Giulio Turcato. Colori mai visti
Dal 02 Luglio 2021 al 03 Ottobre 2021
Santa Marinella | Roma
Luogo: Castello di Santa Severa
Indirizzo: SS1 Via Aurelia, Km 52,600
Orari: dal martedì alla domenica negli orari di apertura dei musei
Curatori: Silvia Pegoraro
Enti promotori:
- Regione Lazio
Costo del biglietto: Incluso nel prezzo del biglietto di ingresso ai musei del Castello
E-Mail info: info@castellodisantasevera.it
Sito ufficiale: http://www.castellodisantasevera.it
Dal 2 luglio al 3 ottobre, il Castello di Santa Severa, spazio della Regione Lazio gestito dalla società regionale LAZIOcrea in collaborazione con il Comune di Santa Marinella, ospita la mostra Giulio Turcato. Colori mai visti, a cura di Silvia Pegoraro, un progetto della Galleria d’Arte Marchetti di Roma con l’Archivio dell’opera di Giulio Turcato, promosso dalla Regione con l’organizzazione di LAZIOcrea.
La mostra approda al Castello ampliata e arricchita di opere di notevole importanza storica e di grande impatto visivo, tra cui Rivolta del 1949, il Deserto dei Tartari del 1956 e Tranquillanti per il mondo del 1961. In esposizione 30 dipinti, a delineare un percorso lungo la parabola creativa dell’artista fra i più significativi interpreti dell'astrattismo europeo e uno dei più importanti esponenti dell’avanguardia postbellica italiana: dalla figurazione stilizzante dei Comizi edelle “Venezie”, all’astrazione “informale” dei Reticoli e dei Desertici, dalla geniale creazione delle Superfici lunari, alla giocosa “cartografia” di Itinerari e Arcipelaghi, fino al sontuoso e sensuale luminismo dei Cangianti. Apre il percorso l’opera cronologicamente più precoce presente nell’Archivio Turcato: l’inedito dipinto bifronte del 1928-1930, su un lato del quale un giovanissimo Giulio Turcato dipinge un Interno, e sull’altro un Porto. A concludere il percorso, l’ultima opera pittorica di Turcato: Dune, del 1992, che con la sua straordinaria qualità e raffinatezza testimonia la forza creativa conservata dall’artista fino ai suoi ultimi anni.
La mostra costituisce un affascinante viaggio lungo tutto il percorso artistico di Turcato che ci svela la freschezza e l’inesauribile curiosità del suo spirito di ricerca, quella sorta di nomadismo interiore che lo stesso artista ha descritto in un passo del suo scritto Autoritratto (1981): Mi piace camminare in mezzo alla gente, e tutto quello che succede è il mio programma.
Turcato ha arricchito il ‘900 artistico del proprio inimitabile linguaggio, trovando nella forma-colore la ragione di una ricerca inesausta, di una sperimentazione durata sino ai suoi ultimissimi anni di vita. Ha fatto della sua arte un codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia all'entomologia, dalla fisica all'astronomia. Il suo spirito di esplorazione intellettuale gli ha permesso di conseguire una cifra espressiva unica e inconfondibile nel panorama dell'arte moderna e contemporanea, sempre seguendo il suo vero demone, il colore. Come scrive lo stesso artista, nel 1977: I colori sono la nostra libertà/ investono la materia e la trasformano/ la nostra fantasia è realtà nuova.
Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912. Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Venezia, dove frequenta Ginnasio e Scuola d’Arte, Liceo Artistico e Libera Scuola del Nudo; comincia ad esporre in mostre collettive (1933). Nel 1934, durante il servizio militare a Palermo, avverte i primi sintomi di una malattia polmonare che segnerà gran parte della sua esistenza. Nel 1937 si stabilisce a Milano, dove si guadagna da vivere realizzando prospettive architettoniche e disegni di mosaici per l'architetto Muzio. Qui allestisce la sua prima mostra personale (1939).
Negli anni 1942-43 esordisce alla XXIII Biennale di Venezia con l'opera Maternità.
Nel 1943 giunge a Roma, dove partecipa alla IV Quadriennale. Il periodo successivo all’8 settembre segna l'inizio di un nuovo capitolo della vita e dell'arte di Turcato, con la sua partecipazione alla Resistenza e, dopo la Liberazione, il suo radicamento nella capitale, dove vivrà e lavorerà per oltre cinquant’anni. A partire da questo momento, la sua attività artistica si lega strettamente all'impegno sociale e politico, culminati nell'iscrizione al Partito Comunista Italiano. Nel 1945 aderisce alla "Libera Associazione Arti Figurative", ed è tra i fondatori dell'"Art Club”; inizia il periodo dell’aggiornamento europeo e dei viaggi a Parigi per conoscere le opere dei maestri del post-impressionismo e dell’astrattismo. Nel 1947 firma a Roma con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Sanfilippo il manifesto Forma 1, pubblicato in aprile nel primo ed unico numero della rivista "Forma 1", ove appare anche il suo articolo Crisi della pittura. Nell'estate dello stesso anno partecipa alla prima mostra del "Fronte Nuovo delle Arti" alla Galleria della Spiga di Milano: l'esposizione costituisce la sua adesione ufficiale al movimento.
Nel 1948, come aderente al Fronte Nuovo delle Arti, è invitato alla XXIV Biennale di Venezia. Nel 1950 partecipa alla XXV Biennale, dove vince il premio Primo Acquisto con Miniera.
Nel 1952, con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso e Vedova, entra a far parte del "Gruppo degli Otto", promosso da Lionello Venturi, col quale espone alla XXVI Biennale di Venezia, dove tornerà nel ‘54, presentato da Emilio Villa.
Nel 1956 compie un viaggio in estremo Oriente passando per Mosca fino a giungere in Cina, dove espone a Pechino e Shanghai: dalle esperienze visive di questo viaggio scaturiranno una serie di opere storiche, dai Deserti dei Tartari alle Mosche Cinesi.
Nel '57 partecipa alla mostra Painting in Post War Italy, organizzata a New York da Lionello Venturi.
La XXIX Biennale di Venezia gli dedica nel '58 la sua prima sala personale. È invitato nella selezione italiana alla mostra del “Guggenheim International Award” di New York. Nel 1959 è presente alla seconda edizione di Documenta a Kassel.
Nel 1963 Emilio Villa presenta la personale alla Galleria La Tartaruga di Roma. Turcato stipula inoltre un contratto con la Galleria Marlborough di Roma, e compie un viaggio turistico a New York, da cui nasceranno i suoi Ricordi di New York. Nel 1964, dopo 15 anni di convivenza, sposa la cineasta romana Vana Caruso. L'anno dopo partecipa alla Quadriennale di Roma, vincendo il premio della Presidenza del Consiglio. Tra numerose partecipazioni a importanti eventi internazionali, s’avvia il processo di "storicizzazione" della sua opera inaugurato idealmente dalla monografia Giulio Turcato di G. de Marchis del 1971.
Nel 1973 la città di Spoleto gli dedica, in contemporanea con il Festival dei due Mondi, una prima mostra antologica, con opere dal 1954 al 1973, curata da G. Carandente. È del 1974 la seconda grande antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma, con oltre 300 opere dal 1945 al 1974 è curata da G. Dalla Chiesa e I. Mussa.
Nel 1984 il Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC) di Milano allestisce una sua antologica dal 1953 al 1983, curata da F. Gualdoni. Nello stesso anno Turcato realizza le scenografie per l’VIII Concerto di Goffredo Petrassi all’Opera di Roma. In giugno partecipa alla XLI Biennale di Venezia con le scenografie dello spettacolo Moduli in Viola – Omaggio a Kandinsky, con musiche di Luciano Berio e coreografie di Min Tanaka, per la regia di Vana Caruso. Nel 1985 si tiene presso la Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco di Baviera una grande antologica, seguita nell’’86 da quella alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel ‘90 si tengono altre due ricche antologiche, a L’Aquila e a Venezia. La sua ultima partecipazione a una mostra pubblica è quella alla Biennale di Venezia nel 1993, nella sezione intitolata “Opera Italiana”.
Il 22 gennaio 1995 Giulio Turcato si spegne nella propria abitazione romana. Lo stesso anno, alcune sue opere sono esposte nella mostra La Metamorfosi Italiana 1943-1968 al Guggenheim Museum di New York.
Mostre antologiche postume si sono tenute a Modena e Mantova nel 1998, a Pescara nel 2007-2008, a Terni nel 2010. Nel 2012, in occasione del centenario della nascita, la città di Roma gli ha reso omaggio con una mostra presso il MaCRO, a cura di B. Carpi De Resmini e M. Caruso. Nel 2014 si è tenuta a New York, presso la Casa Italiana NYU, un’antologica di opere su carta curata da M. Caruso e da M. Del Frate Rayburn.
La mostra approda al Castello ampliata e arricchita di opere di notevole importanza storica e di grande impatto visivo, tra cui Rivolta del 1949, il Deserto dei Tartari del 1956 e Tranquillanti per il mondo del 1961. In esposizione 30 dipinti, a delineare un percorso lungo la parabola creativa dell’artista fra i più significativi interpreti dell'astrattismo europeo e uno dei più importanti esponenti dell’avanguardia postbellica italiana: dalla figurazione stilizzante dei Comizi edelle “Venezie”, all’astrazione “informale” dei Reticoli e dei Desertici, dalla geniale creazione delle Superfici lunari, alla giocosa “cartografia” di Itinerari e Arcipelaghi, fino al sontuoso e sensuale luminismo dei Cangianti. Apre il percorso l’opera cronologicamente più precoce presente nell’Archivio Turcato: l’inedito dipinto bifronte del 1928-1930, su un lato del quale un giovanissimo Giulio Turcato dipinge un Interno, e sull’altro un Porto. A concludere il percorso, l’ultima opera pittorica di Turcato: Dune, del 1992, che con la sua straordinaria qualità e raffinatezza testimonia la forza creativa conservata dall’artista fino ai suoi ultimi anni.
La mostra costituisce un affascinante viaggio lungo tutto il percorso artistico di Turcato che ci svela la freschezza e l’inesauribile curiosità del suo spirito di ricerca, quella sorta di nomadismo interiore che lo stesso artista ha descritto in un passo del suo scritto Autoritratto (1981): Mi piace camminare in mezzo alla gente, e tutto quello che succede è il mio programma.
Turcato ha arricchito il ‘900 artistico del proprio inimitabile linguaggio, trovando nella forma-colore la ragione di una ricerca inesausta, di una sperimentazione durata sino ai suoi ultimissimi anni di vita. Ha fatto della sua arte un codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia all'entomologia, dalla fisica all'astronomia. Il suo spirito di esplorazione intellettuale gli ha permesso di conseguire una cifra espressiva unica e inconfondibile nel panorama dell'arte moderna e contemporanea, sempre seguendo il suo vero demone, il colore. Come scrive lo stesso artista, nel 1977: I colori sono la nostra libertà/ investono la materia e la trasformano/ la nostra fantasia è realtà nuova.
Giulio Turcato nasce a Mantova il 16 marzo 1912. Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Venezia, dove frequenta Ginnasio e Scuola d’Arte, Liceo Artistico e Libera Scuola del Nudo; comincia ad esporre in mostre collettive (1933). Nel 1934, durante il servizio militare a Palermo, avverte i primi sintomi di una malattia polmonare che segnerà gran parte della sua esistenza. Nel 1937 si stabilisce a Milano, dove si guadagna da vivere realizzando prospettive architettoniche e disegni di mosaici per l'architetto Muzio. Qui allestisce la sua prima mostra personale (1939).
Negli anni 1942-43 esordisce alla XXIII Biennale di Venezia con l'opera Maternità.
Nel 1943 giunge a Roma, dove partecipa alla IV Quadriennale. Il periodo successivo all’8 settembre segna l'inizio di un nuovo capitolo della vita e dell'arte di Turcato, con la sua partecipazione alla Resistenza e, dopo la Liberazione, il suo radicamento nella capitale, dove vivrà e lavorerà per oltre cinquant’anni. A partire da questo momento, la sua attività artistica si lega strettamente all'impegno sociale e politico, culminati nell'iscrizione al Partito Comunista Italiano. Nel 1945 aderisce alla "Libera Associazione Arti Figurative", ed è tra i fondatori dell'"Art Club”; inizia il periodo dell’aggiornamento europeo e dei viaggi a Parigi per conoscere le opere dei maestri del post-impressionismo e dell’astrattismo. Nel 1947 firma a Roma con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Sanfilippo il manifesto Forma 1, pubblicato in aprile nel primo ed unico numero della rivista "Forma 1", ove appare anche il suo articolo Crisi della pittura. Nell'estate dello stesso anno partecipa alla prima mostra del "Fronte Nuovo delle Arti" alla Galleria della Spiga di Milano: l'esposizione costituisce la sua adesione ufficiale al movimento.
Nel 1948, come aderente al Fronte Nuovo delle Arti, è invitato alla XXIV Biennale di Venezia. Nel 1950 partecipa alla XXV Biennale, dove vince il premio Primo Acquisto con Miniera.
Nel 1952, con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso e Vedova, entra a far parte del "Gruppo degli Otto", promosso da Lionello Venturi, col quale espone alla XXVI Biennale di Venezia, dove tornerà nel ‘54, presentato da Emilio Villa.
Nel 1956 compie un viaggio in estremo Oriente passando per Mosca fino a giungere in Cina, dove espone a Pechino e Shanghai: dalle esperienze visive di questo viaggio scaturiranno una serie di opere storiche, dai Deserti dei Tartari alle Mosche Cinesi.
Nel '57 partecipa alla mostra Painting in Post War Italy, organizzata a New York da Lionello Venturi.
La XXIX Biennale di Venezia gli dedica nel '58 la sua prima sala personale. È invitato nella selezione italiana alla mostra del “Guggenheim International Award” di New York. Nel 1959 è presente alla seconda edizione di Documenta a Kassel.
Nel 1963 Emilio Villa presenta la personale alla Galleria La Tartaruga di Roma. Turcato stipula inoltre un contratto con la Galleria Marlborough di Roma, e compie un viaggio turistico a New York, da cui nasceranno i suoi Ricordi di New York. Nel 1964, dopo 15 anni di convivenza, sposa la cineasta romana Vana Caruso. L'anno dopo partecipa alla Quadriennale di Roma, vincendo il premio della Presidenza del Consiglio. Tra numerose partecipazioni a importanti eventi internazionali, s’avvia il processo di "storicizzazione" della sua opera inaugurato idealmente dalla monografia Giulio Turcato di G. de Marchis del 1971.
Nel 1973 la città di Spoleto gli dedica, in contemporanea con il Festival dei due Mondi, una prima mostra antologica, con opere dal 1954 al 1973, curata da G. Carandente. È del 1974 la seconda grande antologica al Palazzo delle Esposizioni di Roma, con oltre 300 opere dal 1945 al 1974 è curata da G. Dalla Chiesa e I. Mussa.
Nel 1984 il Padiglione d’Arte Contemporanea (PAC) di Milano allestisce una sua antologica dal 1953 al 1983, curata da F. Gualdoni. Nello stesso anno Turcato realizza le scenografie per l’VIII Concerto di Goffredo Petrassi all’Opera di Roma. In giugno partecipa alla XLI Biennale di Venezia con le scenografie dello spettacolo Moduli in Viola – Omaggio a Kandinsky, con musiche di Luciano Berio e coreografie di Min Tanaka, per la regia di Vana Caruso. Nel 1985 si tiene presso la Staatsgalerie Moderner Kunst di Monaco di Baviera una grande antologica, seguita nell’’86 da quella alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel ‘90 si tengono altre due ricche antologiche, a L’Aquila e a Venezia. La sua ultima partecipazione a una mostra pubblica è quella alla Biennale di Venezia nel 1993, nella sezione intitolata “Opera Italiana”.
Il 22 gennaio 1995 Giulio Turcato si spegne nella propria abitazione romana. Lo stesso anno, alcune sue opere sono esposte nella mostra La Metamorfosi Italiana 1943-1968 al Guggenheim Museum di New York.
Mostre antologiche postume si sono tenute a Modena e Mantova nel 1998, a Pescara nel 2007-2008, a Terni nel 2010. Nel 2012, in occasione del centenario della nascita, la città di Roma gli ha reso omaggio con una mostra presso il MaCRO, a cura di B. Carpi De Resmini e M. Caruso. Nel 2014 si è tenuta a New York, presso la Casa Italiana NYU, un’antologica di opere su carta curata da M. Caruso e da M. Del Frate Rayburn.
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