Padova è le sue mura. Cinquecento anni di storia 1513-2013
Dal 28 Marzo 2014 al 20 Luglio 2014
Padova
Luogo: Musei Civici agli Eremitani
Indirizzo: piazza Eremitani 8
Orari: mar-dom 9-19; chiuso i lunedì non festivi
Curatori: Vincenza Cinzia Donvito, Ugo Fadini
Enti promotori:
- Comune di Padova - Assessorato alla Cultura Settore Musei e Biblioteche
- Comitato Mura di Padova
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 8 / € 6, studenti € 5
Telefono per informazioni: +39 049 8204551
E-Mail info: musei@comune.padova.it
Sito ufficiale: http://padovacultura.padovanet.it/it
Il 1513 può infatti considerarsi l’anno d’inizio dell’edificazione delle nuove mura di Padova – successive a quelle Carraresi - sotto la guida di Bartolomeo d’Alviano. La città aveva da poco sostenuto con successo l’ultimo degli assedi conseguenti alla sconfitta di Agnadello (1509) contro le forze della Lega di Cambrai.
In quell’occasione le mura carraresi erano state riadattate alla meglio grazie al coraggio e all’ingegno di molti, ma con la conclusione del conflitto sul campo si erano create le condizioni per dare forma definitiva, in muratura, alle difese apprestate in forma provvisoria, con opere in terrapieno, nel corso dei quattro anni di guerra.
Molto di quanto s’iniziò a realizzare in quell’anno è giunto fino a noi, integrato dalle aggiunte e modifiche apportate nei quattro decenni successivi.
L’esposizione, promossa dal Comune di Padova - Assessorato alla Cultura Settore Musei e Biblioteche e dal Comitato Mura di Padova, con il sostegno di Fondazione Cariparo, mira a ricostruire mezzo millennio di storia delle mura cittadine attraverso reperti archeologici, manufatti, armi e strumenti bellici, disegni, incisioni, preziosi volumi e dipinti antichi, nonché ricostruzioni appositamente realizzate (fotopiani, modellini, video ecc.).
Scopo della esposizione è mostrare e celebrare le mura, ma soprattutto riportarle al centro del dibattito culturale sul futuro della città:
non più soltanto come problema urbanistico, ma come nodo identitario e risorsa per la città.
Non è ancora certo che già in epoca romana Padova avesse una cinta muraria, come i ritrovamenti lungo l’insula fluviale formata da Tronco maestro e Naviglio interno fanno ritenere; in ogni caso essa sarebbe coincisa in parte con la prima cinta comunale duecentesca, a testimonianza di una continuità nell’insediamento e nello sviluppo del centro urbano fin dall’antichità. La stessa forma urbis a triangolo irregolare della città moderna si spiega del resto tenendo presenti gli assi viari antichi,
rimasti in gran parte costantemente attivi, in particolare la via Annia che entrava in città a sud e ne usciva a est.
E’ per questo che la mostra, curata da Vincenza Cinzia Donvito e Ugo Fadini con la direzione di Davide Banzato, dà conto anche delle origini antiche del sito con una serie di rinvenimenti – alcuni inediti - effettuati in epoche diverse lungo il percorso delle mura.
Ma ad accogliere i visitatori sono gli antefatti della costruzione cinquecentesca: uno dei pochi leoni di San Marco
sopravvissuti alla furia iconoclasta dei giacobini, mai esposto prima d’ora, un plastico con un migliaio di soldatini a rievocare la battaglia di Agnadello
e un altro a ricordare l’assedio di Padova e poi le armi usate in quell’occasione dai veneziani e dai loro nemici.
Allo scoppio della guerra con la Lega di Cambrai, Padova era ancora la grande città tardo-medievale orgogliosamente circondata dalle tre cinte di muraglie vecchie, comunali e carraresi, che la disegnano e la rappresentano; mura inadeguate a difenderla nel caso di attacco condotto con l’artiglieria, come segnalato in ripetute ispezioni
dai provveditori della Serenissima e capi militari. L’emergenza dell’assedio costringe dunque a manometterle per adattarle per quanto possibile alle nuove esigenze belliche ma è solo con la cessazione delle ostilità con la Francia e con il ritorno dalla prigionia di Bartolomeo d’Alviano,
nominato capitano generale, che si può avviare una sistemazione definitiva. Il disegno generale è suo: cortine, porte, fosse, controscarpe, strada coperta di circonvallazione e – fondamentale - il guasto, la spianata di un miglio intorno alla città, creata per isolarla e renderla inavvicinabile da nemico.
Grazie anche ai prestiti dell’Archivio di Stato di Padova e dell’Archivio Comunale, oltre alle opere conservate presso i Musei Civci agli Eremitani e la Biblioteca Civica,
antiche piante, rilievi, modelli, illustrazioni, medaglie, sigilli ed elementi lapidei - come un cippo esposto per la prima volta, che segnava il termine del guasto - testimoniano e narrano le trasformazioni avviate da allora, con i dodici torrioni e sette baluardi complessivi, le porte d’accesso,
i progetti per una fortezza mai realizzata, i protagonisti, gli artisti chiamati a raffigurarle.
Le mura veneziane, che presto sostituiranno quelle medievali anche nell’iconografia di San Daniele che regge in mano il modello della città, costituiscono il monumento che più di ogni altro simboleggia e “descrive” Padova. Un monumento che include veri gioielli architettonici, come le due porte del Falconetto, e strutture militari imponenti, che, per la varietà delle soluzioni adottate nel corso del lungo tempo a seguito dell’evolvere delle tecniche di difesa dal fuoco delle artiglierie (torrioni circolari a uno o due piani, baluardi poligonali di forma e dimensioni ogni volta diverse, ecc.),
offrono un’opportunità unica per poter seguire lo sviluppo dell’architettura militare in un unico luogo.
Senza contare la complessa relazione del sistema bastionato con le acque, intese a un tempo come ulteriore fattore di difesa, integrato, e via maestra di comunicazione e vita.
La mostra – che sarà accompagnata da un ricco e completo catalogo Biblos Edizioni – documenta anche, con foto d’epoca a confronto con lo stato attuale, le vicende più recenti, le trasformazioni e gli usi ai quali sono state destinate nel corso del tempo le mura (scuole all’aperto, macello pubblico, viali di passeggio, edilizia economica) e uno spazio è riservato alle scoperte e ai restauri più recenti.
Particolare attenzione è inoltre riservata all’illustrazione di quanto delle mura non si vede perché sepolto, casematte e gallerie: utili elementi di conoscenza ma anche interessanti e affascinanti rinvenimenti, come la scoperta di spazi ipogei inesplorati, che saranno mostrati al pubblico grazie a filmati realizzati dal Gruppo Speleologico Padovano CAI, che ha condotto esplorazioni nell’ambito del progetto Padova Sotterranea, in collaborazione con il Comitato Mura e il Settore Edilizia Pubblica del Comune.
A fare da controcanto al racconto puntuale della storia delle mura, infine, un percorso fotografico parallelo ideato da Paolo Coltro: un “commento” personale e originale che suggerisce inedite emozioni.
In quell’occasione le mura carraresi erano state riadattate alla meglio grazie al coraggio e all’ingegno di molti, ma con la conclusione del conflitto sul campo si erano create le condizioni per dare forma definitiva, in muratura, alle difese apprestate in forma provvisoria, con opere in terrapieno, nel corso dei quattro anni di guerra.
Molto di quanto s’iniziò a realizzare in quell’anno è giunto fino a noi, integrato dalle aggiunte e modifiche apportate nei quattro decenni successivi.
L’esposizione, promossa dal Comune di Padova - Assessorato alla Cultura Settore Musei e Biblioteche e dal Comitato Mura di Padova, con il sostegno di Fondazione Cariparo, mira a ricostruire mezzo millennio di storia delle mura cittadine attraverso reperti archeologici, manufatti, armi e strumenti bellici, disegni, incisioni, preziosi volumi e dipinti antichi, nonché ricostruzioni appositamente realizzate (fotopiani, modellini, video ecc.).
Scopo della esposizione è mostrare e celebrare le mura, ma soprattutto riportarle al centro del dibattito culturale sul futuro della città:
non più soltanto come problema urbanistico, ma come nodo identitario e risorsa per la città.
Non è ancora certo che già in epoca romana Padova avesse una cinta muraria, come i ritrovamenti lungo l’insula fluviale formata da Tronco maestro e Naviglio interno fanno ritenere; in ogni caso essa sarebbe coincisa in parte con la prima cinta comunale duecentesca, a testimonianza di una continuità nell’insediamento e nello sviluppo del centro urbano fin dall’antichità. La stessa forma urbis a triangolo irregolare della città moderna si spiega del resto tenendo presenti gli assi viari antichi,
rimasti in gran parte costantemente attivi, in particolare la via Annia che entrava in città a sud e ne usciva a est.
E’ per questo che la mostra, curata da Vincenza Cinzia Donvito e Ugo Fadini con la direzione di Davide Banzato, dà conto anche delle origini antiche del sito con una serie di rinvenimenti – alcuni inediti - effettuati in epoche diverse lungo il percorso delle mura.
Ma ad accogliere i visitatori sono gli antefatti della costruzione cinquecentesca: uno dei pochi leoni di San Marco
sopravvissuti alla furia iconoclasta dei giacobini, mai esposto prima d’ora, un plastico con un migliaio di soldatini a rievocare la battaglia di Agnadello
e un altro a ricordare l’assedio di Padova e poi le armi usate in quell’occasione dai veneziani e dai loro nemici.
Allo scoppio della guerra con la Lega di Cambrai, Padova era ancora la grande città tardo-medievale orgogliosamente circondata dalle tre cinte di muraglie vecchie, comunali e carraresi, che la disegnano e la rappresentano; mura inadeguate a difenderla nel caso di attacco condotto con l’artiglieria, come segnalato in ripetute ispezioni
dai provveditori della Serenissima e capi militari. L’emergenza dell’assedio costringe dunque a manometterle per adattarle per quanto possibile alle nuove esigenze belliche ma è solo con la cessazione delle ostilità con la Francia e con il ritorno dalla prigionia di Bartolomeo d’Alviano,
nominato capitano generale, che si può avviare una sistemazione definitiva. Il disegno generale è suo: cortine, porte, fosse, controscarpe, strada coperta di circonvallazione e – fondamentale - il guasto, la spianata di un miglio intorno alla città, creata per isolarla e renderla inavvicinabile da nemico.
Grazie anche ai prestiti dell’Archivio di Stato di Padova e dell’Archivio Comunale, oltre alle opere conservate presso i Musei Civci agli Eremitani e la Biblioteca Civica,
antiche piante, rilievi, modelli, illustrazioni, medaglie, sigilli ed elementi lapidei - come un cippo esposto per la prima volta, che segnava il termine del guasto - testimoniano e narrano le trasformazioni avviate da allora, con i dodici torrioni e sette baluardi complessivi, le porte d’accesso,
i progetti per una fortezza mai realizzata, i protagonisti, gli artisti chiamati a raffigurarle.
Le mura veneziane, che presto sostituiranno quelle medievali anche nell’iconografia di San Daniele che regge in mano il modello della città, costituiscono il monumento che più di ogni altro simboleggia e “descrive” Padova. Un monumento che include veri gioielli architettonici, come le due porte del Falconetto, e strutture militari imponenti, che, per la varietà delle soluzioni adottate nel corso del lungo tempo a seguito dell’evolvere delle tecniche di difesa dal fuoco delle artiglierie (torrioni circolari a uno o due piani, baluardi poligonali di forma e dimensioni ogni volta diverse, ecc.),
offrono un’opportunità unica per poter seguire lo sviluppo dell’architettura militare in un unico luogo.
Senza contare la complessa relazione del sistema bastionato con le acque, intese a un tempo come ulteriore fattore di difesa, integrato, e via maestra di comunicazione e vita.
La mostra – che sarà accompagnata da un ricco e completo catalogo Biblos Edizioni – documenta anche, con foto d’epoca a confronto con lo stato attuale, le vicende più recenti, le trasformazioni e gli usi ai quali sono state destinate nel corso del tempo le mura (scuole all’aperto, macello pubblico, viali di passeggio, edilizia economica) e uno spazio è riservato alle scoperte e ai restauri più recenti.
Particolare attenzione è inoltre riservata all’illustrazione di quanto delle mura non si vede perché sepolto, casematte e gallerie: utili elementi di conoscenza ma anche interessanti e affascinanti rinvenimenti, come la scoperta di spazi ipogei inesplorati, che saranno mostrati al pubblico grazie a filmati realizzati dal Gruppo Speleologico Padovano CAI, che ha condotto esplorazioni nell’ambito del progetto Padova Sotterranea, in collaborazione con il Comitato Mura e il Settore Edilizia Pubblica del Comune.
A fare da controcanto al racconto puntuale della storia delle mura, infine, un percorso fotografico parallelo ideato da Paolo Coltro: un “commento” personale e originale che suggerisce inedite emozioni.
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