Eugenio Tibaldi. Temporary Landscape. Erbari, mappe, diari
Dal 05 Novembre 2021 al 27 Febbraio 2022
Torino
Luogo: PAV - Parco Arte Vivente
Indirizzo: Via Giordano Bruno 31
Curatori: Marco Scotini
Enti promotori:
- La mostra è realizzata con il sostegno di
- Compagnia di San Paolo
- Fondazione CRT
- Regione Piemonte
- Città di Torino
Telefono per informazioni: +39 011 3182235
Sito ufficiale: http://www.parcoartevivente.it
Venerdì 5 novembre 2021 alle ore 18, nella cornice di Artissima, il PAV è lieto di inaugurare la mostra personale di Eugenio Tibaldi dal titolo Temporary Landscape. Erbari, mappe, diari. Curata da Marco Scotini, l’esposizione intende focalizzarsi sull’opera grafica dell’artista, come modalità ibrida al confine tra rappresentazione estetica, fotografia, progettazione architettonica e riflessione teorica. Tale comunque da presentarsi come modello eterogeneo di conoscenza e di intervento ambientale in grado di registrare le trasformazioni ecologiche del nostro tempo sulla micro-scala, nell’obiettivo di trovare una precaria e mai definitiva corrispondenza tra realtà franta e sua rappresentazione temporanea, tra uomo e ambiente, in sostanza.
Se è vero che da sempre la ricerca di Eugenio Tibaldi si focalizza sulle dinamiche informali di appropriazione dello spazio e sull’attenzione ai territori marginali, è altrettanto vero che questa nuova mostra ruota attorno al diario grafico che l’artista ha prodotto durante la pandemia e chiamato Heidi, dove il rifiuto della retorica di una natura incontaminata si accompagna al rifiuto, altrettanto categorico, del progetto neoliberista ed estrattivista che, come tale, non può essere certo curato da un mitico mondo perduto. Al contrario ad agire nella pratica di Tibaldi è tanto quel concetto di porosità che Walter Benjamin e Asja Lacis avevano individuato a Napoli quanto quello di “filosofia del rotto” che il loro amico Alfred Sohn-Rethel aveva teorizzato nella stessa città, negli anni ‘20.
L’attenzione di Tibaldi alle aree periferiche si appunta sempre sulla ricchezza delle biodiversità e su quelle che l'artista definisce le loro “risultanze estetiche”, un insieme di soluzioni informali, vernacolari alle necessità degli abitanti, realizzate da questi in maniera del tutto spontanea ed autonoma: Tibaldi le attraversa, le analizza e le campiona, costruendo elementi di un inventario che va poi a stratificare all’interno delle sue opere, facendo emergere ora le macro dinamiche, ora i dettagli, di un complesso rapporto fra legalità, economia, società ed estetica. La produzione dello spazio è la pratica permette di cogliere l’ecosistema come piano delle relazioni in cui le esistenze e l’ambiente si modificano dinamicamente e si inventano reciprocamente. Le aree periferiche” afferma l'artista “con i loro ‘non confini’, si prestano ad entrare in relazione con il materiale umano secondo dinamiche ‘altre’ da quelle centrali, dando luogo a soluzioni adattative e di convivenza tra le parti spesso impreviste”. In questo spazio di ecologie del margine Tibaldi attiva una pratica da bricoleur, mosso da un desiderio di de-professionalizzazione e di riappropriazione dei poteri autonomi e collettivi sottratti dal capitalismo.
Tibaldi ha realizzato progetti partecipativi legati alle dinamiche sociali del territorio in numerose città del mondo il progetto Tabula Rasa in occasione di Manifesta 7 a Bolzano, My personal bridge sul Ponte di Galata ad Istanbul, Transit a Salonicco o Play Bucharest a Bucarest, fino ad arrivare al recente Anthropogenic Connection ad Addis Abeba. L'hinterland partenopeo, dove l'artista ha vissuto a lungo, riveste un ruolo speciale all’interno della sua concezione, costituendo la matrice esperienziale di una riflessione estetica ri-applicata a diversi contesti, una modalità di sguardo laterale, di seconda possibilità: un metodo di lavoro che valorizza i moti centrifughi, fuori- controllo e difficilmente normalizzabili.
Come recita il titolo della mostra, in quest'ottica, ogni paesaggio non può che risultare temporaneo: Tibaldi lo sottolinea evidenziando le tempistiche imposte dall’abusivismo inerenti all'edilizia commerciale, concentrandosi in particolare su “quelle strutture che, destinate a durare per pochi mesi, diventano definitive, parte di un paesaggio, come cantieri sotto sequestro, abusi in cemento mai terminati, testimoni immobili di una situazione anomala che proprio per la sua staticità diventa paesaggistica e ci porta a spostare i nostri confini estetici”. Ma anche il nostro modo di abitare non potrà che essere nomade, lontano da una “scienza di Stato”, come avrebbero detto Deleuze e Guattari.
Nell'ambito della mostra le AEF Attività Educative e Formative del PAV propongono al pubblico l'attività laboratoriale Archeologie di paesaggi e dell'ombra. In relazione alla ricerca di Tibaldi, viene indagata la stratigrafia del territorio del PAV, un territorio trasformato, da cui sono stati ricavati numerosi reperti antropici, testimoni delretaggio industriale. In sede di laboratorio, vengono raccolti e catalogati i materiali inerti riaffiorati in superficie che, all'insegna di una totale trasformazione, vengono utilizzati per la costruzione di silhouettes di nuovi paesaggi.
Per partecipare alle attività è necessaria la prenotazione: 011 3182235 - lab@parcoartevivente.it.
Se è vero che da sempre la ricerca di Eugenio Tibaldi si focalizza sulle dinamiche informali di appropriazione dello spazio e sull’attenzione ai territori marginali, è altrettanto vero che questa nuova mostra ruota attorno al diario grafico che l’artista ha prodotto durante la pandemia e chiamato Heidi, dove il rifiuto della retorica di una natura incontaminata si accompagna al rifiuto, altrettanto categorico, del progetto neoliberista ed estrattivista che, come tale, non può essere certo curato da un mitico mondo perduto. Al contrario ad agire nella pratica di Tibaldi è tanto quel concetto di porosità che Walter Benjamin e Asja Lacis avevano individuato a Napoli quanto quello di “filosofia del rotto” che il loro amico Alfred Sohn-Rethel aveva teorizzato nella stessa città, negli anni ‘20.
L’attenzione di Tibaldi alle aree periferiche si appunta sempre sulla ricchezza delle biodiversità e su quelle che l'artista definisce le loro “risultanze estetiche”, un insieme di soluzioni informali, vernacolari alle necessità degli abitanti, realizzate da questi in maniera del tutto spontanea ed autonoma: Tibaldi le attraversa, le analizza e le campiona, costruendo elementi di un inventario che va poi a stratificare all’interno delle sue opere, facendo emergere ora le macro dinamiche, ora i dettagli, di un complesso rapporto fra legalità, economia, società ed estetica. La produzione dello spazio è la pratica permette di cogliere l’ecosistema come piano delle relazioni in cui le esistenze e l’ambiente si modificano dinamicamente e si inventano reciprocamente. Le aree periferiche” afferma l'artista “con i loro ‘non confini’, si prestano ad entrare in relazione con il materiale umano secondo dinamiche ‘altre’ da quelle centrali, dando luogo a soluzioni adattative e di convivenza tra le parti spesso impreviste”. In questo spazio di ecologie del margine Tibaldi attiva una pratica da bricoleur, mosso da un desiderio di de-professionalizzazione e di riappropriazione dei poteri autonomi e collettivi sottratti dal capitalismo.
Tibaldi ha realizzato progetti partecipativi legati alle dinamiche sociali del territorio in numerose città del mondo il progetto Tabula Rasa in occasione di Manifesta 7 a Bolzano, My personal bridge sul Ponte di Galata ad Istanbul, Transit a Salonicco o Play Bucharest a Bucarest, fino ad arrivare al recente Anthropogenic Connection ad Addis Abeba. L'hinterland partenopeo, dove l'artista ha vissuto a lungo, riveste un ruolo speciale all’interno della sua concezione, costituendo la matrice esperienziale di una riflessione estetica ri-applicata a diversi contesti, una modalità di sguardo laterale, di seconda possibilità: un metodo di lavoro che valorizza i moti centrifughi, fuori- controllo e difficilmente normalizzabili.
Come recita il titolo della mostra, in quest'ottica, ogni paesaggio non può che risultare temporaneo: Tibaldi lo sottolinea evidenziando le tempistiche imposte dall’abusivismo inerenti all'edilizia commerciale, concentrandosi in particolare su “quelle strutture che, destinate a durare per pochi mesi, diventano definitive, parte di un paesaggio, come cantieri sotto sequestro, abusi in cemento mai terminati, testimoni immobili di una situazione anomala che proprio per la sua staticità diventa paesaggistica e ci porta a spostare i nostri confini estetici”. Ma anche il nostro modo di abitare non potrà che essere nomade, lontano da una “scienza di Stato”, come avrebbero detto Deleuze e Guattari.
Nell'ambito della mostra le AEF Attività Educative e Formative del PAV propongono al pubblico l'attività laboratoriale Archeologie di paesaggi e dell'ombra. In relazione alla ricerca di Tibaldi, viene indagata la stratigrafia del territorio del PAV, un territorio trasformato, da cui sono stati ricavati numerosi reperti antropici, testimoni delretaggio industriale. In sede di laboratorio, vengono raccolti e catalogati i materiali inerti riaffiorati in superficie che, all'insegna di una totale trasformazione, vengono utilizzati per la costruzione di silhouettes di nuovi paesaggi.
Per partecipare alle attività è necessaria la prenotazione: 011 3182235 - lab@parcoartevivente.it.
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