Stefania Romagna. Profonda Superficie
Dal 13 Novembre 2014 al 05 Dicembre 2014
Ardea | Roma
Luogo: Raccolta Manzù/GNAM
Indirizzo: via Laurentina km 32
Orari: da martedì a sabato 10.30-18.30
Curatori: Fabio D'Achille
Enti promotori:
- MAD Museo d'Arte Diffusa
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 9135022 / 393 3242424
E-Mail info: eventi@madarte.it
Sito ufficiale: http://www.madarte.it
Il Museo d’Arte Diffusa a cura di Fabio D’Achille e la Raccolta Manzù/GNAM diretta dalla Dott.ssa Marcella Cossu lanciano il nuovo progetto PerforMIng femmiNIle: in uno spazio molto esiguo nel giardino che ospita la Raccolta Manzù –una sorta di museo nel museo o “meta-museo”, una mini location affiancata al grande e noto spazio espositivo-, quattro artiste del territorio, con diversi patrimoni artistici e linguaggi, si cimenteranno in operazioni incentrate sull’elemento installativo e performativo, attraverso opere di pittura, videoarte, live painting. Le ridotte dimensioni dello spazio sono funzionali a proporre al pubblico un rapporto intimo e una visione ravvicinata del mondo delle artiste; un approccio quasi interattivo con il loro operato, in modo che i fruitori non si limitino ad osservare o, peggio, ad ammirare, ma entrino nel vivo, da protagonisti, nella creazione e nello spazio delle artiste.
Così, a partire da domani 14 novembre fino al prossimo gennaio, si avvicenderanno la performance installativa di Stefania Romagna; una versione in scala minore della mostra di Stefania Catini all’Ara Pacis; la riproduzione dello studio di Marianna Galati; per concludere con la mini antologica di Anna Laura Patanè “Sospensioni”, serie ormai nota al pubblico, su cui l’artista lavora da oltre dieci anni.
Scrive del progetto Marcella Cossu:
“Una dépendance nascosta all’interno del parco della Raccolta Manzù, un semplice parallelepipedo bianco dall’interno rivisitato in chiave fluo, tra verde e arancio, da Nino Incardona, nel decennio di scorribande architettoniche legate alla serie dei miglioramenti introdotti dal 2005, e anche prima, da Alessandro Maria Liguori e da lui, una squadra per me insostituibile negli allestimenti istituzionali dentro e fuori il museo.
Ad oggi, finalmente, la possibilità di un forse breve ma intenso sfruttamento di questo altro “luogo di Manzù”, con la serie sperimentale dei primi quattro eventi espositivi del “ManzùLab” di altrettante artiste del territorio – sempre e comunque nello spirito del “Manzù, l’arte e il Territorio”- unite dal denominatore comune di personalità forti e incisive, nell’uso di tecniche tradizionali e multimediali, almeno quanto la loro consapevole ed ostinata ricerca del “bello”.
Un’altra delle innumerevoli storie episodiche e rapsodiche di quella “Scuola Pontina” così vivace e poliedrica come il suo ispiratore e animatore Fabio D’Achille ( MAD, Museo d’Arte Diffusa ), il quale cura anche l’iniziativa odierna del “ManzùLab”, nel sud estremo dell’ecomuseo del contemporaneo su cui da anni insiste e scava nel vissuto di tanti e diversi artisti del territorio.
Un’occasione ulteriore, a prescindere da qualsiasi possibilità di sviluppi futuri nella vita della raccolta Manzù, per proseguire nel solco di quanto richiesto dall’artista stesso nell’atto testamentale di donazione alla GNAM: rendere questo luogo centro di ricerca viva e attualizzante, precorrendo di alcuni anni il concetto dell’ecomuseo, così ben radicato in Agro, virgiliano come pontino”.
STEFANIA ROMAGNA, IL DINAMISMO CREATIVO.
Come la possiamo definire? Pittrice, performer, scenografa o forse, è meglio dire, che Stefania Romagna è tutto questo e non è possibile identificarla in un’unica parola.
Osservando i suoi lavori, non sfugge agli occhi come la sua creatività trovi espressione con l’utilizzo di differenti materiali, che vanno da semplici tele fino a vecchi scuri di finestre, sportelli di macchine, ventilatori, bottiglie di plastica o rami di albero.
Ma partiamo dai suoi quadri, nei quali l’artista, oltre l’acrilico, la china, i gessi, usa carte da gioco, bulloni, stracci, creando un effetto di maggiore plasticità, rompendo il limite della superficie pittorica. Nelle tele, le figure di uomini e donne dipinte, rese vitree da una fredda tonalità cromatica, sembrano delle visioni inserite in atmosfere senza tempo, in contesti per lo più surreali, dove gli oggetti, come delle apparizioni metafisiche, definiscono uno spazio distorto.
Ogni quadro è la realizzazione di un altro mondo, in cui è possibile addentrarsi, basta immedesimarsi in uno dei soggetti raffigurati, fino sentirsi parte del tutto, come attori di uno spettacolo teatrale. Ed è proprio il teatro il leitmotiv dei suoi lavori, aspetto rilevante e sempre presente. Anche quando l’artista evolve la sua arte in installazioni, dove i quadri vengono combinati in maniera sapiente con materiali riciclati, ottenendo un risultato dal sapore decisamente urbano. Queste creazioni, di stile metropolitano, si inseriscono con naturalezza nell’ambiente circostante, come avviene per l’opera La vasca nera, visibile nella stazione metropolitana Sant Adrià a Barcellona, città in cui ha vissuto e lavorato per alcuni anni.
Forse, è proprio da quell’ambiente passionale spagnolo che l’artista ha preso spunto per utilizzare nei dipinti intense tonalità di rosso o arancione che contrastano con il nero e il grigio, raggiungendo un effetto finale suggestivo e di forte impatto visivo.
Rientrata nella città natale, Terracina, dove ora vive e lavora, ha collaborato con diversi gruppi musicali indie-rock italiani e stranieri, come Di Martino, Sakee Sed, Musica da Cucina, Laboule, realizzando, sempre con materiali di diversa origine, le scenografie dei concerti.
Gli ultimi lavori sui quali sta operando sono la serie dei “Plastic Lights”, lampade da terra, da tavolo e lampadari che nascono con il mettere insieme oggetti di riciclo, come vecchie docce, ventilatori e tubi. E le nuove fonti di luce diventano dei veri e propri elementi di arredo, con un design adattabile a qualsiasi tipo di spazio.
L’artista ama definire la sua ricerca creativa come “Riciclo in movimento”, perché tramite il suo intervento ogni oggetto, terminata la sua funzione, riprende vita all’interno di un contesto differente, del tutto originale. Si eleva ad una nuova forma d’arte.
Per comprendere totalmente il suo lavoro bisogna sempre considerare la relazione diretta e costante tra la personale dinamicità creativa e l’esistenza, infatti è proprio da ogni aspetto di quest’ultima che le sue realizzazioni prendono spunto e diventano il mezzo attraverso il quale instaurare un dialogo continuo tra il suo intimo, ognuno di noi e quindi il mondo”.
(Elisa Rinaldi)
Così, a partire da domani 14 novembre fino al prossimo gennaio, si avvicenderanno la performance installativa di Stefania Romagna; una versione in scala minore della mostra di Stefania Catini all’Ara Pacis; la riproduzione dello studio di Marianna Galati; per concludere con la mini antologica di Anna Laura Patanè “Sospensioni”, serie ormai nota al pubblico, su cui l’artista lavora da oltre dieci anni.
Scrive del progetto Marcella Cossu:
“Una dépendance nascosta all’interno del parco della Raccolta Manzù, un semplice parallelepipedo bianco dall’interno rivisitato in chiave fluo, tra verde e arancio, da Nino Incardona, nel decennio di scorribande architettoniche legate alla serie dei miglioramenti introdotti dal 2005, e anche prima, da Alessandro Maria Liguori e da lui, una squadra per me insostituibile negli allestimenti istituzionali dentro e fuori il museo.
Ad oggi, finalmente, la possibilità di un forse breve ma intenso sfruttamento di questo altro “luogo di Manzù”, con la serie sperimentale dei primi quattro eventi espositivi del “ManzùLab” di altrettante artiste del territorio – sempre e comunque nello spirito del “Manzù, l’arte e il Territorio”- unite dal denominatore comune di personalità forti e incisive, nell’uso di tecniche tradizionali e multimediali, almeno quanto la loro consapevole ed ostinata ricerca del “bello”.
Un’altra delle innumerevoli storie episodiche e rapsodiche di quella “Scuola Pontina” così vivace e poliedrica come il suo ispiratore e animatore Fabio D’Achille ( MAD, Museo d’Arte Diffusa ), il quale cura anche l’iniziativa odierna del “ManzùLab”, nel sud estremo dell’ecomuseo del contemporaneo su cui da anni insiste e scava nel vissuto di tanti e diversi artisti del territorio.
Un’occasione ulteriore, a prescindere da qualsiasi possibilità di sviluppi futuri nella vita della raccolta Manzù, per proseguire nel solco di quanto richiesto dall’artista stesso nell’atto testamentale di donazione alla GNAM: rendere questo luogo centro di ricerca viva e attualizzante, precorrendo di alcuni anni il concetto dell’ecomuseo, così ben radicato in Agro, virgiliano come pontino”.
STEFANIA ROMAGNA, IL DINAMISMO CREATIVO.
Come la possiamo definire? Pittrice, performer, scenografa o forse, è meglio dire, che Stefania Romagna è tutto questo e non è possibile identificarla in un’unica parola.
Osservando i suoi lavori, non sfugge agli occhi come la sua creatività trovi espressione con l’utilizzo di differenti materiali, che vanno da semplici tele fino a vecchi scuri di finestre, sportelli di macchine, ventilatori, bottiglie di plastica o rami di albero.
Ma partiamo dai suoi quadri, nei quali l’artista, oltre l’acrilico, la china, i gessi, usa carte da gioco, bulloni, stracci, creando un effetto di maggiore plasticità, rompendo il limite della superficie pittorica. Nelle tele, le figure di uomini e donne dipinte, rese vitree da una fredda tonalità cromatica, sembrano delle visioni inserite in atmosfere senza tempo, in contesti per lo più surreali, dove gli oggetti, come delle apparizioni metafisiche, definiscono uno spazio distorto.
Ogni quadro è la realizzazione di un altro mondo, in cui è possibile addentrarsi, basta immedesimarsi in uno dei soggetti raffigurati, fino sentirsi parte del tutto, come attori di uno spettacolo teatrale. Ed è proprio il teatro il leitmotiv dei suoi lavori, aspetto rilevante e sempre presente. Anche quando l’artista evolve la sua arte in installazioni, dove i quadri vengono combinati in maniera sapiente con materiali riciclati, ottenendo un risultato dal sapore decisamente urbano. Queste creazioni, di stile metropolitano, si inseriscono con naturalezza nell’ambiente circostante, come avviene per l’opera La vasca nera, visibile nella stazione metropolitana Sant Adrià a Barcellona, città in cui ha vissuto e lavorato per alcuni anni.
Forse, è proprio da quell’ambiente passionale spagnolo che l’artista ha preso spunto per utilizzare nei dipinti intense tonalità di rosso o arancione che contrastano con il nero e il grigio, raggiungendo un effetto finale suggestivo e di forte impatto visivo.
Rientrata nella città natale, Terracina, dove ora vive e lavora, ha collaborato con diversi gruppi musicali indie-rock italiani e stranieri, come Di Martino, Sakee Sed, Musica da Cucina, Laboule, realizzando, sempre con materiali di diversa origine, le scenografie dei concerti.
Gli ultimi lavori sui quali sta operando sono la serie dei “Plastic Lights”, lampade da terra, da tavolo e lampadari che nascono con il mettere insieme oggetti di riciclo, come vecchie docce, ventilatori e tubi. E le nuove fonti di luce diventano dei veri e propri elementi di arredo, con un design adattabile a qualsiasi tipo di spazio.
L’artista ama definire la sua ricerca creativa come “Riciclo in movimento”, perché tramite il suo intervento ogni oggetto, terminata la sua funzione, riprende vita all’interno di un contesto differente, del tutto originale. Si eleva ad una nuova forma d’arte.
Per comprendere totalmente il suo lavoro bisogna sempre considerare la relazione diretta e costante tra la personale dinamicità creativa e l’esistenza, infatti è proprio da ogni aspetto di quest’ultima che le sue realizzazioni prendono spunto e diventano il mezzo attraverso il quale instaurare un dialogo continuo tra il suo intimo, ognuno di noi e quindi il mondo”.
(Elisa Rinaldi)
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