ARTEMISIA GENTILESCHI. UN GRANDE RITORNO A NAPOLI DOPO 400 ANNI

Artemisia Gentileschi, Maddalena, 1630 - 1635. Olio su tela, 108x78,5 cm. Beirut (Libano), Sursock Palace Collection

 

Dal 19 Luglio 2024 al 19 Gennaio 2025

Napoli

Luogo: Complesso Monumentale di Santa Chiara

Indirizzo: Via Santa Chiara 49/c

Orari: dal lunedì al sabato 9:30 – 17:00 Domenica 10:00 – 14:00 Chiusure straordinarie 25 dicembre 1° gennaio

Curatori: Costantino D'Orazio

Enti promotori:

  • Provincia Napoletana del Ss. Cuore di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori
  • FEC (Fondo Edifici di Culto)
  • Agape

Costo del biglietto: Intero € 7,00 Ridotto € 5,00 Ridotto speciale € 4,00 minori dai 7 ai 17 anni Gratuito minori di 7 anni; giornalisti accreditati dall'Ufficio Stampa di Arthemisia (previa indicazione della testata e della data della visita come da procedura indicata su arthemisia.it)

Sito ufficiale: http://www.monasterodisantachiara.it


Per la prima volta, dopo circa 400 anni, la Maddalena - capolavoro a firma di Artemisia Gentileschi – torna visibile a Napoli, città in cui fu dipinta tra il 1630 e il 1635, per un’esposizione unica all’interno dei meravigliosi spazi del Complesso Monumentale di Santa Chiara.

Conservata gelosamente per secoli in collezioni private, negli ultimi cento anni la Maddalena si trovava nella prestigiosa collezione Sursock, a Beirut, dove fu gravemente danneggiata nella nota esplosione del 4 agosto 2020.

Sapientemente restaurata grazie all’intervento di Arthemisia, l’opera è tornata oggi agli antichi splendori, mostrando tutti i caratteri di stile e di narrazione visiva propri del lungo periodo trascorso da Artemisia a Napoli dove visse dal 1630 fino alla morte nel 1654.

“La datazione al 1630-1635 coincide con l’arrivo a Napoli di Artemisia, periodo durante il quale nei suoi dipinti abbondano i toni del giallo e del blu. La santa è raffigurata in un momento di dialogo con il divino, i suoi occhi non sono “pieni di lacrime” (Hall): assistiamo a una diversa risposta emotiva, non dovuta a una plateale “visione angelica in cielo” ma a un travaglio interiore che la porta coscientemente al gesto di rinuncia alla vanità, rappresentata dalla collana di perle. Il gesto, altro tema peculiare dell’arte barocca, è potente, ma allo stesso tempo cortese: la collana viene delicatamente staccata dalla mano destra portata verso il petto, non è strappata in preda a una artificiosa folgorazione, e dunque assistiamo all’attimo in cui questo simbolo sta già delicatamente abbandonando il collo della donna. Accanto alla Maddalena sono il vaso degli unguenti sul tavolo alle sue spalle, i gioielli e quello che sembra uno specchio in una cesta, dettaglio iconografico già presente nella Maddalena di Artemisia a Palazzo Pitti (1617-1620). La figura è vista da un punto leggermente ribassato, seduta, ed emerge con veemenza dallo sfondo scuro. Artemisia fa appello a un registro caro all’arte barocca, enunciato da Rudolf Wittkower nel 1958: il sottile dramma dato da questa torsione verso la sua sinistra, l’espressione che rivela uno stato di trance dovuto al dialogo interiore con il Divino, che non sconvolge ma conforta la santa. La luce, dalla forte valenza spirituale, investe l’imponente figura accentuando l’effetto di movimento del panneggio.” (Francesco Trasacco, 2023)

Gli inconfondibili toni di giallo oro cupo e blu oltremarino su cui spicca il candore della camicia sono enfatizzati dalla potenza del chiaroscuro, che non preclude alle parti in luce uno splendore netto. La santa, il cui sguardo estatico trasmette la gratificazione per il passaggio a una nuova vita sorretta dalla fede, sembra dialogare mentalmente con il divino, mentre alle sue spalle i gioielli e il vaso degli unguenti sono posti a sottolineare l’abbandono della precedente esistenza.

Col patrocinio della Regione Campania e del Comune di Napoli, l’esposizione è realizzata grazie alla collaborazione tra la Provincia Napoletana del Ss. Cuore di Gesù dell’Ordine dei Frati Minori, il FEC (Fondo Edifici di Culto)Agape e Arthemisia.
La curatela scientifica è di Costantino d’Orazio e il catalogo è edito da Moebius.

Si ringraziano per il supporto tecnico Handle Art & Design ExhibitionPubblilaser,Sater4ShowFb WorkBallandi e EB Studioarkè.

Con la Maddalena di Artemisia Gentileschi prende il via un progetto di grande respiro che vedrà arricchire i meravigliosi spazi di uno dei più celebri edifici napoletani con capolavori della storia dell’arte e mostre inedite. 
Ad aprile 2025, nell’anno del Giubileo e dell’ottocentesimo anniversario della creazione del Cantico delle Creature, verrà inaugurata, per la prima volta, una grande mostra dedicata a Santa Chiara e a San Francesco.

ARTEMISIA A NAPOLI
Dopo aver vissuto circa dieci anni a Roma, nel 1630 Artemisia si trasferisce a Napoli - città dalla straordinaria vivacità artistica - grazie ai rapporti che matura con Fernando Afán de Rivera, Duca di Alcalá e Viceré di Napoli, che nel 1629 ha acquistato tre dipinti della pittrice. Il suo stile, così vicino a quello di Caravaggio, affascina i collezionisti napoletani.
Da Napoli, dove arriva con il fratello Francesco e la figlia Prudenzia, Artemisia intrattiene una fitta corrispondenza con Cassiano dal Pozzo, celebre erudito e suo appassionato committente, con il Duca di Modena Francesco I d’Este e con Ferdinando II de’ Medici, che ottengono suoi quadri, mentre Galileo Galilei e il nobile messinese don Antonio Ruffo diventano suoi consiglieri e mediatori.
Se si esclude la parentesi inglese, quando nel 1638-39 si reca a Londra per lavorare con suo padre Orazio alla corte di re Carlo I – forse partecipa alla decorazione del Casino delle Delizie della regina Henrietta – Artemisia non si sposterà mai da Napoli, dove produrrà una grande quantità di tele con l’aiuto del fratello Francesco, che ha sostituito il marito Pierantonio nella gestione della bottega.
Perse le tracce di Pierantonio, Artemisia riuscirà a maritare sua figlia Prudenzia nel 1636, sostenuta dai numerosi clienti che acquistano i suoi dipinti.
Diventata la pittrice più celebre d’Europa, si circonda di allievi e collaboratori, dipingendo anche le uniche opere pubbliche della sua carriera per la Cattedrale di Pozzuoli.
Muore intorno al 1653, in una data ancora non confermata: la sua tomba nella Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini è andata perduta negli anni ’50 del Novecento, quando l’edificio è stato abbattuto per fare spazio ad un moderno condominio.

LA SEDE
Il Complesso Monumentale di S. Chiara - composto da Monastero, Basilica e Convento - fu costruito dal 1310 al 1340 per volere di re Roberto D’Angiò e sua moglie Sancia di Maiorca.
I sovrani angioini, entrambi molto devoti a San Francesco di Assisi e a Santa Chiara e legati al francescanesimo in generale, vollero costruire una cittadella francescana per accogliere le Clarisse, prevedendo inoltre un convento adiacente destinato al ramo maschile dell’Ordine.
La Chiesa, nucleo centrale dell’intero complesso, sorse con il titolo di Ostia Santa o Sacro Corpo di Cristo, dedicazione suggerita dal Miracolo Eucaristico di Bolsena, avvenuto nel 1264; la suddetta denominazione mutò da subito in Santa Chiara, probabilmente per lo straordinario numero di Clarisse presenti nel monastero. Progettata dall'architetto e scultore Gagliardo Primario in forme gotiche, subì importanti trasformazioni alla metà del '700 quando l'intera struttura fu rivestita da una fastosa ornamentazione barocca conservatasi fino al terribile incendio del 1943. Il restauro ne ripristinò le forme gotiche e diede adito ad un ripensamento degli spazi secondo i dettami dell'ordine francescano. Nel presbiterio si conservano i sepolcri di Re Roberto, il più grande monumento funebre per dimensioni del medioevo italiano, di Carlo Duca di Calabria, della sua seconda moglie Maria di Valois. A destra del presbiterio il Coro delle Monache, opera di Leonardo di Vito, è uno dei più importanti monumenti gotici a Napoli.
A rendere unico il complesso di Santa Chiara è inoltre il meraviglioso Chiostro Maiolicato, un giardino decorato di riggiole maiolicate, progettato da Domenico Antonio Vaccaro tra il 1739 e il 1742, e realizzato dai maestri Giuseppe e Donato Massa. Ai colori vivi del celeste, giallo e verde che richiamano la bellezza della natura, si accompagnano le tematiche rupestri e dei quattro elementi della Natura, acqua, fuoco, aria e terra, le cui allegorie sono presenti nelle rappresentazioni delle maioliche assieme a scene di vita campestre e quotidiana. Scene scelte accuratamente per dedicare alle monache di clausura un vero e proprio “salotto” in cui poter passeggiare e rendere meno dura la vita di clausura e sentirsi meno isolate dal “mondo di fuori”.




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