Marcelo Cidade Jonathas de Andrade André Komatsu / Ornaghi & Prestinari. Familiare
Dal 01 Marzo 2014 al 17 Maggio 2014
San Gimignano | Siena
Luogo: Galleria Continua
Indirizzo: via del Castello 11
Orari: da lunedì a sabato 10-13 / 14-19
Telefono per informazioni: +39 0577 943134
E-Mail info: info@galleriacontinua.com
Sito ufficiale: http://www.galleriacontinua.com
Marcelo Cidade Jonathas de Andrade André Komatsu
Galleria Continua ha il piacere di presentare per la prima volta nei suoi spazi espositivi di San Gimignano le mostre personali di Marcelo Cidade, Jonathas de Andrade e André Komatsu. Rappresentanti della nuova generazione di artisti brasiliani e portavoce della produzione creativa brasiliana a livello internazionale, negli ultimi anni questi artisti si sono affermati tra i protagonisti della scena contemporanea. Cidade, de Andrade e Komatsu si confronteranno con la peculiarità degli spazi della galleria realizzando opere site specific e lavori inediti.
Marcelo Cidade nasce a San Paolo nel 1979, città dove vive e lavora. Attraverso una pratica artistica spesso eversiva ed informale l’artista mette in discussione gli ideali dell’architettura Modernista, si appropria degli spazi urbani e, attraverso diverse operazioni estetiche, inventa nuove forme di linguaggio, costruendo spazi nuovi e sorprendenti. L’intimo legame che per Cidade tiene insieme arte e vita autorizza l’artista a muovere la sua ricerca nel flusso pendolare continuo tra ambito sociale e ambito personale. Confrontando relazioni e valori socialmente stabiliti, Marcelo Cidade produce una “estetica della resistenza”, crea opere che esprimono i complessi conflitti in campo sociale, porta i segni e le situazioni di strada negli spazi adibiti all’arte. Le opere di Cidade sottolineano un incontro tra arte e società, senza dimenticare di privilegiare l’espressione poetica e la discussione del linguaggio, anche sotto l’ispirazione politica di sfida e di trasgressione.
Interesse dell’artista è lo spazio pubblico generato nel flusso urbano e tecnologico della società di controllo; Marcelo Cidade si concentra su un luogo per raggiungerne un altro, mettendo in atto un processo di dislocazione dallo storico-geografico al poetico. La città è il luogo privilegiato di eventi, ed è lì che l’artista cerca i suoi materiali di lavoro. Strade, muri, cavalcavia, piazze, saracinesche, sfidano il suo sguardo. Marcelo Cidade ha esposto alla Tate Liverpool, al Museo d’Arte Moderna MAM SP di San Paolo, alla Triennale di Architettura di Lisbona, al CCSP - Centro Cultural São Paulo, al MUSAC - Castilla y Léon in Spagna, alla 27° Biennale di San Paolo e, nel 2013, al Broad Art Museum e al Krannert Art Museum in Illinois.
Jonathas de Andrade nasce a Maceió nel 1982, vive nel nord est del paese a Recife, città costiera ricca contrasti, dove vecchi edifici coloniali si annidano tra grattacieli moderni e dove il fallimento dell’utopia modernista tropicale è una realtà tangibile. Antropologia, pedagogia, politica e morale sono i percorsi che l’artista intraprende per raccontare i paradossi della cultura modernista. De Andrade raccoglie e cataloga architetture, immagini, testi, storie di vita e, attraverso la memoria, ricompone una narrazione personale del passato. “Mi immergo in questo luogo di ricordi, dice l’artista. Si tratta di un passato con il quale non ho intimità, visto come se fosse un territorio, un luogo per ri-emanare una sorta di amnesia, una pennellata spessa e violenta tra oggi e di ieri. Non essere toccato da questo è ciò che mi permette di rielaborare la natura di queste immagini ... L’arte mi aiuta ad avvicinarmi e a rispondere a ciò che mi provoca. Mi aiuta anche a sperimentare con più interezza lungo la strada”. In Cartazes para o museu do homem do nordeste, la prima personale europea che l’artista realizza presso la Kunsthalle di Lisbona nel 2013, presenta un’installazione composta di manifesti (cartazes) che propongono una rilettura dello stereotipo dell’uomo ‘nordestino’. Il lavoro oscilla tra il desiderio proprio dell’immaginario omosessuale e i temi del potere, della violenza e del dominio, giocando su un complesso cortocircuito tra passato e presente. Nel 2013 invitato a prendere parte alla Biennale di Lione presenta 40 Nego Bom é 1 real, un lavoro che riflette su problemi universali come l’alienazione e il rapporto tra padroni e proletariato. In questa occasione viene insignito anche del prestigioso Rhone-Alps Prize. Nego Bom è il nome di una caramella molto popolare nel nord-est del Brasile. In portoghese, “nego bom” significa letteralmente qualcosa come “buon nero”. “Nego” (maschile) o “nega” (femminile) è anche una forma colloquiale e affettuosa con la quale le persone usano chiamarsi, ma linguisticamente porta con sé connotazioni storiche di stampo coloniale e razzista. De Andrade nel 2013 realizza una mostra personale in Canada al Musée d’art Contemporain de Montréal, espone inoltre a La Bienal 2013: Here is where we jump - El Museo del Barrio a New York, al Future Generation Art Prize nell’ambito della 55° Biennale di Venezia, allo Stedelijk Museum Bureau di Amsterdam. Ricordiamo infine The Ungovernables presso il New Museum Triennial di New York (2012) e la 12° Biennale di Istanbul (2011).
André Komatsu nasce nel 1978 a San Paolo, dove tutt’oggi vive e lavora. Komatsu descrive la sua opera come riflesso di una serie di percezioni che nascono percorrendo strade e spazi urbani. Gli oggetti e i materiali che convergono verso l’universo artistico di André Komatsu sono, al di là delle apparenze, inviti alla resistenza sociale. Partendo da frammenti, macerie, oggetti abbandonati, Komatsu opera una ricostruzione alla ricerca di nuovi modelli di esistenza. Il pensiero dell’artista si sofferma anche sul rapporto stesso fra le parti di una struttura, sulle sue possibilità di sopravvivenza e sulla sua inevitabile trasformazione nel tempo. Base Hierárquica (2011-2013) è un lavoro che nel corso degli anni l’artista ha installato in diversi paesi, utilizzando ogni volta bicchieri d’uso comune, raffinati calici da vino e materiali da costruzione facilmente reperibili in loco. L’opera si compone di una serie di blocchi di cemento accatastati l’uno sull’altro, poggianti su bicchieri robusti e capaci di sostenerne il peso; vicino, un bicchiere da vino in frantumi testimonia la fragilità della sua eleganza. L’uso ricorrente da parte dell’artista di frammenti, scarti, materiali trovati e il loro riutilizzo, esprime la volontà di sovvertire i valori convenzionalmente attribuiti ai materiali e in senso lato, agli elementi della vita quotidiana. Nel 2005 André Komatsu vince il Bolsa Pampulha Award e quattro anni più tardi partecipa a un programma di residenze al Bronx Museum di New York.
Nel 2011 espone al Drawing Room a Londra e riceve il Premio Illy for Sustain Art, assegnato da ARCO Madrid. Nel 2013 partecipa alla Biennale di Arti Grafiche a Lubiana, alla Biennale Monterrey FEMSA a Città del Messico ed è tra i finalisti del Future Generation Art Prize.
Le mostre sono realizzate in collaborazione con la Galeria Vermelho di San Paolo.
Ornaghi & Prestinari. Familiare
Galleria Continua è lieta di ospitare nei suoi spazi dell’Arco dei Becci di San Gimignano il progetto Familiare, mostra personale del duo artistico italiano Ornaghi & Prestinari.
Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari iniziano a collaborare nel 2009, mostrando da subito, nella loro produzione artistica, una spiccata attenzione per i materiali e le loro potenzialità. Fondendo insieme figurazione pittorica e plastica, riflessioni sull’arte concettuale ed esperienze di vita personale, Ornaghi & Prestinari accolgono il pubblico in un universo intimo e delicato.
Il progetto Familiare, pensato per la Galleria Continua, è costituito da quattro opere inedite in dialogo tra loro, e rappresenta coerentemente l’analisi estetica e formale degli artisti attraverso un’immersione nel loro immaginario artistico e individuale.
Come spesso accade nella loro pratica, anche in Familiare è presente il dualismo tra pensiero e azione, concetto e manualità; i livelli della ricerca del duo si contaminano vicendevolmente incontrandosi e scontrandosi con la volontà di tenere assieme nel confronto, aspetto imprescindibile e fondante del lavorare in coppia.
Le opere in mostra testimoniano un processo alchemico di paziente messa alla prova e trasformazione degli oggetti dal loro stadio originario.
Lana, legno, acciaio, argento e rame sono gli elementi sui quali gli artisti intervengono, materiali per loro domestici e quotidiani. Grazie a questi gli artisti caratterizzano lo spazio espositivo, allestendolo con attenzione quasi chirurgica, come un laboratorio ideale, in cui rimangono visibili solo i risultati del paziente lavoro. Le opere accentuano proprio quest’ultimo aspetto: esse raffinano oggetti che per loro natura riflettono sull’idea stessa di lavoro.
Così Abito, realizzato a maglia e ricamato, racconta la versione personale della tradizionale tuta blu da lavoro elaborata dagli artisti, che trasformano il tessuto ruvido e resistente dell’originale in un involucro delicato, morbido e confortevole.
La riflessione sul lavoro permea tutta la mostra, il cui spazio è costellato inoltre da riferimenti specifici all’azione pratica del costruire (Appunti), che concludono il percorso con un’opera tanto simbolica quanto ironica: A fior di conio. A partire dalla riflessione sul valore economico e sociale del denaro, soprattutto nell’ambito dell’arte contemporanea, Ornaghi & Prestinari intraprendono silenziosamente un’azione di manomissione; questa infatti potrebbe non essere scoperta se il visitatore non volesse concedersi un istante in più per voltare la moneta, scoprendone il lato manipolato, impreziosito unicamente.
Nella mostra la sensibilità artistica del duo accompagna il pubblico in un tracciato personale e tuttavia collettivo, sollevando riflessioni e questioni attuali e condivise da un lato, e scoprendosi agli spettatori con delicatezza e pazienza dall’altro, in un gesto che diventa via via sempre più confidenziale e familiare. Esercizi giornalieri, sommatorie di azioni semplici ma impegnative che dal progetto al compimento richiedono il costante rinnovo di volontà e fiducia.
Valentina Ornaghi (Milano 1986) e Claudio Prestinari (Milano 1984) iniziando la loro formazione universitaria al Politecnico di Milano laureandosi rispettivamente in Disegno Industriale e Architettura e proseguendola entrambi presso l’Università Iuav di Venezia.
Nelle loro opere Ornaghi & Prestinari si confrontano in prima persona con le potenzialità di materiali e tecniche, da quelle antiche e complesse come l’argentatura fino alla sperimentazione di nuove strade. Particolarmente interessati alla dualità insita in ogni azione, gli artisti mantengono una preponderante componente estetica dai toni eleganti e sofisticati, evocando nelle loro intuizioni affascinanti composizioni figurative non prive di intensità. Hanno partecipato a diversi workshop e residenze, tra cui VIR-ViaFarini in Residence, a cura di Simone Frangi, Milano, 2013; Fondazione Spinola-Banna per l’arte, visiting professor Massimo Bartolini, Poirino (TO), 2011; mentre tra le mostre collettive selezionate si ricordano la 96ma collettiva Giovani Artisti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di San Marco, Venezia, 2012; The Self-Moving Number, a cura di Sils project, Duende studios, Rotterdam, NL, 2012, Jeune Création Européenne, biennale itinerante dei giovani artisti; Extracurricular Activity, a cura di Daniele Capra, Superfluo, Padova, 2012; On fire, a cura di Viviana Checchia e Anna Santomauro, neon.
Galleria Continua ha il piacere di presentare per la prima volta nei suoi spazi espositivi di San Gimignano le mostre personali di Marcelo Cidade, Jonathas de Andrade e André Komatsu. Rappresentanti della nuova generazione di artisti brasiliani e portavoce della produzione creativa brasiliana a livello internazionale, negli ultimi anni questi artisti si sono affermati tra i protagonisti della scena contemporanea. Cidade, de Andrade e Komatsu si confronteranno con la peculiarità degli spazi della galleria realizzando opere site specific e lavori inediti.
Marcelo Cidade nasce a San Paolo nel 1979, città dove vive e lavora. Attraverso una pratica artistica spesso eversiva ed informale l’artista mette in discussione gli ideali dell’architettura Modernista, si appropria degli spazi urbani e, attraverso diverse operazioni estetiche, inventa nuove forme di linguaggio, costruendo spazi nuovi e sorprendenti. L’intimo legame che per Cidade tiene insieme arte e vita autorizza l’artista a muovere la sua ricerca nel flusso pendolare continuo tra ambito sociale e ambito personale. Confrontando relazioni e valori socialmente stabiliti, Marcelo Cidade produce una “estetica della resistenza”, crea opere che esprimono i complessi conflitti in campo sociale, porta i segni e le situazioni di strada negli spazi adibiti all’arte. Le opere di Cidade sottolineano un incontro tra arte e società, senza dimenticare di privilegiare l’espressione poetica e la discussione del linguaggio, anche sotto l’ispirazione politica di sfida e di trasgressione.
Interesse dell’artista è lo spazio pubblico generato nel flusso urbano e tecnologico della società di controllo; Marcelo Cidade si concentra su un luogo per raggiungerne un altro, mettendo in atto un processo di dislocazione dallo storico-geografico al poetico. La città è il luogo privilegiato di eventi, ed è lì che l’artista cerca i suoi materiali di lavoro. Strade, muri, cavalcavia, piazze, saracinesche, sfidano il suo sguardo. Marcelo Cidade ha esposto alla Tate Liverpool, al Museo d’Arte Moderna MAM SP di San Paolo, alla Triennale di Architettura di Lisbona, al CCSP - Centro Cultural São Paulo, al MUSAC - Castilla y Léon in Spagna, alla 27° Biennale di San Paolo e, nel 2013, al Broad Art Museum e al Krannert Art Museum in Illinois.
Jonathas de Andrade nasce a Maceió nel 1982, vive nel nord est del paese a Recife, città costiera ricca contrasti, dove vecchi edifici coloniali si annidano tra grattacieli moderni e dove il fallimento dell’utopia modernista tropicale è una realtà tangibile. Antropologia, pedagogia, politica e morale sono i percorsi che l’artista intraprende per raccontare i paradossi della cultura modernista. De Andrade raccoglie e cataloga architetture, immagini, testi, storie di vita e, attraverso la memoria, ricompone una narrazione personale del passato. “Mi immergo in questo luogo di ricordi, dice l’artista. Si tratta di un passato con il quale non ho intimità, visto come se fosse un territorio, un luogo per ri-emanare una sorta di amnesia, una pennellata spessa e violenta tra oggi e di ieri. Non essere toccato da questo è ciò che mi permette di rielaborare la natura di queste immagini ... L’arte mi aiuta ad avvicinarmi e a rispondere a ciò che mi provoca. Mi aiuta anche a sperimentare con più interezza lungo la strada”. In Cartazes para o museu do homem do nordeste, la prima personale europea che l’artista realizza presso la Kunsthalle di Lisbona nel 2013, presenta un’installazione composta di manifesti (cartazes) che propongono una rilettura dello stereotipo dell’uomo ‘nordestino’. Il lavoro oscilla tra il desiderio proprio dell’immaginario omosessuale e i temi del potere, della violenza e del dominio, giocando su un complesso cortocircuito tra passato e presente. Nel 2013 invitato a prendere parte alla Biennale di Lione presenta 40 Nego Bom é 1 real, un lavoro che riflette su problemi universali come l’alienazione e il rapporto tra padroni e proletariato. In questa occasione viene insignito anche del prestigioso Rhone-Alps Prize. Nego Bom è il nome di una caramella molto popolare nel nord-est del Brasile. In portoghese, “nego bom” significa letteralmente qualcosa come “buon nero”. “Nego” (maschile) o “nega” (femminile) è anche una forma colloquiale e affettuosa con la quale le persone usano chiamarsi, ma linguisticamente porta con sé connotazioni storiche di stampo coloniale e razzista. De Andrade nel 2013 realizza una mostra personale in Canada al Musée d’art Contemporain de Montréal, espone inoltre a La Bienal 2013: Here is where we jump - El Museo del Barrio a New York, al Future Generation Art Prize nell’ambito della 55° Biennale di Venezia, allo Stedelijk Museum Bureau di Amsterdam. Ricordiamo infine The Ungovernables presso il New Museum Triennial di New York (2012) e la 12° Biennale di Istanbul (2011).
André Komatsu nasce nel 1978 a San Paolo, dove tutt’oggi vive e lavora. Komatsu descrive la sua opera come riflesso di una serie di percezioni che nascono percorrendo strade e spazi urbani. Gli oggetti e i materiali che convergono verso l’universo artistico di André Komatsu sono, al di là delle apparenze, inviti alla resistenza sociale. Partendo da frammenti, macerie, oggetti abbandonati, Komatsu opera una ricostruzione alla ricerca di nuovi modelli di esistenza. Il pensiero dell’artista si sofferma anche sul rapporto stesso fra le parti di una struttura, sulle sue possibilità di sopravvivenza e sulla sua inevitabile trasformazione nel tempo. Base Hierárquica (2011-2013) è un lavoro che nel corso degli anni l’artista ha installato in diversi paesi, utilizzando ogni volta bicchieri d’uso comune, raffinati calici da vino e materiali da costruzione facilmente reperibili in loco. L’opera si compone di una serie di blocchi di cemento accatastati l’uno sull’altro, poggianti su bicchieri robusti e capaci di sostenerne il peso; vicino, un bicchiere da vino in frantumi testimonia la fragilità della sua eleganza. L’uso ricorrente da parte dell’artista di frammenti, scarti, materiali trovati e il loro riutilizzo, esprime la volontà di sovvertire i valori convenzionalmente attribuiti ai materiali e in senso lato, agli elementi della vita quotidiana. Nel 2005 André Komatsu vince il Bolsa Pampulha Award e quattro anni più tardi partecipa a un programma di residenze al Bronx Museum di New York.
Nel 2011 espone al Drawing Room a Londra e riceve il Premio Illy for Sustain Art, assegnato da ARCO Madrid. Nel 2013 partecipa alla Biennale di Arti Grafiche a Lubiana, alla Biennale Monterrey FEMSA a Città del Messico ed è tra i finalisti del Future Generation Art Prize.
Le mostre sono realizzate in collaborazione con la Galeria Vermelho di San Paolo.
Ornaghi & Prestinari. Familiare
Galleria Continua è lieta di ospitare nei suoi spazi dell’Arco dei Becci di San Gimignano il progetto Familiare, mostra personale del duo artistico italiano Ornaghi & Prestinari.
Valentina Ornaghi e Claudio Prestinari iniziano a collaborare nel 2009, mostrando da subito, nella loro produzione artistica, una spiccata attenzione per i materiali e le loro potenzialità. Fondendo insieme figurazione pittorica e plastica, riflessioni sull’arte concettuale ed esperienze di vita personale, Ornaghi & Prestinari accolgono il pubblico in un universo intimo e delicato.
Il progetto Familiare, pensato per la Galleria Continua, è costituito da quattro opere inedite in dialogo tra loro, e rappresenta coerentemente l’analisi estetica e formale degli artisti attraverso un’immersione nel loro immaginario artistico e individuale.
Come spesso accade nella loro pratica, anche in Familiare è presente il dualismo tra pensiero e azione, concetto e manualità; i livelli della ricerca del duo si contaminano vicendevolmente incontrandosi e scontrandosi con la volontà di tenere assieme nel confronto, aspetto imprescindibile e fondante del lavorare in coppia.
Le opere in mostra testimoniano un processo alchemico di paziente messa alla prova e trasformazione degli oggetti dal loro stadio originario.
Lana, legno, acciaio, argento e rame sono gli elementi sui quali gli artisti intervengono, materiali per loro domestici e quotidiani. Grazie a questi gli artisti caratterizzano lo spazio espositivo, allestendolo con attenzione quasi chirurgica, come un laboratorio ideale, in cui rimangono visibili solo i risultati del paziente lavoro. Le opere accentuano proprio quest’ultimo aspetto: esse raffinano oggetti che per loro natura riflettono sull’idea stessa di lavoro.
Così Abito, realizzato a maglia e ricamato, racconta la versione personale della tradizionale tuta blu da lavoro elaborata dagli artisti, che trasformano il tessuto ruvido e resistente dell’originale in un involucro delicato, morbido e confortevole.
La riflessione sul lavoro permea tutta la mostra, il cui spazio è costellato inoltre da riferimenti specifici all’azione pratica del costruire (Appunti), che concludono il percorso con un’opera tanto simbolica quanto ironica: A fior di conio. A partire dalla riflessione sul valore economico e sociale del denaro, soprattutto nell’ambito dell’arte contemporanea, Ornaghi & Prestinari intraprendono silenziosamente un’azione di manomissione; questa infatti potrebbe non essere scoperta se il visitatore non volesse concedersi un istante in più per voltare la moneta, scoprendone il lato manipolato, impreziosito unicamente.
Nella mostra la sensibilità artistica del duo accompagna il pubblico in un tracciato personale e tuttavia collettivo, sollevando riflessioni e questioni attuali e condivise da un lato, e scoprendosi agli spettatori con delicatezza e pazienza dall’altro, in un gesto che diventa via via sempre più confidenziale e familiare. Esercizi giornalieri, sommatorie di azioni semplici ma impegnative che dal progetto al compimento richiedono il costante rinnovo di volontà e fiducia.
Valentina Ornaghi (Milano 1986) e Claudio Prestinari (Milano 1984) iniziando la loro formazione universitaria al Politecnico di Milano laureandosi rispettivamente in Disegno Industriale e Architettura e proseguendola entrambi presso l’Università Iuav di Venezia.
Nelle loro opere Ornaghi & Prestinari si confrontano in prima persona con le potenzialità di materiali e tecniche, da quelle antiche e complesse come l’argentatura fino alla sperimentazione di nuove strade. Particolarmente interessati alla dualità insita in ogni azione, gli artisti mantengono una preponderante componente estetica dai toni eleganti e sofisticati, evocando nelle loro intuizioni affascinanti composizioni figurative non prive di intensità. Hanno partecipato a diversi workshop e residenze, tra cui VIR-ViaFarini in Residence, a cura di Simone Frangi, Milano, 2013; Fondazione Spinola-Banna per l’arte, visiting professor Massimo Bartolini, Poirino (TO), 2011; mentre tra le mostre collettive selezionate si ricordano la 96ma collettiva Giovani Artisti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di San Marco, Venezia, 2012; The Self-Moving Number, a cura di Sils project, Duende studios, Rotterdam, NL, 2012, Jeune Création Européenne, biennale itinerante dei giovani artisti; Extracurricular Activity, a cura di Daniele Capra, Superfluo, Padova, 2012; On fire, a cura di Viviana Checchia e Anna Santomauro, neon.
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