Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la collezione Roma
Dal 22 Febbraio 2021 al 16 Maggio 2021
Roma
Luogo: Mattatoio
Indirizzo: Piazza Orazio Giustiniani 4
Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 11:00 alle 20:00. Prenotazione obbligatoria (gli orari a causa della situazione sanitaria potrebbero subire cambiamenti, si raccomanda di controllare il sito)
Curatori: Francesco Zizola
Enti promotori:
- Roma Capitale - Assessorato alla Crescita culturale
- Azienda Speciale Palaexpo
Costo del biglietto: intero 8 euro; ridotto 6 euro
Telefono per informazioni: +39 06 39967500
Sito ufficiale: http://www.mattatoioroma.it
A partire dal 22 febbraio e fino al 16 maggio il Padiglione 9A del Mattatoio ospita “Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la Collezione Roma” a cura di Francesco Zizola, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale e dall’Azienda Speciale Palaexpo. La mostra è nata dalla volontà dell’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale di dare seguito al progetto sorto in seno a “Fotografia Festival Internazionale di Roma” che aveva istituito, già dal 2003, la residenza per un fotografo di fama internazionale. Sono state così raccolte per l’Archivio Fotografico del Museo di Roma le immagini di 15 grandi protagonisti della fotografia contemporanea che raccontano la Capitale attraverso il loro sguardo. Nel 2019 è stato proposto a Francesco Zizola di curare la ripresa della pratica delle residenze temporaneamente interrotte, così da arricchire la collezione permanente. Zizola ha invitato a Roma 5 artisti noti nel mondo della produzione artistica e fotografica internazionale. Sono esposte al Mattatoio circa 130 immagini di Nadav Kander, Martin Kollar, Alex Majoli, Sarah Moon (presente anche con un video) e Tommaso Protti. Tutti hanno lavorato in residenza a Roma nel corso del 2019, tranne Kollar che ha scelto di viaggiare a piedi e di elaborare il proprio lavoro attraverso un percorso di avvicinamento a Roma partendo dal Danubio.
Gli scatti di Alex Majoli rinnovano il linguaggio di espressione della documentazione del reale, quelli di Sarah Moon invece guardano al ruolo della memoria e del ricordo nel suo rapporto con la materia che la città di Roma offre. Nadav Kander, maestro riconosciuto nel panorama fotografico internazionale, ha esplorato con i suoi scatti il volto della Roma antica e secolare, che tramanda la sua essenza da una generazione alla successiva, mentre Tommaso Protti analizza il presente duro e ruvido delle periferie. Un discorso a parte va fatto per il lavoro di Kollar, che ha scelto di lavorare sull’antica collocazione di Roma al centro del mondo, camminando per 42 giorni da Bratislava alla Città Eterna su quelle strade che un tempo erano le arterie principali dell’Impero romano.
Attraverso la varietà di approcci visuali e concettuali, queste nuove produzioni offrono uno sguardo sfaccettato e profondo sulle molteplici anime della Città, e rappresentano un lascito importante per la collezione dell’Archivio Fotografico.
PERCORSO DI MOSTRA
La mostra si apre con il lavoro di Tommaso Protti le cui fotografie mettono a confronto la Roma Storica con la realtà cruda ed aspra della nuova Roma. La sezione centrale della mostra ospita invece i lavori di Martin Kollar e Alex Majoli, che occupano rispettivamente la parte sinistra e la parte destra del padiglione. Kollar presenta una riproduzione del suo “diario di bordo” un viaggio a piedi che da Bratislava lo ha portato fino alla Città Eterna. Nel progetto “Tutte le strade portano a Roma, the Long Stroll” Martin Kollar ha voluto percorrere a ritroso quella strada che dall'antico confine riporta al centro dell’Impero, Roma. I suoi 1255 km percorsi a piedi in 42 giorni attraverso cinque paesi europei sono raccolti in una collezione di istanti che compongono un diario, e il diario è anche ciò che Martin ci offre in mostra. Di fronte alla serie di Kollar, Alex Majoli invece fotografa Roma utilizzandone le strade, le stanze e le piazze come fossero un palcoscenico, un set cinematografico. Le sue fotografie immortalano momenti quotidiani e triviali. L’ispirazione viene da Brecht, dal Pirandello dei “Sei Personaggi in cerca di Autore”. Majoli con il suo DNA di fotogiornalista, con un artificio linguistico fa cadere quella barriera e come il capocomico dei sei personaggi, ci proietta dentro le nostre stesse vite e dentro una Roma stratificata in 28 diversi palcoscenici, una Roma in bianco e nero che si offre come in un teatro le cui immagini della classicità romana fanno da quinta alla rappresentazione e in cui la bellezza e l’armonia provano (e spesso riescono) a contrastare il disordine e la decadenza. Il percorso continua con il lavoro di Nadav Kander, una serie di grandi stampe che riflettono il formalismo che caratterizza il grande fotografo britannico. "L’organismo vivente della città di Roma" con queste parole Nadav Kander definisce la Capitale e, per meglio approfondire quel suo profondo sentire le origini lontane della città, ne cerca le tracce più antiche e materiche nei pori delle pietre che sono state decorazioni o colonne o statue, nelle terrecotte che ne hanno sostenuto le mura. Kander ci sollecita a scorgere dietro quel telo di plastica, così barbaramente contemporaneo, la presenza scomoda che abita ancora in noi. Arrivati in fondo alla sala principale, la mostra continua in uno spazio separato, più intimo e silenzioso, che ospita il lavoro di Sarah Moon, conclusione poetica del percorso. Nelle sue fotografie, Sarah Moon, stabilisce una relazione con il passato che esula dalla ricerca di un incontro con esso, ma piuttosto ne predispone l'epifania. L’illusione prospettica è dichiarata, il suo bianco e nero è come lei stessa definisce “sempre il colore dell’inconscio, della memoria”. L'utilizzo della pellicola istantanea Polaroid non fa che accentuare i segni del tempo che passa. I graffi e le cicatrici presenti nella Roma monumentale e nella Roma contemporanea sono propri di questa pellicola come sono insiti nelle strutture e nelle pietre fotografate. Roma esiste in quanto immagine radicata nel profondo inconscio, in quanto tessuto emotivo, in quanto sentimento di appartenenza universale alla comunità degli uomini. Sarah Moon sembra volerci ricordare quanto sia importante per l’uomo non spezzare questo sottile ma importante filo con il passato condiviso.
SARAH MOON
Fotografa di moda sin dal 1970, Sarah Moon inizia a concentrarsi sui propri progetti personali nel 1985. Da allora crea e sviluppa immagini su tre temi principali: l'evanescenza della bellezza, l'incertezza e il passaggio del tempo. Il suo lavoro è stato in mostra in gallerie e musei di tutto il mondo, ed è stato pubblicato in numerosi libri, tra i quali "Coincidences", "Circus", "Le Fil Rouge", "1,2,3,4,5" e "Passé Présent".
Sarah Moon ha diretto numerosi film tra cui "Mississippi One" (1991), "5h-5" (2012) oltre a 5 corti ispirati alle favole di Hans Christian Andersen e Charles Perrault ("Circus", "The screech owl", "The red thread", "The mermaid of Auderville", "Little Black Riding Hood") e alcuni documentari su fotografi e tecnica fotografica tra cui: "There is something about Lilian", "Le montreur d'images" e "Contacts".
Nel 2020 il Museo di Arte Moderna di Parigi ha realizzato una mostra dal titolo "Passé Présent" che ha raccolto un'ampia selezione delle sue fotografie e film.
ALEX MAJOLI
Alex Majoli, classe ‘71 nato a Ravenna, ha frequentato l'Istituto d'Arte di Ravenna per poi iniziare la sua carriera come fotografo. Il suo lavoro si focalizza sulla condizione umana e la teatralità della quotidianità. A portarlo alla fama internazionale è stato il servizio fotografico realizzato sulla chiusura dell’Istituto di igiene mentale dell'isola di Leros, in Grecia, a cui ha dedicato anche una monografia dal titolo “Leros” mosso dall’interesse per le teorie di Franco Basaglia, pioniere della concezione moderna di salute mentale e famoso per aver abolito i manicomi in Italia. Si è recato poi in Brasile per il progetto ventennale “Tudo Bom” che racconta un paese complesso e sfaccettato concentrandosi sull’aspetto più oscuro della sua stessa società. Dopo molti anni trascorsi a fotografare le persone, trova un suo stile fotografico utilizzando la luce artificiale per drammatizzare situazioni reali. La realtà quindi diventa un set cinematografico, e le persone di conseguenza attori di una scena.
Il sottile confine tra realtà e finzione caratterizza le sue immagini ed è proprio quella zona di confine ad affascinarlo e a spingerlo a cercare di luoghi dove la condizione umana è messa alla prova e a mettere in luce la teatralità, la lotta e la magnificenza dello spirito umano. Attualmente sta lavorando a un progetto sulla frammentazione e la polarizzazione dell'identità europea, toccando i temi della xenofobia, la crisi dei rifugiati e l'ascesa dell'estrema destra in tutto il continente. Majoli vive a New York. Ѐ membro di Magnum Photos dal 2001 ed è rappresentato dalla Howard Greenberg Gallery di New York.
NADAV KANDER
Nadav Kander, classe ‘61 vive e lavora a Londra. Tra i suoi progetti “Yangtze – The Long River”, vincitore del premio Prix Pictet nel 2009; “God's Country” fotografie negli Stati Uniti; “Dust” che esplora l’eredità della Guerra Fredda attraverso le rovine radioattive di città segrete sul confine russo; “Bodies 6 Women, 1 Man, photo-sculptures of the human”; e “Obama’s People” una serie di 52 incredibili ritratti commissionati dal New York Times Magazine. In corso il suo progetto “Dark Line - The Thames Estuary”, una riflessione personale sul paesaggio del fiume Tamigi nel punto in cui sfocia in mare, realizzata attraverso immagini atmosferiche delle sue acque lente e scure e i suoi orizzonti apparentemente infiniti. Nel 2019 la Steidl pubblica una monografia dei suoi lavori. Il lavoro di Kander è ospitato in numerose collezioni pubbliche tra cui quelle del: National Portrait Gallery, London, UK, Museum of Contemporary Photography, Chicago, USA; Marta Herford Museum, Herford, Germany; Sheldon Museum, Lincoln, USA; The Frank-Suss Collection, London, New York, Hong Kong; e Statoil, Oslo, Norway. Ha tenuto mostre in numerosi musei internazionali tra i quali il Weserburg Museum, Bremen, Germany; Musée de L’Elysée, Losanna, Svizzera; Museum of Photographic Arts, San Diego, USA; Museum of Applied Arts, Colonia, Germania; The Barbican Centre, London, UK; The Photographers’ Gallery, London, UK; Somerset House, London, UK; Palais de Tokyo, Paris, France; e Herzliya Museum of Contemporary Art, Tel Aviv, Israel. Ha ricevuto la Honorary Fellowship Award da parte della Royal Photographic Society e l’Outstanding Contribution to Photography Award dai Sony World Photography Awards.
MARTIN KOLLAR
Martin Kollar è nato nel 1971 a Žilina in Czechoslovakia (ora Repubblica Slovacca), ha studiato all'Accademia di Arti Performative di Bratislava alla facoltà di cinema, e ha poi lavorato come fotografo freelance, cineasta e regista. Kollar predilige progetti fotografici a lungo termine. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui il Prix Elysee e l'Oscar Barnack Award. Il suo lavoro è stato in mostra in istituzioni e musei di tutto il mondo, tra cui: Brooklyn Museum, New York, USA; Galleria Nazionale Slovacca, Bratislava, Slovacchia; Martin-Gropius-Bau, Berlin, Germany; Museo d'Arte di Tel Aviv, Israel; la Maison Européenne de la Photographie, Paris, France; e Museo dell'Eliseo di Losanna, Svizzera.Ha pubblicato cinque libri di fotografia: Nothing Special (Actes sud, 2008), Cahier (Diaphane, 2011), Field trip (Mack, 2013), Catalogue (Slovak National Gallery, 2015) e Provisional arrangement (Musée Elysee/Mack, 2016). Ha preso parte ai lavori di alcuni film tra cui “66 Seasons” (2003), “Cooking History” (2009), “Velvet Terrorists”(2013), “Koza” (2015). Ha debuttato nel 2012 come regista con il corto autobiografico “Autoportrait” e con un lungometraggio “5th October” nel 2016.
TOMMASO PROTTI
Tommaso Protti, classe ’86 nato a Mantova, vive a San Paolo in Brasile. Ha iniziato la sua carriera fotografica nel 2011 dopo la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Da allora, si è dedicato alla creazione dei propri progetti a lungo termine di carattere giornalistico. I suoi lavori sono stati esposti internazionalmente e ha ricevuto numerosi premi, tra i quali il Carmignac Photojournalism Award e il World Understanding Award del Picture of the Year. Il suo lavoro è stato pubblicato dal The New York Times, The New Yorker, Time Magazine, National Geographic, Der Spiegel e collabora regolarmente con il The Wall Street Journal e Le Monde. Dal 2014 porta avanti un progetto nell'Amazzonia brasiliana documentandone le crisi sociali e ambientali in atto.
FRANCESCO ZIZOLA - CURATORE DELLA MOSTRA
Francesco Zizola, nato nel 1962 a Roma, ha fotografato negli ultimi 30 anni le crisi e i conflitti nel mondo. Un forte impegno etico e una personale cifra stilistica caratterizzano la sua produzione fotografica. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui dieci World Press Photo e sei Picture of the Year International. Nel 2003 Henri Cartier Bresson include una fotografia di Zizola tra le sue 100 preferite, una collezione che è poi diventata una mostra - Les Choix d’Henri Cartier Bresson- e un libro. Tra i volumi che ha pubblicato vi sono "Uno sguardo inadeguato" (2013), "Iraq" (2007) e "Born Somewhere" (2004) dedicato alla condizione dell'infanzia in 27 paesi del mondo. Nel 2015 ha iniziato una nuova serie chiamata Hybris, un progetto che tratta dell’arroganza dell’uomo nei confronti della natura. Ha anche realizzato un cortometraggio relativo al primo capitolo che ha vinto il premio SIAE 2018 per il "talento creativo" nell’ambito della Biennale di Venezia, Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Francesco è direttore artistico della mostra World Press Photo di Roma e Ferrara dal 2016 e curatore del progetto e mostra “Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la Collezione Roma” al Mattatoio dell’Azienda Speciale Palaexpo e direttore artistico della galleria 10b photography.
Gli scatti di Alex Majoli rinnovano il linguaggio di espressione della documentazione del reale, quelli di Sarah Moon invece guardano al ruolo della memoria e del ricordo nel suo rapporto con la materia che la città di Roma offre. Nadav Kander, maestro riconosciuto nel panorama fotografico internazionale, ha esplorato con i suoi scatti il volto della Roma antica e secolare, che tramanda la sua essenza da una generazione alla successiva, mentre Tommaso Protti analizza il presente duro e ruvido delle periferie. Un discorso a parte va fatto per il lavoro di Kollar, che ha scelto di lavorare sull’antica collocazione di Roma al centro del mondo, camminando per 42 giorni da Bratislava alla Città Eterna su quelle strade che un tempo erano le arterie principali dell’Impero romano.
Attraverso la varietà di approcci visuali e concettuali, queste nuove produzioni offrono uno sguardo sfaccettato e profondo sulle molteplici anime della Città, e rappresentano un lascito importante per la collezione dell’Archivio Fotografico.
PERCORSO DI MOSTRA
La mostra si apre con il lavoro di Tommaso Protti le cui fotografie mettono a confronto la Roma Storica con la realtà cruda ed aspra della nuova Roma. La sezione centrale della mostra ospita invece i lavori di Martin Kollar e Alex Majoli, che occupano rispettivamente la parte sinistra e la parte destra del padiglione. Kollar presenta una riproduzione del suo “diario di bordo” un viaggio a piedi che da Bratislava lo ha portato fino alla Città Eterna. Nel progetto “Tutte le strade portano a Roma, the Long Stroll” Martin Kollar ha voluto percorrere a ritroso quella strada che dall'antico confine riporta al centro dell’Impero, Roma. I suoi 1255 km percorsi a piedi in 42 giorni attraverso cinque paesi europei sono raccolti in una collezione di istanti che compongono un diario, e il diario è anche ciò che Martin ci offre in mostra. Di fronte alla serie di Kollar, Alex Majoli invece fotografa Roma utilizzandone le strade, le stanze e le piazze come fossero un palcoscenico, un set cinematografico. Le sue fotografie immortalano momenti quotidiani e triviali. L’ispirazione viene da Brecht, dal Pirandello dei “Sei Personaggi in cerca di Autore”. Majoli con il suo DNA di fotogiornalista, con un artificio linguistico fa cadere quella barriera e come il capocomico dei sei personaggi, ci proietta dentro le nostre stesse vite e dentro una Roma stratificata in 28 diversi palcoscenici, una Roma in bianco e nero che si offre come in un teatro le cui immagini della classicità romana fanno da quinta alla rappresentazione e in cui la bellezza e l’armonia provano (e spesso riescono) a contrastare il disordine e la decadenza. Il percorso continua con il lavoro di Nadav Kander, una serie di grandi stampe che riflettono il formalismo che caratterizza il grande fotografo britannico. "L’organismo vivente della città di Roma" con queste parole Nadav Kander definisce la Capitale e, per meglio approfondire quel suo profondo sentire le origini lontane della città, ne cerca le tracce più antiche e materiche nei pori delle pietre che sono state decorazioni o colonne o statue, nelle terrecotte che ne hanno sostenuto le mura. Kander ci sollecita a scorgere dietro quel telo di plastica, così barbaramente contemporaneo, la presenza scomoda che abita ancora in noi. Arrivati in fondo alla sala principale, la mostra continua in uno spazio separato, più intimo e silenzioso, che ospita il lavoro di Sarah Moon, conclusione poetica del percorso. Nelle sue fotografie, Sarah Moon, stabilisce una relazione con il passato che esula dalla ricerca di un incontro con esso, ma piuttosto ne predispone l'epifania. L’illusione prospettica è dichiarata, il suo bianco e nero è come lei stessa definisce “sempre il colore dell’inconscio, della memoria”. L'utilizzo della pellicola istantanea Polaroid non fa che accentuare i segni del tempo che passa. I graffi e le cicatrici presenti nella Roma monumentale e nella Roma contemporanea sono propri di questa pellicola come sono insiti nelle strutture e nelle pietre fotografate. Roma esiste in quanto immagine radicata nel profondo inconscio, in quanto tessuto emotivo, in quanto sentimento di appartenenza universale alla comunità degli uomini. Sarah Moon sembra volerci ricordare quanto sia importante per l’uomo non spezzare questo sottile ma importante filo con il passato condiviso.
SARAH MOON
Fotografa di moda sin dal 1970, Sarah Moon inizia a concentrarsi sui propri progetti personali nel 1985. Da allora crea e sviluppa immagini su tre temi principali: l'evanescenza della bellezza, l'incertezza e il passaggio del tempo. Il suo lavoro è stato in mostra in gallerie e musei di tutto il mondo, ed è stato pubblicato in numerosi libri, tra i quali "Coincidences", "Circus", "Le Fil Rouge", "1,2,3,4,5" e "Passé Présent".
Sarah Moon ha diretto numerosi film tra cui "Mississippi One" (1991), "5h-5" (2012) oltre a 5 corti ispirati alle favole di Hans Christian Andersen e Charles Perrault ("Circus", "The screech owl", "The red thread", "The mermaid of Auderville", "Little Black Riding Hood") e alcuni documentari su fotografi e tecnica fotografica tra cui: "There is something about Lilian", "Le montreur d'images" e "Contacts".
Nel 2020 il Museo di Arte Moderna di Parigi ha realizzato una mostra dal titolo "Passé Présent" che ha raccolto un'ampia selezione delle sue fotografie e film.
ALEX MAJOLI
Alex Majoli, classe ‘71 nato a Ravenna, ha frequentato l'Istituto d'Arte di Ravenna per poi iniziare la sua carriera come fotografo. Il suo lavoro si focalizza sulla condizione umana e la teatralità della quotidianità. A portarlo alla fama internazionale è stato il servizio fotografico realizzato sulla chiusura dell’Istituto di igiene mentale dell'isola di Leros, in Grecia, a cui ha dedicato anche una monografia dal titolo “Leros” mosso dall’interesse per le teorie di Franco Basaglia, pioniere della concezione moderna di salute mentale e famoso per aver abolito i manicomi in Italia. Si è recato poi in Brasile per il progetto ventennale “Tudo Bom” che racconta un paese complesso e sfaccettato concentrandosi sull’aspetto più oscuro della sua stessa società. Dopo molti anni trascorsi a fotografare le persone, trova un suo stile fotografico utilizzando la luce artificiale per drammatizzare situazioni reali. La realtà quindi diventa un set cinematografico, e le persone di conseguenza attori di una scena.
Il sottile confine tra realtà e finzione caratterizza le sue immagini ed è proprio quella zona di confine ad affascinarlo e a spingerlo a cercare di luoghi dove la condizione umana è messa alla prova e a mettere in luce la teatralità, la lotta e la magnificenza dello spirito umano. Attualmente sta lavorando a un progetto sulla frammentazione e la polarizzazione dell'identità europea, toccando i temi della xenofobia, la crisi dei rifugiati e l'ascesa dell'estrema destra in tutto il continente. Majoli vive a New York. Ѐ membro di Magnum Photos dal 2001 ed è rappresentato dalla Howard Greenberg Gallery di New York.
NADAV KANDER
Nadav Kander, classe ‘61 vive e lavora a Londra. Tra i suoi progetti “Yangtze – The Long River”, vincitore del premio Prix Pictet nel 2009; “God's Country” fotografie negli Stati Uniti; “Dust” che esplora l’eredità della Guerra Fredda attraverso le rovine radioattive di città segrete sul confine russo; “Bodies 6 Women, 1 Man, photo-sculptures of the human”; e “Obama’s People” una serie di 52 incredibili ritratti commissionati dal New York Times Magazine. In corso il suo progetto “Dark Line - The Thames Estuary”, una riflessione personale sul paesaggio del fiume Tamigi nel punto in cui sfocia in mare, realizzata attraverso immagini atmosferiche delle sue acque lente e scure e i suoi orizzonti apparentemente infiniti. Nel 2019 la Steidl pubblica una monografia dei suoi lavori. Il lavoro di Kander è ospitato in numerose collezioni pubbliche tra cui quelle del: National Portrait Gallery, London, UK, Museum of Contemporary Photography, Chicago, USA; Marta Herford Museum, Herford, Germany; Sheldon Museum, Lincoln, USA; The Frank-Suss Collection, London, New York, Hong Kong; e Statoil, Oslo, Norway. Ha tenuto mostre in numerosi musei internazionali tra i quali il Weserburg Museum, Bremen, Germany; Musée de L’Elysée, Losanna, Svizzera; Museum of Photographic Arts, San Diego, USA; Museum of Applied Arts, Colonia, Germania; The Barbican Centre, London, UK; The Photographers’ Gallery, London, UK; Somerset House, London, UK; Palais de Tokyo, Paris, France; e Herzliya Museum of Contemporary Art, Tel Aviv, Israel. Ha ricevuto la Honorary Fellowship Award da parte della Royal Photographic Society e l’Outstanding Contribution to Photography Award dai Sony World Photography Awards.
MARTIN KOLLAR
Martin Kollar è nato nel 1971 a Žilina in Czechoslovakia (ora Repubblica Slovacca), ha studiato all'Accademia di Arti Performative di Bratislava alla facoltà di cinema, e ha poi lavorato come fotografo freelance, cineasta e regista. Kollar predilige progetti fotografici a lungo termine. Ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti tra cui il Prix Elysee e l'Oscar Barnack Award. Il suo lavoro è stato in mostra in istituzioni e musei di tutto il mondo, tra cui: Brooklyn Museum, New York, USA; Galleria Nazionale Slovacca, Bratislava, Slovacchia; Martin-Gropius-Bau, Berlin, Germany; Museo d'Arte di Tel Aviv, Israel; la Maison Européenne de la Photographie, Paris, France; e Museo dell'Eliseo di Losanna, Svizzera.Ha pubblicato cinque libri di fotografia: Nothing Special (Actes sud, 2008), Cahier (Diaphane, 2011), Field trip (Mack, 2013), Catalogue (Slovak National Gallery, 2015) e Provisional arrangement (Musée Elysee/Mack, 2016). Ha preso parte ai lavori di alcuni film tra cui “66 Seasons” (2003), “Cooking History” (2009), “Velvet Terrorists”(2013), “Koza” (2015). Ha debuttato nel 2012 come regista con il corto autobiografico “Autoportrait” e con un lungometraggio “5th October” nel 2016.
TOMMASO PROTTI
Tommaso Protti, classe ’86 nato a Mantova, vive a San Paolo in Brasile. Ha iniziato la sua carriera fotografica nel 2011 dopo la laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Da allora, si è dedicato alla creazione dei propri progetti a lungo termine di carattere giornalistico. I suoi lavori sono stati esposti internazionalmente e ha ricevuto numerosi premi, tra i quali il Carmignac Photojournalism Award e il World Understanding Award del Picture of the Year. Il suo lavoro è stato pubblicato dal The New York Times, The New Yorker, Time Magazine, National Geographic, Der Spiegel e collabora regolarmente con il The Wall Street Journal e Le Monde. Dal 2014 porta avanti un progetto nell'Amazzonia brasiliana documentandone le crisi sociali e ambientali in atto.
FRANCESCO ZIZOLA - CURATORE DELLA MOSTRA
Francesco Zizola, nato nel 1962 a Roma, ha fotografato negli ultimi 30 anni le crisi e i conflitti nel mondo. Un forte impegno etico e una personale cifra stilistica caratterizzano la sua produzione fotografica. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui dieci World Press Photo e sei Picture of the Year International. Nel 2003 Henri Cartier Bresson include una fotografia di Zizola tra le sue 100 preferite, una collezione che è poi diventata una mostra - Les Choix d’Henri Cartier Bresson- e un libro. Tra i volumi che ha pubblicato vi sono "Uno sguardo inadeguato" (2013), "Iraq" (2007) e "Born Somewhere" (2004) dedicato alla condizione dell'infanzia in 27 paesi del mondo. Nel 2015 ha iniziato una nuova serie chiamata Hybris, un progetto che tratta dell’arroganza dell’uomo nei confronti della natura. Ha anche realizzato un cortometraggio relativo al primo capitolo che ha vinto il premio SIAE 2018 per il "talento creativo" nell’ambito della Biennale di Venezia, Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Francesco è direttore artistico della mostra World Press Photo di Roma e Ferrara dal 2016 e curatore del progetto e mostra “Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la Collezione Roma” al Mattatoio dell’Azienda Speciale Palaexpo e direttore artistico della galleria 10b photography.
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