Peter Halley. Antesteria
Dal 12 Maggio 2021 al 22 Agosto 2021
Orani | Nuoro
Luogo: Museo Nivola
Indirizzo: Via Gonare 2
Curatori: Giuliana Altea e Antonella Camarda
Enti promotori:
- Regione Autonoma della Sardegna
- Fondazione di Sardegna
Telefono per informazioni: +39 0784730063
E-Mail info: info@museonivola.it
Sito ufficiale: http://www.museonivola.it
Il Museo Nivola è orgoglioso di annunciare la mostra di Peter Halley ANTESTERIA.
Peter Halley, figura chiave del Neo-concettualismo americano degli anni Ottanta, è noto per la sua pittura geometrica che allude agli spazi sociali del tardo capitalismo e alla loro dimensione di confinamento, isolamento e reclusione. Le forme della “cella” e del “condotto”, adottate negli anni ottanta e tuttora alla base del suo lavoro, rimandano alle strutture rigide e spigolose dei grattacieli per uffici, ma anche ai microchip del computer, ai circuiti elettrici, alle “stanze” virtuali e alle infinite connessioni del web. La sua visione del mondo contemporaneo, influenzata da pensatori come Foucault e Baudrillard, è intrisa di pessimismo, ma è espressa con un linguaggio elettrizzante, vitalistico, carico di travolgente energia.
A partire degli anni Novanta, Halley ha cominciato ad affiancare alle tele una serie di interventi sullo spazio architettonico realizzati per mezzo di wallpaper e stampe digitali e sviluppati a volte in collaborazione con altri artisti. Su questo aspetto del suo lavoro si incentra anche il progetto creato per il Museo Nivola, dove Halley trasformerà completamente l’interno dell’edificio che ospita le mostre temporanee. Il lavoro è in piena sintonia con l’orientamento del museo: dedicato a Costantino Nivola, uno dei protagonisti del movimento per la “sintesi delle arti” di metà Novecento, il Museo Nivola guarda infatti con particolare attenzione ai rapporti tra arte, architettura e design, come testimoniano le mostre dedicate in passato agli sconfinamenti nell’arte da parte di maestri del design italiano come Andrea Branzi, Michele de Lucchi e Alessandro Mendini, quest’ultimo già collaboratore di Halley in una serie memorabile di installazioni.
Il formato dell’installazione ha assunto maggiore importanza per Halley a partire dal 2018, con il progetto per la Lever House a New York e con le due edizioni di HETEROTOPIA realizzate nel 2019 ai Magazzini del Sale nell’ambito della Biennale di Venezia e alla galleria Greene Naftali a New York. In questi progetti l’installazione creava spazi labirintici, disturbanti e vagamente sacrali, in cui il visitatore si aggirava inquieto e disorientato.
A Orani, invece, nell’antico lavatoio del paese usato dal museo per le mostre temporanee – un edificio chiaro e lineare simile per forma e proporzioni a una chiesa – il tono è gioioso e vivace, lo spazio euforico.
Entrando dalla terrazza, un ambiente inondato di luce affacciato sul parco del museo, il visitatore verrà colpito dallo shock visivo prodotto non solo dalle tinte fluorescenti predilette da Halley, ma anche dal carattere esuberante e dinamico delle immagini. Racchiuse in uno schema che fa pensare ai cicli di affreschi del Trecento, ma che tutt’a un tratto si impenna in una serie di onde colorate, queste combinano il repertorio tipico della pittura dell’artista (celle, condotti, esplosioni) con riferimenti all’arte del passato, dal Rinascimento a Warhol, passando per Matisse e sfiorando i graffiti delle caverne.
Il titolo greco dell’installazione, ANTESTERIA, è un riferimento alla festa primaverile dei fiori in onore di Dioniso, durante la quale, col dio presente, venivano rappresentate tragedie e commedie. Carica di associazioni di vita e morte, gioia e sofferenza, questa antica celebrazione della primavera suona oggi come auspicio di una possibile rinascita dopo la pandemia.
“Nel cuore della Sardegna – dice Antonella Camarda – Halley ha creato qualcosa di simile a una sua cappella degli Scrovegni (o se si vuole alla cappella di Matisse a Vence). L’effetto è quello di un un’eccitante immersione nel clima dionisiaco di un Mediterraneo sognato attraverso il filtro del Modernismo novecentesco e bagnato in una luce artificiale e psichedelica.”
“L’installazione – afferma Giuliana Altea – esalta i contrasti di cui è fatta la pittura di Halley, al tempo stesso concettuale e decorativa, criticamente riflessiva e spettacolare, intensamente contemporanea e nutrita del dialogo con la storia dell’arte: combina polarità opposte, non tanto per cercare tra loro una sintesi o tentarne una conciliazione, quanto piuttosto per metterle in tensione e innescare corto circuiti dell’immaginario.”
Peter Halley (1953), protagonista del Neo-concettualismo americano degli anni Ottanta, oltre ad essere pittore è anche un teorico che ha pubblicato numerosi importanti saggi sull’arte contemporanea. Ha fondato e diretto insieme a Bob Nickas Index Magazine, iconica rivista della cultura indie, pubblicata dal 1996 al 2005. È stato Director of Graduate Studies in Painting and Printmaking alla School of Art dell’università di Yale dal 2002 to 2011.
Halley vive e lavora a New York.
Peter Halley, figura chiave del Neo-concettualismo americano degli anni Ottanta, è noto per la sua pittura geometrica che allude agli spazi sociali del tardo capitalismo e alla loro dimensione di confinamento, isolamento e reclusione. Le forme della “cella” e del “condotto”, adottate negli anni ottanta e tuttora alla base del suo lavoro, rimandano alle strutture rigide e spigolose dei grattacieli per uffici, ma anche ai microchip del computer, ai circuiti elettrici, alle “stanze” virtuali e alle infinite connessioni del web. La sua visione del mondo contemporaneo, influenzata da pensatori come Foucault e Baudrillard, è intrisa di pessimismo, ma è espressa con un linguaggio elettrizzante, vitalistico, carico di travolgente energia.
A partire degli anni Novanta, Halley ha cominciato ad affiancare alle tele una serie di interventi sullo spazio architettonico realizzati per mezzo di wallpaper e stampe digitali e sviluppati a volte in collaborazione con altri artisti. Su questo aspetto del suo lavoro si incentra anche il progetto creato per il Museo Nivola, dove Halley trasformerà completamente l’interno dell’edificio che ospita le mostre temporanee. Il lavoro è in piena sintonia con l’orientamento del museo: dedicato a Costantino Nivola, uno dei protagonisti del movimento per la “sintesi delle arti” di metà Novecento, il Museo Nivola guarda infatti con particolare attenzione ai rapporti tra arte, architettura e design, come testimoniano le mostre dedicate in passato agli sconfinamenti nell’arte da parte di maestri del design italiano come Andrea Branzi, Michele de Lucchi e Alessandro Mendini, quest’ultimo già collaboratore di Halley in una serie memorabile di installazioni.
Il formato dell’installazione ha assunto maggiore importanza per Halley a partire dal 2018, con il progetto per la Lever House a New York e con le due edizioni di HETEROTOPIA realizzate nel 2019 ai Magazzini del Sale nell’ambito della Biennale di Venezia e alla galleria Greene Naftali a New York. In questi progetti l’installazione creava spazi labirintici, disturbanti e vagamente sacrali, in cui il visitatore si aggirava inquieto e disorientato.
A Orani, invece, nell’antico lavatoio del paese usato dal museo per le mostre temporanee – un edificio chiaro e lineare simile per forma e proporzioni a una chiesa – il tono è gioioso e vivace, lo spazio euforico.
Entrando dalla terrazza, un ambiente inondato di luce affacciato sul parco del museo, il visitatore verrà colpito dallo shock visivo prodotto non solo dalle tinte fluorescenti predilette da Halley, ma anche dal carattere esuberante e dinamico delle immagini. Racchiuse in uno schema che fa pensare ai cicli di affreschi del Trecento, ma che tutt’a un tratto si impenna in una serie di onde colorate, queste combinano il repertorio tipico della pittura dell’artista (celle, condotti, esplosioni) con riferimenti all’arte del passato, dal Rinascimento a Warhol, passando per Matisse e sfiorando i graffiti delle caverne.
Il titolo greco dell’installazione, ANTESTERIA, è un riferimento alla festa primaverile dei fiori in onore di Dioniso, durante la quale, col dio presente, venivano rappresentate tragedie e commedie. Carica di associazioni di vita e morte, gioia e sofferenza, questa antica celebrazione della primavera suona oggi come auspicio di una possibile rinascita dopo la pandemia.
“Nel cuore della Sardegna – dice Antonella Camarda – Halley ha creato qualcosa di simile a una sua cappella degli Scrovegni (o se si vuole alla cappella di Matisse a Vence). L’effetto è quello di un un’eccitante immersione nel clima dionisiaco di un Mediterraneo sognato attraverso il filtro del Modernismo novecentesco e bagnato in una luce artificiale e psichedelica.”
“L’installazione – afferma Giuliana Altea – esalta i contrasti di cui è fatta la pittura di Halley, al tempo stesso concettuale e decorativa, criticamente riflessiva e spettacolare, intensamente contemporanea e nutrita del dialogo con la storia dell’arte: combina polarità opposte, non tanto per cercare tra loro una sintesi o tentarne una conciliazione, quanto piuttosto per metterle in tensione e innescare corto circuiti dell’immaginario.”
Peter Halley (1953), protagonista del Neo-concettualismo americano degli anni Ottanta, oltre ad essere pittore è anche un teorico che ha pubblicato numerosi importanti saggi sull’arte contemporanea. Ha fondato e diretto insieme a Bob Nickas Index Magazine, iconica rivista della cultura indie, pubblicata dal 1996 al 2005. È stato Director of Graduate Studies in Painting and Printmaking alla School of Art dell’università di Yale dal 2002 to 2011.
Halley vive e lavora a New York.
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