Riletture postcoloniali degli scambi artistici e culturali tra Europa e Maghreb (Algeria, Francia, Italia, Marocco e Tunisia) XVIII-XXI secolo
Dal 09 Aprile 2015 al 10 Aprile 2015
Roma
Luogo: Villa Medici
Indirizzo: viale Trinità dei Monti 1
Enti promotori:
- Accademia di Francia a Roma
Telefono per informazioni: +39 06 67611
E-Mail info: standard@villamedici.it
Sito ufficiale: http://www.villamedici.it/
Il 9 e 10 aprile 2015 l’Accademia di Francia a Roma – Villa Medici organizza il convegno internazionale Riletture postcoloniali degli scambi artistici e culturali tra Europa e Maghreb (Algeria, Francia, Italia, Marocco e Tunisia) XVIII-XXI secolo, con il Centre F.G. Pariset dell’Université Bordeaux-Montaigne e l’École du Louvre, Parigi, e con il sostegno dell’École française de Rome, dell’Institut National d’Histoire de l’Art (Axe Mondialisation), Parigi, dell’Institut de Recherches sur le Maghreb Contemporain, Tunisi, e del Laboratoire d’Archéologie et d’Architecture Maghrébines de l’Université de la Manouba, Tunisi.
Il convegno a Roma costituisce la seconda sessione di questo progetto internazionale. Intitolata Radicamento e deterritorializzazione degli artisti: riscrivere la storia, questa sessione è dedicata alle arti visive, considerate da una prospettiva sia storica che contemporanea. La prima sessione, che si è svolta a dicembre 2014 all'École du Louvre a Parigi, ha permesso di approfondire il tema dell’eredità coloniale dei musei. La terza sessione Traslazioni architettoniche, colonizzazione archeologica e invenzione dei patrimoni si terrà a Tunisi al Museo nazionale del Bardo il 4 e 5 giugno 2015.
Questo convegno, che riunisce specialisti provenienti dalle due sponde del Mediterraneo e da altre parti del mondo, si pone l’obiettivo di esaminare come si sono costruiti i rapporti culturali e artistici tra Francia, Italia e Maghreb in alcuni momenti cruciali della loro storia – prima della colonizzazione, durante il periodo coloniale e dopo le indipendenze –, badando tuttavia a situarsi nell’oggi, all’interno dell’eredità degli sguardi reciproci, degli scambi e delle rappresentazioni. Queste relazioni sisono certamente inscritte nell’arte, nell’architettura, nell’archeologia e nelle istituzioni culturali, quali per esempio i musei, tuttavia esse non riguardano solo la storia dell’arte o dell’archeologia, ma competono al più ampio campo delle scienze sociali: sociologia, antropologia, studi postcoloniali…
Queste situazioni devono essere riviste alla luce della riflessione postcoloniale e di una sistematica decostruzione dei punti di vista e dei saperi, oggi già ben avviata. Il primo obiettivo è dunque quello di prendere in considerazione le attuali relazioni e la gestione di un’eredità comune. Spesso esaminati come una relazione a senso unico, in termini di dominazione o di transfert di modelli da una metropoli verso le sue periferie, questi scambi sono stati in realtà molto più ricchi e complessi. Non si intende edulcorare il rapporto coloniale, ma esso va ricollocato in un tempo lungo e va mostrato come la stessa cultura europea si sia trasformata in ragione di questi stretti contatti, e come il contributodel «terreno» nord-africano abbia potuto influire sull’evoluzione delle scienze umane e sociali. Allo stesso modo, è opportuno analizzare come la cultura dei paesi del Maghreb sia stata modellata dalle occupazioni francese e italiana, attraverso gli spostamenti di popolazione, attraverso l’intreccio e l’evoluzione di comunità dotate di identità plurime e tuttavia di storie comuni. Questa regione del mondo, da una parte e dell’altra del Mediterraneo, presenta oggi agli osservatori una storia condivisa che deve essere riscritta.
La specificità dei vari interlocutori coinvolti nell’organizzazione e dei luoghi di incontro – Parigi, Roma e Tunisi – garantisce la pluralità degli approcci. L’impiego del termine «postcoloniale» nel titolo del convegno manifesta la volontà di confrontare anche questi temi con le ipotesi proposte da quest’area di pensiero, che fornisce fecondi spunti critici: una necessaria contestualizzazione di ogni riflessione nei dibattiti attuali, il superamento degli ostacoli dell’etnocentrismo e dell’orientalismo, la creazione di un dialogo autentico tra queste culture segnate in un senso o in un altro dall’esperienza coloniale. Nato dal rifiuto dell’essenzialismo inscritto nella relazione coloniale e coniugato alla necessità di ripensare i racconti lineari della modernizzazione degli «altri», questo progetto non mira tanto a un accumulo di nuove conoscenza, quanto piuttosto al «decentramento» dei nostri saperi. La vitalità politica ed estetica di queste regioni, così come il cambiamento degli equilibri geopolitici, suggeriscono nuove dinamiche di ricerca.
Il convegno a Roma costituisce la seconda sessione di questo progetto internazionale. Intitolata Radicamento e deterritorializzazione degli artisti: riscrivere la storia, questa sessione è dedicata alle arti visive, considerate da una prospettiva sia storica che contemporanea. La prima sessione, che si è svolta a dicembre 2014 all'École du Louvre a Parigi, ha permesso di approfondire il tema dell’eredità coloniale dei musei. La terza sessione Traslazioni architettoniche, colonizzazione archeologica e invenzione dei patrimoni si terrà a Tunisi al Museo nazionale del Bardo il 4 e 5 giugno 2015.
Questo convegno, che riunisce specialisti provenienti dalle due sponde del Mediterraneo e da altre parti del mondo, si pone l’obiettivo di esaminare come si sono costruiti i rapporti culturali e artistici tra Francia, Italia e Maghreb in alcuni momenti cruciali della loro storia – prima della colonizzazione, durante il periodo coloniale e dopo le indipendenze –, badando tuttavia a situarsi nell’oggi, all’interno dell’eredità degli sguardi reciproci, degli scambi e delle rappresentazioni. Queste relazioni sisono certamente inscritte nell’arte, nell’architettura, nell’archeologia e nelle istituzioni culturali, quali per esempio i musei, tuttavia esse non riguardano solo la storia dell’arte o dell’archeologia, ma competono al più ampio campo delle scienze sociali: sociologia, antropologia, studi postcoloniali…
Queste situazioni devono essere riviste alla luce della riflessione postcoloniale e di una sistematica decostruzione dei punti di vista e dei saperi, oggi già ben avviata. Il primo obiettivo è dunque quello di prendere in considerazione le attuali relazioni e la gestione di un’eredità comune. Spesso esaminati come una relazione a senso unico, in termini di dominazione o di transfert di modelli da una metropoli verso le sue periferie, questi scambi sono stati in realtà molto più ricchi e complessi. Non si intende edulcorare il rapporto coloniale, ma esso va ricollocato in un tempo lungo e va mostrato come la stessa cultura europea si sia trasformata in ragione di questi stretti contatti, e come il contributodel «terreno» nord-africano abbia potuto influire sull’evoluzione delle scienze umane e sociali. Allo stesso modo, è opportuno analizzare come la cultura dei paesi del Maghreb sia stata modellata dalle occupazioni francese e italiana, attraverso gli spostamenti di popolazione, attraverso l’intreccio e l’evoluzione di comunità dotate di identità plurime e tuttavia di storie comuni. Questa regione del mondo, da una parte e dell’altra del Mediterraneo, presenta oggi agli osservatori una storia condivisa che deve essere riscritta.
La specificità dei vari interlocutori coinvolti nell’organizzazione e dei luoghi di incontro – Parigi, Roma e Tunisi – garantisce la pluralità degli approcci. L’impiego del termine «postcoloniale» nel titolo del convegno manifesta la volontà di confrontare anche questi temi con le ipotesi proposte da quest’area di pensiero, che fornisce fecondi spunti critici: una necessaria contestualizzazione di ogni riflessione nei dibattiti attuali, il superamento degli ostacoli dell’etnocentrismo e dell’orientalismo, la creazione di un dialogo autentico tra queste culture segnate in un senso o in un altro dall’esperienza coloniale. Nato dal rifiuto dell’essenzialismo inscritto nella relazione coloniale e coniugato alla necessità di ripensare i racconti lineari della modernizzazione degli «altri», questo progetto non mira tanto a un accumulo di nuove conoscenza, quanto piuttosto al «decentramento» dei nostri saperi. La vitalità politica ed estetica di queste regioni, così come il cambiamento degli equilibri geopolitici, suggeriscono nuove dinamiche di ricerca.
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