Guido Cagnacci. Ritorno a Santarcangelo
Dal 15 Maggio 2019 al 15 Maggio 2019
Santarcangelo di Romagna | Rimini
Luogo: Rocca Malatestiana
Indirizzo: via della Rocca 4
Curatori: Vittorio Sgarbi
Enti promotori:
- Patrocinio di Comune di Santarcangelo
Telefono per informazioni: +39 0541 620710
E-Mail info: marketing@sangiovesa.it
Sito ufficiale: http://www.sangiovesa.it
Una raccolta di importanti opere di Guido Cagnacci, uno dei pittori più affascinanti del Seicento italiano, in mostra a Santarcangelo di Romagna, sua città natale.
Il progetto, patrocinato dal Comune di Santarcangelo e coordinato da Sauro Moretti, è curato da Vittorio Sgarbi. Promotore e finanziatore dell’iniziativa è il Patron della Sangiovesa Manlio Maggioli, mecenate dell’arte, che ha acquistato quattro dipinti di Cagnacci per esporli permanentemente nella sala già intitolata al pittore santarcangiolese nell’Osteria La Sangiovesa, luogo di cultura e tradizione culinaria, situata all’interno dell’antico Palazzo Nadiani. La virtuosa operazione restituisce dunque al territorio e alla comunità un significativo patrimonio artistico, anche perché due delle opere in mostra rientrano dall’estero. D’ora in poi si potranno ammirare negli orari di apertura de La Sangiovesa e sarà possibile approfondire la loro storia anche attraverso visite guidate.
Le opere sono state presentate mercoledì 15 maggio alle ore 17.30 alla Rocca Malatestiana con una Lectio Magistralis di Vittorio Sgarbi, introdotta dagli interventi di Massimo Pulini, docente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, e Manlio Maggioli.
Come sottolinea Vittorio Sgarbi “restituire a Santarcangelo, interpretando il desiderio e il piacere di Tonino Guerra, delle opere, spiritualmente sensuali, di Guido Cagnacci, che prefigurò il sogno di Fellini, è una decisione preziosa e inevitabile quando la volontà, l’amore e la cura sostengono un luogo dell’anima come La Sangiovesa. E ciò accade grazie alla costante attenzione di Manlio Maggioli, mecenate del nostro tempo, custode della tradizione e interprete perfetto del mio pensiero.”
“Ho sempre desiderato avere un Cagnacci - prosegue Manlio Maggioli - naturalmente immaginavo di tenerlo a casa ma poi ho pensato che, così facendo, ne avrei goduto solo io. Ho ritenuto quindi più saggio riportare il Cagnacci - che poi sono diventati quattro - a Santarcangelo, così che anche i santarcangiolesi potessero goderne. Ho posizionato le opere in Sangiovesa, proprio nella Sala Cagnacci, che, guarda caso, esiste da sempre”.
I dipinti restituiti a Santarcangelo sono: La Maddalena penitente, 1640 circa (post 1637), studio preparatorio per il busto della Maddalena penitenteraffigurata nella pala per l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria Maddalena delle Benedettine a Urbania, nelle Marche; un’altra Maddalena penitente, 1640-1642, una delle immagini più forti concepite dal pittore, che rappresenta la santa in un momento di estatico abbandono; e due piccoli preziosi quadretti con Testa di ragazzo cieco e San Bernardino da Siena, 1640-1645, citati per la prima volta nell’inventario della collezione della famiglia Albicini di Forlì redatto il 3 dicembre 1704.
GUIDO CAGNACCI (Santarcangelo di Romagna, 1601 – Vienna, 1663)
Spirito irrequieto e sregolato, Guido Cagnacci è uno dei pittori più affascinanti del Seicento italiano e il suo personale linguaggio sfugge a ogni tentativo di semplice categorizzazione. Nato a Santarcangelo il 13 gennaio 1601, il giovane cresce a contatto con le esperienze naturalistiche di matrice caravaggesca visibili in alcuni centri delle Marche (Orazio Gentileschi, Giovanni Francesco Guerrieri), prima di essere inviato dal padre a studiare a Bologna (fine del 1618), dove non sembra essersi legato a un unico maestro. Sul finire del 1621 è a Roma, dove si trattiene almeno sino alla Pasqua dell’anno successivo, ospite nella casa di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, in strada Paolina. Nell’Urbe Cagnacci ha occasione di conoscere de visu la rivoluzionaria pittura di Caravaggio e dei suoi seguaci nonché il naturalismo protobarocco di Giovanni Lanfranco e di Simon Vouet. I rapporti con la variegata cultura romana, rielaborata in modo originale, si colgono nelle opere di tema sacro eseguite negli anni venti e trenta per le chiese romagnole (tra le quali la suggestiva e umanissima pala nella collegiata di Santarcangelo, firmata e datata 1635). In questo periodo il pittore intrattiene una scandalosa relazione con la contessa Teodora Stivivi, vedova Battaglini, con la quale, nel 1628, tenta di fuggire da Rimini. In concomitanza con lo spostamento a Bologna alla fine degli anni trenta, Cagnacci mostra un avvicinamento all’idealismo di Guido Reni (Maddalena penitente, Urbania), che tuttavia non lo smuove dalle sue convinte propensioni naturalistiche. Trasferitosi poi a Forlì, consegna nel 1644 i due “quadroni” con la Gloria dei santi Valeriano e Mercuriale destinati alla cappella di Santa Maria del Fuoco nel duomo, nei quali sperimenta un illusionistico spazio barocco, senza rinunciare alla tenera concretezza delle figure. I capolavori forlivesi sono gli ultimi incarichi pubblici di Cagnacci che, da questo momento, abbandona gradualmente la pittura sacra per dedicarsi a quella profana, privilegiando il tema del nudo femminile, che lo porta a esiti di straordinaria naturalezza ed eleganza. Questa produzione “da stanza” affascina soprattutto i disinibiti collezionisti di Venezia, dove il maestro soggiorna tra il 1649 e il 1658, licenziando alcuni dei suoi quadri più celebri, tra cui il Ratto d’Europa della collezione Molinari Pradelli e l’Allegoria della vita umana della Fondazione Cavallini Sgarbi, immagini “piccanti” nelle quali i significati sottesi al soggetto passano in secondo piano davanti all’impetuosa gravitas sensuale del nudo femminile. A detta dei biografi successivi, durante gli anni veneziani, il pittore vive in incognito (col cognome “venetizzato” in Canlassi) nella parrocchia di San Giovanni Crisostomo, vicino a Rialto, in compagnia di una giovane donna, la cesenate Maddalena Fontanafredda, che gli serve da modella e che tuttavia, per non farsi notare, indossa abiti maschili. Dopo un breve rientro in Romagna, Cagnacci chiude la sua avvincente carriera a Vienna (1660), alla corte dell’imperatore Leopoldo I d’Asburgo, per il quale, oltre al suo ritratto ufficiale (Vienna, Kunsthistorisches Museum), licenzia il capolavoro estremo, La conversione della Maddalena ora nel Norton Simon Museum di Pasadena.
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