Donne futuriste nella pittura di Ugo Pozzo
Dal 10 Maggio 2024 al 09 Giugno 2024
Carignano | Torino
Luogo: Sala Mostre Comune di Carignano
Indirizzo: Via Sebastiano Frichieri 13
Orari: sabato e domenica 10-12 / 15-18. Dal lunedì al venerdì solo su appuntamento
Telefono per informazioni: +39 011 9698442
E-Mail info: culturaturismo@comune.carignano.to.it e
“DONNE DI QUADRI. Danzatrici, madri, amanti e femmes fatales nella pittura futurista di Ugo Pozzo (1923-1976)” è il titolo della mostra retrospettiva che la Città di Carignano dedica, dal 10 maggio al 9 giugno 2024, al cofondatore del Gruppo Futurista di Torino, una delle ali più attive, negli anni ’20 e ’30 del Novecento, dell’avanguardia storica animata da Filippo Tommaso Marinetti.
Era il 5 marzo del 1923 quando tre giovani artisti squattrinati, poco più che ventenni - il torinese Ugo Pozzo, il pisano Tullio Alpinolo Bracci (in seguito noto con lo pseudonimo di Kiribiri) e il cuneese di Revello Luigi Colombo (detto “Fillia”) - si ritrovarono con un manipolo di amici, operai e flâneur in Via Sacchi 54, vicino alla Stazione ferroviaria di Porta Nuova, per dare vita al “G.F.T.” “In casa Fillia […] sede provvisoria del Gruppo, ci riunimmo […] per l’elezione del direttivo. Venimmo acclamati membri del Direttorio, in ordine: Bracci, Fillia, Pozzo”, ricorda Pozzo in uno scritto del 1963, rievocando le battaglie che portarono questi giovani artisti a imporsi sulla scena nazionale e internazionale e a conquistare, insieme a “veterani” del primo Futurismo come Giacomo Balla, le più prestigiose sale espositive dell’epoca, dalla Promotrice delle Belle Arti di Torino fino alla Biennale di Venezia, passando per Milano, Roma, Napoli, Palermo e Parigi.
Al Gruppo aderirono presto altri artisti e architetti oggi divenuti nomi storici nel panorama del “secondo futurismo” italiano, come il razionalista Alberto Sartoris – autore del progetto su cui si basa la riqualificazione dell’attuale sede comunale di Carignano -l’architetto di origine bulgara Nicolaj Diulgheroff, Farfa, Mino Rosso, Pippo Oriani e molti altri. La loro missione era quella di mettere in atto la “ricostruzione futurista dell’Universo” teorizzata nel 1915 da Balla e Depero, ovvero trasformare non solo le arti, ma anche ogni ambito della vita quotidiana. Fu così che i futuristi torinesi si dedicarono non solo alla pittura e alla scultura, ma alla moda, al design, al cinema, agli allestimenti e arredi, alla produzione di giocattoli, alla grafica pubblicitaria e contribuirono alla “rivoluzione culinaria” della Taverna del Santopalato, il primo ristorante futurista d’Italia, in Via Vanchiglia 2, inaugurato da Marinetti l’8 marzo del 1931, in un tripudio di portate dai nomi improbabili e “polibibite” (cocktail) inventate per l’occasione.
Il riconoscimento dei meriti culturali ed artistici di questo gruppo di innovatori e avanguardisti non fu immediato né omogeneo nel secondo dopoguerra e fu pesantemente influenzato da alcuni errori storiografici e da una fase di “oblio” che durò fino agli anni Ottanta, quando la storica esposizione veneziana “Futurismo & Futurismi”, a Palazzo Grassi nel 1986, invertì la tendenza aprendo le porte ad un lento ma costante recupero di alcuni nomi ingiustamente “dimenticati” dalla critica d’arte precedente.
Negli ultimi anni opere di Pozzo (che Marinetti definì “un ingegnoso mondializzatore di Torino”) sono state esposte alla Estorick Collection di Londra, al Guggenheim Museum di New York e Bilbao e, recentemente, alla mostra “Futurisme & Europe” al Museo Kröller-Müller in Olanda, mentre una “Aeropittura di Piazza” di Pozzo del 1926 è stata acquisita nel 2020 per la collezione permanente del Centre Pompidou di Parigi.
Nessuno però è profeta in “patria”, tanto che la Città di Torino, nel 2023, ha del tutto dimenticato il centenario della fondazione del Gruppo Futurista! Un’incomprensibile amnesia a cui, nel 101° anno della ricorrenza, cerca di porre rimedio la mostra di Carignano, città che già nel 1958 espose coraggiosamente opere di Ugo Pozzo, in anni in cui il Futurismo non era ancora tornato di moda e pativa una sorta di ostracismo culturale.
La selezione delle opere di Pozzo – curata dal pronipote Andrea Gandiglio – sarà dedicata alla donna: un caleidoscopio di danzatrici, madri, amanti e femmes fatales che stimolarono la fervida immaginazione del pittore torinese, dagli esordi del GFT nel 1923 fino al solitario periodo post-futurista del dopoguerra, di cui la mostra ospita alcune opere meno conosciute realizzate negli anni ’60 e ’70.
Ad accompagnare l’esposizione un ricco catalogo generale della vita e delle opere, intitolato “Ugo Pozzo. Futurista sui generis”. Curato sempre dall’erede Andrea Gandiglio, con una prefazione del noto gallerista di origine carignanese Gian Enzo Sperone, il catalogo – che testimonia il talento di Pozzo non solo nella pittura, ma anche nella grafica, nel design, nella scultura e in molti altri ambiti della “ricostruzione futurista dell’Universo” - sarà presentato in anteprima e distribuito gratuitamente all’inaugurazione del 10 maggio.
Ugo Pozzo nasce a Torino il 5 luglio 1900. Dal 1919 al 1921 inizia ad esporre i primi quadri futuristi con Tullio Alpinolo Bracci e Luigi Colombo (Fillia). Si tratta di mostre quasi clandestine tenute in scantinati, circoli e sale da ballo di periferia. Il 5 marzo 1923 fonda con Fillia e Bracci il Gruppo Futurista di Torino ed inizia da quel momento una attiva e costante partecipazione alle più importanti rassegne d’arte futurista dell’epoca, sia italiane che internazionali. Nel 1927 Pozzo e gli amici futuristi conquistano una sala alla Quadriennale della Promotrice di Torino, dove si terrà la più grande e completa Mostra di Arte Futurista dell’epoca, preludio alle successive partecipazioni alla Biennale di Venezia.
Il suo talento trova espressione non solo nel campo della pittura ma anche della scultura, della caricatura, della grafica pubblicitaria ed editoriale, dell’arredamento, del cinema d’animazione e dell’ideazione e produzione di giocattoli in legno. Tra il 1931 e il 1932 soggiorna e lavora a Parigi dove, grazie anche all’aiuto di Prampolini, si impiega come disegnatore e vignettista presso le Edizioni Montparnasse ed alcune testate giornalistiche. Scrive di lui Ezio Gianotti: “Coadiutore e collaboratore stretto di Fillia prima, e poi di fatto suo sostituto alla direzione e conduzione del Gruppo, Ugo Pozzo appare nel quadro dei valori del movimento futurista torinese come una figura di primo piano: certo tra i suoi componenti l’uomo più dotato e (con Fillia) di maggior talento. Fillia-Pozzo, una copia, questa, davvero singolare, che tuttavia ricorda, e per non poche affinità, l’altra più nota (Boccioni – Balla) del Futurismo del 1910”. Nel 1940 Filippo Tommaso Marinetti lo definisce, in un appassionato ritratto su Il Meridiano di Roma, “un ingegnoso mondializzatore di Torino”.
Nel secondo dopoguerra, esauritasi la stagione futurista, Pozzo continua a sviluppare in solitudine la propria ricerca pittorica passando attraverso pionieristici esperimenti informali, fino al recupero e alla reinterpretazione dello stile personale che aveva caratterizzato le sue opere futuriste. A partire dagli anni ’60 riprende, con una certa costanza, l’attività espositiva tenendo diverse personali a Torino, Milano, Roma, Genova e Venezia, fino alla morte, avvenuta a Torino nel 1981.
Il suo carattere schivo e modesto, la scarsa circolazione delle opere nel dopoguerra ed alcune incomprensibili “dimenticanze” da parte della critica, hanno contribuito ad offuscarne la memoria impedendone, fino alla sua morte, il giusto collocamento e il pieno riconoscimento nel contesto del cosiddetto Secondo Futurismo. A colmare questo vuoto hanno provveduto, a partire dal 1986, la grande mostra futurista di Palazzo Grassi a Venezia, la storica esposizione al Guggenheim Museum di New York del 2014, quella del 2023 al museo Kröller-Müller di Otterlo, in Olanda, e nel 2020 l’acquisizione per la collazione permanente del Centre Pompidou di Parigi della “Aeropittura di Piazza”, capolavoro del 1926.
Era il 5 marzo del 1923 quando tre giovani artisti squattrinati, poco più che ventenni - il torinese Ugo Pozzo, il pisano Tullio Alpinolo Bracci (in seguito noto con lo pseudonimo di Kiribiri) e il cuneese di Revello Luigi Colombo (detto “Fillia”) - si ritrovarono con un manipolo di amici, operai e flâneur in Via Sacchi 54, vicino alla Stazione ferroviaria di Porta Nuova, per dare vita al “G.F.T.” “In casa Fillia […] sede provvisoria del Gruppo, ci riunimmo […] per l’elezione del direttivo. Venimmo acclamati membri del Direttorio, in ordine: Bracci, Fillia, Pozzo”, ricorda Pozzo in uno scritto del 1963, rievocando le battaglie che portarono questi giovani artisti a imporsi sulla scena nazionale e internazionale e a conquistare, insieme a “veterani” del primo Futurismo come Giacomo Balla, le più prestigiose sale espositive dell’epoca, dalla Promotrice delle Belle Arti di Torino fino alla Biennale di Venezia, passando per Milano, Roma, Napoli, Palermo e Parigi.
Al Gruppo aderirono presto altri artisti e architetti oggi divenuti nomi storici nel panorama del “secondo futurismo” italiano, come il razionalista Alberto Sartoris – autore del progetto su cui si basa la riqualificazione dell’attuale sede comunale di Carignano -l’architetto di origine bulgara Nicolaj Diulgheroff, Farfa, Mino Rosso, Pippo Oriani e molti altri. La loro missione era quella di mettere in atto la “ricostruzione futurista dell’Universo” teorizzata nel 1915 da Balla e Depero, ovvero trasformare non solo le arti, ma anche ogni ambito della vita quotidiana. Fu così che i futuristi torinesi si dedicarono non solo alla pittura e alla scultura, ma alla moda, al design, al cinema, agli allestimenti e arredi, alla produzione di giocattoli, alla grafica pubblicitaria e contribuirono alla “rivoluzione culinaria” della Taverna del Santopalato, il primo ristorante futurista d’Italia, in Via Vanchiglia 2, inaugurato da Marinetti l’8 marzo del 1931, in un tripudio di portate dai nomi improbabili e “polibibite” (cocktail) inventate per l’occasione.
Il riconoscimento dei meriti culturali ed artistici di questo gruppo di innovatori e avanguardisti non fu immediato né omogeneo nel secondo dopoguerra e fu pesantemente influenzato da alcuni errori storiografici e da una fase di “oblio” che durò fino agli anni Ottanta, quando la storica esposizione veneziana “Futurismo & Futurismi”, a Palazzo Grassi nel 1986, invertì la tendenza aprendo le porte ad un lento ma costante recupero di alcuni nomi ingiustamente “dimenticati” dalla critica d’arte precedente.
Negli ultimi anni opere di Pozzo (che Marinetti definì “un ingegnoso mondializzatore di Torino”) sono state esposte alla Estorick Collection di Londra, al Guggenheim Museum di New York e Bilbao e, recentemente, alla mostra “Futurisme & Europe” al Museo Kröller-Müller in Olanda, mentre una “Aeropittura di Piazza” di Pozzo del 1926 è stata acquisita nel 2020 per la collezione permanente del Centre Pompidou di Parigi.
Nessuno però è profeta in “patria”, tanto che la Città di Torino, nel 2023, ha del tutto dimenticato il centenario della fondazione del Gruppo Futurista! Un’incomprensibile amnesia a cui, nel 101° anno della ricorrenza, cerca di porre rimedio la mostra di Carignano, città che già nel 1958 espose coraggiosamente opere di Ugo Pozzo, in anni in cui il Futurismo non era ancora tornato di moda e pativa una sorta di ostracismo culturale.
La selezione delle opere di Pozzo – curata dal pronipote Andrea Gandiglio – sarà dedicata alla donna: un caleidoscopio di danzatrici, madri, amanti e femmes fatales che stimolarono la fervida immaginazione del pittore torinese, dagli esordi del GFT nel 1923 fino al solitario periodo post-futurista del dopoguerra, di cui la mostra ospita alcune opere meno conosciute realizzate negli anni ’60 e ’70.
Ad accompagnare l’esposizione un ricco catalogo generale della vita e delle opere, intitolato “Ugo Pozzo. Futurista sui generis”. Curato sempre dall’erede Andrea Gandiglio, con una prefazione del noto gallerista di origine carignanese Gian Enzo Sperone, il catalogo – che testimonia il talento di Pozzo non solo nella pittura, ma anche nella grafica, nel design, nella scultura e in molti altri ambiti della “ricostruzione futurista dell’Universo” - sarà presentato in anteprima e distribuito gratuitamente all’inaugurazione del 10 maggio.
Ugo Pozzo nasce a Torino il 5 luglio 1900. Dal 1919 al 1921 inizia ad esporre i primi quadri futuristi con Tullio Alpinolo Bracci e Luigi Colombo (Fillia). Si tratta di mostre quasi clandestine tenute in scantinati, circoli e sale da ballo di periferia. Il 5 marzo 1923 fonda con Fillia e Bracci il Gruppo Futurista di Torino ed inizia da quel momento una attiva e costante partecipazione alle più importanti rassegne d’arte futurista dell’epoca, sia italiane che internazionali. Nel 1927 Pozzo e gli amici futuristi conquistano una sala alla Quadriennale della Promotrice di Torino, dove si terrà la più grande e completa Mostra di Arte Futurista dell’epoca, preludio alle successive partecipazioni alla Biennale di Venezia.
Il suo talento trova espressione non solo nel campo della pittura ma anche della scultura, della caricatura, della grafica pubblicitaria ed editoriale, dell’arredamento, del cinema d’animazione e dell’ideazione e produzione di giocattoli in legno. Tra il 1931 e il 1932 soggiorna e lavora a Parigi dove, grazie anche all’aiuto di Prampolini, si impiega come disegnatore e vignettista presso le Edizioni Montparnasse ed alcune testate giornalistiche. Scrive di lui Ezio Gianotti: “Coadiutore e collaboratore stretto di Fillia prima, e poi di fatto suo sostituto alla direzione e conduzione del Gruppo, Ugo Pozzo appare nel quadro dei valori del movimento futurista torinese come una figura di primo piano: certo tra i suoi componenti l’uomo più dotato e (con Fillia) di maggior talento. Fillia-Pozzo, una copia, questa, davvero singolare, che tuttavia ricorda, e per non poche affinità, l’altra più nota (Boccioni – Balla) del Futurismo del 1910”. Nel 1940 Filippo Tommaso Marinetti lo definisce, in un appassionato ritratto su Il Meridiano di Roma, “un ingegnoso mondializzatore di Torino”.
Nel secondo dopoguerra, esauritasi la stagione futurista, Pozzo continua a sviluppare in solitudine la propria ricerca pittorica passando attraverso pionieristici esperimenti informali, fino al recupero e alla reinterpretazione dello stile personale che aveva caratterizzato le sue opere futuriste. A partire dagli anni ’60 riprende, con una certa costanza, l’attività espositiva tenendo diverse personali a Torino, Milano, Roma, Genova e Venezia, fino alla morte, avvenuta a Torino nel 1981.
Il suo carattere schivo e modesto, la scarsa circolazione delle opere nel dopoguerra ed alcune incomprensibili “dimenticanze” da parte della critica, hanno contribuito ad offuscarne la memoria impedendone, fino alla sua morte, il giusto collocamento e il pieno riconoscimento nel contesto del cosiddetto Secondo Futurismo. A colmare questo vuoto hanno provveduto, a partire dal 1986, la grande mostra futurista di Palazzo Grassi a Venezia, la storica esposizione al Guggenheim Museum di New York del 2014, quella del 2023 al museo Kröller-Müller di Otterlo, in Olanda, e nel 2020 l’acquisizione per la collazione permanente del Centre Pompidou di Parigi della “Aeropittura di Piazza”, capolavoro del 1926.
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