Raffaele Ripoli. Personale
Dal 07 Marzo 2014 al 24 Aprile 2014
Roma
Luogo: Biblioteca statale Antonio Baldini
Indirizzo: via di Villa Sacchetti 5
Orari: da lunedì a giovedì 8.30-19.30; venerdì 8.30-15; sabato 8.30-13.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 3221208
E-Mail info: bs_bald@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.bibliotecabaldini.beniculturali.it
La biblioteca Baldini ha l'onore di ospitare nei propri locale dal 7 marzo al 24 aprile 2014 le opere dell'artista Raffaele Ripoli. La pittura di Ripoli è inscindibile dalla forma, dal volume, dalla struttura fisica delle cose.
I soggetti hanno tutti una genesi comune fondata sulla memoria intesa come presenza continua che perdura nel presente con le stesse geometrie, volumi e armonie perpetue e durature delle architetture essenziali antiche e indelebili del mondo rurale e dei borghi. La vocazione del pittore verso quella solidità, intesa metaforicamente come autenticità, da tutelare e preservare tramite una rappresentazione forte e determinata dal segno deciso e dalla consistenza materica.
Le sue sono forze primarie che si impongono fiere e resistenti, sopravvissute e rese perfino più belle dal segno del tempo
che ha lasciato le crepe, le storture, le gobbe ,le asimmetrie , le alterazioni cromatiche degli intonaci screpolati dal sole, dall’acqua, dal vento e dal tempo che passa inesorabile .
Il disegno di contesti originari arcaici e primari è una scelta che parte dall’antico amore e studio approfondito dell’architettura , tematica costante nella sua pittura, ed è proprio dall’essenza strutturale dell’architettura che parte Raffaele per ritrovare ciò che è fermo da anni, ciò che resterà indelebile nel tempo. E qui è d’obbligo citare l’ architetto filosofo Aldo Rossi, per il quale, tra l’altro Raffaele ha avuto l’onore di lavorare nel suo periodo di permanenza nella città di Amsterdam, presso lo SDA, “l’architettura è la scena fissa delle vicende dell’uomo, carica di sentimenti, di generazioni, di eventi pubblici , tragedie private, di fatti nuovi e antichi”.
Le architetture dipinte di Ripoli partono dal confronto con episodi, racconti, vecchie storie, riti popolari, danze e topos concreti sempre identificabili nei suoi luoghi e nel suo vissuto per aprirsi e ampliare i confini verso il grande disegno, quello trasversale e universale, lontano dalla rappresentazione meramente letterale o minuziosamente legata al particolare. La rappresentazione dei filosofi del catoio scaturisce da racconti popolari che si perpetuano da tempi immemori; riti arcaici di convivio vissuti nei bassi, nelle cantine, luoghi terreni di bevitori di vino e decantatori di pensiero, filosofi,appunto, riuniti intorno al tavolo nel loro spazio ideale, raccolto e spartano, nel’ ventre della vacca’, come direbbe Raffaele, luogo di massima ispirazione, essenziale e familiare, mura spesse e antiche che garantiscono in maniera naturale il fresco d’estate e il caldo d’inverno con le travi a vista del soffitto e la porticina conventuale dove nulla disturba, prima di consumare e di lasciarsi andare agli eccessi del banchetto a base di maiale, frittole, salsicce, soppressate, e salami vari. Il momento dell’attesa è quello scelto dal pittore in cui gli uomini ragionano, girano intorno al tavolo come nel pensiero e discutono in attesa dell’arrivo del vino e del maiale ammazzato di buon auspicio per tutto l’inverno e l’anno che verrà, tutto questo celebrato in modo quasi biblico tra soli uomini commensali e attori del vecchio rituale in attesa delle donne e della festa proprio nel catoio ( termine di derivazione greca: katågeion (sotterraneo) ‘catoio’ in calabrese è rimasto il termine comune per indicare un locale al pianoterra o seminterrato) la nostra cantina o il ‘basso’ di Napoli per intenderci.
La Calabria, terra aspra e bellissima, martoriata e vilipesa, ma che paradossalmente rappresenta tutto il Sud del mondo, il cui popolo è destinato a combattere o a fuggire per poi tornare di nuovo a goderne la bellezza. Regione che riprende colore e vita nel suo periodo di massimo splendore, l’estate, momento catartico in cui il sole e il mare vincono sulle paure ataviche, sugli spettri del male, quando si aprono le danze o si celebrano le sagre e le processioni religiose fino alla festa del maiale dando spazio a ritualità antiche senza tempo. Questi sono i momenti magici vissuti appassionatamente e orgogliosamente da Raffaele riportati nelle sue ultime opere: , ‘la Tarantella dei Carcerati’, ‘Kaulonia’, ‘la Processione’, ‘I filosofi del catoio’ e ‘Lo zampognaro’.
Le tavole e le tele dipinte di Raffaele sono in qualche modo «metafore di eternità» dove la minuzia o la descrizione vernacolare sono assenti per elaborare una sorta di realismo astratto e minimale accantonando il connotato specifico per librarsi verso il trasversale, l’universale. Questo slancio si associa all’impulso (in qualche modo radicato nella ricca esperienza disegnativa dell’Architetto ) di iscrivere il visibile dentro una griglia fatta di geometrie rigorose. La natura viene ricostruita attraverso un processo di liberazione e di scarnificazione del superfluo. Possiamo affermare che la fantasia del pittore Raffaele altro non è che memoria dilatata e ricomposta dall’architetto Ripoli.
I soggetti hanno tutti una genesi comune fondata sulla memoria intesa come presenza continua che perdura nel presente con le stesse geometrie, volumi e armonie perpetue e durature delle architetture essenziali antiche e indelebili del mondo rurale e dei borghi. La vocazione del pittore verso quella solidità, intesa metaforicamente come autenticità, da tutelare e preservare tramite una rappresentazione forte e determinata dal segno deciso e dalla consistenza materica.
Le sue sono forze primarie che si impongono fiere e resistenti, sopravvissute e rese perfino più belle dal segno del tempo
che ha lasciato le crepe, le storture, le gobbe ,le asimmetrie , le alterazioni cromatiche degli intonaci screpolati dal sole, dall’acqua, dal vento e dal tempo che passa inesorabile .
Il disegno di contesti originari arcaici e primari è una scelta che parte dall’antico amore e studio approfondito dell’architettura , tematica costante nella sua pittura, ed è proprio dall’essenza strutturale dell’architettura che parte Raffaele per ritrovare ciò che è fermo da anni, ciò che resterà indelebile nel tempo. E qui è d’obbligo citare l’ architetto filosofo Aldo Rossi, per il quale, tra l’altro Raffaele ha avuto l’onore di lavorare nel suo periodo di permanenza nella città di Amsterdam, presso lo SDA, “l’architettura è la scena fissa delle vicende dell’uomo, carica di sentimenti, di generazioni, di eventi pubblici , tragedie private, di fatti nuovi e antichi”.
Le architetture dipinte di Ripoli partono dal confronto con episodi, racconti, vecchie storie, riti popolari, danze e topos concreti sempre identificabili nei suoi luoghi e nel suo vissuto per aprirsi e ampliare i confini verso il grande disegno, quello trasversale e universale, lontano dalla rappresentazione meramente letterale o minuziosamente legata al particolare. La rappresentazione dei filosofi del catoio scaturisce da racconti popolari che si perpetuano da tempi immemori; riti arcaici di convivio vissuti nei bassi, nelle cantine, luoghi terreni di bevitori di vino e decantatori di pensiero, filosofi,appunto, riuniti intorno al tavolo nel loro spazio ideale, raccolto e spartano, nel’ ventre della vacca’, come direbbe Raffaele, luogo di massima ispirazione, essenziale e familiare, mura spesse e antiche che garantiscono in maniera naturale il fresco d’estate e il caldo d’inverno con le travi a vista del soffitto e la porticina conventuale dove nulla disturba, prima di consumare e di lasciarsi andare agli eccessi del banchetto a base di maiale, frittole, salsicce, soppressate, e salami vari. Il momento dell’attesa è quello scelto dal pittore in cui gli uomini ragionano, girano intorno al tavolo come nel pensiero e discutono in attesa dell’arrivo del vino e del maiale ammazzato di buon auspicio per tutto l’inverno e l’anno che verrà, tutto questo celebrato in modo quasi biblico tra soli uomini commensali e attori del vecchio rituale in attesa delle donne e della festa proprio nel catoio ( termine di derivazione greca: katågeion (sotterraneo) ‘catoio’ in calabrese è rimasto il termine comune per indicare un locale al pianoterra o seminterrato) la nostra cantina o il ‘basso’ di Napoli per intenderci.
La Calabria, terra aspra e bellissima, martoriata e vilipesa, ma che paradossalmente rappresenta tutto il Sud del mondo, il cui popolo è destinato a combattere o a fuggire per poi tornare di nuovo a goderne la bellezza. Regione che riprende colore e vita nel suo periodo di massimo splendore, l’estate, momento catartico in cui il sole e il mare vincono sulle paure ataviche, sugli spettri del male, quando si aprono le danze o si celebrano le sagre e le processioni religiose fino alla festa del maiale dando spazio a ritualità antiche senza tempo. Questi sono i momenti magici vissuti appassionatamente e orgogliosamente da Raffaele riportati nelle sue ultime opere: , ‘la Tarantella dei Carcerati’, ‘Kaulonia’, ‘la Processione’, ‘I filosofi del catoio’ e ‘Lo zampognaro’.
Le tavole e le tele dipinte di Raffaele sono in qualche modo «metafore di eternità» dove la minuzia o la descrizione vernacolare sono assenti per elaborare una sorta di realismo astratto e minimale accantonando il connotato specifico per librarsi verso il trasversale, l’universale. Questo slancio si associa all’impulso (in qualche modo radicato nella ricca esperienza disegnativa dell’Architetto ) di iscrivere il visibile dentro una griglia fatta di geometrie rigorose. La natura viene ricostruita attraverso un processo di liberazione e di scarnificazione del superfluo. Possiamo affermare che la fantasia del pittore Raffaele altro non è che memoria dilatata e ricomposta dall’architetto Ripoli.
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