Jaques Henri. Lartigue. Alle Origini della Fotografia Contemporanea
Dal 21 Febbraio 2015 al 21 Giugno 2015
Torino
Luogo: MEF - Museo Ettore Fico
Indirizzo: via Francesco Cigna 114
Orari: mercoledì, giovedì, venerdì ore 14 - 19 sabato ore 11 - 22 domenica ore 11 - 19
Curatori: Andrea Busto
Enti promotori:
- MEF - Museo Ettore Fico
- Regione Piemonte
- Città di Torino
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 8 /€ 5, gratuito fino a 12 anni
Telefono per informazioni: +39 011 853065
E-Mail info: info@museofico.it
Sito ufficiale: http://www.museofico.it/
Tardivamente scoperto da John Szarkowski – allora giovane conservatore del Di- partimento di Fotografia del MoMA di New York − e contemporaneamente da un grande maestro come Richard Avedon nel 1962 – JHL divenne, dopo la sua prima importante personale al MoMA, uno dei capisaldi della fotografia mondiale. Le sue immagini, scattate fin dal 1902 all’età di otto anni, nascoste in album e archiviate minuziosamente come importanti reperti della memoria personale, aprirono un mondo di immagini che divennero immediatamente patrimonio della collettività e testimonianza storica, sociale e culturale del Novecento.
La sua estrema meticolosità fotografica – impiegava anche ore nell’attesa dello scatto perfetto – registra tematiche e soggetti ricorrenti che fissano, oltre che il passare del tempo e delle stagioni, anche quello delle mode, delle invenzioni meccaniche, del microcosmo di un nucleo familiare e quello di un’intera nazione, la Francia, paradigma e simbolo dell’Europa del tempo.
JHL, fin dal suo primo scatto fotografico, ha immediatamente una coscienza di reporter, di registratore del tempo in cui vive, senza però comprendere che la sua opera sarà capitale nella decodificazione dei cambiamenti epocali e sociali per tutta la prima metà del XX secolo.
La sua opera è paragonabile solo a quella di Proust in cui la registrazione del presente è già testimonianza della Storia. Scatti, annotazioni, diari, disegni, quadri tutto viene meticolosamente annotato, registrato, incasellato come in una biblioteca della memoria dove non si fa uso del ricordo, ma della testimonianza tangibile delle fotografie. La necessità di ordinare per non perdere, per non dimenticare, ha permesso a questo immenso artista di restituirci un pensiero estetico estremamente sviluppato fin dall’inizio del suo percorso poetico.
I modelli delle sue immagini – quali gli aerei, le automobili, i familiari sempre in movimento – accentuano le aspirazioni di modernità del continente europeo che, in modo frenetico, si spinge verso l’evoluzione dinamica del progresso. La registrazione delle corse automobilistiche, con i suoi protagonisti ripresi al volante, il librarsi dei primi aerei nei cieli francesi, come i salti degli amici nelle acque di una piscina o i salti nel vuoto oltre la scala della casa di famiglia, testimoniano un processo descrittivo della realtà filtrato da un gusto espressivo particolarissimo e personale. Le sue inquadrature trasversali, come i tagli oblunghi dei formati fotografici, rivelano un gusto per il pittorialismo che non è però un surrogato della pittura, ma è l’espressione autonoma della sensibilità di un artista indipendente, che elabora un nuovissimo linguaggio attraverso un alfabeto personale e in sintonia con i tempi, se non in anticipo rispetto a essi.
La sua arte avrebbe ispirato, se fosse stata conosciuta dai contemporanei, tutta una pittura dinamica dei primi del Novecento che va dal Futurismo di Boccioni (La città che sale, 1910) e di Balla (Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912) all’opera di Duchamp (Nudo che scende le scale, 1912). Ma anche le fotografie simultanee di Bragaglia e il suo saggio Fotodinamismo futurista del 1911 sarebbero stati influenzati da Lartigue se avesse resa nota la sua opera. JHL ha un dono eccezionale: è elegante – non necessariamente lo stile dei soggetti ritratti, anche se il “bel mondo” lo era per censo e innata propensione – ma il vivere in modo elegante fatto di dettagli e di particolari che si evincono dalle foto perché non comuni e non banali, scelti in modo blasé e non parvenu. La sua opera è serena, spensierata, felice di esistere in un tempo che non è solo la Belle Époque, ma che si spin- ge oltre, anche attraverso la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, fino ai ritratti di Picasso (1955) o a quello di Valery Gi- scard d’Estaing (1974). Le 136 fotografie esposte al MEF, oltre ai 50 fogli d’album, sono un compendio antologico dell’artista dove vengo- no esposti tutti i temi a lui più cari: dalle prime fotografie degli anni ‘10 del Nove- cento, dove i soggetti familiari sono i più ricorrenti, ai ritratti degli amici di famiglia, che diventano inventori di macchine stra- nissime, fino a quelli dei piloti di automo- bili e aerei, della forza naturale del mare e del vento.
Jacques Henri Lartigue nasce nel 1894 a Courbevoie da una famiglia facoltosa – il padre è un uomo d’affari appassionato di fotografia – che si trasferisce a Parigi nel 1899. Nel 1902, all’età di sette anni, riceve in regalo dal padre la prima macchina fo- tografica: da quì inizia la sua attività artistica. Scatta e sviluppa le proprie foto ritraendo il mondo che gli sta attorno: parenti, amici e la quotidianità della borghesia. Raccoglie le sue fotografie in volumi, ne realizza circa 130, che contengono decine di migliaia di scatti. Contemporaneamente realizza un diario, sorta di parallelo scritto delle sue immagini: riflessioni, descrizioni, schizzi delle fotografie stesse.
Successivamente inizia i primi esperimenti, quali le sovraimpressioni per creare foto di “pseudo-fantasmi” e le immagini stereoscopiche, ossia fotografie tridimensionali. Tutta la famiglia di Lartigue, grazie anche all’agiatezza economica raggiunta, co- mincia ad appassionarsi di automobili, motori e “marchingegni” vari: in questo contesto, il giovane fotografo, di natura meno audace, assumerà il ruolo di “testimone oculare”, attento a immortalare tutto ciò che gli accadeva attorno. Uno dei soggetti prediletti da Lartigue sarà rappresentato dalle eleganti dame a passeggio al Bois de Boulogne, che inizierà a fotografare a partire dal 1910 e che lo porterà a diventare uno dei precursori della fotografia di moda. A Parigi Lartigue realiz- za, inoltre, i primi ritratti di personaggi famosi, produce il suo primo film amatoriale con una cinepresa regalatagli dal padre, segue i cor- si alla Sorbona, ma, soprattutto, il giornale «La Vieu Au Grand Air» pubblica alcune di quelle che resteranno tra le sue foto più celebri (Louis e Jean alla gara di bob a Rouzat, Zissou nella piscina, Roland e Simon Garros a Issy-les-Moulineau).
Durante la Prima Guerra Mondiale, non essendo stato arruo- lato, si dedicherà alla pittura. Nel 1919, finita la guerra, si sposa con Madeleine “Bibi” Messager; avranno due figli, ma il secondo morirà pochi mesi dopo la nascita.
Nel corso degli anni Venti la carriera si evolve progressiva- mente; espone in salon prestigiosi, dipinge fiori, automobili e ritrat- ti di personaggi importanti quali Kees Van Dongen, Sascha Giutry, Marlene Dietrich e, nel 1930, la modella Renée Perle, che diventa anche la sua compagna.
Durante la Seconda Guerra Mondiale lavora come illustratore per riviste, ma anche come scenografo; con l’occupazione nazista si trasefrisce in Costa Azzurra a dipingere e catalogare le sue fo- tografie. Qui sposa in terze nozze Florette Orméa, una ragazza di vent’anni.
A partire dal primo dopoguerra le fotografie di Lartigue sono sempre più diffuse. Celebri i ritratti realizzati nel 1955 di Picasso e Jean Cocteau.
Il riconoscimento della sua arte è incessante. Realizza impor- tanti mostre personali: al Moma di New York nel 1963 e la prima retrospettiva completa nel 1975 al Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Nel 1979 dona l’intera sua opera fotografica (negativi, album originali, diari e macchine fotografiche) allo stato francese. Viene istituita l’Association des Amis de Jacques Henri Lartigue (denominata poi Donation Jacques Henri Lartigue) sotto la supervisione del Ministero della Cultura. Nella sua vita ha prodotto più di 100.000 scatti fotografici, 7.000 pagine di giornale, 1.500 dipinti.
Jacques Henri Lartigue muore a Nizza il 12 settembre del 1986 all’età di 92 anni.
La sua estrema meticolosità fotografica – impiegava anche ore nell’attesa dello scatto perfetto – registra tematiche e soggetti ricorrenti che fissano, oltre che il passare del tempo e delle stagioni, anche quello delle mode, delle invenzioni meccaniche, del microcosmo di un nucleo familiare e quello di un’intera nazione, la Francia, paradigma e simbolo dell’Europa del tempo.
JHL, fin dal suo primo scatto fotografico, ha immediatamente una coscienza di reporter, di registratore del tempo in cui vive, senza però comprendere che la sua opera sarà capitale nella decodificazione dei cambiamenti epocali e sociali per tutta la prima metà del XX secolo.
La sua opera è paragonabile solo a quella di Proust in cui la registrazione del presente è già testimonianza della Storia. Scatti, annotazioni, diari, disegni, quadri tutto viene meticolosamente annotato, registrato, incasellato come in una biblioteca della memoria dove non si fa uso del ricordo, ma della testimonianza tangibile delle fotografie. La necessità di ordinare per non perdere, per non dimenticare, ha permesso a questo immenso artista di restituirci un pensiero estetico estremamente sviluppato fin dall’inizio del suo percorso poetico.
I modelli delle sue immagini – quali gli aerei, le automobili, i familiari sempre in movimento – accentuano le aspirazioni di modernità del continente europeo che, in modo frenetico, si spinge verso l’evoluzione dinamica del progresso. La registrazione delle corse automobilistiche, con i suoi protagonisti ripresi al volante, il librarsi dei primi aerei nei cieli francesi, come i salti degli amici nelle acque di una piscina o i salti nel vuoto oltre la scala della casa di famiglia, testimoniano un processo descrittivo della realtà filtrato da un gusto espressivo particolarissimo e personale. Le sue inquadrature trasversali, come i tagli oblunghi dei formati fotografici, rivelano un gusto per il pittorialismo che non è però un surrogato della pittura, ma è l’espressione autonoma della sensibilità di un artista indipendente, che elabora un nuovissimo linguaggio attraverso un alfabeto personale e in sintonia con i tempi, se non in anticipo rispetto a essi.
La sua arte avrebbe ispirato, se fosse stata conosciuta dai contemporanei, tutta una pittura dinamica dei primi del Novecento che va dal Futurismo di Boccioni (La città che sale, 1910) e di Balla (Dinamismo di un cane al guinzaglio, 1912) all’opera di Duchamp (Nudo che scende le scale, 1912). Ma anche le fotografie simultanee di Bragaglia e il suo saggio Fotodinamismo futurista del 1911 sarebbero stati influenzati da Lartigue se avesse resa nota la sua opera. JHL ha un dono eccezionale: è elegante – non necessariamente lo stile dei soggetti ritratti, anche se il “bel mondo” lo era per censo e innata propensione – ma il vivere in modo elegante fatto di dettagli e di particolari che si evincono dalle foto perché non comuni e non banali, scelti in modo blasé e non parvenu. La sua opera è serena, spensierata, felice di esistere in un tempo che non è solo la Belle Époque, ma che si spin- ge oltre, anche attraverso la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, fino ai ritratti di Picasso (1955) o a quello di Valery Gi- scard d’Estaing (1974). Le 136 fotografie esposte al MEF, oltre ai 50 fogli d’album, sono un compendio antologico dell’artista dove vengo- no esposti tutti i temi a lui più cari: dalle prime fotografie degli anni ‘10 del Nove- cento, dove i soggetti familiari sono i più ricorrenti, ai ritratti degli amici di famiglia, che diventano inventori di macchine stra- nissime, fino a quelli dei piloti di automo- bili e aerei, della forza naturale del mare e del vento.
Jacques Henri Lartigue nasce nel 1894 a Courbevoie da una famiglia facoltosa – il padre è un uomo d’affari appassionato di fotografia – che si trasferisce a Parigi nel 1899. Nel 1902, all’età di sette anni, riceve in regalo dal padre la prima macchina fo- tografica: da quì inizia la sua attività artistica. Scatta e sviluppa le proprie foto ritraendo il mondo che gli sta attorno: parenti, amici e la quotidianità della borghesia. Raccoglie le sue fotografie in volumi, ne realizza circa 130, che contengono decine di migliaia di scatti. Contemporaneamente realizza un diario, sorta di parallelo scritto delle sue immagini: riflessioni, descrizioni, schizzi delle fotografie stesse.
Successivamente inizia i primi esperimenti, quali le sovraimpressioni per creare foto di “pseudo-fantasmi” e le immagini stereoscopiche, ossia fotografie tridimensionali. Tutta la famiglia di Lartigue, grazie anche all’agiatezza economica raggiunta, co- mincia ad appassionarsi di automobili, motori e “marchingegni” vari: in questo contesto, il giovane fotografo, di natura meno audace, assumerà il ruolo di “testimone oculare”, attento a immortalare tutto ciò che gli accadeva attorno. Uno dei soggetti prediletti da Lartigue sarà rappresentato dalle eleganti dame a passeggio al Bois de Boulogne, che inizierà a fotografare a partire dal 1910 e che lo porterà a diventare uno dei precursori della fotografia di moda. A Parigi Lartigue realiz- za, inoltre, i primi ritratti di personaggi famosi, produce il suo primo film amatoriale con una cinepresa regalatagli dal padre, segue i cor- si alla Sorbona, ma, soprattutto, il giornale «La Vieu Au Grand Air» pubblica alcune di quelle che resteranno tra le sue foto più celebri (Louis e Jean alla gara di bob a Rouzat, Zissou nella piscina, Roland e Simon Garros a Issy-les-Moulineau).
Durante la Prima Guerra Mondiale, non essendo stato arruo- lato, si dedicherà alla pittura. Nel 1919, finita la guerra, si sposa con Madeleine “Bibi” Messager; avranno due figli, ma il secondo morirà pochi mesi dopo la nascita.
Nel corso degli anni Venti la carriera si evolve progressiva- mente; espone in salon prestigiosi, dipinge fiori, automobili e ritrat- ti di personaggi importanti quali Kees Van Dongen, Sascha Giutry, Marlene Dietrich e, nel 1930, la modella Renée Perle, che diventa anche la sua compagna.
Durante la Seconda Guerra Mondiale lavora come illustratore per riviste, ma anche come scenografo; con l’occupazione nazista si trasefrisce in Costa Azzurra a dipingere e catalogare le sue fo- tografie. Qui sposa in terze nozze Florette Orméa, una ragazza di vent’anni.
A partire dal primo dopoguerra le fotografie di Lartigue sono sempre più diffuse. Celebri i ritratti realizzati nel 1955 di Picasso e Jean Cocteau.
Il riconoscimento della sua arte è incessante. Realizza impor- tanti mostre personali: al Moma di New York nel 1963 e la prima retrospettiva completa nel 1975 al Musée des Arts Décoratifs di Parigi. Nel 1979 dona l’intera sua opera fotografica (negativi, album originali, diari e macchine fotografiche) allo stato francese. Viene istituita l’Association des Amis de Jacques Henri Lartigue (denominata poi Donation Jacques Henri Lartigue) sotto la supervisione del Ministero della Cultura. Nella sua vita ha prodotto più di 100.000 scatti fotografici, 7.000 pagine di giornale, 1.500 dipinti.
Jacques Henri Lartigue muore a Nizza il 12 settembre del 1986 all’età di 92 anni.
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