Pedro Reyes
Dal 29 Maggio 2014 al 18 Luglio 2014
Milano
Luogo: Lisson Gallery
Indirizzo: via Zenale 3
Orari: da lunedì a venerdì 9-13 / 15-18
Telefono per informazioni: +39 02 89050608
E-Mail info: milan@lissongallery.com
Sito ufficiale: http://www.lissongallery.com
Un insolito colloquio sta per andare in scena alla Lisson Gallery di Milano, dal 29 maggio al 18 luglio 2014.
Una discussione o conferenza tra cinque distinti relatori dei primi anni dell’era moderna, persone dotate di pensiero radicale e dalle politiche rivoluzionarie. I busti di pietra di Pedro Reyes che ritraggono Karl Marx, Leon Trotsky, Vladimir Lenin, Frida Kahlo e David Alfaro Siqueiros, sono collocati all’interno dello spazio della Galleria come se si trovassero coinvolti in una conversazione profonda, quasi come in un circolo, o tertulia, come vengono chiamati in spagnolo. Benché questo gruppo non potrà mai trovarsi riunito in un’unica stanza (anche se gli ultimi anni di vita di Trotsky in Messico possono essere una valida premessa), tutti loro sono legati dalla comune ideologia Comunista derivata dal Marxismo e diffusasi nel corso della prima metà del XX secolo attraverso un’estesa rete internazionale di artisti, filosofi e intellettuali dalle idee simili.
Pedro Reyes è specializzato nella creazione di simili situazioni ipotetiche e di possibili storie parallele, realizzate attraverso modalità teatrali, esperienziali o, come in questo caso, scultoree.
All’esterno, nel cortile, è collocata un’installazione in marmo composta da più parti intitolata “Colloquium” (Ironism) (2013) , un lavoro che consiste nell’intersecarsi di forme diverse poste in dialogo l’una con l’altra e che nonostante la loro conformazione – ogni forma rappresenta una vignetta vuota che parla secondo un preciso registro – suggerisce che una qualche comunicazione tra loro possa esistere, senza o aldilà delle parole. Reyes ha organizzato per diverso tempo seminari mobili ad hoc – specialmente per la sua clinica itinerante Sanatorium (2011- 13), con la quale invitava i partecipanti a sottoporsi a inaspettate terapie, basate su risorse in bilico tra psicodramma, ipnosi, sciamanismo e gestione della rabbia. Come anche per The People’s United Nations (2013), che prevedeva un alternativo raduno di delegazioni di immigrati Newyorkesi, provenienti da ogni stato membro o stato osservatore realmente rappresentato nelle Nazioni Unite.
Per la sua seconda esposizione personale presso Lisson Gallery, Reyes ha dato concretezza al suo continuo interessarsi alle forme di coesione sociale e morale attraverso la forma statica della scultura, come se queste si fossero bloccate o ghiacciate nell’atto di uno scambio e di una discussione.
Le cinque personalità storiche, ognuna delle quali è scolpita in pietra vulcanica, richiamano le forme spigolose di artisti come Amedeo Modigliani, Costantin Brancusi o Umberto Boccioni, mentre il Colloquium marmoreo è in debito con gli assemblaggi scultorei di Isamo Noguchi: riferimenti che Reyes utilizza per posizionare i propri personaggi e le proprie idee tra le pietre miliari del Modernismo Occidentale. Reyes, inoltre, è interessato a come queste idee potrebbero ancora influenzare il pensiero contemporaneo, cosicché non solo ogni busto stilizzato porta un titolo individuale – incluso, per esempio “The Head of Karl Marx”- ma si relazionano anche con un’altra serie di film di carattere semi – pedagogico riguardanti spettacoli di marionette, prodotti a partire dal 2008, sotto il macro titolo di Baby Marx. Film che stanno per essere raccolti per “The Permanent Revolution – An ideological Scewball Comedy”, che sarà esposta in contemporanea al Museo Jumex, in Messico (15 Maggio – 15 Giugno).
Pedro Reyes ha conquistato l’attenzione internazionale grazie a progetti su larga scala che prendono spunto da problemi sociali esistenti e immaginano soluzioni per un mondo più felice. La sua linea politica, l’uso di materiali trovati e il disconoscimento di mentalità corporative, lo collocano sulla scia della tradizione dell’Arte Povera e questo risulta ancora più evidente nel suo modo di affrontare la cultura Messicana delle armi e delle pistole in particolare. In Palas por Pistolas (2008), Reyes ha lavorato con le autorità locali di Culicán, Messico per fondere delle pistole e trasformarle in vanghe, per piantare alberi nelle città sparse nel mondo. “Sono coinvolto in una crociata a favore del disarmo di tutte queste città per mezzo d’iniziative creative”, dice Reyes (2013). Allo stesso modo per Disarm (2013), il governo Messicano procurò a Reyes più di 6.700 armi da fuoco confiscate, per trasformarle in strumenti musicali meccanici, che suonano con sistema automatico in un meraviglioso, se non surreale, loop, restituendo la crudezza del materiale da cui originano. Altri lavori indagano i principali problemi mondiali attraverso tecniche partecipative: Sanatorium (2011-2013) invita i visitatori a firmare per una ‘clinica temporanea’ con la missione di occuparsi dei diversi tipi di malessere urbano.
Pedro Reyes è nato a Città del Messico nel 1972, dove vive e lavora. Ha studiato architettura presso l’Università Ibero-Americana di Città del Messico. Le sue mostre personali includono: Museo Jumex, Città del Messico (2014); Queen’s Museum, New York 2013); Walker Art Center, Minneapolis (2011), Guggenheim Museum, New York (2011), CCA Kitakyushu (2009), Bass Museum, Miami (2008) and San Francisco Art Institute (2008). Tra le mostre collettive ricordiamo Carnegie International, Pittsburgh (2013); dOCUMENTA 13, Kassel; Whitechapel Art Gallery, London (2013); CCA Wattis Museum, San Francisco (2012); Liverpool Biennial, (2012); Gwangju Biennial (2012); Museo de Arte Moderno, Mexico City (2010); Lyon Biennale (2009); Yokohama Triennale (2008); Reykjiavik Art Museum, (2008); Museum of Contemporary Art, Chicago (2007); Seattle Art Museum (2007) e la 50ma Biennale di Venezia (2003).
Una discussione o conferenza tra cinque distinti relatori dei primi anni dell’era moderna, persone dotate di pensiero radicale e dalle politiche rivoluzionarie. I busti di pietra di Pedro Reyes che ritraggono Karl Marx, Leon Trotsky, Vladimir Lenin, Frida Kahlo e David Alfaro Siqueiros, sono collocati all’interno dello spazio della Galleria come se si trovassero coinvolti in una conversazione profonda, quasi come in un circolo, o tertulia, come vengono chiamati in spagnolo. Benché questo gruppo non potrà mai trovarsi riunito in un’unica stanza (anche se gli ultimi anni di vita di Trotsky in Messico possono essere una valida premessa), tutti loro sono legati dalla comune ideologia Comunista derivata dal Marxismo e diffusasi nel corso della prima metà del XX secolo attraverso un’estesa rete internazionale di artisti, filosofi e intellettuali dalle idee simili.
Pedro Reyes è specializzato nella creazione di simili situazioni ipotetiche e di possibili storie parallele, realizzate attraverso modalità teatrali, esperienziali o, come in questo caso, scultoree.
All’esterno, nel cortile, è collocata un’installazione in marmo composta da più parti intitolata “Colloquium” (Ironism) (2013) , un lavoro che consiste nell’intersecarsi di forme diverse poste in dialogo l’una con l’altra e che nonostante la loro conformazione – ogni forma rappresenta una vignetta vuota che parla secondo un preciso registro – suggerisce che una qualche comunicazione tra loro possa esistere, senza o aldilà delle parole. Reyes ha organizzato per diverso tempo seminari mobili ad hoc – specialmente per la sua clinica itinerante Sanatorium (2011- 13), con la quale invitava i partecipanti a sottoporsi a inaspettate terapie, basate su risorse in bilico tra psicodramma, ipnosi, sciamanismo e gestione della rabbia. Come anche per The People’s United Nations (2013), che prevedeva un alternativo raduno di delegazioni di immigrati Newyorkesi, provenienti da ogni stato membro o stato osservatore realmente rappresentato nelle Nazioni Unite.
Per la sua seconda esposizione personale presso Lisson Gallery, Reyes ha dato concretezza al suo continuo interessarsi alle forme di coesione sociale e morale attraverso la forma statica della scultura, come se queste si fossero bloccate o ghiacciate nell’atto di uno scambio e di una discussione.
Le cinque personalità storiche, ognuna delle quali è scolpita in pietra vulcanica, richiamano le forme spigolose di artisti come Amedeo Modigliani, Costantin Brancusi o Umberto Boccioni, mentre il Colloquium marmoreo è in debito con gli assemblaggi scultorei di Isamo Noguchi: riferimenti che Reyes utilizza per posizionare i propri personaggi e le proprie idee tra le pietre miliari del Modernismo Occidentale. Reyes, inoltre, è interessato a come queste idee potrebbero ancora influenzare il pensiero contemporaneo, cosicché non solo ogni busto stilizzato porta un titolo individuale – incluso, per esempio “The Head of Karl Marx”- ma si relazionano anche con un’altra serie di film di carattere semi – pedagogico riguardanti spettacoli di marionette, prodotti a partire dal 2008, sotto il macro titolo di Baby Marx. Film che stanno per essere raccolti per “The Permanent Revolution – An ideological Scewball Comedy”, che sarà esposta in contemporanea al Museo Jumex, in Messico (15 Maggio – 15 Giugno).
Pedro Reyes ha conquistato l’attenzione internazionale grazie a progetti su larga scala che prendono spunto da problemi sociali esistenti e immaginano soluzioni per un mondo più felice. La sua linea politica, l’uso di materiali trovati e il disconoscimento di mentalità corporative, lo collocano sulla scia della tradizione dell’Arte Povera e questo risulta ancora più evidente nel suo modo di affrontare la cultura Messicana delle armi e delle pistole in particolare. In Palas por Pistolas (2008), Reyes ha lavorato con le autorità locali di Culicán, Messico per fondere delle pistole e trasformarle in vanghe, per piantare alberi nelle città sparse nel mondo. “Sono coinvolto in una crociata a favore del disarmo di tutte queste città per mezzo d’iniziative creative”, dice Reyes (2013). Allo stesso modo per Disarm (2013), il governo Messicano procurò a Reyes più di 6.700 armi da fuoco confiscate, per trasformarle in strumenti musicali meccanici, che suonano con sistema automatico in un meraviglioso, se non surreale, loop, restituendo la crudezza del materiale da cui originano. Altri lavori indagano i principali problemi mondiali attraverso tecniche partecipative: Sanatorium (2011-2013) invita i visitatori a firmare per una ‘clinica temporanea’ con la missione di occuparsi dei diversi tipi di malessere urbano.
Pedro Reyes è nato a Città del Messico nel 1972, dove vive e lavora. Ha studiato architettura presso l’Università Ibero-Americana di Città del Messico. Le sue mostre personali includono: Museo Jumex, Città del Messico (2014); Queen’s Museum, New York 2013); Walker Art Center, Minneapolis (2011), Guggenheim Museum, New York (2011), CCA Kitakyushu (2009), Bass Museum, Miami (2008) and San Francisco Art Institute (2008). Tra le mostre collettive ricordiamo Carnegie International, Pittsburgh (2013); dOCUMENTA 13, Kassel; Whitechapel Art Gallery, London (2013); CCA Wattis Museum, San Francisco (2012); Liverpool Biennial, (2012); Gwangju Biennial (2012); Museo de Arte Moderno, Mexico City (2010); Lyon Biennale (2009); Yokohama Triennale (2008); Reykjiavik Art Museum, (2008); Museum of Contemporary Art, Chicago (2007); Seattle Art Museum (2007) e la 50ma Biennale di Venezia (2003).
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