Le OGR si svelano per l'estate
Dal 22 Giugno 2018 al 18 Ottobre 2018
Torino
Luogo: OGR – Officine Grandi Riparazioni
Indirizzo: corso Castelfidardo 22
Mostre, concerti e cultura: questa la ricca offerta della prima stagione estiva delle OGR di Torino, guidate dal Presidente Fulvio Gianaria, dal Direttore Generale Massimo Lapucci e dal Direttore Artistico Nicola Ricciardi.
Si parte domani, venerdì 22 giugno, con “OGR is more: l’estate si snoda qui”, una giornata a porte aperte in cui vivere le OGR a 360°: apertura alle 7.00 del mattino, momento in cui i cancelli di Corso Castelfidardo 22 si aprono al pubblico e da Snodo inizia il servizio della colazione, e chiusura alle 2.00 del mattino successivo. Dalle 19.00 la serata sarà accompagnata dal live dei Materianera, invitati a intrattenere il pubblico con un dj-set.
Durante le 19 ore di apertura si avvicenderanno mostre, appuntamenti, incontri e visite guidatealla scoperta della programmazione artistica, a partire dall’opening della videoinstallazione Reverse angle di Davide Ferrario, che mostra un punto di vista originale sull’Altro. Ferrario ha commissionato ad alcuni migranti della comunità di Pecetto Torinese (TO) una serie di riprese effettuate con lo smartphone, rendendoli veri e propri autori.
Il video finale, montato su tre schermi, restituisce un imprevedibile e surreale affresco della nostra “quotidianità”. Durante il pomeriggio, un talk con l’artista approfondirà storia e contenuti dell’opera.
Venerdì 22 giugno sarà anche uno degli ultimi giorni per visitare la mostra Social facts, personale di Susan Hiller a cura di Barbara Casavecchia, che terminerà domenica 24 giugno. L’artista, una delle più influenti della sua generazione, è affascinata dal modo in cui la tecnologia determina la nostra percezione del mondo e da quanto Internet sia oggi un gigantesco archivio globale di racconti, storie e confessioni. Tra le diverse videoinstallazioni esposte spicca Illuminazioni (2018, 30 minuti), opera realizzata dall’artista inglese per le OGR: un susseguirsi di voci raccontano di esperienze misteriose e inspiegabili, in forma di incontri ravvicinati con fenomeni luminosi, accompagnate, sul grande schermo, da un flusso di immagini astratte nelle sfumature dell’azzurro turchese, un colore – cioè una lunghezza d’onda con la quale viaggia la luce – ai margini dello spettro del visibile.
Infine, Transnatural Shop sarà aperto straordinariamente fino alle 24 e Snodo sarà attivo tutto il giorno nei diversi spazi (bar, social table, bistrot, lounge, ristorante premium e dehors).
L’estate delle OGR prosegue il 12 luglio con l’inaugurazione della mostra Forgive me, distant wars, for bringing flowers home, la prima personale in un’istituzione italiana del trio di artisti Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian (di origine iraniana e residenti negli Emirati Arabi), a cura di Abaseh Mirvali. La mostra, che nasce come sviluppo del Premio OGR assegnato a Rokni Haerizadeh durante l’edizione 2017 di Artissima, offrirà l’occasione di avvicinarsi alla pratica artistica collaborativa e inclusiva dei tre artisti attraverso un importante allestimento site-specific.
Venerdì 13 luglio il grande jazz internazionale torna a risuonare nella suggestiva Sala Fucine conOGR Jazz Club: tre set con altrettanti protagonisti della musica d’autore, animeranno per una notte il palco delle ex officine. John De Leo Trio, Yamanaka Female Trio e Diego Borotti NU4tet si alterneranno in session dall’atmosfera vibrante, dando vita a una serata capace di coinvolgere gli appassionati del genere e attrarre il grande pubblico.
A partire da settembre, le OGR proporranno il meglio della musica africana contemporanea grazie alla rassegna Africa Now: tre concerti eccezionali con artisti di primo piano nel panorama musicale internazionale. Si parte sabato 22 settembre con Tony Allen & Jeff Mills, due giganti della musica afro, seguiti venerdì 5 ottobre da Amadou & Mariam, la coppia che fonde elementi di musica tradizionale maliana con il funky e il jazz, per concludere, venerdì 19 ottobre, Bombino, stella del desert blues, definito il nuovo Jimi Hendrix.
Si chiude così una prima ideale riflessione su alcuni dei temi che caratterizzano e scandiscono il nostro presente storico, quali la circolazione dei popoli, il principio dell’accoglienza, la percezione dell’Altro. Dalle visioni dei giovani migranti africani di Pecetto Torinese alle sonorità che nascono nel Sahara per poi diventare globali – passando dai miraggi degli esulti allegorici dei fratelli Haerizadeh e di Hesam Rahmanian – le OGR si pongono come piattaforma per affrontare questioni di attualità politica e sociale su un piano propriamente culturale – offrendo e ibridando punti di vista eterogenei nella forma, nella prospettiva e nel linguaggio espressivo: dal cinema alla musica passando per le arti visive. Le OGR mirano così a consolidare la propria missione – reiterata anche nell’apertura prolungata e gratuita di domani – di porsi come luogo votato all’inclusività e allo scambio, un porto aperto all’idee e alle persone, dove la cultura prima ancora che un contenuto è uno stimolo, una sollecitazione del pensiero.
REVERSE ANGLE
Un progetto di Davide Ferrario
Binario 2
Da venerdì 22 giugno a domenica 2 settembre 2018
Dal 22 giugno al 2 settembre 2018, il Binario 2 delle OGR di Torino ospita Reverse Angle, la prima mostra personale del regista cinematografico Davide Ferrario.
Il progetto viene presentato alle OGR in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato e si presenta come un imponente lavoro video su 3 schermi. Nel Binario 2 si avrà modo di esplorare un tema attuale come quello dei migranti e, più in generale, dell’Altro, partendo da una prospettiva inedita e dando vita a un’idea semplice: cambiare punto di vista guardando la vita, i fatti e le persone da un’angolatura differente, quella dell’altro. Reverse Angle – termine che in gergo cinematografico indica il controcampo – parte dall’incontro quasi casuale del regista con un gruppo di giovani migranti africani residenti nel paese in cui abita, Pecetto Torinese (TO). Colpito dall’attenzione dei giovani verso i loro telefonini, una sorta di cordone ombelicale che permette loro di dialogare con le comunità di origine, Ferrario ha commissionato ai ragazzi una serie di riprese effettuate da ciascuno con uno smartphone. Tema: la vita quotidiana degli italiani. Per una volta, si chiede loro come vedono noi. Gli autori sono migranti con provenienze e storie personali profondamente diverse, e sono dunque portatori di punti di vista molto differenti tra loro. Dal lavoro emerge l’insostenibile leggerezza dell’Occidente, come definita dallo stesso regista. Senza interviste e senza parole, senza pretese sociologiche o morali, solo immagini, suoni e situazioni quotidiane che si tramutano, nel montaggio su tre schermi, in un surreale affresco delle nostre azioni consuete. Con questo lavoro il regista Davide Ferrario realizza una nuova incursione nell’arte, alla ricerca di nuove vie per un cinema che si esprime sempre più al di fuori dalle sale cinematografiche.
Immagini girate da:
Siaka Konate, Adama Kone, Abubakar Jalloh, Ismaila Sarr, Lamine Mohamed Toure e da Zidane Awal, Sano Bouare, Nouhoum Coulibaly, Lassana Diawara, Sidiki Dore, Souleymane Diarra, Mohamed Fofana, Mustapha Fofana, Ousmane Fofana, Bocar Ka,Ibrahima Kamissoko, Alexis Kandety, Saliou Kante, Sidiky Keita, Bakari Kone, Alex Osariemen, Abdoulaye Sacko, Mohamed Sako, Harouna Sane, Mohamed Sidibe, Seku Souare, Mohamed Traore, Seydou Traore.
Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian
Forgive me, distant wars, for bringing flowers home
a cura di Abaseh Mirvali
Binario 1
Dal 12 luglio al 30 settembre 2018
Dal 12 luglio al 30 settembre 2018 le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino presentanoForgive me, distant wars, for bringing flowers home, la prima mostra personale in un’istituzione italiana del trio di artisti Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian – artisti di origine iraniana residenti negli Emirati Arabi –, a cura di Abaseh Mirvali. La mostra nasce come sviluppo del Premio OGR assegnato a Rokni Haerizadeh durante l’edizione 2017 di Artissima.
Negli ultimi decenni Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian hanno condiviso una filosofia di vita incentrata sulla collaborazione creativa, grazie alla quale le loro pratiche individuali interagiscono e si arricchiscono reciprocamente sia dal punto di vista tecnico che linguistico ed espressivo. Da queste forme di dialogo intessute tra loro e con altri artisti, amici e collaboratori, i tre artisti hanno dato vita a un linguaggio personale che gli permette di lavorare su livelli diversi e stratificati sia dal punto di vista estetico che del contenuto. Consapevoli che la loro pratica non comprende solo ciò che producono direttamente, ma anche i contributi di altre persone – artisti, falegnami, allestitori, tecnici e light designer, per citare alcuni esempi – Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian rifiutano il concetto di “autorialità”, includendo nelle loro opere tutti coloro che diventano parte del loro processo creativo e produttivo: ognuno partecipa singolarmente alla realizzazione delle loro opere, condividendo con i tre artisti il proprio universo, il modo di pensare e il metodo di lavoro e dando vita in ogni occasione alla creazione di qualcosa di veramente nuovo sotto tutti i punti di vista. Per questo, con attitudine simile ai membri del gruppo Fluxus, Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian non considerano i loro lavori come opere d'arte vere e proprie: il senso del lavoro non sta nel risultato finale – abbia esso la forma di un oggetto, un disegno o di una performance video – ma nell'intero processo di esplorazione, evanescente ed effimero, che porta a quel risultato.
Forgive me, distant wars, for bringing flowers home si concentra dunque su questo aspetto processuale e inclusivo della pratica artistica del trio, svelandone in qualche modo il dietro le quinte. Parte integrante della loro pratica collaborativa è infatti la creazione di una serie di alter ego che permettono ai tre artisti di giocare con le loro identità individuali, lavorando su temi legati al linguaggio, allo spazio vuoto, al potere, alla trasformazione, all'appartenenza, al dislocamento, all'esilio, al dolore e alla distruzione. Le loro “creature” – come le definiscono – vivono in video documentari ma anche in performance video che costituiscono opere d'arte in sé: sono personaggi antropomorfi, fitomorfi o zoomorfi, con qualche tipo di limitazione sensoriale o motoria che, secondo gli artisti, permette loro di affinare gli altri sensi. Così, piccole persone con naso e orecchie da roditore, code di pesce o teste di lattuga diventano protagoniste in un mondo irreale che entra nel regno dello spettatore attraverso performance dal vivo o la presentazione fisica delle opere da loro realizzate. L'idea alla base della creazione di questi alter ego è quella di presentare i corpi degli artisti come ospiti di creature dal regno delle immagini, combinando le reciproche identità in un processo di fusione che permette alle creature di agire secondo i loro specifici bisogni. Reinterpretando la pratica dell'objet trouvé, quando sono creature, gli artisti selezionano, infatti, una serie di oggetti della vita quotidiana per raccontare la loro storia: oggetti logori, malconci o dimenticati vengono reinventati in un mondo parallelo dove acquisiscono nuovi significati, fornendo letture sottili, a volte opache, delle nostre società contemporanee.
Sebbene vogliano attirare l'attenzione sui grandi temi sociali che affliggono la contemporaneità (alcuni dei quali con conseguenze umane devastanti), Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian non cercano di trasmettere alcun messaggio morale allo spettatore: usando il meccanismo della citazione e della decontestualizzazione parlano dunque con apparente leggerezza di contenuti specifici, dal potenziale anche fortemente drammatico, costringendoci a rileggere e reinterpretare la realtà con nuovi occhi e una nuova consapevolezza. Nella serie di opere su carta Where is Waldo? e nei moving paintings From Sea To Dawn e Big Rock Candy Mountain, ad esempio, gli artisti costruiscono complessi racconti visivi appropriandosi di immagini tratte dai mass media: dopo aver scaricato e stampato migliaia di fotogrammi tratti da video di YouTube o da varie trasmissioni televisive – ad esempio documentari e immagini di quotidiani e riviste sulla crisi dei migranti e il conflitto siriano – gli artisti intervengono sulle immagini per trasformare i loro protagonisti increature ibride, incroci di animali ed esseri umani. Da questi disegni emerge un’immagine dell’umanità violenta e mostruosa. Ciò che nasce come filmato documentario o di reportage si trasforma in una complessa allegoria dell’universalità della violenza, coinvolgendo lo spettatore e risvegliandolo dallo stato di assuefazione causato dalla comunicazione di massa.
Qualcosa di simile si verifica anche nella performance video Black Hair, che riflette sulle nozioni di tempo, vita e morte, e negli altri lavori site-specific che verranno prodotti per la mostra, arricchendo il florido e variopinto immaginario del trio di nuovi straordinari abitanti.
Forgive me, distant wars, for bringing flowers home non vuole dunque essere una mostra retrospettiva o un'indagine sull'opera degli artisti, ma piuttosto un’esplorazione empatica della loro pratica collaborativa, nel tentativo di mostrare il lavoro di Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian da una prospettiva di osservazione partecipante dei meccanismi che alimentano il loro processo creativo, di condivisione e inclusione di persone e processi.
Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian (Teheran, 1978 / Teheran, 1975 / Knoxville, US, 1980) vivono e lavorano a Dubai dal 2009.
Vincitori del Han Nefkens/MACBA Award, hanno partecipato a importanti mostre e kermesse come The Maids al MACBA di Barcellona (2017), La Terra Inquieta organizzata dalla Fondazione Nicola Trussardi alla Triennale di Milano (2017), Another Happy Day al Guggenheim di Abu Dhabi (2016-17) e alla nona Biennale di Liverpool (2016).
Nel 2017 sono stati invitati a trasformare il catalogo del Padiglione Nazionale degli Emirati Arabi Uniti alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia in uno spazio espositivo virtuale. Nel 2015 hanno realizzato Slice A Slanted Arc Into Dry Paper Sky alla Kunsthalle di Zurigo; Those Who Love Spiders eLet Them Sleep in Their Hair al Den Frie Centre of Contemporary Art di Copenhagen; hanno partecipato alla 8. Asia Pacific Triennial of Contemporary Art con l’installazione All The Rivers Run Into The Sea. Over. / Copy. Yet, The Sea Is Not Full. Over. alla Queensland Gallery di Brisbane, e hanno tenuto la loro prima mostra personale negli Stati Uniti presso l'Institute of Contemporary Art (ICA) di Boston. Mousse Publishing ha pubblicato una monografia del loro lavoro dal titolo Ramin Haerizadeh Rokni Haerizadeh Hesam Rahmaniannel 2015. Un fac-simile del loro libro d'artista Her Majesty? è stato pubblicato da Patrick Frey Edition nel 2015.
Abaseh Mirvali è curatrice, critica indipendente e project producer per l’arte e l’architettura contemporanee. Vive e lavora a Berlino e a Città del Messico.
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