Michele Guido. taphrina deformans garden project_2021
Dal 28 Settembre 2021 al 13 Novembre 2021
Roma
Luogo: z2o Sara Zanin
Indirizzo: Via della Vetrina 21
Orari: lun-sab 13-19
E-Mail info: info@z2ogalleria.it
Sito ufficiale: http://www.z2ogalleria.it
z2o Sara Zanin è lieta di presentare taphrina deformans garden project_2021, terza mostra personale di Michele Guido (Aradeo, 1975).
Prendendo in prestito il proprio titolo dal fungo ascomicete Taphrina deformans, in grado di attaccare le foglie di pesco e di vite rendendole bollose, il progetto articola gli spazi della galleria attraverso un ensamble di lavori fotografici e installativi che si risolvono intorno a tre elementi precipui della ricerca di Michele Guido: lo spazio architettonico inteso come spazio costruito, e per questo soggetto a processi antropologici sedimentati; gli ecosistemi naturali e le possibilità di interscambio tra di essi e le architetture costruite, secondo una geometrizzazione dello spazio che attraversa la storia dell’uomo arrivando sino ai giorni nostri; il giardino da intendersi come luogo funzionale ad una riflessione profonda sulla biodiversità e sul concetto di climax legato agli equilibri ecosistemici.
Da anni interessato a raccogliere e documentare, attraverso uno studio analitico, molti dei processi che si manifestano all’interno del mondo naturale producendo fenomeni di cambiamento e trasformazione, Guido custodisce un proprio archivio personale: il repository diviene così uno strumento di indagine sul mondo, sui processi e ciò che ne consegue. Facendo riferimento all’archivio come deposito cognitivo, l’artista getta uno sguardo sulle potenzialità implicite nell’accesso privilegiato agli strumenti della conoscenza.
Come l’uomo impiega gli strumenti di indagine di cui è in possesso e quali ripercussioni hanno queste modalità sulla nostra esistenza? Privilegiando un metodo empirico di osservazione, Guido mette in scena meccanismi oggettivi, e dimostrabili.
Se attraverso il fototropismo - ossia il fenomeno di orientamento di organismi, o parte di essi, rispetto a una sorgente luminosa - le foglie vengono sottoposte a un processo metamorfico che ne muta la forma, plasmandola per impulso della luce - allo stesso modo, la fotografia genera delle impressioni in grado di evocare le superfici volumetriche di ciò che carpisce. In questo senso, fototropismo e fotografia vengono posti in stretta relazione: la foglia di vite plasmata dalla luce assume per l’artista una consistenza volumetrica e plastica nata in continuità con l’imporsi della luce stessa. Come per le "impression" di Medardo Rosso, le foglie di vite fotografate con ottiche macro si trasformano sotto gli occhi dello spettatore imprimendosi di una luce che costruisce volumi e dimensioni.
Un ultimo corpus di opere è rappresentato da alcune teche in legno e vetro all’interno delle quali le galle in ceramica - realizzate con i ceramisti di Albisola e di Montelupo Fiorentino (FI) in collaborazione col Museo della Ceramica di Savona e col Museo della Ceramica di Montelupo – si ergono al di sopra di planimetrie di architetture antiche.
Andricus Dentimitratus, Andricus Quercuscalicis, Andricus Quercustozae sono alcuni degli insetti che innescano un meccanismo di trasformazione del tessuto vegetale tramite la loro puntura o la deposizione delle uova, che avviene generalmente sugli alberi di quercia. All’interno di questi lavori, architettura biodegradabile e architettura eterna co-esistono a sottolineare il legame tra due mondi animali – quello degli insetti e quello degli uomini – separati solo in apparenza. Guido stimola una riflessione partendo da questo parallelismo: l’insetto impiega il regno vegetale per costruire un piccolo ecosistema autonomo che, non appena soddisfatto, rientra nella circolarità del ciclo biologico; l’uomo, a sua volta, sfrutta le risorse minerali disponibili arrivando a un consumo spesso irreversibile.
Opening martedì 28 settembre | 16-20
Prendendo in prestito il proprio titolo dal fungo ascomicete Taphrina deformans, in grado di attaccare le foglie di pesco e di vite rendendole bollose, il progetto articola gli spazi della galleria attraverso un ensamble di lavori fotografici e installativi che si risolvono intorno a tre elementi precipui della ricerca di Michele Guido: lo spazio architettonico inteso come spazio costruito, e per questo soggetto a processi antropologici sedimentati; gli ecosistemi naturali e le possibilità di interscambio tra di essi e le architetture costruite, secondo una geometrizzazione dello spazio che attraversa la storia dell’uomo arrivando sino ai giorni nostri; il giardino da intendersi come luogo funzionale ad una riflessione profonda sulla biodiversità e sul concetto di climax legato agli equilibri ecosistemici.
Da anni interessato a raccogliere e documentare, attraverso uno studio analitico, molti dei processi che si manifestano all’interno del mondo naturale producendo fenomeni di cambiamento e trasformazione, Guido custodisce un proprio archivio personale: il repository diviene così uno strumento di indagine sul mondo, sui processi e ciò che ne consegue. Facendo riferimento all’archivio come deposito cognitivo, l’artista getta uno sguardo sulle potenzialità implicite nell’accesso privilegiato agli strumenti della conoscenza.
Come l’uomo impiega gli strumenti di indagine di cui è in possesso e quali ripercussioni hanno queste modalità sulla nostra esistenza? Privilegiando un metodo empirico di osservazione, Guido mette in scena meccanismi oggettivi, e dimostrabili.
Se attraverso il fototropismo - ossia il fenomeno di orientamento di organismi, o parte di essi, rispetto a una sorgente luminosa - le foglie vengono sottoposte a un processo metamorfico che ne muta la forma, plasmandola per impulso della luce - allo stesso modo, la fotografia genera delle impressioni in grado di evocare le superfici volumetriche di ciò che carpisce. In questo senso, fototropismo e fotografia vengono posti in stretta relazione: la foglia di vite plasmata dalla luce assume per l’artista una consistenza volumetrica e plastica nata in continuità con l’imporsi della luce stessa. Come per le "impression" di Medardo Rosso, le foglie di vite fotografate con ottiche macro si trasformano sotto gli occhi dello spettatore imprimendosi di una luce che costruisce volumi e dimensioni.
Un ultimo corpus di opere è rappresentato da alcune teche in legno e vetro all’interno delle quali le galle in ceramica - realizzate con i ceramisti di Albisola e di Montelupo Fiorentino (FI) in collaborazione col Museo della Ceramica di Savona e col Museo della Ceramica di Montelupo – si ergono al di sopra di planimetrie di architetture antiche.
Andricus Dentimitratus, Andricus Quercuscalicis, Andricus Quercustozae sono alcuni degli insetti che innescano un meccanismo di trasformazione del tessuto vegetale tramite la loro puntura o la deposizione delle uova, che avviene generalmente sugli alberi di quercia. All’interno di questi lavori, architettura biodegradabile e architettura eterna co-esistono a sottolineare il legame tra due mondi animali – quello degli insetti e quello degli uomini – separati solo in apparenza. Guido stimola una riflessione partendo da questo parallelismo: l’insetto impiega il regno vegetale per costruire un piccolo ecosistema autonomo che, non appena soddisfatto, rientra nella circolarità del ciclo biologico; l’uomo, a sua volta, sfrutta le risorse minerali disponibili arrivando a un consumo spesso irreversibile.
Opening martedì 28 settembre | 16-20
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