BOT - Barbieri Oswaldo Terribile. I futurismi di un giocoliere. Opere scelte 1924 - 1958
Dal 18 Settembre 2015 al 22 Novembre 2015
Piacenza
Luogo: Fondazione di Piacenza e Vigevano
Indirizzo: via Sant’Eufemia 13
Orari: da martedì a domenica 9-13 / 16-19
Curatori: Elena Pontiggia
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0523.311111
E-Mail info: info@lafondazione.com
Sito ufficiale: http://www.lafondazione.com/
Piacenza rende omaggio a BOT, uno dei protagonisti più affascinanti del Futurismo: oltre 400 opere raccontano l’originale percorso creativo di un inesauribile sperimentatore, passato dalla pittura alla scultura, dal ready made alle avveniristiche contaminazioni con il graphic design, la fotografia, la poesia visuale.
Dal 18 settembre al 22 novembre lo Spazio Mostre della Fondazione di Piacenza e Vigevano ospita a Piacenza una grande retrospettiva dedicata all’estro geniale di Osvaldo Barbieri (1895-1958), noto nel mondo dell’arte con l’acronimo BOT, sintesi dello pseudonimo Barbieri Oswaldo Terribile che egli stesso scelse una volta avvicinatosi al futurismo.
Ideata e organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano con il patrocinio del Comune di Piacenza, curata da Elena Pontiggia, la mostra conta su circa 400 opere in arrivo da importanti raccolte pubbliche (Galleria Ricci Oddi di Piacenza, MART di Rovereto, MIM di San Pietro in Cerro) e private, oltre che dalle collezioni di diversi enti territoriali del piacentino. Era dal 1980 che il lavoro di BOT non era oggetto di una ricognizione tanto puntuale, volta a restituire all’artista il ruolo di figura di primo piano nell’ambito del secondo Futurismo e della sperimentazione successiva.
“La mostra di BOT – sottolinea il Presidente della Fondazione Massimo Toscani – è il nostro primo, grande progetto in ambito artistico. Un progetto completamente “nostro”, dalla progettazione allo spazio che lo ospiterà, la nostra sala mostre. Primo perché a questo evento già nel 2016 ne seguiranno altri: in futuro il ruolo della Fondazione si tradurrà sempre di più nella capacità di fare cultura e non solo di supportarla”.
Il percorso espositivo dà conto in modo esaustivo della ricca ed eclettica produzione di BOT, mettendo ordine all’interno di una dirompente energia creativa, declinata secondo standard e linguaggi in molti casi tanto innovativi da risultare quasi profetici. Come nel caso del legame, documentato in mostra grazie a un nutrito corpus di opere tipografiche e letterarie, che partendo dalla dichiarata fascinazione per Fortunato Depero e dalla passione per la poesia futurista anticipa soluzioni proprie del moderno graphic design, proponendo inedite connessioni tra la poesia visiva, il calligramma e vere e proprie tecniche pubblicitarie. Lo conferma la stessa scelta di una firma, l’acronimo BOT, resa in una veste grafica affine a quella di un logo commerciale.
Cruciale, nell’esperienza di BOT, l’incontro avvenuto nel 1929 con Filippo Tommaso Marinetti: per tutti gli Anni Trenta l’artista piacentino è protagonista delle celebri mostre futuriste allestite dalla Galleria Pesaro di Milano (insieme ai vari Fillia, Diulgheroff, Prampolini e a un giovane Bruno Munari), arrivando a partecipare a due edizioni della Biennale di Venezia, nel 1930 e 1932. È nel segno di una personalissima visione del credo futurista che BOT esprime alcune tra le sue concezioni più innovative: dalla sferopittura alla cartopittura, arrivando alla ferroplastica, sintesi tra pittura e scultura; spingendosi grazie alla collaborazione con Gianni Croce ad un uso della fotografia e del fotomontaggio che lo porta a soluzioni per l’epoca straordinariamente innovative.
Tra i temi fondamentali trattati dalla mostra di Piacenza c’è quello del paesaggio, filo conduttore che attraversa l’intera produzione di BOT. Partendo dagli insospettabili quadri di matrice puramente accademica proposti proprio a Piacenza nel corso della sua prima personale del 1928, e arrivando alle straordinarie aeropitture che – seguendo un tracciato che idealmente ci porta da Balla fino a Tullio Crali – aggiornano la visione del paesaggio stesso dal punto di vista del pilota, dell’automobilista, del tramviere, del macchinista.
La mostra affronta per la prima volta in modo organico il rapporto tra BOT e l’Africa, offrendo un raro nucleo della “arte coloniale” italiana degli Anni Trenta. La protezione di Italo Balbo porta l’artista ad un soggiorno in Libia e a viaggi in Abissinia che si rivelano fondamentali per lo sviluppo della sua poetica: l’interesse nei confronti dell’objet trouvé si arricchisce di elementi desunti dall’arte locale, arrivando alla creazione di opere dai profili totemici; ma anche alla nascita di Naham Ben Abilàdi, ennesimo pseudonimo dietro cui BOT si cela per firmare dipinti e poesie che non senza ironia giocano con i cliché dell’orientalismo e dell’arte coloniale.
Ad accompagnare la mostra allestita alla Fondazione di Piacenza e Vigevano gli omaggi a BOT ideati e organizzati da dieci gallerie d’arte della città e del territorio: Biffi Arte, Borgo delle Arti di Vigoleno, Galleria Il Lepre, Galleria Mazzoni, Placentia Arte, Spazi Arte, Studio Baldini Art Gallery, Studio Jelmoni, M.V. Tirelli Antiquario.
Nelle settimane di apertura della mostra è previsto un calendario di incontri ed eventi collaterali che ci permettono di entrare, grazie all’esperienza di BOT, nel cuore dell’atmosfera futurista.
Venerdì 25 settembre, ore 21.00
Sala BOT del Palazzo Comunale Scotti da Vigoleno
Carpaneto Piacentino (PC) | Piazza XX settembre, 1
Presentazione di Bot a Carpaneto, dipingere l’Italia fascista, film di Roberto Dassoni e Laura Bonfanti dedicato al ciclo pittorico realizzato da BOT per il Palazzo Comunale di Carpaneto.
A seguire: visita guidata alle aeropitture
Mercoledì 14 ottobre, ore 18.00
Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano
Piacenza | Via Sant’Eufemia, 13
Che ne è del Futurismo? La crisi del mito del progresso
Incontro con Enrico Crispolti, critico e storico dell’arte; e Roberto Tagliaferri, teologo
Martedì 27 ottobre, ore 18.00
Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano
Piacenza | Via Sant’Eufemia, 13
Provocazione futurista cinquesensi. La cucina secondo Filippo Tommaso Marinetti
Incontro con Carmelo Calò Carducci, scrittore; e Michele Bia, barman
Venerdì 6 novembre, ore 18.00
Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano
Piacenza | Via Sant’Eufemia, 13
BOT in musica
Lezione concerto futurista con Daniele Lombardi, compositore; e Ana Spasic, soprano
Osvaldo Barbieri (poi Barbieri Oswaldo Terribile: BOT) nasce a Piacenza il 17 luglio 1895.
Segue in modo irregolare i corsi di Francesco Ghittoni all’istituto d’Arte Gazzola di Piacenza. Quindi a Milano alla Società Umanitaria e poi a Brera, sempre con la medesima discontinua modalità. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruola volontario. Nel 1920 si trasferisce a Genova mantenendosi con i primi lavori che trova, dal verniciatore allo scaricatore di porto. In terra ligure Bot tenta di presentarsi al pubblico per la prima volta aggregandosi a mostre collettive. Nel 1926, durante un momentaneo ritorno a Piacenza, si innamora di Enrica Pagani, la porta con sé a Genova e la sposa, per poi rientrare definitivamente nella sua città per concentrarsi definitivamente sull’arte.
Nel 1928 allestisce una mostra agli Amici dell’Arte di Piacenza, ma i suoi quadri sono paesaggi ortodossi e canonici. Nell’ottobre dello stesso anno conosce il Secondo Futurismo attraverso l’opera di Depero, Fillia, Prampolini. Nel 1929 incontra Filippo Tommaso Marinetti che benedice il suo lavoro e a lungo lo sosterrà in alcune mostre milanesi e nella produzione editoriale.
Iniziano importanti esposizioni: per quattro volte alla Galleria Pesaro a Milano in occasione delle mostre futuriste; alla Biennale di Venezia nel 1930 e nel 1932; poi a Parigi, Monaco di Baviera, Atene; nel ‘32 e ‘33 a Roma allo spazio Bragaglia. Nel 1929 fonda a Piacenza la Centrale del Futurismo, nel 1930 la rivista “la Fionda”, esempio di rivista costruita sulla presenza di marchi commerciali alternati a riproduzioni d’arte.
Nel 1934 Italo Balbo, a cui aveva dedicato un’opera, Aeroritratto di S.E. Balbo, lo chiama in Libia. In Africa la sua visione dell’arte subisce un’ulteriore shock: l’atmosfera primitiva, rude e imbevuta di forme fantastiche e magie, una visione della vita lontanissima da quella occidentale, gli ispirano opere del tutto impreviste. Arriva al punto di crearsi un alter ego africano, tale Naham Ben Abiladi, con il quale nel 1935 dipingerà e parteciperà a mostre, nascondendo la sua vera identità e spacciandolo per un artista conosciuto in Africa. In due momenti, 1934 e 1937, dipinge il salone e lo scalone del Municipio di Carpaneto. Nel 1940 Bot ritorna con molte difficoltà in Italia e, a causa della guerra, si ritira in campagna dove nasce un nuovo artista: torna ai paesaggi, ma paesaggi eterei, fatti di case diroccate, figure e nature morte che creano atmosfere in un certo senso astratte. Nel dopoguerra conosce Lucio Fontana ad Albisola, si avvicina alla ceramica e addirittura alla poesia. Allestisce mostre e nel 1951 partecipa alla VI Quadriennale di Roma.
Muore nel 1958 in povertà.
Dal 18 settembre al 22 novembre lo Spazio Mostre della Fondazione di Piacenza e Vigevano ospita a Piacenza una grande retrospettiva dedicata all’estro geniale di Osvaldo Barbieri (1895-1958), noto nel mondo dell’arte con l’acronimo BOT, sintesi dello pseudonimo Barbieri Oswaldo Terribile che egli stesso scelse una volta avvicinatosi al futurismo.
Ideata e organizzata dalla Fondazione di Piacenza e Vigevano con il patrocinio del Comune di Piacenza, curata da Elena Pontiggia, la mostra conta su circa 400 opere in arrivo da importanti raccolte pubbliche (Galleria Ricci Oddi di Piacenza, MART di Rovereto, MIM di San Pietro in Cerro) e private, oltre che dalle collezioni di diversi enti territoriali del piacentino. Era dal 1980 che il lavoro di BOT non era oggetto di una ricognizione tanto puntuale, volta a restituire all’artista il ruolo di figura di primo piano nell’ambito del secondo Futurismo e della sperimentazione successiva.
“La mostra di BOT – sottolinea il Presidente della Fondazione Massimo Toscani – è il nostro primo, grande progetto in ambito artistico. Un progetto completamente “nostro”, dalla progettazione allo spazio che lo ospiterà, la nostra sala mostre. Primo perché a questo evento già nel 2016 ne seguiranno altri: in futuro il ruolo della Fondazione si tradurrà sempre di più nella capacità di fare cultura e non solo di supportarla”.
Il percorso espositivo dà conto in modo esaustivo della ricca ed eclettica produzione di BOT, mettendo ordine all’interno di una dirompente energia creativa, declinata secondo standard e linguaggi in molti casi tanto innovativi da risultare quasi profetici. Come nel caso del legame, documentato in mostra grazie a un nutrito corpus di opere tipografiche e letterarie, che partendo dalla dichiarata fascinazione per Fortunato Depero e dalla passione per la poesia futurista anticipa soluzioni proprie del moderno graphic design, proponendo inedite connessioni tra la poesia visiva, il calligramma e vere e proprie tecniche pubblicitarie. Lo conferma la stessa scelta di una firma, l’acronimo BOT, resa in una veste grafica affine a quella di un logo commerciale.
Cruciale, nell’esperienza di BOT, l’incontro avvenuto nel 1929 con Filippo Tommaso Marinetti: per tutti gli Anni Trenta l’artista piacentino è protagonista delle celebri mostre futuriste allestite dalla Galleria Pesaro di Milano (insieme ai vari Fillia, Diulgheroff, Prampolini e a un giovane Bruno Munari), arrivando a partecipare a due edizioni della Biennale di Venezia, nel 1930 e 1932. È nel segno di una personalissima visione del credo futurista che BOT esprime alcune tra le sue concezioni più innovative: dalla sferopittura alla cartopittura, arrivando alla ferroplastica, sintesi tra pittura e scultura; spingendosi grazie alla collaborazione con Gianni Croce ad un uso della fotografia e del fotomontaggio che lo porta a soluzioni per l’epoca straordinariamente innovative.
Tra i temi fondamentali trattati dalla mostra di Piacenza c’è quello del paesaggio, filo conduttore che attraversa l’intera produzione di BOT. Partendo dagli insospettabili quadri di matrice puramente accademica proposti proprio a Piacenza nel corso della sua prima personale del 1928, e arrivando alle straordinarie aeropitture che – seguendo un tracciato che idealmente ci porta da Balla fino a Tullio Crali – aggiornano la visione del paesaggio stesso dal punto di vista del pilota, dell’automobilista, del tramviere, del macchinista.
La mostra affronta per la prima volta in modo organico il rapporto tra BOT e l’Africa, offrendo un raro nucleo della “arte coloniale” italiana degli Anni Trenta. La protezione di Italo Balbo porta l’artista ad un soggiorno in Libia e a viaggi in Abissinia che si rivelano fondamentali per lo sviluppo della sua poetica: l’interesse nei confronti dell’objet trouvé si arricchisce di elementi desunti dall’arte locale, arrivando alla creazione di opere dai profili totemici; ma anche alla nascita di Naham Ben Abilàdi, ennesimo pseudonimo dietro cui BOT si cela per firmare dipinti e poesie che non senza ironia giocano con i cliché dell’orientalismo e dell’arte coloniale.
Ad accompagnare la mostra allestita alla Fondazione di Piacenza e Vigevano gli omaggi a BOT ideati e organizzati da dieci gallerie d’arte della città e del territorio: Biffi Arte, Borgo delle Arti di Vigoleno, Galleria Il Lepre, Galleria Mazzoni, Placentia Arte, Spazi Arte, Studio Baldini Art Gallery, Studio Jelmoni, M.V. Tirelli Antiquario.
Nelle settimane di apertura della mostra è previsto un calendario di incontri ed eventi collaterali che ci permettono di entrare, grazie all’esperienza di BOT, nel cuore dell’atmosfera futurista.
Venerdì 25 settembre, ore 21.00
Sala BOT del Palazzo Comunale Scotti da Vigoleno
Carpaneto Piacentino (PC) | Piazza XX settembre, 1
Presentazione di Bot a Carpaneto, dipingere l’Italia fascista, film di Roberto Dassoni e Laura Bonfanti dedicato al ciclo pittorico realizzato da BOT per il Palazzo Comunale di Carpaneto.
A seguire: visita guidata alle aeropitture
Mercoledì 14 ottobre, ore 18.00
Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano
Piacenza | Via Sant’Eufemia, 13
Che ne è del Futurismo? La crisi del mito del progresso
Incontro con Enrico Crispolti, critico e storico dell’arte; e Roberto Tagliaferri, teologo
Martedì 27 ottobre, ore 18.00
Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano
Piacenza | Via Sant’Eufemia, 13
Provocazione futurista cinquesensi. La cucina secondo Filippo Tommaso Marinetti
Incontro con Carmelo Calò Carducci, scrittore; e Michele Bia, barman
Venerdì 6 novembre, ore 18.00
Auditorium della Fondazione di Piacenza e Vigevano
Piacenza | Via Sant’Eufemia, 13
BOT in musica
Lezione concerto futurista con Daniele Lombardi, compositore; e Ana Spasic, soprano
Osvaldo Barbieri (poi Barbieri Oswaldo Terribile: BOT) nasce a Piacenza il 17 luglio 1895.
Segue in modo irregolare i corsi di Francesco Ghittoni all’istituto d’Arte Gazzola di Piacenza. Quindi a Milano alla Società Umanitaria e poi a Brera, sempre con la medesima discontinua modalità. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale si arruola volontario. Nel 1920 si trasferisce a Genova mantenendosi con i primi lavori che trova, dal verniciatore allo scaricatore di porto. In terra ligure Bot tenta di presentarsi al pubblico per la prima volta aggregandosi a mostre collettive. Nel 1926, durante un momentaneo ritorno a Piacenza, si innamora di Enrica Pagani, la porta con sé a Genova e la sposa, per poi rientrare definitivamente nella sua città per concentrarsi definitivamente sull’arte.
Nel 1928 allestisce una mostra agli Amici dell’Arte di Piacenza, ma i suoi quadri sono paesaggi ortodossi e canonici. Nell’ottobre dello stesso anno conosce il Secondo Futurismo attraverso l’opera di Depero, Fillia, Prampolini. Nel 1929 incontra Filippo Tommaso Marinetti che benedice il suo lavoro e a lungo lo sosterrà in alcune mostre milanesi e nella produzione editoriale.
Iniziano importanti esposizioni: per quattro volte alla Galleria Pesaro a Milano in occasione delle mostre futuriste; alla Biennale di Venezia nel 1930 e nel 1932; poi a Parigi, Monaco di Baviera, Atene; nel ‘32 e ‘33 a Roma allo spazio Bragaglia. Nel 1929 fonda a Piacenza la Centrale del Futurismo, nel 1930 la rivista “la Fionda”, esempio di rivista costruita sulla presenza di marchi commerciali alternati a riproduzioni d’arte.
Nel 1934 Italo Balbo, a cui aveva dedicato un’opera, Aeroritratto di S.E. Balbo, lo chiama in Libia. In Africa la sua visione dell’arte subisce un’ulteriore shock: l’atmosfera primitiva, rude e imbevuta di forme fantastiche e magie, una visione della vita lontanissima da quella occidentale, gli ispirano opere del tutto impreviste. Arriva al punto di crearsi un alter ego africano, tale Naham Ben Abiladi, con il quale nel 1935 dipingerà e parteciperà a mostre, nascondendo la sua vera identità e spacciandolo per un artista conosciuto in Africa. In due momenti, 1934 e 1937, dipinge il salone e lo scalone del Municipio di Carpaneto. Nel 1940 Bot ritorna con molte difficoltà in Italia e, a causa della guerra, si ritira in campagna dove nasce un nuovo artista: torna ai paesaggi, ma paesaggi eterei, fatti di case diroccate, figure e nature morte che creano atmosfere in un certo senso astratte. Nel dopoguerra conosce Lucio Fontana ad Albisola, si avvicina alla ceramica e addirittura alla poesia. Allestisce mostre e nel 1951 partecipa alla VI Quadriennale di Roma.
Muore nel 1958 in povertà.
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