Passaggi
Dal 17 Maggio 2013 al 28 Settembre 2013
Roma
Luogo: Galleria del Cembalo
Indirizzo: largo della Fontanella di Borghese 19
Orari: da martedì a venerdì 16-19.30; sabato 10.30-13/ 16-19.30
Curatori: Giovanna Calvenzi
Telefono per informazioni: +39 06 52955548/ 349 6926944
E-Mail info: macchia@peliti.it
Sito ufficiale: http://www.palazzoborghese.it
La Galleria del Cembalo, nuovo spazio espositivo aperto per iniziativa di Paola Stacchini Cavazza a Palazzo Borghese, nel cuore antico di Roma, tra piazza di Spagna e il Tevere, vuole restituire agli appassionati e ai collezionisti d’arte alcune delle sale al pianterreno che Marcantonio IV Borghese fece decorare alla fine del Settecento per ospitarvi la propria collezione.
L'attività espositiva, diretta in collaborazione con Mario Peliti, avrà come elemento centrale la fotografia e il suo dialogo con le altre forme di espressione artistica.
La mostra che inaugura la Galleria, curata da Giovanna Calvenzi, si intitola Passaggi e dal 17 maggio al 28 settembre, attraverso le opere di dodici fotografi suddivise in cinque grandi sale, si propone di indagare il tema della discontinuità, della necessità di cambiamento di linguaggio o di visione, distintivo del lavoro di ognuno di loro.
Alla concezione dell’autore sempre identico a se stesso, che maturando uno stile riconoscibile sviluppa un unico modo di raccontare la realtà, caratteristica della fotografia umanistica e di parte della cultura del reportage, si contrappongono, nella produzione della fotografia di ricerca, la necessità del rinnovamento, la comparsa di momenti di passaggio e talvolta di crisi, il superamento dei modelli, l’utilizzo di nuove tecnologie.
Le opere in mostra testimoniano mutamenti radicali rispetto a esperienze precedenti, aggiustamenti di visione, migrazioni cromatiche oppure spostamenti dall’interpretazione alla manipolazione della realtà o, ancora, cambiamenti del vissuto quotidiano dell’autore che si traducono in fotografia: un panorama ampio, che si propone di stimolare nel visitatore la comprensione dei modi della creazione, dell’elaborazione dell’immagine, dell’iter progettuale di ogni singolo artista.
In questa chiave, per ciascuno degli autori – Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Ugo Mulas, Alice Pavesi, Paolo Pellegrin, Francesco Radino, Moira Ricci, Paolo Ventura – la mostra presenta due diverse serie di lavori, in modo che il ‘passaggio’ dall’una all’altra racconti l’attitudine della fotografia di ricerca a porsi in modo sempre differente rispetto a se stessa e ai suoi soggetti.
Questo mostrano la storica serie di foto newyorchesi di Ugo Mulas, dedicate a Marcel Duchamp (1964- 1965), e gli still-life, su corpo di donna, dei gioielli d’artista creati da Arnaldo Pomodoro (1968). Questo accade in ciascuno degli altri casi: Mario Cresci è presente in mostra con tre serie (1964, 1975-2011, 2013) che indagano, ciascuna da punti di vista diversi, il rapporto tra rappresentazione del reale e immagine astratta; Gabriele Basilico con le imponenti vedute urbane di Shanghai (2010) contrapposte alla dimensione dell’edificio singolo, al silenzio dei padiglioni deserti della Biennale di Venezia (2012); Francesco Radino con un lavoro che ha per protagonista una visione potente e monumentale delle turbine di centrali elettriche (1984) e uno di sguardo europeo su un Giappone intimista (1999); Olivo Barbieri con alcune delle sue note vedute aeree nelle quali la realtà dei luoghi sembra diventare l’immagine di un plastico (2007), e con scorci metropolitani sui quali si innestano interventi grafici successivi (2011); Paolo Pellegrin con la differente serialità, in entrambi i casi giapponese, di alberi che disegnano sul cielo e passanti che emergono dal nero (2010); Antonio Biasiucci con una serie incentrata sui dettagli di interni contadini del casertano (1982-1985), e una dedicata all’impasto vorticoso del pane (1990-1991); Luca Campigotto con le visioni del porto di Marghera immerse nel nero (1996) contrapposte a una Chicago-Gotham City a colori (2007); Paolo Ventura con una ricostruzione della guerra civile americana di artefatto realismo (2010), accostata ad autoritratti inseriti in scenografie di rarefatti spazi urbani ricche di citazioni pittoriche (2011); Silvia Camporesi con una serie di autoritratti che hanno la temperatura e l’estetica degli anni Trenta (2006), e una di surreali, stranianti visioni di della laguna veneziana (2011); Moira Ricci con manipolazioni pre e post- fotografiche del reale tanto nei suoi teatrini domestici di affettuosa memoria (2001), quanto nell’auto- rappresentazione fantastica e dolorosa delle proprie memorie (2004-2013); Alice Pavesi con l’approccio diverso, ma affine nella costruzione dell’immagine, che contrappone il sofferto bianco e nero con cui ritrae donne etiopi che hanno subito violenza (2009) a foto di moda realizzate in un contesto di ricercata semplicità ambientale (2012).
Passaggi offre anche uno sguardo sull’evoluzione di una cultura del mezzo fotografico in cui i legami, i rimandi, i richiami – i passaggi – non sono solo quelli interni ai due lavori di ciascun autore, ma connettono in vario modo molte delle esperienze in mostra, descrivendo un percorso della fotografia italiana movimentato e non lineare che ne tocca la storia, il presente, le non preconizzabili prospettive.
L'attività espositiva, diretta in collaborazione con Mario Peliti, avrà come elemento centrale la fotografia e il suo dialogo con le altre forme di espressione artistica.
La mostra che inaugura la Galleria, curata da Giovanna Calvenzi, si intitola Passaggi e dal 17 maggio al 28 settembre, attraverso le opere di dodici fotografi suddivise in cinque grandi sale, si propone di indagare il tema della discontinuità, della necessità di cambiamento di linguaggio o di visione, distintivo del lavoro di ognuno di loro.
Alla concezione dell’autore sempre identico a se stesso, che maturando uno stile riconoscibile sviluppa un unico modo di raccontare la realtà, caratteristica della fotografia umanistica e di parte della cultura del reportage, si contrappongono, nella produzione della fotografia di ricerca, la necessità del rinnovamento, la comparsa di momenti di passaggio e talvolta di crisi, il superamento dei modelli, l’utilizzo di nuove tecnologie.
Le opere in mostra testimoniano mutamenti radicali rispetto a esperienze precedenti, aggiustamenti di visione, migrazioni cromatiche oppure spostamenti dall’interpretazione alla manipolazione della realtà o, ancora, cambiamenti del vissuto quotidiano dell’autore che si traducono in fotografia: un panorama ampio, che si propone di stimolare nel visitatore la comprensione dei modi della creazione, dell’elaborazione dell’immagine, dell’iter progettuale di ogni singolo artista.
In questa chiave, per ciascuno degli autori – Olivo Barbieri, Gabriele Basilico, Antonio Biasiucci, Luca Campigotto, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Ugo Mulas, Alice Pavesi, Paolo Pellegrin, Francesco Radino, Moira Ricci, Paolo Ventura – la mostra presenta due diverse serie di lavori, in modo che il ‘passaggio’ dall’una all’altra racconti l’attitudine della fotografia di ricerca a porsi in modo sempre differente rispetto a se stessa e ai suoi soggetti.
Questo mostrano la storica serie di foto newyorchesi di Ugo Mulas, dedicate a Marcel Duchamp (1964- 1965), e gli still-life, su corpo di donna, dei gioielli d’artista creati da Arnaldo Pomodoro (1968). Questo accade in ciascuno degli altri casi: Mario Cresci è presente in mostra con tre serie (1964, 1975-2011, 2013) che indagano, ciascuna da punti di vista diversi, il rapporto tra rappresentazione del reale e immagine astratta; Gabriele Basilico con le imponenti vedute urbane di Shanghai (2010) contrapposte alla dimensione dell’edificio singolo, al silenzio dei padiglioni deserti della Biennale di Venezia (2012); Francesco Radino con un lavoro che ha per protagonista una visione potente e monumentale delle turbine di centrali elettriche (1984) e uno di sguardo europeo su un Giappone intimista (1999); Olivo Barbieri con alcune delle sue note vedute aeree nelle quali la realtà dei luoghi sembra diventare l’immagine di un plastico (2007), e con scorci metropolitani sui quali si innestano interventi grafici successivi (2011); Paolo Pellegrin con la differente serialità, in entrambi i casi giapponese, di alberi che disegnano sul cielo e passanti che emergono dal nero (2010); Antonio Biasiucci con una serie incentrata sui dettagli di interni contadini del casertano (1982-1985), e una dedicata all’impasto vorticoso del pane (1990-1991); Luca Campigotto con le visioni del porto di Marghera immerse nel nero (1996) contrapposte a una Chicago-Gotham City a colori (2007); Paolo Ventura con una ricostruzione della guerra civile americana di artefatto realismo (2010), accostata ad autoritratti inseriti in scenografie di rarefatti spazi urbani ricche di citazioni pittoriche (2011); Silvia Camporesi con una serie di autoritratti che hanno la temperatura e l’estetica degli anni Trenta (2006), e una di surreali, stranianti visioni di della laguna veneziana (2011); Moira Ricci con manipolazioni pre e post- fotografiche del reale tanto nei suoi teatrini domestici di affettuosa memoria (2001), quanto nell’auto- rappresentazione fantastica e dolorosa delle proprie memorie (2004-2013); Alice Pavesi con l’approccio diverso, ma affine nella costruzione dell’immagine, che contrappone il sofferto bianco e nero con cui ritrae donne etiopi che hanno subito violenza (2009) a foto di moda realizzate in un contesto di ricercata semplicità ambientale (2012).
Passaggi offre anche uno sguardo sull’evoluzione di una cultura del mezzo fotografico in cui i legami, i rimandi, i richiami – i passaggi – non sono solo quelli interni ai due lavori di ciascun autore, ma connettono in vario modo molte delle esperienze in mostra, descrivendo un percorso della fotografia italiana movimentato e non lineare che ne tocca la storia, il presente, le non preconizzabili prospettive.
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