Pedro Cano. Mediterranea
Dal 28 Settembre 2012 al 13 Gennaio 2013
Roma
Luogo: Mercati di Traiano - Museo dei Fori Imperiali
Indirizzo: via IV Novembre 94
Orari: da martedì a domenica 9-19
Enti promotori:
- Roma Capitale
- Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali
- Fondazione Pedro Cano
Costo del biglietto: intero € 11, ridotto € 9 (residenti € 10/ € 8)
Telefono per informazioni: +39 06 0608
E-Mail info: info@mercatiditraiano.it
Sito ufficiale: http://www.mercatiditraiano.it/
Un viaggio attraverso nove città raccontato da 54 opere in esposizione. E’ la mostra“Mediterranea. Pedro Cano” - 33mila visitatori nei due mesi di permanenza a Cartagena (Murcia, Spagna) - ospitata ai Mercati di Traiano dal 28 settembre 2012 al 13 gennaio 2013, promossa daRoma Capitale, Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali, con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura, un percorso della memoria in cui Pedro Cano rappresenta tutti i colori, la storia e i segreti di un Mediterraneo, sipario invisibile del suo viaggio dell’anima.
Una mostra affiancata da un percorso di attività, condotte in sette giornate dallo stesso artista, iniziando dal 29 e 30 settembre, Giornate Europee del Patrimonio. In questi sette appuntamenti Pedro Cano accompagnerà i visitatori in percorsi guidati, mostrerà ai bambini l’arte del colore e della forma. Tutto per rendere ancora più coinvolgente la fruizione del percorso espositivo.
Cosa racconta “Mediterranea. Pedro Cano”? Tre isole – Maiorca, Patmos, Sicilia – e sei città – Alessandria, Cartagena, Istanbul, Napoli, Spalato, Venezia – per un viaggio individuale dell’artista alla ricerca della propria storia in un gioco di affetti e ricordi selezionati.
Ed ecco i vecchi alfabeti di Alessandria, i ritratti di Alessandro Magno ripresi da marmi e antiche monete, mappe del porto quando la città aveva ancora la parvenza di sosta per carovane.
A Cartagena l’attenzione di Pedro Cano è dedicata al sale, legato per secoli a questa città, in quanto si dice che sia stato uno dei tesori che volevano conquistare i romani quando arrivarono in questo luogo: tonni e polipi che si asciugano al vento convivono con memorie di esili anfore.
Istanbul vuol dire Santa Sofia, gran tempio del cristianesimo eretta per volere di Giustiniano, l’opera più importante che conserva oggi questa città, incontro dell’architettura cristiana e islamica. L’attenzione dell’artista non si è concentrata sul caleidoscopio di mercati spezie e tappeti che si mescolano con argento e sete colorate, ma su questo spazio millenario prototipo di tutta l’architettura religiosa del mondo islamico.
Le grate di un chiostro della certosa di Valldemossa – tra le colline circondata da orti - unica rappresentazione di Maiorca, ci rimandano il frangere delle onde anche se da lì non si vede il mare. Una rappresentazione che ricorda una Maiorca fatta non solo di marinai ma anche di un’agricoltura fonte di alimentazione, perno principale di questo giardino interno.
Napoli capitale del Regno delle Due Sicilie. Napoli con il sole che invade alcune case e ne dimentica altre. Ma è la Smorfia – con le novantuno raffigurazioni numeriche - la sua vera faccia e Pedro Cano rappresenta con altrettante immagini questa specie di enciclopedia naturale della città, aprendoci la porta di un mondo di tradizioni fantastiche.
L’isola greca di Patmos viene descritta da ghirlande, ispirandosi alla tradizione che il primo giorno di maggio fa raccogliere nei campi rami di ulivo, grano, uva, rose, limoni, lavanda per decorare con queste composizioni le porte delle case, una sorta di buon augurio dalla spiritualità antica per gli abitanti dell’isola che celebrano i doni che la terra offre in quel periodo.
Le memorie greche della Sicilia sono raccontate dal confronto con la scultura: la Venere di Siracusa e il calore della pelle rappresentato dalla pietra e la carnalità del suo gesto, il Satiro Danzante – ritrovato dopo secoli nei fondali marini di Mazara del Vallo – col corpo che pare spiccare un salto nell’aria, il Giovane di Mozia conservato in un museo circondato da alberi di pino, che incanta per la modernità dell’enorme pezzo di marmo bianco che lascia intravedere il corpo di un uomo.
Spalato, prima dimora e mausoleo dell’Imperatore Diocleziano, poi rifugio, infine città che oggi ospita quasi tremila persone. Ed ecco immagini di labirinti di case e palazzi, un luogo che non ha spazi esterni o interni ma racchiude entrambe le opzioni, le raffigurazioni delle quattro porte, ognuna con il nome di un metallo, che conducono sempre nella città-palazzo o palazzo-città.
Impossibile – dice Pedro Cano – dipingere Venezia dopo Turner. Bisognava individuare uno spunto molto veneziano ma non banale. E lo ha trovato nei colori malinconici della laguna e delle sue paline, i pali che spuntano dall’acqua, a volte attracco per le gondole ma spesso solitari, come “vecchi specchi imprigionati negli oscuri palazzi dei canali che, non sono più guardati da nessuno e hanno dimenticato di riflettere le immagini”.
Nove luoghi della memoria, nove rielaborazioni profonde e affascinanti del vagare di un artista, Pedro Cano, che diventano, da appunti di viaggio, testimonianze di civiltà, di antichità ma anche di futuro. Un Mediterraneo che trova nelle radici della propria storia anche quella dell’artista e del suo eterno vagabondare.
Una mostra affiancata da un percorso di attività, condotte in sette giornate dallo stesso artista, iniziando dal 29 e 30 settembre, Giornate Europee del Patrimonio. In questi sette appuntamenti Pedro Cano accompagnerà i visitatori in percorsi guidati, mostrerà ai bambini l’arte del colore e della forma. Tutto per rendere ancora più coinvolgente la fruizione del percorso espositivo.
Cosa racconta “Mediterranea. Pedro Cano”? Tre isole – Maiorca, Patmos, Sicilia – e sei città – Alessandria, Cartagena, Istanbul, Napoli, Spalato, Venezia – per un viaggio individuale dell’artista alla ricerca della propria storia in un gioco di affetti e ricordi selezionati.
Ed ecco i vecchi alfabeti di Alessandria, i ritratti di Alessandro Magno ripresi da marmi e antiche monete, mappe del porto quando la città aveva ancora la parvenza di sosta per carovane.
A Cartagena l’attenzione di Pedro Cano è dedicata al sale, legato per secoli a questa città, in quanto si dice che sia stato uno dei tesori che volevano conquistare i romani quando arrivarono in questo luogo: tonni e polipi che si asciugano al vento convivono con memorie di esili anfore.
Istanbul vuol dire Santa Sofia, gran tempio del cristianesimo eretta per volere di Giustiniano, l’opera più importante che conserva oggi questa città, incontro dell’architettura cristiana e islamica. L’attenzione dell’artista non si è concentrata sul caleidoscopio di mercati spezie e tappeti che si mescolano con argento e sete colorate, ma su questo spazio millenario prototipo di tutta l’architettura religiosa del mondo islamico.
Le grate di un chiostro della certosa di Valldemossa – tra le colline circondata da orti - unica rappresentazione di Maiorca, ci rimandano il frangere delle onde anche se da lì non si vede il mare. Una rappresentazione che ricorda una Maiorca fatta non solo di marinai ma anche di un’agricoltura fonte di alimentazione, perno principale di questo giardino interno.
Napoli capitale del Regno delle Due Sicilie. Napoli con il sole che invade alcune case e ne dimentica altre. Ma è la Smorfia – con le novantuno raffigurazioni numeriche - la sua vera faccia e Pedro Cano rappresenta con altrettante immagini questa specie di enciclopedia naturale della città, aprendoci la porta di un mondo di tradizioni fantastiche.
L’isola greca di Patmos viene descritta da ghirlande, ispirandosi alla tradizione che il primo giorno di maggio fa raccogliere nei campi rami di ulivo, grano, uva, rose, limoni, lavanda per decorare con queste composizioni le porte delle case, una sorta di buon augurio dalla spiritualità antica per gli abitanti dell’isola che celebrano i doni che la terra offre in quel periodo.
Le memorie greche della Sicilia sono raccontate dal confronto con la scultura: la Venere di Siracusa e il calore della pelle rappresentato dalla pietra e la carnalità del suo gesto, il Satiro Danzante – ritrovato dopo secoli nei fondali marini di Mazara del Vallo – col corpo che pare spiccare un salto nell’aria, il Giovane di Mozia conservato in un museo circondato da alberi di pino, che incanta per la modernità dell’enorme pezzo di marmo bianco che lascia intravedere il corpo di un uomo.
Spalato, prima dimora e mausoleo dell’Imperatore Diocleziano, poi rifugio, infine città che oggi ospita quasi tremila persone. Ed ecco immagini di labirinti di case e palazzi, un luogo che non ha spazi esterni o interni ma racchiude entrambe le opzioni, le raffigurazioni delle quattro porte, ognuna con il nome di un metallo, che conducono sempre nella città-palazzo o palazzo-città.
Impossibile – dice Pedro Cano – dipingere Venezia dopo Turner. Bisognava individuare uno spunto molto veneziano ma non banale. E lo ha trovato nei colori malinconici della laguna e delle sue paline, i pali che spuntano dall’acqua, a volte attracco per le gondole ma spesso solitari, come “vecchi specchi imprigionati negli oscuri palazzi dei canali che, non sono più guardati da nessuno e hanno dimenticato di riflettere le immagini”.
Nove luoghi della memoria, nove rielaborazioni profonde e affascinanti del vagare di un artista, Pedro Cano, che diventano, da appunti di viaggio, testimonianze di civiltà, di antichità ma anche di futuro. Un Mediterraneo che trova nelle radici della propria storia anche quella dell’artista e del suo eterno vagabondare.
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