda indossano lenti, più come vezzo che in funzione di protesi: l’ironico tratto di Luciano Mauzan propone la parodia di un moderno Petronio (1915), arbiter elegantiae per un omonimo marchio di calzature; o il raffinato manifesto Zeda (1923), con una figura precocemente all gender, creata da un giovane Erberto Carboni nella sua fase eclettico-déco. Artisti meno conosciuti sorprendono: Luigi Enrico Caldanzano con immagini notturne, quasi oniriche e simboliste, che ben si adattano alle inquietanti Lenti radioattive (1912-1915) da promuovere, o Golia (Eugenio Colmo), la cui vena caricaturale disegnerà “il cinesino dalle lenti scure”. Accompagnerà, con le sue evoluzioni grafiche, una nota marca di ottici torinesi per molti anni a venire.
Binomio vincente è quello tra occhiali e velocità: occhiali da protezione, non certo da vista, per gli automobilisti alla guida di bolidi rosso fiammante, con prove d’autore come l’innovativo Dunlop di Marcello Dudovich (1908). E in bella evidenza, a cingere il casco delle seducenti motocicliste di Plinio Codognato (Moto Bianchi 1920-25, Gilera 1929), con un’esplicita associazione tra donna e prodotto, tutta a favore del male gaze dilagante.
L’occhiale da sole fa la sua comparsa solo più tardi e al cinema, qui in mostra indossato dall’inarrivabile icona di stile Grace Kelly in Caccia al ladro (1955), di cui si espone la locandina per l’uscita italiana del film. E dal cinema, le lenti scure su montature alla moda, invadono i manifesti turistici (con i maestri del genere: Mario Puppo e Franz Lenhart), arricchendo di glamour spiagge assolate e modernissime piste da sci. L’affisso si riduce nelle dimensioni, diventa locandina o espositore da banco: soprattutto è parte di una strategia comunicativa più complessa, in cui il prodotto da promuovere si etichetta, si imballa, si anima. La grafica è totalmente rinnovata, innamorata dell’America, delle sue forme, dei suoi colori. Sono arrivati gli anni Cinquanta.
Sicuramente inediti sono i manifesti dell’Associazione nazionale per la prevenzione degli Infortuni, dal 1926 trasformata in ente, con una serie di tavole graficamente ingenue, basate su una comunicazione emotiva, dai toni cupi e minacciosi, con escamotage da rotocalco illustrato.
Da segnalare una rara pagina pubblicitaria con una filastrocca di Trilussa, scrittore spesso prestato alla pubblicità, qui autore di un giocoso bodycopy per la promozione delle Lenti Salmoiraghi.
Tre sono le sezioni dell’esposizione, che rappresentano un percorso cronologico nell’evoluzione delle forme del vedere. Dalle prime rudimentali creazioni dove il dispositivo era ancora tenuto in mano o fissato al volto con dei cordini di spago, all’invenzione delle aste nel Settecento, che ha segnato la svolta formale di un oggetto che ci accompagna nella vita di tutti i giorni. Non mancano le curiosità, perché almeno fino al primo decennio del Novecento coesistevano, accanto agli occhiali veri e propri, altre forme, come i vezzosi ed elaborati fassamani e i pince-nez di cavouriana memoria. Lo stile di vita e il progresso industriale cambiano il design dell’occhiale, e ciò è ben rappresentato dai dettagli ai limiti dell’oreficeria negli anni Trenta, i colori degli anni Quaranta e le indimenticabili forme “a gatto” degli anni Cinquanta. Di grande interesse per gli amanti del design è la teca dedicata agli occhiali speciali e da lavoro, dalle fogge talvolta improbabili ma efficaci nell’accordo tra forma, funzione e studio dei materiali: quelli preziosi come oro e argento; quelli naturali come corno, tartaruga, legno e pelle; fino ai primi ritrovati dell’industria chimica come la bachelite e la celluloide.
A completare il percorso espositivo c’è il significativo contributo del design dell’occhiale contemporaneo, rappresentato dalla selezione dei migliori project work degli allievi dell’ITS eyewear product manager. Il corso, promosso dalla Fondazione ITS Cosmo di Padova e l’ente Certottica di Longarone, intende formare i progettisti dell’occhiale del domani. Gli elaborati esposti in questa sede rappresentano un ponte tra passato e futuro attraverso i linguaggi complementari della grafica e del design. E in sintonia con lo spirito con cui Nando Salce ha ritenuto di affidare la sua raccolta allo Stato italiano: «perché serva in scuole e accademie a studio e conoscenza di studenti, praticanti e amatori delle arti grafiche».
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